Un altro giorno di guerra è andato

articoli, link e video di Pino Arlacchi, Francesca Borri, Pasquale Pugliese, Tonio Dell’Olio, Danilo Tosarelli, Marinella Mondaini, Linea d’Ombra, Roberto Vivaldelli, Enrico Euli, Alessandro Orsini, Gianni D’Elia, Matteo Saudino, Carlo Bellisai, Mauro Presini, Geraldina Colotti, Franco Battiato, Lucio Caracciolo, Alberto Sordi. E la petizione “Basta discriminare gli africani che scappano dall’Ucraina“. A seguire una nota della “bottega” sui nostri dossier precedenti.

 

Armiamoci e partite – Francesca Borri

Dieci anni dopo, a volte mi domando: E se in Siria non avessimo armato i ribelli? Spero un giorno Assad finisca all’Aja, e così Putin. Ma spero anche di non domandarmi mai: E se non avessimo armato gli ucraini?

Quando gli americani gli hanno proposto di trasferirsi all’estero, al sicuro, il presidente Zelensky ha ribattuto: Non ho bisogno di un passaggio, ma di munizioni. E alla giacca, ha sostituito elmetto e antiproiettile. La NATO ha risposto all’appello, e ha iniziato a inviare armi. Ma nella concitazione del momento, a tanti è sfuggito un dettaglio: stiamo inviando armi difensive. Non offensive. Armi per resistere. Non per vincere.

Giusto per essere chiari: armi per continuare questa guerra, non per fermarla.

E non a caso, abbiamo subito depennato la misura più efficace: la no-fly zone. Perché significa abbattere i caccia russi, e esporsi a una rappresaglia. Significa intervenire davvero.

E invece vogliamo intervenire, sì. Ma anche no.

Esattamente come in Siria. E in Siria, non è finita la guerra: è finita la Siria.

In realtà, insieme alle armi puntiamo sulle sanzioni. Sulla guerra finanziaria. E in effetti, il blocco delle riserve della Banca Centrale in valuta straniera ha già causato il crollo del rublo, e impennerà l’inflazione. Ma l’esclusione della Russia dal sistema Swift delle transazioni internazionali non solo non riguarda tutte le banche, e quindi si aggira facilmente, ma non riguarda il gas. Perché il 40% del nostro gas viene dalla Russia. Chiediamo agli ucraini di rischiare la vita: ma non siamo pronti a rischiare neppure la bolletta. Mentre il grano, di cui la Russia è una delle principali esportatrici, quello sì, quello non si può più comprare, ma che importa? Tanto, si va ad affamare lo Yemen. L’Egitto. L’Etiopia.

Finalmente l’Europa agisce secondo i suoi valori, sento dire. E non solo secondo i suoi interessi. Ma la guerra sulla pelle degli altri, è una scelta morale o immorale?

Mentre gli ucraini resistono, e logorano l’esercito, la NATO logora l’economia, e il sostegno a Putin. Fino al colpo di stato. La strategia è questa. Ma le sanzioni sono tra gli strumenti più controversi. Hanno un impatto certo solo sui civili. Non sui regimi. Senza arrivare a Cuba: Saddam non è stato rovesciato dalle sanzioni, ma da una seconda guerra, e mentre Maduro, in Venezuela, è ancora al potere, in Afghanistan invece dei talebani stanno andando via gli afghani. E allora, qual è il piano? Ridurre l’Ucraina in macerie, e molti altri in miseria, nell’attesa che il maggiordomo avveleni Putin?

L’Ucraina richiama alla memoria i partigiani. Ma non illudetevi: la guerra è guerra. Sempre. Circolano le prime foto di questa famosa Legione Internazionale. Ventenni con i parastinchi da calcetto. Il caschetto da skateboard. Ma pensate davvero che sfideranno i russi? Sono in partenza anche i mercenari, o come si dice adesso, i contractor, che sono i veri protagonisti dei conflitti di oggi – in cui si esternalizzano vittime e crimini. Sono pagati mille dollari al giorno. E non appena uno dei tanti oligarchi, perché Russia e Ucraina sono il regno degli oligarchi, sono il primo e il secondo paese più corrotto d’Europa, gli offrirà 2mila dollari, 3mila dollari, cambieranno bandiera…

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Lettera dei bambini ai signori che fanno la guerra – Mauro Presini

Lettera dei bambini e delle bambine della classe seconda della scuola “Bruno Ciari” di Cocomaro di Cona (Ferrara) ai Signori della Guerra

Lo sapete che, per colpa vostra, rischiate di far morire delle persone innocenti e vi potete fare del male.
Usate le parole invece di sparate.
Smettete di fare la guerra e fatevi dei nuovi amici così sarete più contenti.
È meglio non fare la guerra perché qualcuno che conoscete può morire.
Non ci piace quando muore qualcuno.
Non fate la guerra perché ogni giorno muoiono già tante persone per altri motivi ma con la guerra ne muoiono di più e poi ci sono anche dei feriti.
Non fate la guerra perché c’è anche il coronavirus.
Se tutti si mettessero a fare la guerra come voi non esisterebbe più l’umanità.
Per fare la guerra servono: le armi, i cannoni, la forza, il coraggio, l’odio, la rabbia, i fucili, tanti militari, le bombe, i carri armati, gli aerei, la cattiveria, gli elicotteri, i soldati, il nemico, gli uomini.
Invece per fare la pace servono: la tranquillità, la bontà, la gentilezza, l’amicizia, la felicità, un cuore buono, l’amore, la gioia, giocare insieme, chiedersi scusa, parlarsi, l’accoglienza, la bellezza, litigare bene, non usare le armi, i gesti e le parole gentili, la fantasia, la gioia, la generosità, un amico che ti aiuta, le carezze, qualcuno che convince gli altri a non arrabbiarsi, la giustizia, stare insieme, scusarsi.

Per imparare a fare la pace bisogna conoscere l’alfabeto. Questo è il nostro; ve lo regaliamo.

L’ALFABETO DELLA PACE

Abbracciarsi
Bontà
Curare
Delicatezza
Entusiasmo
Felicità
Gentilezza
Help
Innamorarsi
Libertà
Meravigliarsi
Natale
Omaggio
Parlarsi
Quiete
Ragionare
Serenità
Tenerezza
Umorismo
Vita
Zelo
Usate le braccia per abbracciare gli altri e non per imbracciare i fucili.
Noi vi diciamo che la guerra è uno schifo mondiale. Fate la pace!!!

I bambini e le bambine della classe seconda della scuola “Bruno Ciari”
di Cocomaro di Cona (Ferrara)

P.S. Non aggiungo una sola parola a quelle che hanno scelto di usare i bambini e le bambine della classe seconda che sto frequentando: ho soltanto raccolto i pensieri, ho chiesto cosa serve per fare la guerra e per fare la pace e ho proposto la creazione di un alfabeto della pace.

 

 

“La strada del negoziato è obbligata. Ed è nelle mani dell’Europa” – Pino Arlacchi

La guerra, dice la Carta delle Nazioni Unite, è la maledizione dell’umanità. Non esistono guerre giuste o sbagliate, ma solo carneficine più o meno riuscite. In circostanze estreme, quali l’autodifesa o la protezione da genocidi e stermini, continua la Carta con il suo articolo 51, è necessario l’uso della forza, anche militare, autorizzato dal Consiglio di sicurezza.

Da ex-dirigente ONU, quindi, non posso approvare quanto la Russia sta facendo all’ Ucraina da qualche giorno. Mosca è passata da una forma di autodifesa dalle minacce NATO, perpetrate direttamente o tramite il governo ucraino, ad una guerra vera e propria, da condannare senza se e senza ma. Ora c’è il rischio che lo scontro finisca con l’assomigliare alle feroci campagne NATO contro la Serbia, l’Iraq, la Libia, l’Afghanistan, costate centinaia di migliaia di vittime.

Per rimanere nel campo della legalità internazionale, l’attacco si sarebbe dovuto fermare alla distruzione delle infrastrutture militari ucraine, e doveva essere seguito da un cessate il fuoco e da un negoziato. La sua trasformazione in una guerra è stato un grave errore, favorito peraltro dall’ondata di russofobia che si è scatenata in Europa.

L’Ucraina e l’Unione europea hanno in comune una leadership politica inetta, che oscilla in modo irresponsabile tra pace e guerra. La postura aggressiva assunta dall’Unione verso la Russia non è credibile. Perchè segue lunghi periodi di remissività e di accondiscendenza, non è condivisa dai cittadini europei, e svanirà di fronte allo sviluppo degli eventi o come effetto di un contrordine americano.

