Una donna color arcobaleno

di Maria G. Di Rienzo
La chiamano la Santa Madrina dei Reietti, l’Avvocata degli Emarginati e il Rifugio dei Non Rappresentati. A lei non dispiace. Sa anche riderci su. Dopotutto, di professione è un’attrice comica. “Sembro essere un’alternativa per coloro che percepiscono di non aver spazio alcuno nella società. Vengono ai miei spettacoli perché essi parlano di un bel po’ di quel che c’è bisogno di dire fuori dal teatro, e questo mi rende assai orgogliosa.”
Margaret Cho, questo il suo nome, è diventata una celebrità negli anni ’90, si direbbe nello spazio di un mattino, semplicemente perché fuori dal circuito dei media tradizionali era già così popolare a vent’anni da non poter essere ignorata. Ma come mise piede nel mainstream, i produttori ed i proprietari nell’ambito televisivo la trovarono meno divertente di quel che avevano pensato: come osava questa “immigrata” (una coreana nata negli Usa) veicolare tramite i suoi spettacoli una dose così massiccia di anticonformismo? Cominciarono con “lo show è troppo progressista” per passare a “lo show è troppo etnico” e finire con una valanga di critiche sessiste al suo aspetto fisico ed al suo stesso essere donna. L’esperienza fu traumatica per la giovane Margaret, perché andava a collegarsi direttamente con questioni irrisolte dalla sua infanzia. Nel periodo successivo tentò così ossessivamente di diventare a livello fisico ciò che gli altri volevano lei fosse da finire ricoverata per un blocco renale. Allora decise che avrebbe canalizzato dolore e rabbia in qualcosa di positivo, e che il suo lavoro sarebbe stato il veicolo per questo cambiamento. “Mi dissi: adesso voglio usare quel che è accaduto a me per dare una mano alle ragazze ed ai ragazzi che si trovano nelle stesse condizioni in cui mi sono trovata io. Parlerò per coloro che non sono in grado di parlare per se stessi.” Come già accennato, infatti, la sua sofferenza aveva radici profonde: il bullismo l’aveva tormentata al punto che, ricorda la stessa Margaret, “Non mi piaceva essere bambina. Non volevo più andare a scuola, non volevo più essere circondata da quelle persone, perciò nel mio desiderio di crescere il più in fretta possibile mi sono ingannata al punto da uscire dall’infanzia in modo troppo precoce.” A 14 anni, Margaret Cho già scriveva battute per gli altri comici ed è salita sul palco come professionista a 16.
Nata a San Francisco il 5 dicembre 1968, Margaret potrebbe essere definita una “figlia d’arte” per discendenza materna e paterna: sua madre è una donna coraggiosa che ha resistito ad un matrimonio imposto per sposare suo padre, di professione scrittore comico (in coreano). “Scrive cose del tipo ‘Le 1001 battute per conferenzieri’. Si può dire che siamo nella stessa area professionale, ma in questo senso non ci capiamo: io non so perché quel che scrive faccia ridere della gente e lui non sa perché la faccio ridere io.”
Margaret Cho non fa solo ridere della gente, la fa pensare. In un periodo in cui il bullismo contro ragazze e ragazzi omosessuali finisce in prima pagina e occupa i telegiornali con il suo strascico di suicidi di giovanissimi, Margaret partecipa a “Dancing with the Stars” vestita di un abito arcobaleno e spiega che sta indossando la bandiera dell’orgoglio gay: “Sono fiera di essere riuscita a farlo in uno show così conservatore. Volevo mandare un messaggio agli adolescenti omosessuali affinché si sentissero inclusi ed amati. Il mio vestito è stato il mio discorso sulla dignità di ogni essere umano.”
Margaret usa al proposito ogni mezzo a disposizione della sua creatività ed oltre a scrivere testi per il teatro e la televisione scrive musica: le canzoni sono comiche, ma affrontano temi come il razzismo smantellandolo in tutte le sue forme. Oltre a cantare, nei suoi album Margaret suona la chitarra, il banjo e il dulcimer: “Mi interessa fare della buona musica con testi comici. Mentre crescevo, la musica era per me una via di fuga ed inoltre qualcosa di cui ero curiosa come forma d’arte. Come compositrice ed esecutrice mi ritengo decente, ma ho la fortuna di avere amici musicisti sempre disposti ad aiutarmi. Ho preso la cosa molto seriamente quando ho deciso di fare musica. Andavo a lezione, da adulta, assieme a ragazzini di 12 anni. Scrivere testi per canzoni è un processo differente dallo scrivere per la commedia, nella quale sono più libera. Gli elementi che utilizzo sono gli stessi, però la musica è una disciplina più rigorosa, che richiede il maneggiare un po’ di matematica.”
La “Santa Madrina dei Reietti” ha ricevuto una pletora di premi che riconoscono l’eccellenza della sua produzione come artista e soprattutto l’eccellenza del messaggio contenuto in tale produzione. Associazioni pro diritti umani, femministe, gay-lesbiche, hanno detto in questo modo a Margaret Cho quanto siamo felici di ridere e pensare con lei.

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