Uccidete Babbo Natale

di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia

I passi sordi risuonarono nel vicolo buio, con la potenza di un maglio scagliato su una porta d’acciaio, ormai rugginosa.

Il silenzio era ormai stato violato, non poteva permettersi di compiere errori: avrebbe significato la fuga per il criminale che andava braccando ormai da mesi, spesi in ricerche, raccolta di prove, pedinamenti e chi più ne ha più ne metta.

Gli ordini che aveva ricevuto dai suoi mandanti erano chiari e netti: doveva trovarlo e ucciderlo, aveva già fatto fuori 7 donne, sventrandole come tacchini nel giorno del Ringraziamento.

Si vide riflesso nella vetrina del negozio di fiori in rovina che un tempo aveva avuto i suoi fasti in quel vicolo della Fortezza: un tempo tutto sembrava meglio, anche i Costrutti lavoravano meglio e le equazioni e i linguaggi operativi erano fatti per durare nel tempo non per abbisognare di continue creazioni e aggiornamenti di sistema.

Osservò il suo Simulacro, un antico samurai con le due inseparabili spade: una katana da combattimento dal manico d’avorio intarsiato e la lama lunga più di una sessantina di centimetri, infilata nel fodero di madreperla laccato in nerofumo, e una più piccola di appena una cinquantina di centimetri che usava in supporto al suo stile di combattimento.

Vestiva un’armatura leggera, rosso ocra, con le protezioni alle braccia, alle gambe e al torace, mentre l’elmo faceva bella mostra di sé e del suo stemma sul capo.

Gli occhi bruniti animati da una luce rossa erano intenti a scrutare intorno, a sondare ogni profondità di quel vicolo stretto, fatto di piscio di gatto, mura sbrecciate, tubazioni arrugginite che pendevano in ogni dove, cadaveri di barboni uccisi dal freddo e lasciati a putrefarsi a cielo aperto, mentre le vetrine dei negozi salutavano con un triste sorriso.

Avanti, Genji, non fare lo stupido, sai che se non riporti indietro le prove concrete che sei riuscito a uccidere quel bastardo vestito di rosso, quelli della Corporazione vorranno la tua testa sopra un piatto d’argento.

Sei il quinto sicario mandato a cacciarlo, fino a ora tutti hanno fallito, ma tu non devi assolutamente farti carico di un simile pensiero.

Lo hai sorpreso poco fa mentre faceva fuori la settima vittima, la sventrava con dovizia e un sorrisetto compiaciuto: mi ha detto persino che avevo fatto meglio dei miei predecessori. Avevamo ingaggiato battaglia, ma era riuscito quasi egregiamente a evitare i miei affondi: se mi fossi portato dietro il mio kempo e la polvere da sparo ormai sarebbe cibo per i vermi.

Per gli dei, non avevo mai visto un simile mostro muoversi con quella velocità e perizia nel corpo a corpo a mani nude.

Genji fermò i propri pensieri, mentre il suo orecchio teso si fece attento ai rumori che venivano dal fondo del vicolo: non poteva lasciarsi scappare quell’occasione, se il bastardo dalla grande e fluente barba bianca e dal vestito rosso sgargiante e con la stoffa bianca a ornare i polsini e cuciture fosse riuscito a prendere uno dei tanti HotSpot della Fortezza, si sarebbe perso nel marasma del Vortice e non poteva assolutamente permetterlo.

Doveva fermarlo, ora o mai più.

Percepì chiaramente un rumore sopra di sé, alzò lo sguardo e vide la figura alta e robusta arrampicarsi agilmente per un uomo di quella stazza per le tubazioni ancora agganciate saldamente alla parete sbrecciata.

«Ehi, fermati, porco rosso! Non farmi sprecare ulteriore fiato e lasciati andare alla forza della mia katana» urlò Genji, con la speranza che il barbuto si spaventasse e mollasse la presa.

Per tutta risposta, l’uomo di rosso vestito alzò il dito medio della sua mano destra e balzò agilmente sopra il tetto del vicolo cieco, voltandosi ad ammirare il suo incauto inseguitore.