I leader europei sembrano compatti, ma non hanno in realtà alcuna linea. Quale coerenza esiste tra la quasi-dichiarazione di guerra alla Russia appena votata dal Parlamento europeo e la decisione di non inviare forze militari in Ucraina?

Mandare un po’ di missili e munizioni a Kiev e raccontare che in questo modo si rovesciano le sorti di una guerra in cui esito è segnato al 95%, è solo un esercizio di irresponsabilità. Serve ad indurire ulteriormente la Russia, esasperare il conflitto e rendere più arduo il negoziato che lo concluderà.

Non si minacciano guerre che non si possono fare. Se non si vuole intervenire militarmente contro la Russia perché non si è pronti ad un massacro convenzionale a tutto campo suscettibile di trasformarsi in un fungo atomico, occorre trarne le conseguenze e percorrere altre strade.

La strada delle sanzioni non porta da nessuna parte. Non ha funzionato quasi mai, e non funzionerà contro il Paese più autosufficiente del Pianeta. La Russia è pochissimo indebitata, dispone di ingenti riserve finanziarie, e di un territorio che è il più vasto e il più ricco di risorse naturali del mondo. E Cina, India e il resto dei BRICS sono pronti a comprare dai russi tutto ciò che l’Europa cesserà di comprare.

La strada del negoziato è obbligata. Ed è nelle mani dell’Europa. I suoi capi potrebbero porre fine al conflitto in corso dimostrando solo un po’ di coerenza. Francia e Germania si sono opposte lungo gli ultimi venti anni all’ ingresso dell’Ucraina nella NATO. Ed hanno appena confermato questa posizione non inviando truppe in Ucraina…

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come formichine impazzite – enrico euli

Il terribile amore per la guerra ci attiva. Molto più dell’amore per la pace, o per il bene del pianeta.

Come tante alacri formichine, gli ucraini si industriano per ogni dove a produrre ordigni, ad affastellare sacchi e cavalli di frisia, a cantare patriottici inni.

Quel che li anima lo chiamano ‘amor di patria’, e non è altro che il solito, terribile ‘amore per la guerra’.

Intanto, qui da noi, i sergenti cattivi, quelli che bellamente producevano e vendevano armi sino ad un attimo fa per la gloria del PIL nazionale, ora fanno i sergenti buoni e si agitano a salvare bambini, a pregare col Papa, ad amare le badanti. (vedi Salvini e, si parva licet, Cappellacci).

L’onorevolissima Pinotti, già Ministra della Difesa, invoca tradizioni partigiane, mentre lavora per proseguire a produrre armi da combattimento per Finmeccanica o Leonardo.

Renzi ora attacca Putin e adora i gialloblu, ma si scopre che il suo governo aveva venduto ai russi i blindati ora in uso, peraltro in un periodo in cui era già vietato dalle sanzioni.

Ed anche D’Alema tratta tangenti per sé in cambio di armi per una repubblica delle banane in America del sud.

Per non parlare di Berlu e delle sue felici, ormai superate, memorie sul lettone dell’amico russo.

E di Israele (Israele!) che si offre per mediare i conflitti, vista la sua grande esperienza di mediazione nei suoi territori (palestinesi).

Ora: già si sfiora il ridicolo a veder negoziare delle parti già in guerra, come se -a questo stadio del conflitto- fosse ancora possibile farlo senza mediatori o arbitri.

Ma se il mediatore è Israele, la soglia del ridicolo è ampiamente superata e si entra nel grottesco.

Ma come non restare scettici anche davanti a tutto quest’agitarsi di volontari, ong, associazioni di solidarietà che nulla fanno contro la guerra, quando sarebbe il tempo, ed ora si attivano per coglierne i malefici frutti?

Ricordano i filantropi inglesi di fine ottocento che si prendevano cura dei derelitti con i soldi ricavati dalle conquiste coloniali, che -nel frattempo- proseguivano col loro sostegno.

Ma ‘tanto è ladro chi ruba che chi para il sacco‘, ci ricordava Don Milani.

La solidarietà non salverà un bel nulla, se non la nostra cattiva coscienza.

Se fossimo capaci -prima- di essere umani, potremmo smettere -dopo- di fare gli umanitari.

Scopriamo che i ‘no war’ contano sui media molto meno, dei ‘no vax’.

Non ci si perita neppure di invitarli a trasmissioni o talk show, non se ne parla sui giornali.

Semplicemente non esistono.

E quando appaiono sono lì con i loro stupidi, ingenui, utopistici slogan e balletti in piazza, in cui invocano -insensatamente e -giustamente- invano- la pace nel mondo con le loro pietose bandierine iridate che non hanno mai detto null’altro che ‘lasciateci in pace’.

E queste stesse manifestazioni ‘per la pace’, quando la situazione degli ucraini precipiterà, si trasformeranno in cortei che richiedono il nostro intervento militare, per salvarli ovviamente.

Intanto, si continuano a mostrare gli eroici soldatini civici della terra invasa, ma nessuno parla dei 3000 obiettori russi che non hanno seguito Putin in questa metodica follia.

E Roberto Bolle che sale sul palco a Dubai, invocando pace ed unità dei popoli attraverso l’arte, ed avvolge con la bandiera blu e gialla una sua danzatrice: si fa una scelta di campo e si spaccia l’arte per linguaggio di pace che unisce le genti.

É proprio per premesse come queste, quelle di chi -da buon integralista democratico– si sente buono e fa il male senza neppure averne o coglierne l’intenzione, che è scoppiata anche questa ennesima guerra.

Se tu umili l’Iraq o la Libia, i problemi globali sono relativi (anche se vediamo ampiamente le conseguenze di quel che abbiamo combinato anche in quei paesi)

Ma se tu umili un gigante come la Russia, se provi ad accerchiarlo ed inglobarlo, a non riconoscerne i bisogni, se insisti soltanto a sfruttarne le risorse senza che si senta adeguatamente rispettato, ecco che allora -ad un certo punto- qualcosa accade.

E, come già accaduto con i radicalismi islamici, giù tutti ad esclamare: ‘incredibile, impensabile, imprevedibile, assurdo…!!’.

Significa proprio non aver capito nulla di come funzionano gli umani.

Questa guerra non è tra Russia ed Ucraina.

É uno scontro tra due imperi feudali ipercapitalisti in formazione: uno, ad Ovest (USA/UE), palesemente ed irreversibilmente in declino, ed un altro -la RusCindia- ad Est, palesemente ed irreversibilmente in ascesa.

La parte in ascesa vuole dare un altro colpo, con questa guerra, ad un Occidente che- da parte sua- vede come sempre solo nella guerra una possibilità di ripresa e di riequilibrio dei poteri.

Ma quel che otterranno -entrambi- sarà soltanto un ulteriore aumento catastrofico del caos sistemico globale: migrazioni ed esodi, distruzioni e inquinamenti radioattivi, stragi di civili, guerre permanenti, morte definitiva di qualunque istituzione regolativa internazionale.

Ed ancora una volta gli Stati Uniti si limiteranno a vendere e distribuire armi e guerra e a far sì che tutti i conflitti però si vivano in Europa: saremo solo noi a dover gestire le conseguenze -attuali e a lungo termine- di quel che sta accadendo oggi.

E, per quanto ancora più isolati e alla frutta, gli USA ne usciranno comunque meglio di noi europei, come sempre. E noi ne diverremo ancora più dipendenti e li seguiremo in altre guerre e in altre disfatte (perché il corso della storia non si può forzare più di tanto, se l’unica nostra forza -e non ne possiamo neppure essere più tanto sicuri come un tempo- è la guerra).

Credere in qualcosa di diverso significa non aver capito nulla di quel che è già accaduto nel XX secolo e a quel che sta venendo a cambiare nel XXI.

E molte cose stanno per cambiare, esclusa la guerra.

Solo lei, sotto il trucco, è sempre la stessa.

 

Interrogarci sul concetto di umanità: Le quattro lezioni dall’Ucraina – Ilan Pappe

Lezione numero uno: i profughi bianchi sono i benvenuti, gli altri meno 

Lezione numero due: si può invadere l’Iraq, ma non l’Ucraina

Lezione numero tre: in alcuni casi i neonazisti possono essere tollerati

Lezione numero quattro: Abbattere un grattacielo è un crimine di guerra solo se accade in Europa

da qui

Ucraina: lettera aperta al Presidente del Consiglio Mario Draghi – Gianni D’Elia

Mi è capitato poco fa in macchina di sentire in diretta alcuni passi del suo discorso al Senato della Repubblica.

