Un’andatura un po’ storta ed esuberante. Emersione n. 1

di Susanna Sinigaglia

Un’andatura un po’ storta ed esuberante. Emersione n. 1

Antonio Tagliarini

È un Tagliarini inedito, almeno per me, quello che si presenta al pubblico nell’area, prestata alla rassegna Fog, della Fondazione Lazzaretto a Milano. La performance infatti non si svolge negli spazi della Triennale Teatro e già questo è un elemento di novità. Avevo visto Antonio Tagliarini sempre in coppia con Daria Deflorian e forse la forte personalità dell’attrice sopravanzava un po’ la sua figura, più discreta. In questa performance invece, dove racconta alcuni passaggi chiave del suo iter esistenziale, emerge una personalità complessa che tanto più si rivela attraverso la semplicità della scena e degli strumenti espressivi adottati.

Inizia con gesti appena abbozzati ma ripetuti, accenna passi di danza da cui si ritrae quasi con reticenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

Poi all’improvviso comincia a parlare, a raccontarsi. Rievoca il tempo in cui si era presentato nella sede della Royal Academy a Londra accompagnato dal padre perché il suo percorso era iniziato con la danza, l’emozione di trovarsi in una istituzione così prestigiosa… Il racconto si fa più intimo. Parla in modo un po’ autoironico del proprio rapporto con l’omosessualità tenuta nascosta ma palese suo malgrado, tanto che quando finalmente si era deciso a parlarne alla cugina, lei gli aveva detto: ma figurati, lo so da tempo. Non è stato semplice per lui, e forse non lo è nemmeno ora, accettare la propria omosessualità. Con un pennello intinto in un secchio pieno di pittura rossa traccia alcuni segni, strisce verticali su un foglio sistemato sul fondo dello spazio scenico.

E mentre parla incomincia a dipingersi di rosso il braccio sinistro, alternando momenti rievocativi di ricordi a passi di danza.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il racconto a un certo punto si fa drammatico; il performer con un rotolo di scotch marrone, quello che si usa per sigillare i pacchi, si avvolge la gamba sinistra storpiandola e fissando allo stesso tempo il pennello sotto la scarpa così da simulare una conseguente zoppia.

In seguito forma con lo scotch un groviglio che appoggia a terra e v’infila la faccia, mostrandosi poi al pubblico con questa specie di maschera che ricorda in qualche modo la mostruosità di Elephant Man.

 

 

 

 

 

 

 

 

Se la toglie e fantastica di un suo ricovero in ospedale preso dal dilemma angoscioso di decidere se farsi amputare subito la gamba dal ginocchio in giù o aspettare, con il rischio di perdere l’arto del tutto… Poi rimuove lo scotch, la gamba ritorna normale ma a questo punto sorge un dubbio: poiché palesemente il racconto sull’ospedale e la gamba da amputare è frutto di fantasia, allora la Royal Academy? e l’omosessualità? Si avvicina al foglio su cui aveva tracciato poco prima dei segni trasformandoli in lettere che vanno a formare la parola REVUELTA.

Che cosa c’è di vero nel suo racconto? Certamente autentica è la sofferenza, la fatica di accettare la propria condizione umana e la “diversità” che trapela dal braccio dipinto di rosso, dalla finta zoppia – quasi un gesto alla Van Gogh, evocativo della mutilazione del suo orecchio – e dalla maschera alla Elephant Man: un Tagliarini inaspettato che lascia con un nodo in gola.

https://triennale.org/eventi/tagliarini-andatura-storta-esuberante-fog

Susanna Sinigaglia
Non mi piace molto parlare in prima persona; dire “io sono”, “io faccio” questo e quello ecc. ma per accontentare gli amici-compagni della Bottega, mi piego.
Quindi , sono nata ad Ancona e amo il mare ma sto a Milano da tutta una vita e non so se abiterei da qualsiasi altra parte. M’impegno su vari fronti (la questione Israele-Palestina con tutte le sue ricadute, ma anche per la difesa dell’ambiente); lavoro da anni a un progetto di scrittura e a uno artistico con successi alterni. È la passione per la ricerca che ha nutrito i miei progetti.

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