Uomini e tope

di Mark Adin

Mi hanno sempre fatto sorridere, i biologicamente maschi, quando solidarizzano con le femministe. Come faranno a capire, intimamente, una donna, mi è ignoto.

Dico subito che ciò di cui sto parlando non significa in alcun modo che non si possa essere al loro fianco, ma senza poter andare oltre. Purtroppo. La maternità resterà sempre per noi un mistero, qualcosa di inafferrabile. E non solo questo.

Sabato scorso mi è capitato di assistere a una intervista del sempre più insipido Fazio a Gianna Nannini, la quale è stata inevitabilmente oggetto di ripetuti sfruculiamenti circa la sua tardiva maternità. Il padre non è menzionato, è di fatto assente, escluso. Il padre non è tale, è solo seme.

A Napoli direbbero: sfaccimme (con o senza aggettivo).

Una coppia di coraggiose amiche, lesbiche manifeste e conviventi, ha un figlio. Il padre è un gamete sopravissuto al gelo dell’azoto liquido. Quanto freddo, poverino, nemmeno un cappottino. Non ha un volto, non è dunque “persona”. Una credibile testimonianza mi assicura che il bambino dice in giro di sentirsi fortunato perché di madri ne ha due. Che culo.

L’arcimiliardario Elton John, omosessuale sposato civilmente al suo compagno, celebra una paternità acquistata a buon prezzo, s’intende per lui, affittando l’utero di una signora accogliente e prodiga per danaro. Ostende pubblicamente il bebè e ne proclama la felicità nell’avere due padri. La madre è solo il forno nel quale si è cotto il pasticcino. Anonima, senza nome e dunque “non persona”. D’altronde, l’utero è suo e lo gestisce lei.

C’è qualcosa che, se non accomuna, mette in relazione questi tre fatti della modernità tra di loro?

Sono un temerario a toccare questi argomenti?

La risposta è, in entrambi i casi, sì. Ma io me ne assumo tutta la responsabilità e dico fin d’ora che, se mai ci saranno commenti a questo post, non replicherò in nessun caso. Al cuore, Ramon, al cuore! Non nascondo la mano quando tiro il sasso. Lapidate pure se caso.

Esordendo, asserivo che le donne sono un mistero, e non soltanto per la invidiabilissima facoltà di mettere figli nel mondo. Anche se già questo basterebbe per adorarle e averne massima cura, per capire che la natura le ha messe su un piano più alto del nostro. Le donne resteranno a noi imperscrutabili pure nella loro missione biologica di sceglierci (naturalmente anche noi scegliamo loro) e di accoglierci in senso lato.

Andando al punto, mi sembra che le donne che pensano di fare a meno di un compagno quando si tratta di diventare madri sia, nel piccolo mondo moderno e post-industriale, o post-moderno, o tardo capitalista, o come lo vogliamo chiamare, sempre più numerose. Sono sempre di più, ora che la scienza lo permette, a volere un figlio a fine carriera bio & pro. Prima di tutto viene, naturalmente, il lavoro. Prima di tutto i danè. Parliamo di donne di livello di istruzione medio-alto, con buone posizioni sociali, attive, fondamentalmente autonome, non di rado femministe e/o radical. Il maschio non serve, è superato.

Perché tutto questo? Come è fatto, che cosa è diventato, quali mutilazioni antropologiche sono avvenute, è ancora un maschio questo? E se c’è già qualcuno, tra chi legge, che si sta urtando per il reiterato consapevole utilizzo della parola “maschio”, posso chiedergli perché si urta?

Maschio è un termine che afferisce all’essere una identità biologica, perché dovrebbe infastidirci?

E perché allo stesso modo, per una donna, sentirsi chiamare “femmina” la pone subito sulla difensiva? Che c’è di strano a qualificarci anche in senso biologico?

Ho attualmente una compagna dopo averne avute altre (pazze!), ho una figlia, ho avuto una madre. Evidentemente le conosco bene, credo. Tuttavia posso parlare di loro fino a una certa soglia. Oltre non mi è dato, oltre non mi avventuro. Oltre, c’è il “loro” mondo. Che non è e non potrà mai essere il mio.

E viceversa.