Ne è emersa a tratti una visione piccola, meschina e chiusa del modo di intendere la pace e la sicurezza.

Lei dice, non cito testualmente, che prima dell’invasione in Ucraina ci eravamo illusi, come Europei di poter vivere in pace dentro i nostri valori di giustizia, libertà e democrazia. Poco dopo, qui cito testualmente perché ho fermato la macchina e me la sono segnata: «credevamo di abitare in un giardino di pace».

Ma quale giardino di pace? Sì appunto, il nostro piccolo giardino della fortezza Europa.

Quanti conflitti armati nel mondo, fuori dal nostro giardino, ci sono stati in questi anni? Basti citare la Siria con più di 500 mila morti e milioni di profughi in tutti i paesi limitrofi e non solo.

E quanti conflitti armati nel mondo abbiamo alimentato con la vendita delle nostre armi, nonostante la legge 185/1990 ne faccia divieto?

Conflitti più o meno grandi e più o meno dimenticati ma patiti anch’essi dai civili magari distanti da noi ma pur sempre donne, uomini, bambini.

Ma si sa che le guerre comportano propaganda politica. Questa in Ucraina non sembra da meno altrimenti, come spiegare che alcuni profughi valgono più di altri e alcuni conflitti vanno sotto i riflettori e altri sono dimenticati? Tutti i profughi, ora quelli dell’Ucraina, dovrebbero avere la nostra solidarietà e la nostra partecipazione attiva.

Lei ha detto che non credevamo mai di vedere una guerra in Europa o così vicino all’Europa, dopo le due guerre mondiali. Ma la guerra in Bosnia e nei Balcani ce la siamo dimenticata? Eppure lì, così vicino alla nostra Puglia, c’è stato l’assedio di Sarajevo durato settimane. C’è stato un bombardamento della Nato su Belgrado e quindi anche sui suoi abitanti.

Come non ricordare quei giorni drammatici in cui come società civile italiana siamo riusciti ad inviare la Carovana dei 500 per cercare di mitigare l’assedio di Sarajevo.

Diciamo anche che a quel tempo, ci sarebbe stato bisogno di un riconoscimento europeo non solo della Croazia e della Slovenia ma anche della Bosnia e della Serbia che non è arrivato e forse, avrebbe mitigato il conflitto.

Ora Presidente, io non so bene cosa bisognerebbe fare se non quello che si sta cercando fare: mantenere aperta la via del dialogo per un cessate il fuoco, sostenere interventi umanitari per la popolazione dell’Ucraina e per accogliere i profughi in fuga e sanzioni culturali, economiche, sportive al governo russo. Invece, come lei ha prospettato stamattina, non ci sarebbe affatto bisogno di inviare e preparare soldati e armi perché questo inasprirebbe senz’altro il conflitto.

Il problema è proprio questo. Dal momento che i nostri arsenali sono sempre pieni e le spese per questi non sono mai diminuite con qualsiasi governo, questi arsenali ogni tanto, c’è bisogno di svuotarli e utilizzarli ora in Ucraina, ora in Yemen, ora in qualche paese africano o asiatico.

Lei ha detto, cito anche qui, che «siamo riconoscenti alle nostre forze armate anche per il ruolo centrale giocato nella pandemia». No, signor Presidente, faccio parte di quei cittadini che non sono affatto riconoscenti perché avrebbero voluto che fosse il sistema sanitario civile a essere centrale nell’affrontare l’emergenza sanitaria.

Soprattutto, non sono riconoscente alle forze armate. A esse vengono destinati sempre più fondi che potrebbero essere destinati alla creazione di un altro tipo di difesa. Una difesa civile, non armata e nonviolenta che potrebbe condurre a una società più giusta e più sicura. Questo dobbiamo ai giovani: disarmo e abolizione delle guerre.

da qui

 

Dalla “guerra” al virus al virus della guerra: critica della ragione bellica – Pasquale Pugliese

 

Chiunque voglia sinceramente la verità

è sempre spaventosamente forte

Fëdor Dostoevskij, Diario di uno scrittore

Quando nel 2020, insieme alla pandemia, ha cominciato a dilagare il paradigma bellico per narrare l’impegno collettivo per salvare le vite, svolgendo una critica alla banalizzazione della realtà che questo comportava ed ai suoi rischi, scrivevo – tra le altre cose – che il continuo far ricorso al paradigma della guerra, allo sforzo bellico di chi è in “trincea” contro il virus, rimanda alla “ri/costruzione di un immaginario positivo della guerra come sforzo collettivo, come mobilitazione patriottica, come esaltazione della potenza militare”. In un Paese nel quale il pudore della guerra, insito nel “ripudio” costituzionale, faceva che sì che – fino a quel momento – veri interventi militari in giro per il pianeta fossero ossimoricamente definiti “missioni di pace”, la guerra – associata ossessivamente all’impegno di chi salva vite umane, invece di ucciderle – era tornata ad essere rivalutata come metafora di valore, anziché di disonore (queste riflessioni oggi si trovano in Disarmare il virus della violenza, 2021). Da lì ad un anno, questo paradigma avrebbe modellato la realtà, inverandosi nella nomina di un generale di corpo d’armata a Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, portando con sé notevoli implicazioni culturali e politiche nella ridefinizione dell’immaginario collettivo, che oggi si stanno manifestando in tutta la loro potenza di fuoco all’interno del passaggio repentino dalla “guerra” al virus al virus della guerra guerreggiata, in cui la “necessità” del coinvolgimento italiano – non in un processo di mediazione e interposizione tra le parti, ma attraverso l’invio di armi a sostegno di una parte (dopo un decennio di vendita all’altra, ndr) – è diffusa ossessivamente nella narrazione pubblica e confermata nelle scelte politiche. Eliminando qualunque possibilità di analisi più complessa dello schierarsi sull’attenti con l’elmetto in testa.

Il paradigma della logica binaria

Definisce il problema, con la consueta lucidità, anche la politologa Nadia Urbinati nell’editoriale sul quotidiano Domani del 5 marzo del 2022mettendo a fuoco la logica binaria nella quale siamo fortemente indotti, strutturalmente insita nel paradigma bellico. “Il paradigma della logica binaria ammette una sola direzione di marcia” – scrive Urbinati – “E come ogni approccio monotematico tende ad estremizzare. Crea un ambiente retorico che non lascia (non deve lasciare) spazio al dubbio; che non favorisce un’analisi degli eventi, ma solo reazioni emotive a quegli eventi che trangugiamo come fossero vino buono; che scoraggia la formazione di opinioni interlocutorie e capaci di presentarsi per quel che sono, ovvero punti di vista aperti alla contestazione e alla revisione. Le opinioni che sono confezionate dal rullo compressore del paradigma binario si impongono a noi come fatti granitici e oggettivi – impermeabili al giudizio critico. In questo clima si promuove non la conoscenza degli eventi ma una religiosa adesione. Non si facilita la simpatetica disposizione verso le sofferenze umane, ma si alimenta l’emozione unidirezionale pro/contro, come se fossimo tutti noi sul campo di battaglia”

Il martellamento sull’unica risposta possibile

E’ montata, infatti, con incredibile velocità sui mezzi d’informazione del nostro paese e nelle scelte politiche – quasi unanimi – il martellamento sul dovere di partecipazione attiva alla guerra, attraverso l’invio di armi all’Ucraina (dopo averne venduto per almeno un decennio anche alla Russia, in violazione della legge 185/90 oltre che della Costituzione) come unica risposta possibile, con il corollario dell’esplicita accusa di “filoputinismo” a chi provi ad esercitare minimamente il pensiero critico contro questa nuova banalizzazione della ragione, con una virulenza inimmaginabile solo qualche anno fa, prima della dilagante retorica bellica degli ultimi due anni che ha colonizzato l’immaginario. “Oggi”, osserva il collettivo Wu Ming, “in molte dichiarazioni, in molti titoli di giornale, basterebbe rimpiazzare «Putin» con «il Covid» per vedere che tra le due retoriche belliche c’è piena continuità”. Anche le importanti manifestazioni spontanee per la pace e per la solidarietà con il popolo ucraino sono state “interpretate” non solo in Italia ma da tutti i governi europei, e dai rispettivi parlamenti (quasi senza eccezione) – come in una perfetta distopia orwelliana: “guerra è pace”- come un mandato per indossare mimetica ed elmetto ed entrare di fatto in guerra, aggiungendo ad un incendio altro materiale imfiammabile. Parimenti, come sempre succede in questi casi, l’informazione si è trasformata in propaganda bellica, alimentando un clima di odio anche nei confronti della cultura russa tout court – dal quale è stato incredibilmente travolto perfino Dostoevskij, non al bar ma in una prestigiosa istituzione universitaria – e di accusa di fraternizzazione con il nemico per chi dissente da queste scelte e prova ad articolare un ragionamento un po’ meno banale e più aderente al mandato costituzionale.

