Un rabdografo, 7 nodi gordiani e altre meraviglie

O se preferite: multiversi, sottosopra, se invece. Una recensione “preventiva” a «La sindrome dell’ira di Dio» di Giovanni Di Iacovo: «un romanzo che mi ha davvero impressionato» scrive Valerio Evangelisti e io ero d’accordo con lui due anni prima che il libro uscisse.  (*)  

Giovanni di Iacovo è uno dei più grandi rabdografi del nostro immaginario. Per rabdografo intendo un cugino del rabdomante: va in giro a cercare i depositi di storie, quando ne trova uno la sua testa (di legno) inizia a tremare, le mani cercano una penna o un mouse.

Qualche cenno biografico aiuta a capire come Di Iacovo sia diventato un eccellente rabdografo. Quando, in rapida sequenza, il Diluvio universale, la guerra fra Mu e Atlantide, il vile assassinio della Dea Madre, infine l’arrivo dallo spazio del virus Babel complicarono assai le cose per gli abitanti del pianeta Terra, Gdi (Giovanni Di Iacovo) era un cucciolo di appena 7 mila anni. Prima di raggiungere l’adolescenza (nella sua famiglia si raggiunge intorno ai 22 mila anni) Gdi studiò rabdografia in tre diverse  specializzazioni: multiversi, sottosopra, se invece. Questi studi e ovviamente il master in colori e lo stage in fan (foreste, acque, nuvole) gli consentono di fiutare e poi ricostruire le mappe perdute, censurate, sporcate e fraintese dell’immaginario collettivo della specie Sapiens-Insipiens – la nostra, no? – con la quale Gdi  è imparentato moooooolto alla lontana.

Per motivi che qui non interessano, sino a pochi anni fa Gdi dovette occuparsi di altre faccende. Quando si rimaterializzò a Pescara, in forma di bambino Sapiens-Insipiens, eravamo nell’infelice trentennio finale del millennio numero due (se anche voi contate come certi poveri cristi). Di più per ora non posso dire ma su codesto blog ho seminato indizi anche su una certa vena di fantaloghite, sull’imperativo «Tutti i poveri devono morire» (confronta in blog il 10 agosto 2010) e sulla necessità di leggere i libri di Gdi.

Fatta questa (troppo breve) premessa, invito lor siore e siori a salire sul treno guidato dal macchinista-rabdografo Gdi: ogni carrozza una emozione, in tutte le fermate sconvolgimenti a nastro e la meta diverrà nota (forse) solo a chi la raggiunge.

Il romanzo-treno si intitola «La sindrome dell’ira di Dio» (202 pagine per 15 euri) e lo edita Zero91 (www.zero91.com). In copertina Filippo La Porta e Valerio Evangelisti strillano che bisogna leggerlo: ascoltateli, è per il vostro bene.

L’antefatto si svolge ad Haiti poco prima, o così sembra, dell’ultimo tremendo terremoto. Lak (in creolo significa lago) è figlio e nipote di streghe: più potente (una vera «mambo») nonna Dominique. I poteri si trasmettono per via matriarcale e arrivano  direttamente da Erzulie «dea dell’amore, del desiderio e della sessualità». Dunque che Lak sia un maschietto sembra un problema insormontabile ma… presto si muterà in Femèl (che vuol dire mare ed è femminile).

Chiuso l’antefatto i capitoli successivi si apriranno con bizzarri titoli più brani consigliati: Portishead, Interpol, The Cure, Amy Winehouse, Pato Fu, Sex Gong Children, Cat Power, Emilie Autumn, Einsturzende Neubaten, Soundgarden, The Fiftyniners, Rednex, Marilyn Manson, Tricky, Frankie Goes to Hollywood, Gwen Stefani, The God Machine, Peter Murphy, Smashing Pumpkins, Syrian. (Io ne conosco 5 ma sono un vecchietto musicalmente “conservatore”… E voi?). Come forse ricordate Amy Winehouse è morta il 23 luglio 2011, per l’esattezza proprio mentre io leggevo di lei in una prima versione di «La sindrome dell’ira di Dio» (allora si intitolava «La dea del dolore»): per quel che so escluderei che la morte della Winehouse sia colpa mia e/o di Giovanni Di Iacovo ma mi riservo di approfondire la faccenda. Vi chiederete come mai l’ho letto in anteprima e perché poi è uscito due anni dopo? Siete impiccioni ma vi risponderò. Uno: sono amico di Gdi e lui ci teneva a un mio parere (ne fui entusiasta, infatti quel che state leggendo fu al 97 per cento scritto due anni fa, a caldo, a mo’ di…. recensione preventiva). Due: creeeeeeedo che Gdi abbia faticato a trovare un editore serio ma se proprio vi interessa chiedete a lui.

Alcuni capitoli sono aperti da citazioni, assai eterogenee visto che si va da Edwige Fenech al generale Sheridan passando per Norman Mailer e Tito Baldan.

