Tu chiamale, se vuoi, coincidenze…
… in memoria del “Txiki” e di Mark Frechette
di Gianni Sartori
Un ricordo nato dalla sovrapposizione fra la lotta di due ribelli, entrambi uccisi il 27 settembre 1975, vittime della repressione, ma capaci di mantenere intatta dignità e la libertà anche dentro i dispositivi di annientamento istituzionali. Due rami del grande albero della rivolta che aspetta un’altra primavera.
Le “coincidenze” (*) sono almeno due. Oltre alla data – di cui si tratterà poi – il fatto che mi sia occupato di questi eventi in momenti diversi ma con uguale curiosità e passione.
Quella del Txiki era stata (come per Puig Antich e Bobby Sands) una “morte annunciata”, un lutto a lungo non risolto. Invece nella vicenda di Mark Frechette, la scoperta che la sua non era stata una morte accidentale venne molto più tardi. Solo recentemente ho colto la coincidenza diciamo “sincronica”. Entrambi questi due ribelli al sistema dominante morirono assassinati il 27 settembre 1975. Come se i tragici eventi producessero onde che si espandevano da una riva all’altra dell’Atlantico suscitando echi inspiegabili. Ma andiamo con ordine. MARK FRECHETTE: L’ATTORE-CARPENTIERE RIBELLE Le celebrazioni per il Grande Macello Mondiale (1914-1918; 1915-1918 per l’Italia) hanno consentito la rimessa in circolazione di “Uomini contro”. Il film, tratto da “Un anno sull’Altopiano” di Emilio Lussu, venne inizialmente girato sui luoghi storici (Monte Fior, Altopiano di Asiago) ma poi regista e attori furono costretti a trasferirsi in Jugoslavia dato che la denuncia delle decimazioni operate dall’esercito italiano nei confronti di soldati refrattari non era cosa gradita agli Alti comandi. Mark Frechette vi interpretava un giovane ufficiale inizialmente interventista ma poi consapevole degli orrori della guerra imperialista. Finirà per solidarizzare apertamente con i soldati sottoposti alla brutalità e al disprezzo dei comandanti (assalti suicidi, decimazioni…) e pagherà con la vita, fucilato, questa sua insubordinazione, un vero “tradimento di classe” (quella borghese, ovviamente). Mark Frechette, nato nel 1947, era di origini franco-canadesi, come Kerouac che aveva addirittura antenati bretoni (non tutti sanno che la prima stesura di “On the road” fu scritta in francese). Era già noto per aver interpretato nel 1969 “Zabriskie Point” di Michelangelo Antonioni. Anche in questo film alla fine veniva ammazzato (“fucilato”) come pericoloso sovversivo dalla polizia quando riportava l’aereo che aveva preso in prestito. Due finali che sembravano annunciare entrambi la sua tragica fine, assai presumibilmente assassinato perché ribelle allo stato di cose presente, in particolare a quello statunitense. Mark viveva in una comune fondata dal musicista Mel Lyman che contava un centinaio di membri. In seguito vi soggiornò temporaneamente anche Daria Halprin, l’altra protagonista di “Zabriskie Point” (divenuta poi la moglie di Denis Hopper, regista e interprete di “Easy Rider”). Mark aveva versato l’intero stipendio percepito per il film di Antonioni nella cassa collettiva della comune. Anche la rapina per la quale venne arrestato (nel 1973, alla New England Merchant Bank di Fort Hill, con armi scariche) serviva a finanziare la comune. Mark venne ritrovato cadavere il 27 settembre 1975 con un bilanciere sul collo, nella palestra del carcere di massima sicurezza di Norfolk. Nessun testimone. E’ probabile che sia stato eliminato anche come ritorsione per aver interpretato in “Zabriskie Point” un ruolo che denunciava il vero volto, ipocrita, degli USA: consumista, razzista, imperialista. Il regista Antonioni ricordava con stupore i commenti della stampa statunitense: “Antonioni ci ha dato il suo disprezzo, glielo restituiamo”. “Ma quale disprezzo?” – si chiedeva il regista. “I due protagonisti sono forse visti con disprezzo? Non sono forse anch’essi americani?”. Evidentemente no, troppo ribelli. In fondo anche Mark si può considerare una vittima delle ricorrenti cacce alle streghe (da quelle di Salem al maccartismo) anche se fuori tempo massimo. Si ipotizza che Mark fosse legato a qualche organizzazione dissidente che operava in clandestinità. All’epoca, anni settanta, oltre ai più noti Weathermen e Symbionesi (SLA), erano sorti negli USA vari gruppi della sinistra radicale: George Jackson Brigade, Collettivo Stagecoach Mary, New World Liberation Front, Black Liberation Army, Red Guerrilla Family, Fred Hampton Unite (nel Maine), Sam Melville – Jonathan Jackon Unite (nel Massachusettes), FALN (Fronte Armato di Liberazione Nazionale, braccio armato del PS di Portorico), il MOVE (**) oltre a gruppi come Young Lords (portoricani), Brown Berets (chicanos), Patriot Party (bianchi poveri) non clandestini, ma che praticavano forme di autodifesa analoghe a quelle di Black Panther. Per Bill Zavatsky “Zabriskie Point” è “Gioventù Bruciata” con occhiali tridimensionali rivoluzionari. La rivolta contro lo Stato segue alla rivolta contro il conformismo. La missione della polizia è sorprendentemente simile, sparare a vista sia a Mark sia a James Dean: sono “armati e pericolosi” (…); in “Zabriskie Point” la polizia è una massa di robot che somiglia in modo impressionante ai cavalieri teutonici del film “Alexander Nevskij”di Ėjzenštejn. Fermo restando che l’elogio del ribelle “bello e perdente”, ma senza un programma serio, per quanto romantico è alquanto datato e non porta lontano. Parlando del fantasmagorico finale (quando la villa-scempio paesaggistico nel deserto esplode, o forse è soltanto Daria che lo immagina) Zavatsky aggiunge: “Anche l’intelligente faccia della serva indiana diventerà come quella della vecchia, spianata e levigata dall’obbedienza. (…) Ma quel sorriso della ragazza indiana??! Magari è stata LEI che ha messo la bomba…”. Invece John Simon aveva drasticamente ridimensionato la portata rivoluzionaria del film: “Che cosa fa Daria alla fine? Ha semplicemente la visione di una casa che salta; è questo che ne farebbe un personaggio mutato?”. Gli rispose così Joseph Gelmis: “Rifiuta comunque quello che prima era un’alternativa possibile nella sua esistenza” (ossia integrarsi nel sistema in posizione favorevole). Meglio che niente. |
(*) A proposito di coincidenze e sincronie rimando all’involontaria collaborazione di L. Pauwels e J. Bergier (letti nel 1971, quando la loro “deriva a destra” non era prevedibile), C. Fort, W. Benjamin e successivamente di Valerio Evangelisti (“La luce di Orione”). Senza volermi allargare troppo, un qualche vago riferimento alle questioni sollevate dalla meccanica quantistica (vedi la correlazione tra particelle).
(**) anni dopo, il 13 maggio 1985, un elicottero della polizia sgancerà alcune bombe sulle abitazioni occupate da militanti del MOVE a Philadelphia (6221 Osage Avenue) provocando la morte di 11 persone tra cui 5 bambini. Una piccola, ignobile My Lai fatta in casa.