Svelare la banalità del male della guerra

Si tratta della violenza culturale che dispiega tutto il suo potenziale di supporto e legittimazione della guerra e delle armi come unica strategia possibile di fronte ad una aggressione militare, senza averne mai costruito alternative possibili e credibili, proposte per tempo dai movimenti per il disarmo e la nonviolenza: è l’uomo col martello che vede tutto il mondo come un chiodo e agisce ottusamente di conseguenza. Allora, contemporaneamente all’impegno prioritario per il cessate il fuoco in Ucraina e alla solidarietà con le vittime, è necessario impegnarsi anche per arginare il bombardamento bellico delle nostre menti e svelare la banalità del male della guerra, attraverso un rinnovato impegno culturale ed educativo volto a disarmare il pensiero, che rimetta al centro dell’attenzione e del discorso pubblico sia importanti consapevolezze oggi colpevolmente rimosse sia la decostruzione delle fallacie di una ragione che, indossando l’elmetto, rinuncia all’esercizio critico. Come abbiamo scritto più volte, ormai solo l’educazione ci può salvare (vedi anche Disarmare il virus della violenza).

Recuperare la coscienza del pericolo

Il primo recupero da fare è quello della coscienza del pericolo del vivere immersi all’interno di una nuova, impetuosa, corsa globale agli armamenti che in vent’anni – ossia dall’invasione dell’Afghanistan nel 2001, a cura di USA ed alleati, conclusasi solo lo scorso agosto – ha raddoppiato la spesa militare globale degli stati (e i relativi profitti dell’industria bellica internazionale, ndr) e oggi – senza soluzione di continuità e senza alcuna valutazione o autocritica sul disastro realizzato in quel martoriato paese – sta accelerando ancora di più la crescita con il pretesto della crisi ucraina, identificando nel “pericolo russo” il nuovo nemico pubblico numero uno contro cui armarsi sempre di più. Reciprocamente, ovviamente. Complementare a questa c’è l’altra, più radicale, rimozione da recuperare alla coscienza, quella del pericolo nucleare: c’è un arsenale nucleare di circa quattordicimila testate di ultimissima generazione puntato contro le teste di tutti che, ancorché illegale dopo il Trattato ONU di proibizione delle armi nucleari (ma non sottoscritto proprio dai possessori di queste armi, compreso il nostro paese facendone così un potenzile target), anziché lo smantellamento, ne vede oggi di nuovo la minaccia di uso e di mutua distruzione assicurata. Bisogna ritrovare, dunque, “il coraggio di avere paura” come ribadiva il filosofo Günther Anders, per esempio, nelle Tesi sull’età atomica nel denunciare il nuovo status di precarietà dell’umanità dopo Hiroshima – “quelli-che-esistono-ancora” – e come ci ricorda, inascoltato, il Bollettino degli scienziati atomici con le lancette dell’Orologio dell’Apocalisse fissato consecutivamente da tre anni a soli 100 secondi dalla mezzanotte nucleare.

Fare ecologia della mente

Rimesso al centro della nostra attenzione consapevole questo scenario del quale è ineludibile tenere conto, pena trascinare tutti in una immane tragedia per l’umanità intera, ci sono da decostruire alcune fallacie, errori di valutazione, che tutte le narrazioni belliche portano sempre con sé, alle quali bisogna porre grande attenzione, esserne avvertiti – fare ecologia della mente – per consentire la visione più ampia e prospettica possibile della realtà, a supporto della capacità di svolgere esercizio di pensiero critico, non militarizzato, alla ricerca si soluzioni non catastrofiche al conflitto in corso ed a tutti gli altri. Ecco, di seguito, le principali questioni di cui tenere conto, cercando di evitare gli errori nei quali hanno spesso indotto e possono ancora indurre.

  1. La verità è la prima vittima di ogni guerra

La verità è la prima vittima di ogni guerra: per convincere le rispettive opinioni pubbliche della necessità della guerra, per averne il consenso nelle gravi decisioni politiche che questo comporta, sia che si tratti di parteciparvi direttamente con l’invio di militari che indirettamente con l’invio di armi, si tende ad allineare l’informazione nell’amplificazione delle proprie ragioni e nel depotenziamento di quelle degli avversari. E’ un dato universale, non una prerogativa delle sole dittature o autocrazie come quella putiniana: è un caso paradigmatico di studio – oltre che una tragedia per il popolo irakeno – il modo in cui l’invasione dell’Iraq da parte degli USA e dei suoi alleati democratici, compreso il nostro paese, fu preparata tra il 2002 e il 2003 attraverso la costruzione e l’esibizione di “prove” totalmente nventate di armi di distruzioni di massa di cui il regime di Saddam Hussein sarebbe stato in possesso. “Notizie” false, ma avallate e rilanciate in modalità martellante da tutte le principali testate giornalistiche internazionali. Solo ad occupazione militare fatta, con il suo portato di centinaia di migliaia di vittime e di genesi e sviluppo del terrorismo fondamentalista, fu ammesso il deliberato inganno da parte del segretario di stato USA Colin Powell e dell’allora presidente britannico Tony Blair, al fine di convincere l’opinione pubblica occidentale, ampiamente contraria a questa nuova guerra della sua “necessità”.

  1. Gli uomini e il fuoco

In molti casi la deformazione della verità si spinge fino alla deumanizzazione dell’avversario: è un fenomeno ampiamente studiato (vedi per esempio Chiara Volpato, Deumanizzazione. Come si legittima la violenza, 2011) che consiste nella mostrificazione del nemico di turno, fino alla sua ricorrente reductio ad Hitler, ossia al male assoluto, tale da giustificare qualunque azione armata contro di lui e, ovviamente, il suo popolo. Questo meccanismo è raccontato, per esempio, in maniera efficace attraverso la fiction in un episodio della serie tv Black Mirror, Gli uomini e il fuoco, dove si racconta di un esercito ai cui militari viene impiantato nel cervello un dispositivo elettronico che trasforma in mostri, nella loro percezione, coloro che vengono indicati dai comandanti come i nemici: i soldati non ricordano nulla della vita precedente e danno la caccia spietata a questi esseri, chiamate “parassiti”, che a loro appaiono effettivamente mostri sia nelle fattezze fisiche quanto nei suoni che emettono. Finché il dispositivo mentale di un soldato si inceppa e il militare – riconoscendo nelle vittime gli esseri umani e comprendendone la lingua – si rende conto di ciò che sta facendo e si rifiuta di proseguire. Una volta arrestato e isolato dagli altri, lo psicologo dell’esercito gli spiega che durante la prima guerra mondiale solo il 15% dei soldati sparava davvero ai nemici perché inibito dalle caratteristiche umane dell’avversario e su questo “difetto di umanità” l’esercito ha lavorato per disinibire la capacità di fare violenza: con le normali tecniche di addestramento si era riusciti ad arrivare al 75% (per esempio in Vietnam), ma adesso il dispositivo che de-umanizza e mostrifica l’altro, garantisce il 100% del risultato. Ossia la disponibilità totale ad uccidere, senza se e senza ma. Fuori dalla fiction il processo di deumanizzazione culturale e informativo, in azione in questa e in tutte le guerre, è funzionale allo stesso scopo (vedi anche qui). Bisogna riconoscerlo per starci alla larga…

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Le donne di Ucraina – Tonio Dell’Olio

Che si porti rispetto per le donne, le donne di Ucraina, che versano lacrime amare, davanti ai grembi dischiusi alla morte. Che si onori il coraggio delle donne che silenziose nelle piazze russe innalzano cartelli come ceri davanti all’altare della ragione e della pietà.

