Turismo e mozzarelle: Del Vinco, Coop…

… Farinetti e progresso.

La tredicesima volta dell’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega

«L’attività più alienante dopo la fabbrica è il turismo: è l’imposizione di un ‘lavoro’, di una serie di gesti che comportano sforzi enormi: guidare una macchina, cercare un posto per dormire, poi per mangiare ecc. E non puoi neanche scioperare! […] cosa porta una persona o un gruppo di persone a spostarsi da un luogo dove abita fino a un altro luogo, nel ‘tempo libero’? se il tempo è libero la persona dovrebbe stare fermo per riposarsi, persino digiunare!». Le parole di Attilio Del Vinco, un po’ provocatorie ma profonde e sensate, prendono spunto da un’osservazione al tramonto in riva al lago Trasimeno, dove io e lui abitiamo (lui da quando è nato).

Attilio Del Vinco è autore di diverse canzoni, fra cui Bella ciao del pescatore e Il pescatore insorto. Nella prima c’è una strofa che dice «e come schiavi in cooperativa sempre più pesce an’ar portà»; nella seconda questa è l’ultima strofa: «Nun ce credo tal progresso, ta sta merda de turismo, quando vien la tramontana i fò festa a la solina». Sempre Del Vinco – in una lettera del 13 luglio a proposito della ricandidatura del sindaco del Pd nel paese in cui lui abita – ha scritto: «se si ridisegna completamente la realtà in modo da renderla accogliente per il turista medio, si umilia prima e cancella poi tutto quello da cui veniamo». E poi: «Questo paese, risulta anche accogliente di per sé anche senza gli orpelli della moderna industria del turismo. Un paese così è attrattivo anche e nonostante questa. Constato che San Feliciano non è più paese in tal senso ma è solo un residence di sempre minor profilo». E ancora: «La pesca cosa è? Al di là dello show, al di là dei giochi sulla gestione dei finanziamenti, che ne sarà dei pescatori? Sovente m’è parso ronzarmi intorno un: “su questo ti sentiremo un’altra volta”. Un discorso di poco conto, da tralasciare per non ritrovarsi tra funzionari, faccendieri e filibustieri». Per chiudere così: «In ultimo le telecamere. La questione sicurezza è una cosa da non trascurare, ma farla catalizzatore del dibattito politico porta un consenso del quale forse sarebbe utile far a meno, qui non vado avanti ma vado a chiudere con due parole sulla sinistra democratica. Chi non riesce a vedere negli occhi del clandestino il riflesso dei contadini, degli operai dell’Italia degli anni Cinquanta, dovrebbe leggersi qualche pagina di De Martino, dovrebbe riflettere sul fatto che la sinistra nasce ed esiste per difendere queste genti che il sentire decadente e borghese degli opulenti del consumo definisce, più o meno espressamente, sub-umanità. Germogli di fascismo vegetano nel ventre molle della sinistra, ed una sinistra per dirsi tale deve, in primo, trovar la via per far uscire dalla zona grigia la gran parte dei suoi che vi sguazzano».