Eppure ho sempre amato il mondo delle donne, perché naturalmente mi attrae, mi polarizza. Spesso le ho considerato migliori, sbagliando. Le donne non sono peggiori né migliori di noi, sono semplicemente donne. Che oggi fanno i conti con un maschio smarrito, che va in palestra per definirsi i muscoletti, prende il viagra e va dall’estetista. Un uomo retrattile, indebolito, insicuro, mentalmente flaccido come il culo del Premierd. Un maschio che tiene più alla propria auto e al proprio abito che alla sua anima, che non si pone neppure il problema di avere una identità biologica, che scopa per rapina e paga per tranquillità.

Perché mai una femmina dovrebbe avvicinarsi a un tipo antropico siffatto se non ne fosse complice, se non ne fosse omologa? Se anche lei, spesso, non copulasse con l’obiettivo di parossistici orgasmi, quando ci sono, troppo simili alla masturbazione? A un fornicare adolescenziale? Perché, in alternativa, dovrebbe scegliere un Uomo quando questa figura è riducibile a uno schizzo di sperma? Per il piacere fotto, per avere un figlio acquisto un servizio clinico e controllato, incarico il ginecologo, pago.

Non so, mi accorgo oggi di aver scopato molto e amato troppo poco. Non chiedo scusa alle Signore che hanno avuto la bella idea di assumere le mie miserie non solo perché non credo nell’istituto del perdono, utile soprattutto al reo e che non risarcisce la vittima, ma perché la gran parte di donne che mi hanno accolto nel loro splendore era esattamente come me. Voleva, in quel mentre, soltanto fare un saltino nel piacere più facile, non desiderava fare il salto nell’iperspazio. Trombava.

Parlando del mio mondo, di quello dei maschi a cui mi pregio di appartenere visto che solo qualche volta,  anche se con modalità intermittente, riesco ancora ad essere uomo, persona, padre, compagno, dirò che in vita mia di maschi divenuti uomini non ne ho incontrati poi molti. Perché essere uomo è difficile, costa fatica, implica spendersi nella difficoltà della relazione. Meglio i social network, meglio cliccare. Mancano, gli uomini, anche alla lotta politica. E non dico altro perché tutto è lì da vedere.

Delle donne parlino dunque loro stesse, io non ho titolo. Io non sono femminista, forse sono maschilista, saltuariamente uomo.

Dai maschi, da loro ho sentito spesso parlare di donne: al bar, nelle caserme, negli spogliatoi.

Gli Uomini, loro non parlano mai “delle” donne, gli uomini parlano “con” le donne. Ne avvertono il meraviglioso profumo.

Redazione
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8 commenti

  • …Bene. Bello leggerti,oggi e sempre Mark(ti chiami come me…)Non frequento bar,non frequento spogliatoi,ho frequentato frequentemente caserme ,ma con gli schiavettoni ai polsi,e la i maschi piu che parlare volevano “farmi parlare”..con la conseguenza comune a tanti compagni che non ho mai potuto avere figli miei,ma questo non è un problema,ci sono tutti i nostri cuccioli che spesso troppo spesso hanno bisogno di un amico,magari che è riuscito a trasformarsi da maschio innamorato a uomo “AMATO” dalla loro mamma,il che poi è il succo dell’amore,non amare ma riuscire ad essere AMATO. Qualche giorno fa ho postato la ballata delle Donne di Edoardo Sanguineti qui come commento ,che di internet non ci capisco molto,me lo aveva chiesto il mio Fratello e Compagno da 40 anni Daniele Barbieri(abbiamo perso insieme la nostra innocenza il 12/12/69),e dicevo,se noi maschi riuscissimo a comprenderne anche una sola riga,forse il cammino verso l’Utopia avrebbe ancora un senso. Ora aggiungo:se le nostre Compagne di lotta e di ideali ci dessero una mano,forse la strada sarebbe meno impervia. Hasta Marco Pacifici che le Compagne Libertarie chimano il monello.

  • Le donne che volontariamente e consapevolmente vogliono un figlio a prescindere dall’uomo-padre, ridotto a seme in vendita, costituiscono per me un’aberrazione, un – a dir poco – malinteso senso di autonomia ed indipendenza. Un’aberrazione psicologica e culturale, cascame di un finto femminismo di chiara matrice borghese.
    Un bel post davvero.