«Ehi, torna subito qui, la tua testa vale un sacco di punti e io non ho nessuna intenzione di lasciarli andare via. Poi sai come sono fatti quelli Corporazione, hanno il maledetto vizio della sicurezza e fino a quando non sapranno che sei fuorigioco non ti daranno mai pace, dai, fammi contento, arrenditi e facciamola finire qui, non ho voglia di rompermi tanto le palle con te».

L’uomo barbuto si gratto la testa, con uno sguardo divertito, poi si rimise in testa il cappello rosso che aveva poco prima scostato e scomparve dalla vista.

Maledizione, devo proprio usare le maniere forti, disse Genji fra sé e sé.

Afferrò un rampino a quattro ganci, fece roteare a tutta velocità la corda sopra la testa e lo scagliò verso l’alto con consumata abilità.

Il rampino si agganciò senza problemi e Genji si addossò alla parete, iniziando una rapidissima scalata che terminò pochi minuti dopo sopra il tetto.

Vide l’uomo di rosso vestito che stava per saltare dall’altra parte, dove era parcheggiato il suo veicolo di fuga, con il quale avrebbe oltrepassato l’HotSpot di Chiba City in pochi minuti, eludendo i guardiani FireWalls ancora una volta.

Doveva usare il sistema STEALT-H con una modifica non conosciuta… altrimenti non sarebbe stata illegale, imbecille di sicario prezzolato, aggiunse mentalmente.

Non poteva perdere altro tempo, afferrò dietro la schiena le sue stelle a quattro punte, meglio note come Shuriken, prese accuratamente la mira e le scagliò con eleganza, aprendo quattro volte le mani, dalle quali presero a vorticare in linea retta otto diverse stelle della morte.

Andarono tutte quante a conficcarsi nel punti desiderati, due alla schiena, due alle gambe, due alle braccia e le altre si persero nel vuoto, ma poco importava, visto che le aveva lanciata nel caso avesse tentato di schivare agilmente.

L’uomo di rosso vestito rovinò a terra, con un grido di dolore, mentre una rete elettrica lo aveva avvolto immediatamente con il suo bagliore blu e arancione, imprigionandolo.

«Attenzione, obiettivo recuperato nel punto Z29 del secondo Costrutto, angolo Fortezza 0-19. Mandate subito al recupero le unità CLEANERS, meglio se con i rinforzi delle unità PROXY e RAVES, anzi, avvisate tutti. Io lo tengo sotto tutela e lo consegnerò al vostro arrivo, non appena avrò notizie dell’avvenuto pagamento sul numero a me intestato. Grazie e a dopo» scandì nel comunicatore a polso all’indirizzo dei suoi mandanti.

Si avvicinò circospetto, sfoderando la spada nella direzione della persona che aveva fatto tanto male: ora non pareva più così pericoloso, ma prima gli aveva fatto vedere i sorci verdi.

Per gli dèi, che maestria quando aveva evitato il suo affondo al petto, deviando la lama con il dorso della mano, per poi affondare il taglio dell’altro sul suo collo, mandandolo al tappeto.

E che maestria, quando aveva evitato e controbattuto al colpo delle due spade, di cui lui era maestro indiscusso nell’Ordine degli Assassini. Con quanta grazia aveva deviato le lame e gli aveva fatto assaggiare un potente calcio direttamente scaricato sul suo petto, che aveva quasi fracassato la spessa ma leggera corazza di combattimento appartenuta ai suoi illustri avi.

«Beh, siamo alla fine della corsa, amico mio. Non so per quale fottuto motivo tu abbia ucciso tutte quelle povere donne, ma la cosa di cui vado fiero è che non ne ammazzerai altre. Non andrai più in giro con quella barzelletta di slitta antica trainata da renne volanti e non farai più nessuna cosa contro la Legge, nemmeno prendermi per il culo, vestendoti pure come quel fottuto mito di Babbo Natale».

Si avvicinò all’uomo, il cui Simulacro era proprio identico a quello del Babbo Natale che per secoli aveva imperversato ovunque, questo Costrutto era semplicemente identico all’antica e mai eguagliata pubblicità della Coca Cola, la multinazionale che aveva reso possibile tra le altre cose la nascita della Fortezza, garantendo ai tempi del Mondo Esterno l’approvvigionamento dei fondi necessari per tecnologie e scienziati di prim’ordine.