L’incedere delle donne piegate e sofferenti  non offende la fierezza dei loro sguardi. Queste donne non hanno parole parlate e non sono l’eco di versi già detti. Piuttosto è il dolore a farsi appello, a scuotere il nostro torpore, a farsi preghiera per svegliare il sonno di Dio. Ma come fanno le donne ad avere il terrore delle bombe sotto la pelle e a sorridere in quell’istante ai loro bimbi dagli occhi impauriti? È il miracolo di un’essenza che sa dirsi solo al femminile.

Per questo le donne costrette a partire coi figli incollati alle braccia o alle gambe, non lottano di meno dei compagni che restano imbracciando il fucile. È un opporsi silenzioso e profondo alla rotta sbagliata della storia, continuando ad accogliere come terra senz’acqua i semi di una vita nuova o a nasconderli per una nuova stagione. Pronte a pagare come sempre il prezzo più alto di fronte alla violenza ma anche a dire le parole più vere per generare il mondo. Quando la pace verrà, ci accorgeremo che l’avrà partorita una donna.

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Rete Italiana Pace e Disarmo, Osservatorio OPAL e Weapon Watch

Comunicato Stampa – 7 marzo 2022

L’ITALIA STA PARTECIPANDO A UN PONTE AEREO MILITARE PER FORNIRE SISTEMI MILITARI ALL’UCRAINA: IL GOVERNO INFORMI IL PARLAMENTO

Nelle sanzioni si aggiunga il divieto di esportare “armi comuni” alla Russia

Fonti di stampa hanno dato notizia che due C-130J “Hercules” dell’Aeronautica militare italiana sono partiti nei giorni scorsi dall’aeroporto di Pisa diretti allo scalo polacco di Rzeszow/Jasionka, a un centinaio di chilometri dalla frontiera ucraina. La rete degli spotter ha segnalato inoltre altri voli militari partiti dall’Italia.

Secondo una nostra ricostruzione, quello in corso sembra configurarsi come un vero e proprio “ponte aereo” militare internazionale verso la base di Rzeszow, nella Polonia orientale, dove già dai primi di febbraio opera un comando logistico USA. Su Rzeszow stanno convergendo aerei provenienti anche da altri paesi, in particolare dalla Gran Bretagna, dalla Francia, dal Belgio, dalla Spagna, dal Canada.

Per quanto riguarda l’Italia, si tratta di un rapido incremento dei voli giornalieri dell’Aeronautica Militare a destinazione Rzeszow, che ha riguardato anche l’impiego di velivoli normalmente di stanza a Pratica di Mare e Grosseto:

Partenza Arrivo  Volo Sigla Tipo
Pisa, mar. 1.3.22 Constanta, mar. 1.3.22, 20:17 EET, poi a Rzeszow/Jasionka, 2.3.22 (?) IAM4679 MM62178 C-130J Hercules
Pisa, merc. 2.3.22, 12:57 Rzeszow/Jasionka, 2.3.22, 15:28 IAM4663 MM62177 C-130J Hercules
Pisa, gio. 3.3.22, 16:55 Rzeszow/Jasionka, 3.3.22, 18:38 IAM1430 MM62227 Boeing KC-767A
Pisa, gio. 3.3.22, 18:00 Rzeszow/Jasionka, 3.3.22, 19:51 IAM1430 MM62229 Boeing KC-767A
Pisa, ven. 4.3.22, 11:16 Rzeszow/Jasionka, 4.3.22, 12:41 IAM1412 MM62227 Boeing KC-767A
Pisa, ven. 4.3.22, 13:11 Rzeszow/Jasionka, 4.3.22, 15:45 IAM4664 MM62177 C-130J Hercules
Pisa, ven. 4.3.22, 22:27 Rzeszow/Jasionka,  5.3.22, 00:02 IAM1425 MM62227 Boeing KC-767A
Pisa, sab. 5.3.22, 9:09 Rzeszow/Jasionka, 5.3.22, 11:00 IAM1420 MM62227 Boeing KC-767A
Pisa, sab. 5.3.22, 14:04 Rzeszow/Jasionka, 5.3.22, 15:50 IAM4675 MM62177 C-130J Hercules
Pisa, sab. 5.3.22, 21:48 Rzeszow/Jasionka, 5.3.22, 23:39 IAM1421 MM62227 Boeing KC-767A
Pisa, dom. 6.3.22, 10:08 Rzeszow/Jasionka, 6.3.22, 11:53 IAM1423 MM62227 Boeing 767-200
Pisa, dom. 6.3.22, 13:19 Rzeszow/Jasionka, 6.3.22, 16:17 IAM4676 MM62177 C-130J Hercules
Pisa, dom. 6.3.22, 20:59 Rzeszow/Jasionka, 6.3.22, 22:44 IAM1424 MM62227 Boeing 767-200

In considerazione dell’impiego di personale militare italiano nel trasporto di materiali militari per il conflitto in corso in Ucraina, tra paesi non appartenenti alle alleanze militari che impegnano il nostro Paese, la Rete Italiana Pace e Disarmo, l’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (OPAL) e The Weapon Watch chiedono al Governo di comunicare al Parlamento tutte le operazioni in corso informando riguardo alle tipologie di materiali militari che vengono inviati in Polonia e i destinatari e utilizzatori finali ucraini di tali materiali militari.

Invitano inoltre deputati e senatori a esercitare il diritto-dovere di controllo, attraverso apposite interpellanze, per essere informati dal Governo sulle attività militari che il nostro Paese sta compiendo e che possono configurare una partecipazione al conflitto in corso in Ucraina.

Chiedono, inoltre, al Governo italiano di includere tra le sanzioni verso la Federazione Russa tutte le armi e munizioni anche quelle classificate di “tipo comune”, non soggette all’embargo di materiali militari dell’Unione Europea in vigore dal 1 agosto del 2014 e di farsi promotore di questa iniziativa a livello comunitario affinché sia al più presto adottata da tutti i paesi dell’Unione. Armi e munizioni di tipo comune continuano, infatti, ad essere inviati in Russia: queste tipologie di armi e munizioni non riguardano solo quelle per l’attività sportiva o venatoria, ma comprendono armi semiautomatiche e relativo munizionamento utilizzato da corpi para-militari, da compagnie di sicurezza privata e mercenarie.

Ribadiscono la più ferma condanna per l’aggressione militare della Federazione Russa all’Ucraina, la contrarietà all’invio di armi e materiali militari alle forze armate e a civili ucraini e ad ogni contributo, diretto o indiretto, di tipo militare del nostro Paese che riguardi il conflitto in corso.

Esprimono la massima solidarietà alle popolazioni coinvolte nel conflitto e sostengono tutti gli sforzi della società civile pacifista e dei lavoratori e lavoratrici in Russia e in Ucraina che si oppongono alla guerra con gli strumenti della nonviolenza.

La risoluzione del conflitto è possibile solo con la “neutralità attiva”, attivando tutti gli strumenti diplomazia ufficiale e popolare, con la pressione internazionale, il disarmo, il sostegno alle forme di trasformazione nonviolenta dei conflitti, il superamento delle attuali alleanze militari, l’opposizione alla militarizzazione e soprattutto proteggendo le persone che sono le principali vittime di ogni guerra.

Contatti stampa:

Francesco Vignarca (Rete Italiana Pace e Disarmo)Email: francesco.vignarca@retepacedisarmo.org – Cellulare: 328.3399267

Carlo Tombola (The Weapon Watch) – Email: carlo.tombola@gmail.com – Cellulare: 349.6751366

Giorgio Beretta (OPAL) – Email: berettagiorgio@gmail.com  – Cellulare: 338.3041742

 

 

 

NO ALLA GUERRA. NE’ CON PUTIN NE’ CON LA NATO – Danilo Tosarelli

Da giorni e giorni sto seguendo le vicende legate alla guerra in Ucraina.

Sto cercando fonti credibili provenienti non solo dalla Russia, bensì un po’ Da tutta Europa.

Evidenti le partigianerie che informano a senso unico.

Difficile o troppo facile, individuare fake news che proseguono 24 ore al giorno.

Difficilissimo districarsi tra avvenimenti ed informazioni, che intossicano i ns cervelli, obnubilando le ns capacità di riuscire a capire meglio ciò che sta accadendo ed il perché.

Senza alcuna pretesa, vorrei dire innanzitutto che DIRE NO ALLA GUERRA è di fondamentale importanza.

Chiunque scelga la guerra, come strumento di soluzione di qualsiasi problema, SBAGLIA.

