Turchia: rompere la gabbia del silenzio

Il 24 aprile mobilitazione per Ali Osman Kose: appello del Comitato Solidale Grup Yorum. A seguire testi e video sugli avvocati di OGF (Organismo Congressuale Forense) e MGA (Sindacato Nazionale Forense)

Repressione in Turchia: il prigioniero politico Ali Osman Köse deve essere rilasciato

Ali Osman Köse è un prigioniero politico che ha combattuto tutta la vita per la libertà del popolo turco e della sua terra. È stato arrestato durante la lotta per un paese indipendente, democratico e socialista e ha trascorso 37 anni dei suoi 65 anni di vita in carcere.

La sua prima reclusione risale al 1984 dopo che il 12 settembre 1980 la giunta militare prese il potere in Turchia, sostenuta dagli USA.

Ali Osman Köse ha vissuto molte operazioni repressive nelle prigioni turche, la più significativa delle quali è stata l’Operazione Ritorno alla Vita. Dal 19 al 22 dicembre 2000, l’esercito e la polizia hanno preso d’assalto 20 prigioni turche in cui erano reclusi prigionieri politici. Da due mesi infatti più di 1000 prigionieri politici di sinistra erano impegnati in una protesta portata avanti con lo sciopero della fame a tempo indeterminato per impedire l’introduzione delle prigioni di isolamento di tipo F. Durante questa operazione militare sono state usate armi chimiche, sono morti 28 detenuti e ci sono stati più di 300 feriti.

Ali Osman Köse è in cella di isolamento di tipo F dal 2000. Questo regime di prigionia ha compromesso ulteriormente il suo stato di salute ed è arrivato al punto di non poter più essere lasciato solo. Il parere di un medico indipendente conferma che non può alzarsi senza appoggiarsi da qualche parte o essere aiutato da qualcuno. Ha difficoltà motorie e di coordinazione, non può camminare da solo, lavarsi i vestiti, farsi la doccia, né può mangiare adeguatamente. Ha problemi di udito, di vista e di pressione alta. Ha seri danni alla memoria dovuti ai prolungati scioperi della fame, che gli impediscono di ricordare (tra l’altro) quando prendere le sue medicine. Ultimamente gli è stato diagnosticato un tumore di 9 centimetri al rene e gli è stato deliberatamente impedito un trattamento chirurgico urgente.

Anche se la sua salute è peggiorata in condizioni di isolamento e non è in grado di camminare, l’Istituto di medicina legale – asservita al governo – ha riferito che le sue condizioni gli permettono di rimanere in prigione.

Perché?

Ali Osman Köse è un indefesso rivoluzionario e il governo ha paura di questa sua forza interiore, di questa sua dedizione alla lotta per questo, sebbene ci sia una legge che prevede la liberazione dei prigionieri malati, non rilascia i prigionieri politici, preferendo che muoiano in carcere. Ma gli ideali non si possono inscatolare. Li puoi chiudere tra quattro pareti, mettere sotto chiave, ma essi riusciranno comunque ad evadere, anche senza spezzare le catene né forzare le porte: scapperanno, semplicemente, sulle ali di una rivolta che lega i prigionieri politici con il tessuto esterno. Questa evasione può diventare un urlo all’unisono di solidarietà internazionalista.

I prigionieri politici sono in carcere e sono temuti anche lì dai governi perché hanno lottato e continuano a farlo con la loro integerrima dignità per difendere i diritti di tutti noi. Ora tocca a noi prenderci cura di loro per difendere lo stato di diritto.

Per questo oggi facciamo appello a tutte le forze democratiche, a tutti gli attivisti per i diritti umani, per chiedere il rilascio del prigioniero politico Ali Osman Köse

Valentina Vallesi del Comitato Solidale Grup Yorum

Scriviamo email con il seguente testo a:

Ali Osman Köse serbest bırakılsın!

Hasta tutsaklara özgürlük!

[traduzione italiana] Ali Osman Köse dovrebbe essere rilasciato!

Libertà ai prigionieri malati!

Ministero della Giustizia

E-Mail: info@Adalet.Gov.Tr

Prigione di Tekirdag

E-Mail: abbtekirdag.2fcik@adalet.gov.tr

Istituto di Medicina Legale

Email: atk@adalet.gov.tr

IL 24 APRILE SI TERRA’ UNA GIORNATA INTERNAZIONALE DI SOLIDARIETA’ PER ALI OSMAN KÖSE

SONO PREVISTE MANIFESTAZIONI, LO SCIOPERO DELLA FAME DI UN GIORNO E L’AZIONE SUI SOCIAL CON L’HASHTAG #AliOsmanKöseSerbestBırakılsın (h.19 ITALIA)

INOLTRE SI POSSONO INVIARE VIDEO DI SOLIDARIETA’ CHE VERRANNO PUBBLICATI SULLA NOSTRA PAGINA FACEBOOK E SUI SOCIAL DEGLI AVVOCATI DEL POPOLO CHE STANNO SEGUENDO IL CASO.