Sto leggendo «La danza delle mozzarelle: Slow Food, Eataly, Coop e la loro narrazione». In copertina, oltre al nome dell’autore – Wolf Bukowski (*) – c’è la foto di mezza faccia sorridente (un po’ orco e un po’ piacione) di Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, che come spiega il libro, si è appoggiato/alleato con il movimento di Slow Food di Carlin Petrini e con l’impero della Coop (impero si fa per dire, ma a livello di GDO, Grande Distribuzione, copre il 63% della distribuzione alimentare; sommando la percentuale di Coop e di Conad, come spiega Bukowski). Il libro richiama spesso discorsi, spunti e analisi di Attilio Del Vinco, sia per quanto riguarda il turismo che per la gestione del potere della Coop (con i suoi addentellati Lega Coop e poi Confcooperative) e ovviamente la gestione del potere del PD di Renzi e soci. Attilio Del Vinco, da “giovane pescatore”, più di dieci anni fa, aveva partecipato insieme ad altri della cooperativa di San Feliciano, a una edizione di Terra Madre, organizzata da Slow Food e aveva fatto un gesto significativo: era tornato a casa prima della fine di Terra Madre. Era così terribile questa manifestazione di cibo “di qualità e di degustazione lenta”? Nel libro di Bukowski scopriamo tanti elementi che potrebbero farci scappare da SF – Slow Food – anche prima di andare a Terra Madre! Alle pagine 46 e 47 si parla dell’atteggiamento ambiguo di SF nei confronti degli OGM, ma soprattutto si legge della partecipazione di Slow Food a EXPO 2015 «nel quale le Aziende che producono sementi ogm per l’agricoltura saranno presenti e forse desiderano trovare un Paese meglio disposto, verso di loro, di quanto lo sia oggi […] Dunque Slow Food sa e nonostante questo rimane in Expo, come ha fatto nel 2011 quando la bocciatura del masterplan che aveva condiviso (quello dell’EXPO sedicente sostenibile) avrebbe potuto avere come conseguenza una sua uscita – e pure a testa alta. Ma la sottrazione della foglia di fico Slow a EXPO sarebbe stata digerita troppo male dalle aziende con cui l’associazione ha rapporti consolidati, e parlo non solo di Coop e Eataly ma anche della banca Intesa Sanpaolo che ha scelto dal 2006 di essere partner di Slow Food». Alle pagine 64 e 65 viene illustrato il sottobosco delle condizioni di lavoro dei negozi Eataly in particolare a Firenze (di cui si trova notizia qui: «Gli scioperanti di Eataly, Eataly raccontata da dentro: un’inchiesta dei lavoratori di Firenze», settembre 2014, pdf scaricabile da www.clashcityworkers.org) con l’alleanza e la collusione fra le condizioni di lavoro nei negozi di Eataly e Renzi che approva il Jobs Act. Inutile dire che per Farinetti l’articolo 18 – abolito da quel sant’uomo di Renzi – «è un delitto» perché difende chi non ha voglia di lavorare (e pensiamo a quei «germogli di destra che vegetano nel ventre molle della sinistra» di cui parlava Del Vinco qui sopra). A pagina 65 c’è una perla del pensiero farinettiano: «le persone che a volte per pigrizia, altre per piccolezza, cattiveria, stupida autoreferenzialità fermano il progresso, ingigantiscono la burocrazia, impediscono l’intrapresa […] vanno licenziate». Nella stessa pagina commenta Bukowski: «Tanto quindi nel settore pubblico, quanto ovviamente in quello privato, la conservazione del posto di lavoro deve essere ancorata all’adesione ideologica al bene e al progresso (progresso di chi? A vantaggio di chi e a spese di chi altro? Ah già: progresso del bene comune! Come possa essere bene per me ciò che è bene per Farinetti però me lo devono ancora spiegare)».

Ecco la parola magica: progresso!  Questa ideologia porta Farinetti – a parte la realizzazione del Mega centro commerciale denominato FICO vicino Bologna, e tutti gli ammanicamenti con Coop, Pd e “sinistra” varia – a pronunciare abnormi e aberranti congetture (che purtroppo a volte diventano progetti compiuti) che neanche Briatore si sognerebbe. Nel libro di Bukowski il capitolo «Il sud, unico grande Sharm El Sheikh» espone queste genialate: «Per me nel Sud c’è una roba sola da fare: un unico grande Sharm El-Sheikh, hai presente quella roba in Egitto dove ci va tutto il mondo in vacanza? [Il Sud] è uno dei posti più belli del mondo: facciamo venire i turisti di tutto il mondo lì […] E aprirei alle Multinazionali di tutto il mondo che vengono a farlo, gli farei agevolazioni fiscali bestiali, non pagano tasse per dieci anni. L’importante è che assumano tutti italiani, che usino prodotti alimentari italiani, tavoli, sedie italiane, cucine italiane, gli farei enormi agevolazioni fiscali per lo start up (…)». Questo è Farinetti: delirio allo stato puro.