Le conseguenze le paga poi il popolo inerme, che si trova a subire una scelta non per sua volontà.

Le conseguenze sono sempre drammatiche e devastanti.

So che può apparire un’affermazione qualunquista, ma il non volersi schierare ne’ con Putin né con il governo Ucraino e l’occidente che lo sostiene, è in realtà la scelta più consona.

Putin ha gravi responsabilità nell’aver invaso l’Ucraina senza voler accettare alcuna mediazione e senza dichiarare apertamente i suoi veri obiettivi.

La Nato non è la verginella che molti credono ingenuamente sia.

Non credo sia necessario spiegare il perché, a qualsiasi persona possegga una coscienza critica ed intellettualmente onesta.

Vi sono impegni presi tra russi, americani ed Unione Europea che non sono stati rispettati vicendevolmente.

Ognuno di essi rivendica propri diritti e vicendevoli bugie.

Ho letto, ho letto, mi sono informato, ho ascoltato un po’ tutti ed ho provato ad essere il più onesto possibile nella ricostruzione dei fatti passati e presenti.

Mio nonno avrebbe detto, che HANNO TUTTI LA ROGNA.

E che la storia la scrivono sempre i vincitori.

Ancora una considerazione, che molti potrebbero giudicare superficiale e sviante.

Io credo invece, che sia proprio così.

Solo una partigianeria totalmente acritica non si pone dubbi.

Fin troppo facile.

Io non riesco a schierarmi né con Putin, né con la Nato.

Comprendo alcune ragioni di Putin, ma non giustifico la sua guerra.

Comprendo il diritto all’autodeterminazione del popolo ucraino, ma non posso non vedere quanto accade da 8 anni nel Donbass, senza che qualcuno denunci quelle atrocità che rimangono sconosciute ai più.

Non mi lascia indifferente il sapere, che brigate militari neonaziste sono regolarmente inquadrate nell’organico dell’esercito ucraino.

Sono un lascito della storia della seconda guerra mondiale, che vide l’Ucraina fortemente schierata con Hitler.

Dopodiché il nazismo è stato sconfitto e tollerare queste brigate che lo rivendicano apertamente, può solo essere colpevole.

Tutto ciò è presente nelle mie riflessioni, ma ribadisco che non può giustificare una guerra.

Ma non posso tralasciare, che la guerra di Putin è una tragedia davanti agli occhi di tutto il mondo, le infiltrazioni ed i golpe provocati dagli americani in questo secolo trapelano troppo poco.

Vogliamo parlare del Cile di Allende o dell’Argentina di Videla, sino ad arrivare a quanto è successo e sta succedendo in molti paesi del Sud America?

Putin chiede apertamente che l’Ucraina non entri nella Nato, perché lo considera pericoloso per i suoi confini.

L’America rivendica il diritto dell’Ucraina alla libera scelta.

Ma quando Fidel Castro fece la rivoluzione a Cuba e chiese alla Unione Sovietica di installare suoi missili per proteggerlo, gli americani dichiararono che se ciò fosse accaduto, sarebbe stata guerra.

Prevalse il buon senso ed i missili non vennero installati.

Oggi non prevale alcun buonsenso ed è già guerra.

Lasciatemi dire a tutto l’Occidente, perché me lo impone la mia coscienza, che anche GUANTANAMO urla vendetta.

È pensabile che esista una base  militare americana in territorio cubano?

Che gli USA ne rivendichino il diritto e guai a chi si sognasse di metterlo in discussione?

Purtroppo è tanto vero, che il diritto internazionale non è proprio rispettato da tutti.

Ci sono pesi e misure diverse, dipende dal tuo peso politico e militare.

Putin invade ingiustamente l’Ucraina, ma gli USA coprono da sempre i rastrellamenti ed i massacri perpetrati dagli Israeliani nei territori Palestinesi.

L’ONU condanna il comportamento israeliano e gli USA pongono il veto per impedire relative sanzioni.

Succede da anni e l’occidente con la sua stampa, tace.

Una complicità che preferirei non vedere.

Insomma, insomma…

Quando i sinceri pacifisti, urlano nelle loro manifestazioni NE’ CON PUTIN NE’ CON LA NATO, esprimono una grande verità.

NON POTREBBE ESSERE DIVERSAMENTE.

Nel frattempo però, la guerra imperversa e le vittime aumentano.

Urge arrivare ad una tregua che faccia tacere le armi.

TRATTATIVA AD OLTRANZA.

O VOGLIAMO ARRIVARE ALLA TERZA GUERRA MONDIALE?

Questo dovrebbe rivendicare qualsiasi governo desideri la pace.

Non certo inviare insieme agli aiuti umanitari, anche armi.

Russi ed Ucraini si troveranno a morire uccisi dalle stesse armi italiane, vendute prima ai russi ed adesso agli ucraini.

Purtroppo tutto ciò è controproducente e non aiuterà a risolvere questa guerra.

Padre Zanotelli, che da decenni si batte contro ogni guerra, ha proposto insieme ad alcune associazioni un impegno solenne.

CHE SI ORGANIZZINO CATENE DI VEICOLI DI PACIFISTI PROVENIENTI DA TUTTA EUROPA E DIRETTI IN UCRAINA con lo scopo di creare deterrenza e costringere i belligeranti a fermarsi.

Io so, che ormai non si discute d’altro in ogni luogo.

Sarebbe sbagliato e cinico restare indifferenti ed io non lo sono.

NON SI PUÒ RESTARE INDIFFERENTI.

In questo momento non servono le partigianerie.

Servono invece più sensibilità, attenzione ed un sano senso critico.

 

 

 

 

Centrale nucleare di Zaporozije, la versione dei fatti che in Italia non può neanche essere detta – Marinella Mondaini

Il presidente ucraino Zelenskij stamattina alle 5 ha pubblicato la notizia falsa dell’attacco “russo” alla centrale nucleare di Zaporozije e ha telefonato ai capi occidentali per metterli al corrente di questa “mostruoso atto” e sollevare altra isteria. Quello che è accaduto nella realtà invece è ben diverso: si tratta di una mostruosa provocazione, compiuta alle 2 di stanotte da un gruppo di sabotatori nazionalisti ucraini contro i militari della Guardia azionale russa in pattugliamento del territorio protetto adiacente la centrale nucleare di Zaporozije, non lontano da uno dei reattori.

La propaganda ucraina ha raccontato che è stata bombardata dai russi e la notizia è stata subito raccolta dai media statunitensi ed europei. I militari ucraini hanno deciso di giocare alla guerra lungo le mura della più grossa centrale nucleare d’Europa che ha ben 6 reattori. Hanno portato i carri armati e i complessi missilistici Grad e dall’edificio del Centro di Addestramento (che ha diversi piani) situato al di fuori del perimetro della centrale nucleare, hanno aperto il fuoco contro i militari russi. In conseguenza a ciò si è scatenata una battaglia e gli ucraini, prima di scappare dall’edificio gli hanno dato fuoco. Solo grazie al comportamento eroico dei militari russi e anche al buon senso delle autorità della città, è stato scacciato il gruppo dei sabotatori ucraini e sono stati fatti passare i camion dei vigili del fuoco per spegnere l’incendio.

Il comunicato di stamattina dell’amministrazione locale dice che non è stato sparato sulla popolazione, verso la quale non c’è nessuna minaccia, non sono state bombardate le case d’abitazione, non ci sono né morti né feriti di civili.

La centrale nucleare lavora normalmente, viene monitorato costantemente il livello radioattivo che è nella norma. L’esercito russo ha preso sotto il proprio controllo la città di Energodar dov’è situata la centrale e il territorio circostante…

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Linea d’Ombra: “Siamo consapevoli che la guerra in Ucraina è una nuova crisi di una guerra permanente economico-politica”

Noi di Linea d’Ombra che da oltre due anni siamo quotidianamente in contatto con persone che fuggono da guerre – Afghanistan, Siria, Iraq… – siamo perfettamente consapevoli che l’invasione della Russia in Ucraina, con annessi e connessi interessi atlantici, è un nuovo punto di crisi di una guerra permanente degli interessi economico-politici dominanti contro le popolazioni, ben al di là delle bandiere statali, accomunati e insieme divisi da un’unica ragione suprema: quella del profitto e dello sfruttamento della terra.

Ci sarà adesso una nuova forte ondata di profughi, europei questa volta, che renderà ancora più complessa e difficile la condizione di tutti i richiedenti asilo.

