Ma che ci fa un armeno a Baghdad?

di Karim Metref (*)

4 gennaio 2004. Ero al terzo giorno di missione in Iraq. Dopo due giorni di riposo e di visite turistiche, per me cominciava il lavoro vero e proprio. Fu il segretario d’ufficio Bassam, un Caldeo di Qaraqush, a presentarmi lo staff locale. Una volta finito mi disse: Manca solo l’ingegnere Shant che è andato in missione a Karbala.

Lo staff era composto da iracheni di varie provenienze e appartenenze ma avevano tutti nomi arabi identificabili per me (Bassam, Raed, Maruan, Ali…). L’unico che non riuscivo a decriptare era questo “Shant”. Non capivo di che origini fosse: turco, Kurdo? Un vecchio nome assiro o caldeo?… Feci ogni tipo di ipotesi nella mia testa ma nessuna si rivelò azzecata.

Il pomeriggio, arrivò l’uomo dal nome misterioso. Era un giovane iracheno come tutti quelli che ho visto fuori. Cappelli unti e pettinati indietro, camicia colorata, pantaloni jeans stretti, scarpe a punta… La voce forte e l’accento tipico dei baghdadesi.

– Ah, buongiorno. – mi disse in perfetto italiano – Ingegnere Shant Magoyan. Piacere.

Ecco il segreto dell’origine del nome svelato. Se “Shant” per me suonava misterioso, il cognome “Magoyan” invece raccontava una lunga storia. La storia di un popolo vissuto sempre alla periferia di ogni impero e costretto a sparpagliarsi in giro per il mondo.

la chiesa armena di Baghdad

la chiesa armena di Baghdad

Shant era un rappresentante di quei famosi Armeni del Medio Oriente di cui avevo sentito parlare ma che mi immaginavo rinchiusi in quartieri dove si parla solo armeno, si mangia solo armeno e si sogna di ritornare un giorno in Armenia. Invece mi trovo davanti un giovane baghdadese dal nome armeno ma baghdadese a tutti gli effetti e che non avrebbe mai lasciato la sua amata città se non fosse stato, qualche anno dopo, costretto dalla guerra all’esilio. Oggi Shant vive in Canada. É andato a raggiungere una delle più grosse comunità armene al mondo. E che con quella statunitense e australiana è tra quelle che  crescono di più negli ultimi decenni.

Ma io, nel frattempo, ho avuto modo di incrociare altri armeni. Altre storie di famiglie giunte a Baghdad, ad Amman, a Damasco, a Gerusalemme, ad Aleppo, etc…

Bambini armeni a Baghdad nel 1918. Foto: anonimo., via Wikimedia Commons

Bambini armeni a Baghdad nel 1918. Foto: anonimo., via Wikimedia Commons

La presenza armena in vari posti del mondo è molto antica. Popolo di commercianti e di abili artigiani si sono spesso spostati per commercio o per motivi religiosi. Spesso anche sono stati costretti a lasciare le proprie terre per evitare massacri e persecuzioni. Ma i grandi numeri, in Medio oriente, arrivarono dopo il genocidio del 1914, provenienti non da quella che è conosciuta oggi come la Repubblica di Armenia ma dall’Anatolia e dai territori detti Armenia Occidentale, oggi facente parte della Repubblica turca moderna.

La loro integrazione nelle capitali mediorientali è stata abbastanza facile e buona. Prima dei grandi sconvolgimenti che stanno colpendo i Paesi dell’area (occupazione della Palestina, guerra del Libano, guerra Iran-Iraq, occupazione dell’Iraq, guerra in Siria…) la comunità armena faceva parte per lo più della classe media benestante dei Paesi arabi. Generalmente commercianti, orafi, artigiani… hanno anche una buona media di studi universitari e di intellettuali e professionisti di alto livello.

scuola armena Aleppo

Scuola Cilicia armena ad Aleppo. Foto by upyernoz. via Wikimedia Commons

Mi ricordo che la prima volta che ho visto la scrittura armena è stato ad Aleppo. Ancora una volta mi sono fatto mille domande sull’origine di questa scrittura vista su alcune botteghe della città vecchia. Ma poi ho visto di nuovo un cognome scritto in arabo e mi sono accorto di essere nel bel mezzo del quartiere armeno della vecchia città siriana.