Le note sono strepitose. Lo ripeto con calma e scandendo: s-t-r-e-p-i-t-o-s-e. Si spiega in dettaglio la vicenda dell’uomo (Jacques LeFevrier) che «tentò di suicidarsi in quattro modi contemporaneamente ma che morì per un quinto» oppure che l’urina citata è quella «di Kaori Hitomi, doppiatrice».

Se alla fine ci fosse un indice dei nomi trovereste anche Carroll (Lewis), Cia, D’Annunzio, Edison (Thomas), Gibson (Mel), Hilton (Paris), Hitler, Madonna (Ciccone), Orwell, Poirot, Reich (William), Simpson (i), Spears (Britney), Voltaire, Williams (Robbie), Woolf (Virginia). Un quartetto di loro sono in qualche  modo protagonisti a pieno titolo come Lak-Femel Maglore o Liebe, la più insolita puttana che io abbia incontrato nel pur vasto elenco dell’immaginario.

Cosa accade dopo «l’antefatto» ad Haiti?

Non ve lo dirò.

Una sintesi,  «un rigo appena», un’ambigua etichetta, una quarta di copertina? Vi risponderò malvolentieri come alla tipa che – mentre lo leggevo in anteprima – mi  ha chiesto «che roba è?». Vilmente risposi: «Hai presente i primi film di Jodorovski e The Rocky Horror Picture Show? Se mescoli con Quenau, Salvador Dalì. Andy Warhol e le fiabe nere, sei nei pressi di questo libro o quasi».

Posso però suggerirvi di sciogliere, tagliare o coccolare 7 nodi gordiani e/o misteri dolorosi.

Nel primo si contempla la sconfitta del Liverpool il 20 marzo 2002 e il campanello che suona.

Nel secondo si elencano 14 passaggi-ornamenti di dolore per arrivare al «reality show» di Lak-Femel.

Nel terzo ci si aggroviglia nella «repubblica democratica di Dorian Thompson».

Nel quarto si celebra un insolito processo per decidere se si può uccidere con le tette.

Nel quinto ci si imbatte in una «cosa strana» che, strada facendo, sapremo essere una «retro-cognizione»; avete presente i «pre-cog» di Philip Dick (o del film «Minority Report»)? Ecco, esattamente l’opposto.

Nel sesto c’è il razzismo al delirio totale con la spiegazione scientifica, anzi ss-cientifica di perché «i negretti» non possono avere ricevuto «il soffio divino».

L’ultima e tragica rivelazione (il quarto mistero di Fatima) è sul virus Hiv: chi lo sintetizzò e perché ma soprattutto «la formula dell’antidoto all’Aids». E siccome qui si chiude il libro e chi legge sarà presumibilmente turbata/o…. con una tempestiva spiata devo farvi notare che Gdi abita tuttora a Pescara.

Chi ama l’horror a sorpresa sappia che nel finale si parla nientepopodimeno che del futuro della ricerca in Italia: spaventoso che… neanche George Romero.

Quattro consigli utili per finire.

Diffidare di chi tiene in bocca la pipa capovolta.

Imparare a memoria la definizione della bellezza che il buon vecchio noto come Voltaire diede nel «Dizionario filosofico».

«Salutare i pavoni»: secondo alcuni farlo «protegge dai tumori al pancreas»; probabilmente non è vero ma comunque essere “educoni” (cioè educati con i pavoni) va sempre bene.

Copiarsi «l’autocertificazione di normalità» e tenerne copia nel portafoglio o in borsetta. In quasi ogni parte del mondo fa ridere ma in alcune occasioni (in Texas, in Arabia Saudita, a cena con i fratelli Giovanardi) potrebbe salvarvi la vita.

Infine mi restano due seri dubbi: se veeeeeeeramente il pinguino abbia un solo orgasmo l’anno e su cosa davvero accadde a Montevideo il 26 dicembre 1933 ma controllerò e forse vi farò sapere.

Nelle prossime settimane è possibile che Gdi sia ucciso o scompaia. Nel primo caso, se fossi Marlowe (l’investigatore, non il poeta) indirizzerei le indagini verso Paris Hilton senza escludere Mel Gibson. Nel secondo caso lo cercherei nelle cantine dei cuochi di successo e delle multinazionali del cibo: se davvero Gdi possiede il segreto del chewing-gum che rivela le «impronte gustative di identità»… rischia grosso. Ma anche il «sorriso 19 au» (sul quale manterrò uno strettissimo riserbo) può far gola a  dentisti, malf-attori e malf-attrici, ceto politico.

Riassumendo? Zero e porto zero, w Gdi, sempre w la seconda legge della termodinamica, w anche i Simpson.  

(*) Domanda maligna di un passante: «parli bene dei libri di Gdi perché sei suo amico?». Risposta sincera: «No. Le cose sono andate così. Non lo conoscevo ma Evangelisti mi consigliò il suo primo romanzo “Sushi bar Sarajevo” che mi entusiasmò e ne parlai bene, mi pare sulla rivista Carta”. Lui mi ringraziò e bla- bla». (db)

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