Ricordiamo che poco più di vent’anni or sono, c’è stata un’altra terribile guerra in Europa, in quegli stessi Balcani che sono ora la Rotta dei profughi dal Medioriente, in cui agivano con estrema violenza dinamiche internazionali e locali non troppo diverse da quelle odierne in Ucraina.

L’unico modo di costruire una pace autentica e non cadere in retoriche consolatorie è praticare accoglienza quotidianamente, nei fatti e costruire solidarietà, a cominciare con chi subisce maggiormente le violenze proprie dell’attuale regime del mondo.

Per quel che riguarda Linea d’Ombra, sono i profughi dal Medioriente che risalgono la rotta balcanica; per gli amici di Mediterranea, ad esempio, sono i profughi della Rotta mediterranea; possono essere profughi da altre situazioni intollerabili, come quelli dall’Ucraina; ma anche lavoratori che lottano per cambiare le loro condizioni di lavoro e qualunque altro gruppo sociale che agisca per trasformare un regime di vita che non finisce mai di dimostrare la propria intollerabile assurda violenza.

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Disertare la furia della guerra – Carlo Bellisai

Davanti alla furia violenta delle armi, diventa difficile da nonviolenti, o meglio da amici della nonviolenza come diceva Capitini, trovare uno spazio di dialogo. Siamo tenuti a capire fino in fondo il dolore delle donne ucraine che chiedono un intervento europeo.

Le abbiamo incontrate nelle manifestazioni per la pace che abbiamo promosso in questi terribili giorni di fine febbraio: chiedevano che l’Europa facesse qualcosa, qualunque cosa. Ma non siamo a disposti ad accettare nessun intervento militare europeo, sotto l’ombrello della NATO, che preluderebbe alla terza guerra mondiale, con probabili esiti nucleari. L’intervento dell’Unione Europea che vorremmo, sarebbe quello che spinga a chiedere un immediato cessate il fuoco, il conseguente arrivo di aiuti umanitari e negoziati immediati che trasformino la tregua progressivamente in vera pace, magari con la costituzione di una federazione ucraina, attraverso referendum popolari, che diano autonomie ai diversi territori, con rispetto delle minoranze. Ma sono solo ipotesi che, per il momento, ben pochi pensano di praticare.

Intanto c’è la guerra, con tutte le sue atrocità: morte, distruzione, terrore, sfollamento. Cosa si può fare? Un coinvolgimento diretto di un paese della NATO potrebbe creare l’incidente che darebbe il via all’irreparabile. Le popolazioni europee e del mondo devono esercitare una pressione sui loro governi, affinché venga evitato un allargamento della guerra. Sono proprio le popolazioni, già stremate da due anni di emergenza pandemica, che sono chiamate a ridestarsi per dire no ad un’assurda guerra, scoppiata mentre tutti nel globo dovrebbero invece occuparsi di scongiurare la catastrofe climatica. Perché quello resta il più grande problema, che permane sullo sfondo di pandemie e di guerre e che i bambini e i ragazzi di oggi avranno in eredità.

Disertare la furia della guerra significa preparare la pace, il che va fatto prima che scoppi la guerra. Siamo arrivati già troppo tardi. Sapevamo che la guerra economica era in atto, che c’era quella su internet, che c’erano tanti focolai e tante armi costruite, testate e messe in campo. Chissà se siamo ancora in tempo, ma dobbiamo provarci.

Preparare la pace vuol dire cercare di costruire ascolto reciproco, nei conflitti quotidiani, in famiglia, sul lavoro, nelle associazioni; vuol dire sforzarsi creativamente di trovare soluzioni condivise. Significa fare educazione al conflitto e a come superarlo insieme senza perdenti; significa una scuola formativa e partecipativa, una sanità pubblica che previene e cura sul territorio, un’aria salubre e il diritto primario all’acqua, non solo pubblica, ma comune a tutti gli esseri viventi. Preparare la pace è impegnarsi per fermare la violenza sulle donne e tutte le forme di discriminazione, per il rispetto delle minoranze, per la giustizia sociale e il lavoro degno di questo nome. Significa costruire dal basso un modo diverso di convivere e cooperare, che non sia basato sul profitto e che non crei più emarginazione, povertà, apartheid, violenza: un modo comunitario di affrontare i conflitti in modo nonviolento e costruttivo. La pace non la si prepara certo fornendo armi, che otterrebbero soltanto lo scopo di prolungare morti e sofferenze: perché la guerra, qualunque guerra, ha sempre un solo perdente, la popolazione civile. Solo così potremo rispondere a questa e alle altre guerre, per costruire un futuro in cui le armi non abbiano più senso.

 

 

Blocco di RT e Sputnik: l’UE censura l’informazione – Geraldina Colotti

“Fermiamo la macchina dei media del Cremlino. Russia Today e Sputnik, controllati dallo stato russo, e le loro affiliate, non potranno più diffondere le loro bugie per giustificare la guerra di Vladimir Putin e seminare la divisione dell’Unione”. Lo ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in una conferenza stampa a Bruxelles.

L’alto rappresentante Josep Borrell, per giustificare il divieto di trasmissione nella UE, imposto a Rt e Sputnik, ha usato parole ancora più dure. Ha detto “Si deve schiacciare la testa al serpente”.

Un bel modo di difendere il pluralismo e la libertà di opinione di cui si riempiono la bocca i governi europei. Come abbiamo visto e continuiamo a vedere rispetto al Venezuela, c’è una poderosa rete di complicità tra questa Europa dei banchieri e le corporations che pilotano i flussi mediatici, essendo l’informazione una merce che risponde al grande capitale internazionale

E così, come scrive il Washington Post, Twitter ha annunciato oggi che inizierà a bloccare i tweet che rilanciano i collegamenti ai media statali russi o ai media legati al Cremlino, utilizzando i tag arancioni. Questi tag sono stati utilizzati in passato per segnalare notizie false sulla pandemia di Covid e ora appariranno in qualsiasi tweet che includa un collegamento a siti di media statali russi…

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Basta discriminare gli africani che scappano dall’Ucraina

Continuiamo a ricevere testimonianze di profughi di origine africana, principalmente studenti in Ucraina, che vengono in queste ore bloccati alla frontiera con gli altri Paesi. Mentre i bombardamenti continuano incessantemente.

Sono migliaia di giovani, principalmente da Nigeria, Ghana, Kenya, Sudafrica, Etiopia, Somalia che si trovano in Ucraina per motivi di studio. Ci stanno raccontando di essere stati abbandonati, e stiamo raccogliendo decine di testimonianze agghiaccianti come questa su Twitter.

Secondo gli studenti, in alcune situazioni si sta dando priorità di passaggio agli ucraini, mentre in altre le persone di colore vengono osteggiate o si vedono addirittura rifiutare il passaggio alla frontiera. Su Twitter la sig. Sky ha dichiarato che in questo momento di crisi le persone dii colore, in particolare se migranti, sono esposte a pregiudizi e discriminazioni.

“È evidente che noi africani siamo visti come esseri inferiori”, dice Nze, uno studente costretto a viaggiare per diverse ore fino al confine polacco. “La maggior parte degli africani è ancora in viaggio per Lviv”, ha scritto in alcuni tweet venerdì.

La situazione sta destando preoccupazione tra gli osservatori che monitorano la diaspora africana e caraibica. Persino nei momenti di conflitto le persone nere si ritrovano a soffrire di più dei bianchi.

Una studentessa nigeriana di medicina al confine Medyka-Shehyni tra Polonia e Ucraina ha dichiarato di aver dovuto aspettare 7 ore per passare la frontiera. E che le guardie incaricate continuavano a fermare le persone nere mandandole in fondo alla fila, dicendo che devono far passare prima gli ucraini.

Sono circa 4,000 i nigeriani che stanno studiando in Ucraina. Si tratta del secondo gruppo per quantità di studenti internazionali, dopo gli 8,000 studenti dal Marocco. Diversi studenti nigeriani e le loro famiglie stanno esprimendo sui social media la loro preoccupazione sulla mancanza di assistenza da parte del governo, e sulle discriminazioni razziali da parte delle forze dell’ordine ai posti di blocco delle frontiere.

Firma questa petizione per chiedere alle autorità di confine ucraine di mettere fine a questa assurda discriminazione, permettendo a tutti di avere un passaggio sicuro e rapido.