Per maggiori informazioni seguire la pagina Facebook Comitato Solidale Grup Yorum o scrivere a comitatosolidaelgrupyorum@gmail.com

(*) testo ripreso da www.osservatoriorepressione.info

Turchia, Italia ed Europa: avvocati in campo contro le repressioni

di Tania Paolino (**)

Proprio mentre si scalda ancor più lo scontro diplomatico tra Roma ed Ankara – acceso dal duro giudizio espresso da Mario Draghi sul “dittatore Erdoğan” e la rozza risposta del presidente turco – si moltiplicano le denunce sulle repressioni della dissidenza. Ebru Timtik, avvocata e attivista di origine curda, impegnata nella difesa dei diritti umani, il 27 agosto scorso è morta in carcere dopo 238 giorni di sciopero della fame. A settembre altri 55 avvocati sono stati incarcerati con l’accusa di terrorismo. Questi casi dimostrano come in quel Paese la “mancanza di indipendenza della magistratura, avvocati incriminati per terrorismo per il solo fatto di aver parlato con i clienti, arresti e detenzioni illegittime – si legge in una nota diramata dall’Organismo Congressuale Forense – siano solo alcuni degli elementi denunciati nel Rapporto sull’Avvocatura in Turchia realizzato da OCF e MGA, Sindacato Nazionale Forense. Il 6 e 7 aprile scorsi, sono stati a Istanbul dei loro osservatori, per seguire i processi contro alcuni colleghi turchi: fra gli imputati anche Barkin Timtik, sorella di Ebru.

Secondo gli stessi osservatori, «per molti avvocati le imputazioni sono di appartenenza all’organizzazione terroristica PKK ed apologia contro l’unità dello Stato». Sotto accusa è la loro attività politica e professionale; le prove a carico, «rapporti della polizia, intercettazioni, fotografie che collegano gli avvocati a luoghi di manifestazioni, oppure alle visite in carcere ai clienti o ancora all’esposizione delle linee difensive nei procedimenti che vedevano i loro clienti imputati». In poche parole le condotte degli avvocati sono equiparate a quelle dei loro assistiti, anche per il solo fatto di averli visitati in carcere o per le difese esercitate durante il procedimento.

A rappresentare l’Italia a Istanbul, con due colleghe svizzere, quattro francesi e due spagnoli, è andata l’avvocata penalista Francesca Pesce, direttrice del Dipartimento diritti umani di Mga, promotrice nei mesi scorsi di uno sciopero della fame a staffetta in segno di solidarietà verso i colleghi turchi. Pesce ci ha informati che «il 7 aprile scorso, prima dell’inizio dell’udienza del processo denominato CDH II, la delegazione internazionale ha avuto modo di parlare con un membro del consiglio dell’ordine degli avvocati di Istanbul, il quale ha più volte ribadito come la mancanza di indipendenza della magistratura, frutto delle azioni politiche e legislative degli ultimi anni, rappresenti il vero problema in Turchia, specie per gli avvocati, chiamati a rispondere di reati di terrorismo o attentato all’unità dello Stato in ragione del ruolo difensivo svolto». La campagna mediatica e la repressione giudiziaria contro l’avvocatura, secondo la penalista italiana, vengono da lontano, ancora prima del 2017, quando la Commissione di Venezia – organismo di esperti in diritto costituzionale del Consiglio d’Europa – aveva avvertito l’istituzione comunitaria sul rischio di un’involuzione verso un regime autoritario in Turchia.

«Una situazione allucinante – commenta il Coordinatore dell’OCF Giovanni Malinconico nella stessa nota– per cui il Governo italiano e le istituzioni europee dovrebbero prestare massima attenzione. Le voci di denuncia devono moltiplicarsi, se non altro per aiutare la società civile turca che di questa repressione continua è vittima, ed è per questo che oggi aggiungiamo anche la nostra al coro delle proteste».

(**) da www.strisciarossa.it

OGF e MGA: OSSERVATORI IN TURCHIA (***)

Una delegazione di avvocati italiani e europei ha partecipato a due sedute di processi contro gli avvocati turchi accusati falsamente di terrorismo. Fra gli avvocati sul banco degli imputati vi è anche Barkin Timtik, sorella di Ebru, l’avvocata deceduta dopo un lungo periodo di sciopero ella fame. «La repressione giudiziaria verso l’avvocatura si è realizzata e tuttora si realizza attraverso l’equiparazione delle condotte degli assistiti con gli avvocati» si legge nel rapporto. Molti degli imputati dei due procedimenti in osservazione sono accusati di tali reati per il solo fatto di aver visitato in carcere i loro assistiti, o per le difese tecniche esercitate nel corso dei procedimenti.

