Un “tranquillo” sabato di poesia con…

… temporanea invasione di cicale: in ordine di apparizione Montale, Borges, Zagajewski e Cavalli.

60esimo appuntamento con “le cicale della settimana” ops con “la cicala del sabato” (*)  

Prima del viaggio

Prima del viaggio si scrutano gli orari,

le coincidenze, le soste, le pernottazioni

e le prenotazioni (di camere con bagno

o doccia, a un letto o due o addirittura un flat);

si consultano

le guide Hacchette e quelle dei musei,

si cambiano valute, si dividono

franchi da escudos, rubli da copechi;

prima del viaggio si informa qualche amico o parente;

si controllano valige e passaporti, si completa

il corredo, si acquista un supplemento

di lamette da barba, eventualmente

si dá un’occhiata al testamento, pura

scaramanzia perché i disastri aerei

in percentuale sono nulla;

prima

del viaggio si é tranquilli ma si sospetta che il saggio

non si muova e che il piacere

di ritornare costi uno sproposito.

E poi si parte e tutto é O.K. e tutto

é per il meglio e inutile.

 

E ora che ne sará

del mio viaggio?

Troppo accuratamente l’ho studiato,

senza saperne nulla. Un imprevisto

é la sola speranza. Ma mi dicono

che è una stoltezza dirselo.

[da “Satura”]

Elogio dell’ombra

La vecchiaia (è questo il nome che gli altri gli danno)

può essere per noi il tempo più felice.

È morto l’animale o quasi è morto.

Restano l’uomo e l’anima.

Vivo tra forme luminose e vaghe

che ancora non son tenebra.

Buenos Aires,

che un tempo si lacerava in sobborghi

verso la pianura incessante,

è di nuovo la Recoleta, il Retiro,

le confuse strade dell’Once

e le precarie case vecchie

che seguitiamo a chiamare il Sud.

Nella mia vita son sempre state troppe le cose;

Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;

il tempo è stato il mio Democrito.

Questa penombra è lenta e non fa male;

scorre per un mite pendio

e somiglia all’eterno.

Gli amici miei non hanno volto,

le donne son quello che furono in anni lontani,

i cantoni sono gli stessi e altri,

non hanno lettere i fogli dei libri.

Dovrebbe impaurirmi tutto questo

e invece è una dolcezza, un ritornare.

Delle generazioni di testi che ha la terra

non ne avrò letti che alcuni,

quelli che leggo ancora nel ricordo,

che rileggo e trasformo.

Dal Sud, dall’Est, dal Nord e dall’Ovest

convergono le vie che mi han condotto

al mio centro segreto.

Vie che furono già echi e passi,

donne, uomini, agonie e risorgere,

giorni con notti,

sogni e immagini del dormiveglia,

ogni minimo istante dello ieri

e degli ieri del mondo,

la salda spada del danese e la luna del persiano,

gli atti dei morti,

l’amore condiviso, le parole,

ed Emerson, la neve, e quanto ancora.

Posso infine scordare. Giungo al centro,

alla mia chiave, all’algebra,

al mio specchio.

Presto saprò chi sono.

[traduzione di Francesco Tentori Montaldo]

Senza flash!

(un divieto spesso incontrato nei musei italiani)

Senza fiamma, senza notti insonni, senza ardore,

senza lacrime, senza una forte passione, senza

convinzione,

così continueremo a vivere; senza flash.

 

Tranquilli e calmi, docili, assonnati,

le mani macchiate dall’inchiostro dei quotidiani,

i volti unti di crema; senza flash.

 

I turisti sorridono nelle loro camicie linde,

Herr Lange e Miss Fee, Monsieur, Madame Rien

entrano nel museo; senza flash.

 

E stanno davanti a un Piero della Francesca dove

Cristo, quasi folle, esce dalla tomba,

risorto, libero; senza flash.

 

E forse allora accadrà qualcosa di imprevisto:

si scuote il cuore, nascosto sotto il cotone liscio,

cala il silenzio, scatta il flash.

[traduzione di Paola Malavasi, da “Poesia # 183”]

Non ho seme da spargere per il mondo 

non posso inondare i pisciatoi né 

i materassi. Il mio avaro seme di donna 

è troppo poco per offendere. Cosa posso 

lasciare nelle strade nelle case 

nei ventri infecondati? Le parole 

quelle moltissime 

ma già non mi assomigliano più 

hanno dimenticato la furia 

e la maledizione, sono diventate signorine 

un po’ malfamate forse 

ma sempre signorine.

[da “Le mie poesie non cambieranno il mondo”]

L’IMMAGINE IN APERTURA – scelta dalla “bottega” – è del qui molto amato JACEK YERKA

(*) In bottega il sabato da tempo regna “cicala”: libraia militante e mooooooooooolto altro, codesta cicala da tempo – da tre lustri circa – invia ad amiche/amici per 3 o 4 giorni alla settimana i versi che le piacciono; immaginate che gioia far tardi la sera oppure risvegliarsi al mattino trovando una poesia. Abbiamo raggiunto uno storico accordo: lei sceglie ogni settimana fra le ultime poesie che ha inviato quella da regalare alla “bottega” e io posto… Ma ogni accordo nasconde fra le sue pieghe uno scenario diverso: così questa settimana “cicala” si è rifiutata di scegliere: «tutte e 5 o nulla» ha frinito. Potevo oppormi? Dalla prossima settimana torna la normalità… Forse. [db]

Redazione
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