Turchia, 80 indagini per offesa al presidente

di Murat Cinar (*)

Erdogan

Non è ancora passato un anno da quando Recep Tayyip Erdogan è diventato il dodicesimo Presidente della Repubblica di Turchia e si sono già accumulate 80 indagini per violazione della legge 299, che definisce reato l’offesa al Presidente in carica.

Cosa dice esattamente la legge 299 del Codice Penale? «Chi offende/insulta il Presidente della Repubblica può essere condannato a una pena da uno a quattro anni di detenzione». Inoltre, secondo un cambiamento legislativo del 2005, nel caso in cui questa azione venisse compiuta in pubblico, la pena potrebbe aumentare di un sesto. Infine il terzo articolo della legge consente l’apertura di un’indagine da parte del ministero della Giustizia.

In questi ultimi tre mesi, 37 di queste 80 indagini si sono concluse con la detenzione provvisoria, oppure gli accusati hanno dovuto presentarsi in tribunale per depositare la loro difesa: 5 di queste 37 persone sono state arrestate e incarcerate; 3 sono state liberate dopo aver fatto ricorso.

Fra le persone indagate ci sono giornalisti, avvocati, politici, accademici, studenti universitari, ma anche semplici cittadini. C’è chi ha scritto un articolo, chi ha gridato uno slogan durante una manifestazione, ha mandato un tweet, ha scritto un post su Facebook, oppure ha pubblicato un fumetto.

Esattamente come lo studente universitario B. M. che ha condiviso un’immagine sulla sua pagina Facebook il 18 giugno 2013, quando Erdogan era ancora primo ministro. Secondo la procura della repubblica di Istanbul, B.M. con questa immagine ha offeso un impiegato statale per via del suo ruolo pubblico. All’inizio l’accusa chiedeva due anni di reclusione ma alla conclusione del processo lo studente è stato condannato a circa 3.000 euro di multa, da corrispondere in 20 rate. Secondo il suo avvocato, Diren Cevahir Şen, B.M ha solo esercitato la sua libertà di espressione e il reato non sussiste, soprattutto se si tiene conto di una serie di dichiarazioni internazionali firmate dalla Turchia.

Un altro “reato” commesso sui social network riguarda il giornalista Onder Aytac del quotidiano nazionale «Taraf». Secondo il Tribunale penale numero 16 di Ankara, Aytac ha insultato e offeso il presidente della repubblica attraverso una serie di tweet. Dato che Aytac non si è presentato in aula il 5 marzo 2015, il giudice ha deciso di richiedere un mandato d’arresto. Era invece presente Burhanettin Sevencan, l’avvocato personale di Erdogan.

Nella lista delle persone prese di mira ci sono anche giornalisti che secondo l’accusa hanno offeso/insultato Erdogan nei loro articoli.

Uno di questi è Can Dundar, direttore generale del quotidiano nazionale «Cumhuriyet». Secondo il giudice Umut Tepe, che ha seguito il suo caso, in un’intervista al giudice Celal Kara sulle operazioni anti-corruzione del 17 dicembre 2014, Dundar ha offeso/insultato il presidente della repubblica. Dopo 13 giorni il giudice ha deciso che nell’articolo non sussisteva alcun tipo di reato. Nella sua dichiarazione davanti al tribunale Dundar ha definito l’articolo 299 un nuovo mezzo di censura e intimidazione.

Baris Ince, direttore generale del quotidiano nazionale «Birgun» ed Ender Imrek, giornalista del quotidiano nazionale «Evrensel», sono gli altri due giornalisti contro i quali è stata avanzata la stessa accusa. Imrek dovrebbe presentarsi davanti al giudice il 2 giugno 2015 perché in un suo articolo (pubblicato il 29 novembre 2014) ha criticato l’obbligo di silenzio stampa per le operazioni anti-corruzione che hanno coinvolto quattro ex ministri del governo. Nel processo autorizzato dal ministero della Giustizia si sostiene che Imrek abbia offeso/insultato Erdogan. Per il giornalista dell’«Evrensel» sono richiesti 4 anni di detenzione. In un articolo pubblicato il 3 marzo 2014, Baris Ince aveva parlato dell’ex primo ministro Erdogan e di suo figlio Bilal Erdogan in merito alle operazioni anti-corruzione del 17 dicembre, che secondo i giudici hanno coinvolto anche l’associazione Turgev, di cui è presidente Erdogan figlio. Durante lo svolgimento del primo processo, Ince aveva pubblicato sul quotidiano nazionale «Birgun» il suo testo di difesa scritto con la tecnica dell’acrostico (un componimento poetico o un’altra espressione linguistica in cui le lettere, le sillabe o le parole iniziali di ciascun verso formano un nome o una frase: Ndr) che riportava le parole «Erdogan ladro». Dunque anche Ince sarà processato insieme a Imrek il 2 giugno sia per l’articolo che per il testo di difesa. In un’intervista rilasciata alla rete dei giornalisti indipendenti (BiaNet) Ince ha sostenuto che «chiedere 4 anni di detenzione per un testo in acrostico è fascismo».

Fra le persone accusate ci sono anche 5 arrestati, come Onur Kilic, membro del nuovo Movimento Unito di Giugno. Secondo le accuse Kilic avrebbe gridato «Erdogan ladro e assassino», durante la manifestazione nazionale per un’istruzione più laica e scientifica che si è svolta l’11 gennaio 2015 a Istanbul. Kilic è stato arrestato il 13 febbraio e rilasciato dopo 14 giorni di carcere sotto condizione di processo senza detenzione.

Le frecce dell’articolo 299 hanno colpito anche 4 minorenni. Il tredicenne B. T. I aveva scritto per terra con una bomboletta, «Tayyip la lampada» e «Tayyip il commerciante» nella città di Canakkale durante le manifestazioni di solidarietà con la rivolta di Gezi. Una volta intercettato il minorenne è stato portato in tribunale per violazione della legge 299. Durante l’udienza quattro suoi amici, anch’essi minorenni, hanno ripetuto le stesse parole e sono finiti a loro volta sotto processo per aver offeso/insultato il presidente della repubblica. Il giudice che ha seguito il caso ha dichiarato innocenti N. A., A. P., E. Ç. e N. P. basandosi sull’articolo 10 della Dichiarazione Universale per i Diritti dell’Uomo.

L’ultima accusa riguarda la rivista a fumetti «Penguen». Gli accusati sono i vignettisti Bahadır Baruter e Özer Aydoğan, che hanno illustrato la vittoria di Erdogan dopo le elezioni popolari per la presidenza della repubblica. Le immagini apparse nella copertina della rivista il 21 agosto 2014 secondo i giudici offendono Erdogan, perché la persona che stringe la mano della figura che lo rappresenterebbe allaccia i bottoni della giacca e forma un cerchio con le dita (espressione volgare che in Turchia equivale a “pallone/frocio”). Dare dell’omosessuale al presidente della repubblica costituisce un insulto per i giudici, che hanno inflitto ai due vignettisti una multa di 7.000 euro, divisa in 10 rate.

La Turchia sta facendo il conto alla rovescia in vista delle elezioni politiche del prossimo 5 giugno. Nel frattempo le voci delle opposizioni che scrivono, disegnano, scendono in piazza oppure mandano un tweet vengono sistematicamente intimidite.

(*) ripreso dall’agenzia Pressenza. L’immagine in alto è uno dei fumetti recentemente incriminati (by Penguen)

 

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