  • vero, verissimo. di solito cerco di non rivolgermi agli altri come uomini/donne, maschi/femmine, ma come persone. però c’è qualcosa negli uomini e nelle donne di adesso che mi infastidisce: il fermarsi alla superficie. gli uomini ormai sono spesso paragonabili alle cosiddette “oche” che la tv ci propina: assorti nella cura del proprio aspetto fisico, concentrati su se stessi, preda di un egocentrismo che dovrebbero aver superato almeno dall’età di sei – sette anni. non è più nemmeno la sindrome di peter pan, perchè presuppone una certa conoscenza e iniziativa che latita. le donne suppliscono agli sgarbi della natura ricorrendo al chirurgo plastico con una leggerezza per me incomprensibile, rivestendo poi questo atteggiamento con frasi del tipo “devo star bene con me stessa per star bene con gli altri”, quando poi non saranno tette più vistose o chiappe più sode a consentire l’accesso alla felicità, ma al massimo ai cancelli di arcore….

  • care e cari,
    il dibattito aperto da Mark Adin mi coinvolge molto e vado in cerca del tempo (che oggi non ho) per pensarci bene su e intervenire. Nel frattempo vi segnalo che OGGI, sulla prima pagina de “il manifesto”, su questi temi interviene Sandro Bellassai: il titolo è “Il nocciolo politico del desiderio maschile” e ve lo consiglio assai, Sandro è autore di molti libri interessanti (li ho ricordati da poco anche su codesto blog) e fa parte della rete “Maschile plurale”. Nello stesso quotidiano, ma a pagina 5, si discute delle manifestazioni del 13 febbraio: segnalo la lunga intervista di Eleonora Martini a Carla Corso, “attivista storica dei diritti civili delle prostitute”. – ciao (db)

  • commento di fretta, ma tutto quello che si dice qua a me ricorda il narcisismo, che è l’incapacità totale di stabilire relazioni con gli altri che non siano d’uso. Guarda che questo vale per uomini/donne, maschi/femmine, giovani/vecchi. Il narcisismo poi confina con la seduzione, che guarda là ha lo scopo coinvolgere l’altro in una relazione a senso unico a proprio esclusivo beneficio. Di solito quando la seduzione non funziona più, viene sostituita con l’aggressività e la cattiveria. A me sembra che le cose si stiano declinando purtroppo copsì.

  • cristina Di Canio

    In causa c’è una terza persona: il nascituro. Tutte le rivoluzioni antropologiche che riguardano la donna e la maternità, anche se figlie dei tempi, rischiano di mettere in secondo piano la dignità della persona che non può escludere il diritto di conoscere la propria genitura, inclusa l’identità dell’uomo e della donna che hanno a vario titolo, contribuito con i propri gameti.

  • A tratti mi urta, ma lo trovo schietto, privo dei soliti infingimenti, che abbondano quando si parla di maschile e femminile. Forse mi urta il percepire un auto affermazione maschile, così esplicita. In parte lo trovo datato, relegato ad un’altra epoca, ad un altro tempo, ad un modo di essere e pensare, che non ritrovo nei miei pochi contatti con gli under 30. Nei quali trovo problemi di identificazione sessuale, soprattutto tra i maschi e un più forte desiderio di autoaffermazione nelle donne, il tutto condito da modelli sociali e familiari instabili e frastagliati, ma privo dei condizionamenti rispetto al sesso tipici della mia generazione.
    Questa sta diventando sempre più una società di soli, androgina, in cui il lifting femminile o la depilazione maschile, non sono un atto di vanità, ma esprimono il bisogno di appartenenza ad un mondo patinato e una forma estrema di autodifesa. Per questo la procreazione, può essere distinta dal sesso e persino dalla genitorialità (sic).

  • Il vero confine della maschia specie lo supereremo quando verranno prodotti spermatozoi artificiali. Da allora in poi noi maschi saremo inutili. Gameti maschili su ordinazione, con DNA su misura, passati dalla mutua. Diventeremo una Cina all’incontrario. L’ultimo maschio, impagliato, al museo di storia naturale, che le mamme mostreranno con orrore alle loro bambine. Ma noi non ci saremo, noi non ci saremo…

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