Un fiore per Alma Vivoda

di Claudia Cernigoi (*). A seguire un video.

 

Io rimango convinta che la resistenza sia cominciata ben prima del 1943. La resistenza al fascismo è iniziata con il ventennio: Matteotti era un partigiano così come lo sono stati tutti coloro che si sono opposti al progressivo annientamento delle istituzioni ad opera degli italoforzuti dell’epoca”  (Dacia Valent)

Alma (Amabile all’Anagrafe) Vivoda nacque a Chiampore, una località nei pressi della cittadina di Muggia, il 23/1/11. Negli anni Trenta gestì assieme al marito Luciano Santalesa l’osteria “La Tappa”, che divenne un punto di ritrovo per gli antifascisti della zona. E come accadeva in quegli anni difficili, durante gli incontri non si parlava solo di politica, ma si faceva una sorta di scuola per coloro che, di famiglia proletaria come Alma, non avevano potuto studiare. Ricorda il figlio Sergio, nato nel 1933, che la madre gli leggeva i libri di Jack London, lo scrittore statunitense che viene ricordato di solito per i suoi libri di avventure, ma che fu un grande analista sociologico della situazione del proletariato, e che scrisse un romanzo di fantapolitica, quel “Tallone di ferro” che funse da formazione politica per intere generazioni di antifascisti.

Alma aveva fondato una “scuola di comunismo”, che continuò negli anni, e che raccolse tantissime persone, dove il comunismo (così ricordava Ondina Peteani, giovanissima staffetta partigiana) per le donne della sua generazione significava essere donne emancipate che sapevano fare di tutto, dalla calza all’avvitare la lampadina, ad imbracciare un’arma per dimostrare concretamente di avere le stesse capacità degli uomini.

Per Alma la battaglia per i diritti delle donne era parte integrante della lotta per costruire una società più giusta; fu per questo che promosse la diffusione della stampa clandestina e curò di persona, anche dal punto di vista finanziario, la redazione del foglio “La nuova donna”.

Nel 1940 Luciano Santalesa fu arrestato e l’anno dopo la polizia impose la chiusura del locale. A quel punto Alma iniziò a tenere i contatti con le formazioni partigiane italiane e slovene; successivamente il marito, gravemente malato, fu ricoverato nel sanatorio di Aurisina, ed Alma dovette affidare il figlio Sergio, di otto anni, ad un collegio di Udine. Nel gennaio 1943, dopo la spiata di un delatore, fu costretta ad entrare in clandestinità ed assunse il nome di Maria; aiutò il marito ad evadere dal sanatorio ed a raggiungere le file partigiane in Istria.

Alma fu uccisa il pomeriggio del 28 giugno 1943, mentre, assieme alla compagna Pierina Chinchio, si recava ad un appuntamento con la staffetta Ondina Peteani. Così Pierina Chinchio ricorda quel tragico pomeriggio.

“… Alma ed io salivamo per la via Pindemonte. Incontrammo un milite della Polizia Ferroviaria, voltammo il viso per non essere riconosciute. Scorgemmo allora, tra i cespugli, un carabiniere a noi ben noto, di servizio a Muggia. Tutto accadde repentinamente. Il carabiniere cominciò a sparare, per fermarci. Alma estrasse una pistola e una bomba a mano, forse per dare anche a me un’arma per difenderci. Il carabiniere continuò a sparare all’impazzata e colpì Alma alla tempia. Io ero a terra, insanguinata. Egli mi affrontò (forse per eliminare l’unico testimone). Gli gridai se fosse impazzito. Intervenne il milite della Polizia Ferroviaria; il carabiniere gli ordinò di tenermi sotto tiro. Arrivò la Croce Rossa. Ritrovai Alma all’ospedale. Fino all’ultimo le restai vicina, tenendole la mano. Il suo sguardo in quell’istante non era di odio verso il suo assassino, ma di profonda tristezza, come di una madre che vede un proprio figlio su una mala strada”.

Il carabiniere si chiamava Antonio Di Lauro, sembra fosse stato un frequentatore della “Tappa”, che conoscesse bene Alma ed avesse seguito le due donne per tendere loro un’imboscata. Fu insignito, per questa azione, della medaglia di bronzo al valore militare: ma non fu l’Italia di Mussolini a dargli questa onorificenza, bensì la Repubblica italiana nata dalla Resistenza, addirittura nel 1958. Nel Supplemento alla Gazzetta Ufficiale n. 259 del 13/10/58 leggiamo infatti la motivazione di questa medaglia:

DI LAURO Antonio (…) classe 1920, carabiniere, legione carabinieri di Trieste. Con prontezza di spirito e repida (sic) decisione non disgiunta da coraggio, reagiva a reiterata azione di fuoco da parte di un pericoloso ricercato riuscendo ad ucciderlo ed a catturare, dopo averlo ferito, altro delinquente. Trieste, 28 giugno 1943”.

Il monumento ad Alma Vivoda nel luogo del suo sacrificio.

Nessuna medaglia ha ricevuto invece Alma Vivoda alla memoria, nessuna via le è stata dedicata nella città di Trieste, dove fu uccisa; la lapide che ricorda il luogo del suo sacrificio viene ripetutamente imbrattata da teppisti fascisti. E, come ultimo spregio alla sua memoria, nella motivazione della medaglia data a colui che la uccise, non le fu neppure riconosciuta la dignità del suo sesso, visto che fu indicata come “un pericoloso ricercato”, così come la sua compagna divenne un “altro delinquente”.

Forse perché l’azione del decorato sarebbe sembrata meno eroica se si fosse detto che era stata rivolta contro due donne? O forse invece era necessario inquinare la memoria per non permettere di ricostruire la realtà dei fatti, dato che si trattò non di un’azione contro dei criminali comuni, ma contro due partigiane, combattenti per la libertà?

uno dei tanti imbrattamenti del monumento

Sono passati quasi ottant’anni dal giorno del sacrificio di Alma Vivoda. È considerata la prima partigiana combattente caduta in Italia, ma pochi fanno mente locale che Alma è morta combattendo ben prima della data dalla quale la storiografia ufficiale fa partire la Resistenza in Italia, cioè l’8/9/43. Alma aveva iniziato, come tantissimi altri nella nostra regione, la Resistenza già contro il fascismo di Mussolini, senza aspettare il momento della sua destituzione e poi dell’armistizio.

In questi giorni in cui nuovamente sentiamo minacciata la democrazia e la stessa nostra Carta costituzionale, rivolgiamo quindi un pensiero grato ed affettuoso nei confronti di una persona il cui coraggio ed il cui impegno rivoluzionario sentiamo come un esempio per tutti noi. Grazie, Alma, grazie a te ed a tutte le compagne ed i compagni che, come te, non hanno esitato a lottare per la libertà.

Sei qui con noi, o compagna Maria.

I tuoi occhi buoni, ardenti di fiamme,

la tua parola calda, leva potente

agli ignari, dura rampogna ai codardi,

appagamento e carezza a coloro

che nella lotta sono i più puri.

Non ci uscirai dal cuore.

Sempre la prima, sempre avanti,

a tutti offrivi il tuo cuore di madre.

Dalla poesia in memoria di Alma Vivoda, scritta nel 1944 da Laura Petracco, una delle vittime del nazismo, impiccata dai tedeschi a via Ghega il 23/4/44.

(*) rielaborazione di un articolo del giugno 2013.

qui un video in cui la storica Marina Rossi commemora la figura di Alma

https://www.youtube.com/watch?v=VuMr-PjCEOY&t=24s

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

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