Chiediamo inoltre al governo della Nigeria di organizzare tempestivamente dei trasferimenti a casa per tutti gli studenti nigeriani bloccati in Ucraina, proprio come ha fatto il governo indiano. I rappresentanti degli studenti nigeriani in Ucraina hanno tentato più volte di mettersi in contatto con la propria Ambasciata a Kiev senza ricevere alcuna risposta. È davvero una situazione penosa!

Le nostre richieste:

  1. Alle autorità di frontiera ucraine: fermate le discriminazioni verso gli africani e le persone di colore, e permettete a loro e gli altri gruppi marginalizzati un passaggio sicuro nei Paesi vicini
  2. All’Unione Africana: chiedete pubblicamente che gli africani vengano protetti, e organizzate per loro dei voli per mettersi al sicuro. È il momento di mobilitarsi per l’Africa.
  3. Al Governo della Nigeria, in particolare: occupatevi con urgenza di evacuare gli studenti nigeriani bloccati in Ucraina, e di permettere un rientro sicuro e veloce in Nigeria anche a coloro che hanno già oltrepassato il confine.
  4. Alla Polonia, Romania e tutti i Paesi dell’Europa dell’est: garantite un asilo temporaneo per gli studenti africani che stanno scappando dall’Ucraina, in attesa che questi possano essere evacuati nei rispettivi Paesi.

Chiediamo che le autorità di frontiera ucraine si comportino umanamente, e che tutti siano trattati con dignità.

da qui

 

IL COLONNELLO MACGREGOR: “PUTIN HA AVVISATO PER 15 ANNI LA NATO” – Roberto Vivaldelli

…Secondo il veterano dell’esercito americano, l’invasione russa dell’Ucraina era pianificata da mesi. L’obiettivo di Vladimir Putin, spiega, “è garantire che gli Usa e i loro alleati non possano stazionare missili e forze da combattimento al confine” con la Federazione russa. Nel suo discorso del 24 febbraio, il presidente russo sottolineava che “quello che sta succedendo è una misura necessaria. Non ci è stata lasciata alcuna possibilità di fare diversamente”. Una lettura corretta, secondo il Colonnello Macgregor. “Sì. Putin ha cercato ripetutamente, per almeno 15 anni, di segnalare l’opposizione della Russia all’avanzata della Nato verso i confini della Russia”.
Il Colonnello spiega quali sono gli obiettivi del Cremlino in Ucraina: “Mosca vuole un’Ucraina neutrale, non allineata, che non sia ostile alla Russia. Il modello è l’Austria e il suo Trattato di Stato del 1955. Non è propensa ad attraversare il Dnepr e dirigersi a ovest. Ha già circondato e tagliato fuori le forze ucraine a est del fiume Dnepr. Vorrebbe una risoluzione come descritto. Se ciò fallisce, schiaccerà le forze ucraine, avanzerà oltre il Dnepr e annetterà o dichiarerà l’Ucraina orientale una Repubblica russa indipendente. Questo gli darebbe il ‘cuscinetto’ che vuole” spiega Macgregor. “Vista la conformazione dell’Ucraina occidentale, può tenere al di là del Dnepr qualsiasi forza occidentale che tenti di attraversarlo, che andrebbe incontro a una distruzione certa con mezzi convenzionali”. Ma quanto potrà resistere l’esercito ucraino all’avanzata russa? L’esperto non ha dubbi: “Al massimo 30 giorni”. E le sanzioni economiche non fermeranno Mosca: “Le sanzioni hanno costretto Mosca a lasciare la Crimea? Le sanzioni hanno indotto l’Iran a sottomettersi alle richieste degli Stati Uniti e di Israele. No. Le sanzioni non cambiano i governi”…

da qui

 

https://www.youtube.com/watch?v=lv2XxtKAZyo&ab_channel=EmozionInMusica

 

UNA NOTA DELLA “BOTTEGA” SUI NOSTRI DOSSIER

Ieri in Le persone, gli eserciti, le sanzioni, i gasdotti e… (e quel che potremmo fare) articoli di Sergio Bellucci, Moreno Biagioni, Tonio Dell’Olio, Doriana Goracci e Bruno Vitale. Con una poesia di Marco Cinque e (in coda) alcuni link.

Domenica 6 marzo in Biden scrive a Putin, una guerra tira l’altra e… abbiamo ripreso articoli di Alessandro Ghebreigziabiher, Jonathan Cook, Lea Melandri, Sarah Babiker, Francesco Masala, Lorenzo Guadagnucci, Norma Bertullacelli, Fulvio Vassallo Paleologo e Mauro Armanino con un

Sabato 5 marzo testi di Franco Astengo, Giorgio Beretta con Tommaso Coluzzi, Tonio Dell’Olio, Enrico Semprini; una riflessione di Mario Agostinelli, Alfiero Grandi, Jacopo Ricci e Alex Sorokin; con un link a un testo – in inglese – di Noam Chomsky) in Ucraina-Russia: Chi lavora per la pace e… .

Venerdì 4 marzo sono apparsi in  CESSATE IL FUOCO! articoli di retepacedisarmo, Donne in Nero Reggio Emilia, Antonio Perillo, Roberto Buffagni, Ennio Remondino, Paolo Desogus, Gianni Lixi, Samed Ismail, Marinella Mondaini, Vincenzo Costa, Umberto Franchi, Michael Roberts, Thomas Mackinson, Matteo Saudino, Sara Reginella, Jeremy Corbyn, Ascanio Celestini, Ernesto Sferrazza, Marco Arturi con video e un film.

Giovedì 3 marzo Ucraina: un pezzo della guerra mondiale con interventi di Patrick Boylan, Giorgio Riolo, Gianluca Cicinelli, Olivier Turquet, Michael Brenner, Vincenzo Costa. Vale segnalare anche Censura e rete: TOR nella guerra Russia-Ucraina di Jolek78 ma anche  Nucleare e guerra: il terrore corre sui media di Giorgio Ferrari.

Domani probabilmente faremo un altro dossier.

Grazie a chi ci manda testi e link ma ovviamente sono troppi per essere pubblicati tutti in un piccolo blog come questo; perciò la redazione sceglierà solo quelli che ci sembrano più completi, articolati e “propositivi”; cercando di non ripetere cose già scritte e aggiungendo qualche link per chi vuole ulteriormente approfondire. Lo spazio dei commenti è a disposizione anche per annunciare incontri e iniziative concrete. Molto avevamo scritto intorno al drammatico nodo dell’Ucraina. Per esempio qui: La sinistra (se c’è) e la guerra permanente (che c’è) con interventi di Giorgio Ferrari ed Elio Pagani , Ucraina: quale via verso la pace? (di Umberto Franchi e di Daniele Barbieri), Catastrofe Ucraina: fra Nato e Russia (di Enrico Semprini, Gianluca Cicinelli e Umberto Franchi), Ucraina: la Storia aiuta a capire (di Giorgio Riolo), Crisi Ucraina-Nato: il ruolo dei pacifisti (di Alessandro Marescotti), Armi, la droga pesante dei terrestri… (di Francesco Masala), Fabbricanti di guerre sempre all’opera. E noi? (John Scales Avery, Tommaso Di Francesco, Antonio Mazzeo, Gregorio Piccin ) e Morire per Kiev? O per la Nato? (con articoli di Pasquale Pugliese, Elisabetta Grande, Oleksiy Bondarenko, Federico Petroni, Marinella Mondaini, Giulio Chinappi) ma vale recuperare alcuni testi meno recenti: come Ucraina: quei nazisti così coccolati (dalle democrazie) di Moss Robeson nel 2021, Per non dimenticare Odessa, 2 maggio 2014-2018 di Enrico Vigna con una ricostruzione fotografica impressionante della strage, Kiev, capitale del neonazismo europeo del 2019 (sempre di Enrico Vigna) e molti altri fra cui l’analisi storica di Rossana Rossanda nel 2014 Ucraina, genesi di un conflitto. Inoltre la “bottega” da quando esiste pubblica – in modo ossessivo? – notizie e analisi sulle spese militari crescenti, sui tragici conflitti dimenticati (o per meglio dire nascosti dalla gran parte dei media e dalla politica dei Palazzi) e sul quotidiano lavorio di chi “fabbrica” guerre nel silenzio dei “grandi” media. Lo abbiamo fatto e continueremo perchè le catastrofi non cesseranno (anzi aumenteranno inevitabilmente) se non bloccheremo un’economia e un modo di vivere che a livello mondiale si basano sulle armi e sulla sopraffazione.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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