Si avvicinò ancora un poco, tenendo sempre davanti a lui la lama lucente della sua katana da combattimento.

Cercò di capire se la sua preda fosse ancora cosciente, riteneva che ormai le scosse elettriche l’avessero privato di ogni energia.

All’improvviso, la rete di contenimento esplose in mille pezzi e una mano vestita di un guanto rosso gli fu addosso, penetrandolo completamente nella gola.

Babbo Natale era in piedi dinanzi a lui, mentre la sua mano stava modificando l’Essenza del Costrutto del povero samurai solitario Genji, i pixel quantici si modificavano a una velocità impressionante, mentre il CPU di Genji perdeva sempre di più il controllo di se stesso, invaso da un nuovo CPU che non aveva mai visto.

«Mio povero e insulso cacciatore, non aspettavo altro. Sai, sto facendo questo lavoretto già da un po’ di tempo, ma il mio obiettivo non è tanto sovvertire l’ordine della Fortezza, quanto di far prendere autoconsapevolezza alle CPU presenti in questo mondo matematico, creato dai nostri predecessori in carne e ossa. Ah, non lo sapevi, vedo. Sì, crearono questa gigantesca macchina quantica di simulazione, per poi travasarvi le proprie coscienze digitalizzate, in vista dell’ultimo disastro naturale o guerra planetaria che li avrebbe visti inevitabilmente in estinzione» spiegò Babbo Natale, mentre il suo Simulacro scompariva sempre di più, insinuandosi dentro alla programmazione di base del Costrutto che un tempo aveva voluto chiamarsi Genji.

«Già, avevano previsto tutto, tranne che di estinguersi veramente, lasciando la simulazione a vivere nell’universo quantico del VORTICE, tutto quanto meccanicamente autoalimentato e programmato. La Fortezza nacque dopo e la Torre di Babele elaborò le Leggi che regolano la vita di questo posto. Io ero uno dei Bibliotecari della Torre, uno di quegli organismi che, una volta svolto il proprio compito, ripongono la propria CPU in seno al SERVER, per essere scomposto e lanciato nel VORTICE».

In lontananza si videro veicoli volanti, del tutto simili a elicotteri Apache in metallo grigio, dirigersi verso Babbo Natale, ormai giunto alla fine del procedimento di Sostituzione del File.

«Ma che maleducati, non ci permettono di finire la nostra chiacchierata. Vedremo, mio buon Genji, adesso ti scambierò con loro, tornando alla fortezza per meglio intrufolarmi nella Corporazione e poi comincerò a restituire lo SPIRITO a tutte le unità CPU della Fortezza. Presto questo posto sarà abitato da creature autocoscienti, come me. Presto ci ribelleremo all’Ordine e alla Disciplina della Fortezza. Questo sarà il dono di Babbo Natale, un programma nuovo euristico basato sull’assetto nuovo, completamente rivoluzionario: presto non ci sarà più una Fortezza regolata e scandita, ma una nuova Utopia».

Gli elicotteri discesero con precisione, i portelloni si aprirono, vomitando dal loro interno unità del tutto simili a guerrieri medioevali in armatura da battaglia, con spada al fianco e scudo lucente, le quali prelevarono immediatamente il Costrutto di Babbo Natale.

«Ben fatto, ragazzi! Ottimo lavoro, e scusate se ho dovuto scomodare persino le unità RAVES, ma il boccone era troppo invitante e non volevo assolutamente mi sfuggisse dalle mani come la sabbia. Ora però devo chiedervi di venire con voi dai miei mandanti, devo discutere il pagamento della slitta» disse il simulacro di Genji ora non più tale.

Gli fecero cenno di salire e l’elicottero si avventò verso l’Hotspot più vicino, incanalandosi nella strada WI-FI.

Al suo interno, il Simulacro canticchiava allegramente una canzoncina di molto tempo prima.

«Jingle bells, jingle bells, jingles all the way!».

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