Un ricordo di Roberta Rambelli (1928-1996)

di Gian Filippo Pizzo (*)

Roberta Rambelli è stata, in Italia, la “signora della fantascienza” ma avrebbe potuto essere di più, addirittura la Signora della fantascienza italiana se si fosse dedicata con più costanza alla narrativa. Invece la sua attività di curatrice editoriale, direttrice di riviste e collane, consulente di case editrici e soprattutto il suo lavoro di traduttrice, che ha condotto a volte in maniera quasi frenetica, l’hanno distolta dalla scrittura (ha tradotto moltissimi classici della science fiction, da Dick a Heinlein a Simak a Vonnegut, passando poi ad altri generi e diventando richiestissima). Per fortuna però quello che è riuscita a fare quando ne ha avuto il tempo è di buon livello e merita di essere riscoperto.

Nata Jole Rambelli, a Cremona, ha sostituito il nome proprio con quello di Roberta, ma ha adottato anche un serie di pseudonimi soprattutto perché negli anni Sessanta non era pensabile che una donna, per di più italiana, potesse scrivere fantascienza e quindi bisognava adottare un nom de plume straniero e maschile. I suoi primi racconti e romanzi vengono quindi firmati come Robert Rainbell, ma usa anche Rocky Docson, Hunk Hanover, Joe C. Karpati, Jgor Latychev, John Rainbell, A. Robert; anche come traduttrice ha firmato in molti modi, in particolare come Roberta Rambelli e Jole Pollini, suo cognome da sposata. Tra il 1959 e il 1961 ha pubblicato una dozzina di romanzi e un numero impressionante di racconti sulla collana da edicola “Cosmo” dell’editore Ponzoni (qualcuno sarà ripubblicato nella seconda metà degli anni Settanta dalla “Spazio 2000” de Il Picchio). In seguito è diventata consulente della Casa Editrice La Tribuna di Piacenza (CELT) – che, specializzata in testi giuridici, si era lanciata con successo nel mercato delle edicole – e ha diretto la rivista Galaxy e la collana parallela “Galassia”, inventando in seguito la prima vera collana italiana di libri fantascientifici con lo Science Fiction Book Club (sul modello dei club del libro venduti per corrispondenza) e i trade paperback “La Bussola SF”. Proprio su “Galassia” pubblicherà quella che è la primissima antologia di autori di fantascienza italiani senza pseudonimo, nel n. 9, senza titolo ma conosciuto dai collezionisti come Speciale tutto italiano (tra gli autori, lei stessa e Lino Aldani). Lasciata “Galassia” nel 1965 alla cura del suo allievo Ugo Malaguti e lo SFBC nel 1974 (intanto Galaxy era stata chiusa e “La Bussola” si era fusa con lo SFBC) si dedicherà quasi esclusivamente alle traduzioni, ma nel frattempo aveva curato importanti antologie ( Fantascienza: terrore o verità? nel 1962 presso Silva e Fantascienza: guerra sociale? nel 1965 per Lerici) e fatto pubblicare a editori generalisti autori come Asimov, Sheckley e Simak. Da notare che, attraverso la sua attività saggistica nelle introduzioni ai volumi e alle antologie da lei curate, i cui titoli sono molto indicativi, aveva fatto accettare il concetto che la fantascienza non fosse soltanto avventura spaziale, per quanto romantica e a volte eroica, e comunque con interessanti spunti di riflessione, ma aveva un notevole impatto nei riguardi dell’aspetto sociale.