Oggi probabilmente di quel quartiere è rimasto poco in piedi. Gli armeni di Aleppo come quelli di Damasco e molti di quelli di Baghdad prima di loro hanno dovuto riprendere la valigia depositata dai loro bisnonni e hanno cercato rifugio altrove. Molti sono arrivati in Europa ma la maggior parte ha attraversato l’oceano verso Usa, Canada e Australia.

Alcuni – mi raccontava un armeno siriano incontrato a Roma durante una conferenza – hanno provato a tornare in “patria”.

Ma – mi diceva- i miei cugini non vedono l’ora di andare via e tornare a casa a Damasco. Sono tutti depressi lì. Vuoi mettere la vita povera e cupa dei quartieri sovietici di Erevan con la bellezza e la vivacità del mercato degli orafi di Damasco…

Io non conosco Erevan, ma conosco il mercato orafo di Damasco. Mi piaceva passeggiarci ma non ci viverei nemmeno se gli artigiani armeni mi coprissero d’oro. Io sono un montanaro e preferisco la calma dei prati verdi. Ma capisco chi sente nostalgia per il proprio habitat naturale. Sopratutto se l’alternativa è una periferia di cemento e asfalto dove l’inverno la temperatura flirta spesso  con i -30 gradi.


Un po’ di dati sugli armeni della diaspora

11 milioni gli armeni nel mondo.

3,3 milioni dei quali nella Repubblica di Armenia, 130.000 nel Nagorno-Karabagh. Il resto è sparso su tanti Paesi del pianeta.

La Russia con 2.225.000 è il Paese che accoglie il più gran numero di Armeni fuori dall’Armenia.

Gli Usa vengono nella seconda posizione con un milione e 200mila.

Nell’Europa ocidentale è la Francia che ne accoglie di più: 500mila. Negli altri Paesi si parla di poche migliaia.

In Medio Oriente il più gran numero è in Iran (600.000).

190mila abitano (o abitavano) la Siria fra Damasco, Aleppo e Kamichli.

In Libano 140.000 fra Beyrouth, Bourj Hammoud e Anjar. Inoltre il Libano (Antelias, nord di Beirut) è anche la sede di uno dei due patriarchi della chiesa armena: il Catolicosato della Grande Casa di Cilicia.

In Giordania sono 70.000, a Amman. In Irak 20mila fra Bagdad, Mossul, Zakho, Bassorah, Kirkuk.

In Palestina/Israele 13.000, a Gerusalemme. Circa 8 mila in Egitto, fra Cairo e Alessandria.

In Turchia invece sono ancora fra 40 e 70mila gli armeni residenti. Anche se sarebbero di più se si contassero tutti gli armeni che si sono “turcizzati” e convertiti all’Islam per paura delle repressioni.

(*) Dal 17 aprile abbiamo proposto qui in “bottega” un percorso di informazione e riflessione con 12 post su storia e cultura armena, sul genocidio del 1914, sulla diaspora, sulle bugie e sui silenzi che pesano ancor oggi. E’ stato il nostro piccolo contributo per far sì che il ricordo non duri un giorno o una settimana, come spesso accade negli anniversari e nelle commemorazioni ufficiali. Un affresco che pensiamo utile. Ma molto resta da raccontare e da analizzare: se qualcuna/o vuole aiutarci… si faccia sentire.

 

Karim Metref
Sono nato sul fianco nord della catena del Giurgiura, nel nord dell’Algeria.

30 anni di vita spesi a cercare di affermare una identità culturale (quella della maggioranza minorizzata dei berberi in Nord Africa) mi ha portato a non capire più chi sono. E mi va benissimo.

A 30 anni ho mollato le mie montagne per sbarcare a Rapallo in Liguria. Passare dalla montagna al mare fu un grande spaesamento. Attraversare il mediterraneo da sud verso nord invece no.

Lavoro (quando ci riesco), passeggio tanto, leggo tanto, cerco di scrivere. Mi impiccio di tutto. Sopra tutto di ciò che non mi riguarda e/o che non capisco bene.

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