Ma andiamo oltre.

«La danza delle mozzarelle» parla anche dello sfruttamento dei lavoratori africani e immigrati in generale che lavorano per produrre tutti gli ortaggi, la frutta – pomodori e arance in primis – e delle responsabilità della Grande distribuzione (GDO) di cui la Coop fa parte anzi, come abbiamo detto, è capofila. Si accenna alla struttura organizzativa dei caporali che arruolano i braccianti e si scopre, come in un gioco dell’oca al massacro, che la struttura organizzativa dei caporali è una cooperativa!

A questo punto io credo che dobbiamo tornare alle origini, alle canzoni e alle parole di Del Vinco su cooperative che schiavizzano (a diversi gradi e a diversi livelli, ovviamente) e alle sue parole sul progresso. Ecco il nodo da sciogliere!

Sto iniziando a leggere anche il libro di Cristopher Lasch, «Il paradiso in terra: il progresso e la sua critica».

Il risvolto di copertina riassume così: «questa cieca fede nel progresso appartiene oggi in egual misura tanto alla destra che propone di mantenere il nostro standard di vita smodato a spese del resto del mondo e delle nostre stesse minoranze, quanto alla sinistra che pensa, invece, di estendere gli standard di vita occidentali al resto del mondo». Lasch spiega come il progresso sia l’ultima religione rimasta e in ciò avrebbe le sue responsabilità il cristianesimo, che ha diffuso nell’Occidente il concetto di provvidenza: «opponendosi al mondo antico e alla visione ciclica della storia, e rivendicando all’opposto una direzione di quest’ultima – dalla caduta dell’uomo fino alla sua definitiva redenzione – la cristianità avrebbe permesso all’Occidente di concepire la storia come un processo generalmente in moto verso l’alto».

Lasch spiega bene (pag 36) la questione parlando del periodo in cui Reagan diventò presidente degli Stati Uniti con una coalizione di conservatori: «Ci si sarebbe potuti aspettare che un movimento che si auto-definiva conservatore si associasse alla richiesta di porre dei limiti non solo alla crescita economica, ma alla conquista dello spazio, alla conquista tecnologica dell’ambiente e all’ambizione empia di acquisire poteri divini sulla natura. I reaganiani, invece, rifiutano in modo drastico l’idea dei limiti […] Il fatto che “ottimismo” e “pessimismo” rimangano le categorie preferite del dibattito politico indica che il tema del progresso non è ancor esaurito” […] possiamo cominciare a udire voci discordanti, che hanno sempre accompagnato, come una sorta di contrappunto, la celebrazione del progresso, ma che solitamente erano sovrastate dalle voci principali […] Sono soprattutto le voci più cupe che oggi ci parlano, non perché parlano nei toni della disperazione, ma perché ci aiutano a distinguere l’”ottimismo” dalla speranza, e ci danno così il coraggio di affrontare le difficoltà crescenti che minacciano di sommergerci».

(*) di Wolf Bukowski in “bottega” vedi Westworld alla Bolognaise. Viaggio a #FICO … ; quanto alle imprese di Oscar Farinetti e della GDO (Grande Distribuzione Organizzata) ne abbiamo scritto più volte. E continueremo.

QUESTO APPUNTAMENTO

Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Siccome una congiura famiglia-anagrafe-fato gli ha imposto il nome di Angelo mi piace pensare che in qualche modo possa fare l’angelo custode della nuova (laica) settimana. Perciò ci rivediamo qui – scsp: salvo catastrofi sempre possibili – fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. [db]

L’IMMAGINE – scelta dalla “bottega” – che apre il post è di Giuliano Spagnul.Quella qui sotto invece è promozione per il nuovo cd di Angelo che abbiamo già presentato: di nuovo ve ne raccomandiamo l’acquisto.

Redazione
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