La maggior parte delle sue opere, in particolare le prime, quelle apparse su “Cosmo”, sono di impianto classico avventuroso, con astronavi, incontri con civiltà aliene, guerre planetarie ed epici viaggi nello spazio, ma nonostante la frettolosità della scrittura e la linearità delle avventure traspare la sua inventiva, la capacità di drammatizzare le situazioni e di descrivere vicende e stati d’animo con stile spumeggiante. Mentre il più sognante è Perché la Terra viva, il migliore tra questi è il primo, I creatori di mostri, che sotto l’apparenza di una esplorazione da parte della Spedizione Kappa alla ricerca di nuove civiltà e culture nasconde altro: quando diversi membri dell’equipaggio vengono colpiti da allucinazioni in cui vedono orribili mostri purpurei la narrazione invece di proseguire con avventure che al lettore odierno potrebbero richiamare quelle di Star Trek si sposta sull’analisi delle civiltà scoperte, che costituiscono un vero rompicapo culturale. Ha scritto Giuseppe Lippi: «Psicologia, antropologia, un pizzico di etnologia: sono le scienze umane a interessare Rambelli e a guidarla nel suo mistero ultragalattico con mano sicura. Così I creatori di mostri si rivela, oltre che una favola, un piccolo apologo sulla crudeltà, sull’umanità e il suo contrario, la disumanità – e sui moventi dell’una e dell’altra». Molto interessanti i successivi tre romanzi, tutti apparsi su “Galassia” ma mai quando la collana era sotto la sua curatela. Il libro di Fars è una intelligente e affascinante rilettura in chiave fantascientifica dell’epopea di Gilgamesh, che da qualcuno è considerata un vero e proprio esempio di proto-fantascienza; mentre La pietra di Gaunar, più maturo, descrive una lotta tra due fazioni contrapposte – il Bene e il Male – ma incentrandosi sui sentimenti e le passioni dei protagonisti, i quali non sanno esattamente per chi e per cosa combattono. Il romanzo più riuscito, il suo capolavoro, è Il Ministero della Felicità, in cui Rambelli esterna finalmente in forma narrativa le sue convinzioni in fatto di fantascienza sociologica (come fu definita, non molto correttamente, la corrente social science fiction che aveva avuto origine sull’americana Galaxy e della quale lei si era fatta paladina). Si tratta di una distopia scritta con linguaggio satirico in cui si descrive l’istituzione, in Italia, di un Ministero che va al di là di quello ordinario del welfare perché persegue addirittura la felicità di ogni singolo cittadino; ma questo provoca un appiattimento culturale di cui il protagonista Nico si sente insoddisfatto per la banalizzazione e la spersonalizzazione dei rapporti sociali. Nico perciò si ribella, ma senza rivelare come prosegue la storia notiamo come il romanzo sia profondamente italiano – e comprensibile solo a noi – nella descrizione della nostra società, con le discussioni da bar su donne e motori, il ruolo dei sindacati, la funzione ambigua degli enti parastatali e persino gli arbitri di calcio corrotti. Anche dal punto di vista stilistico qui l’Autrice raggiunge il suo massimo.

Qualche anno dopo Roberta Rambelli tornerà alla narrativa con Profilo in lineare B in cui riprende tematiche fantarcheologiche già affrontate in passato, basandosi su vestigia delle civiltà greca e micenea e sulla storia di Alessandro il Macedone (dobbiamo citare anche L’impero di Isher e Isher contro Isher, del 1982, basate su spunti di Alfred E. Van Vogt e firmate solo da quest’ultimo) ma per completezza vanno segnalati almeno tre racconti (disponibili in appendice ai romanzi elencanti in bibliografia) che costituiscono il vero massimo della sua produzione: Ma i fior del prato, Dialogo con Dio e Parricidio.

BIBLIOGRAFIA

I creatori di mostri (1959), Arnoldo Mondadori Editore (Urania Collezione 51), 2007

Il libro di Fars, Casa Editrice La Tribuna (Galassia 11), 1961

La pietra di Gaunar,  Casa Editrice La Tribuna (Galassia 63),1966

Il Ministero della Felicità, Casa Editrice La Tribuna (Galassia 162), 1972

Profilo in lineare B, Libra Editrice (Slan 52), 1980

(*) Voce tratta dalla Guida ai narratori italiani del fantastico di Walter Catalano, Gian Filippo Pizzo e Andrea Vaccaro di imminente pubblicazione presso Odoya; questo testo è apparso sul numero 83 della rivista Robot. L’IMMAGINE di Roberta Rambelli è ripresa da fantascienza.com

 

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