OGF (Organismo Congressuale Forense)
e MGA (Sindacato Nazionale Forense),
6 e 7 aprile 2021,
Osservatori in Turchia, a Istanbul, contro alcuni avvocati turchi.


Fra gli imputati anche Barkin Timtik, sorella di Ebru Timtik,
l’avvocata morta in carcere in seguito a un lunghissimo sciopero della fame.
Rapporto sull’Avvocatura in Turchia”
1)
La presenza degli osservatori italiani in Turchia
2)
Conferenza online con:
– coordinatore dell’Organismo Congressuale Forense Giovanni Malinconico,
– direttrice del Dipartimento Diritti Umani di MGA, avvocata Francecsca Pesce.
Video di 15 minuti – “GiustiziaCaffe”, 15-4-2021
https://www.facebook.com/giustiziacaffe/posts/2819259775054521

 

Guarda il Video !!!!  (15 minuti)
https://www.facebook.com/giustiziacaffe/posts/2819259775054521
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La presenza degli osservatori italiani in Turchia
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Dipartimento Diritti Umani di MGA

13 aprile 2021

Mancanza di indipendenza della magistratura, avvocati incriminati per terrorismo per il solo fatto di aver parlato con i clienti, arresti e detenzioni illegittime: queste alcune delle ragioni che hanno fatto ritenere all’ Organismo Congressuale Forense OCF e ad MGA – Sindacato nazionale forense, doveroso inviare – insieme a rappresentanti di Francia, Svizzera e Spagna – come osservatrice internazionale per assistere il 6 e il 7 aprile presso la Çağlayan Courthouse di Istanbul, a due udienze che vede imputati avvocati turchi, l’avvocata Francecsca Pesce , direttrice del Dipartimento Diritti Umani di MGA. 

Fra gli imputati dei processi a cui le rappresentanze internazionali hanno assistito, anche Barkin Timtik, sorella di Ebru Timtik, l’avvocatessa morta in carcere in seguito a un lunghissimo sciopero della fame.
“La repressione giudiziaria verso l’avvocatura si è realizzata e tutt’ora si realizza attraverso l’equiparazione delle condotte degli assistiti con gli avvocati” – si legge nel documento stilato dall’Avvocata Francesca Pesce – Molti degli imputati dei due procedimenti in osservazione sono accusati di tali reati per il solo fatto di aver visitato in carcere i loro assistiti, o per le difese tecniche esercitate nel corso dei procedimenti. Non solo. La Turchia puntualmente ignora le sentenze della Corte Europea. Sebbene membro del Consiglio d’Europa e per questo firmataria della Convenzione Europea sui Diritto dell’Uomo e vincolata alle disposizioni ed alla giurisprudenza della CEDU, il paese di Erdogan rifiuta il rilascio immediato ed incondizionato di Selahattin Demirtaş per come disposto dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 2018, confermata dalla sentenza della sua Grande Camera del 22 dicembre 2020. Per molti avvocati le imputazioni sono di appartenenza ad organizzazione terroristica ed apologia contro l’unità dello Stato. Accuse che nascono dall’attività politica e professionale degli avvocati. Le prove a carico consistono in rapporti della polizia, intercettazioni, fotografie che collegano gli avvocati a luoghi di manifestazioni, oppure alle visite in carcere ai clienti o ancora all’esposizione delle linee difensive nei procedimenti che vedevano i loro clienti imputati”.  

Il coordinatore dell’Organismo Congressuale Forense Giovanni Malinconico commenta: «Una situazione allucinante a cui il Governo italiano e le istituzioni europee dovrebbero prestare massima attenzione. Le voci di denuncia devono moltiplicarsi, se non altro per aiutare la società civile turca che di questa repressione continua è vittima, ed è per questo che oggi aggiungiamo anche la nostra al coro delle proteste».

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Avvocati perseguitati in Turchia, dossier OCF MGA:
calpestati i diritti umani

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 Qui il comunicato integrale dell’Organismo Congressuale Forense OCF:
https://www.organismocongressualeforense.news/news/avvocati-perseguitati-in-turchia-dossier-ocf-mga-calpestati-i-diritti-umani/

Mancanza di indipendenza della magistratura, avvocati incriminati per terrorismo
per il solo fatto di aver parlato con i clienti, arresti e detenzioni illegittime.

Sono solo alcuni degli elementi che emergono dal
Rapporto sull’Avvocatura in Turchia

realizzato dagli osservatori inviati dall’Organismo Congressuale Forense,
e dall’MGA, Sindacato Nazionale Forense,
per seguire i processi del 6 e 7 aprile scorsi a Istanbul contro alcuni colleghi turchi.

(***) testi rilanciati da «Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo»

Redazione
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