Urania: Spitz, il Varley sparito e altro

Strane cose succedono a Urania (testi nuovi) – a esempio dimenticarsi di annunciare l’uscita successiva – come nella parallela Collezione Urania (ristampe) dove per ottobre era programmato «Titano» di Varley e invece le edicole ospitano «L’occhio del purgatorio» del francese Jacques Spitz (il successivo sarà invece «Al servizio del Tb II», romanzo del 1977 a firma Joe Haldeman).

Ma anche a Parigi succedono strane cose, a esempio che le strade si riempiano di scheletri ambulanti.

«Non vedo il futuro ma il presente invecchiato»: potrebbe essere la frase chiave di «L’occhio del purgatorio» del lontano 1945. Un romanzo surreale più che fantascientifico: desolante, non privo dell’interesse che porta con sé ogni ostentata decadenza ma decisamente affascinante per eventuali necrofili che passano da qui. L’autore è misogino e reazionario (nonché militarista e anti-semita come si intravede in altri suoi testi) ma questo romanzo è originale quanto irripetibile.

Protagonista è Jean Poldonski, un giovane pittore (esageratamente bohemien nella descrizione di Spitz) parigino che s’imbatte in Christian Dagerloff, un vecchio apparentemente folle. E’ lui che, di nascosto, contagia i nervi ottici di Jean con bacilli che provocano una accelerazione in ciò che osserva. In apparenza il tempo se ne va: prima al ritmo di 25 ore al giorno, poi in progressione geometrica sino a un disavanzo di millenni. A metà fra il precedente Dorian Gray di Wilde e il successivo «uomo stocastico» di Silverberg, il fosco protagonista contempla cibi in decomposizione, palazzi cadenti, cumuli di ruggine ma soprattutto l’invecchiamento e la putrefazione di amici, nemici e amanti. Spitz controlla bene il registro lugubre e funereo senza cadere nel ridicolo. Il risultato finale è un viaggio nel tempo assai diverso dal modello wellsiano. Il vecchio pazzo ci ironizza su: «Viaggi nello spazio, nel passato o nell’avvenire, poveri sogni di esseri umani sprovvisti di immaginazione, privi addirittura del senso del mondo. Noi viaggiamo col tempo, alla velocità di 24 ore al giorno. E’ più che sufficiente per andare verso la morte. L’avvenire non può che assomigliare al passato e il passato non è divertente, perché i nostri padri sono morti di noia». Piuttosto pragmatico e tetro per essere un surrealista.

A seguire «Le mosche» decisamente inferiore. Gli altri testi – pochi tradotti in italiano – di Spitz non meritano neppure uno sguardo.

A chiudere questo volumetto (5,50 euri al solito) tre testi critici di Giuseppe Lippi, di Pierre Versins e di Gianfranco De Turris che essendo un fascista (una constatazione prima che un insulto) è un adoratore di Spitz.

Ma il Varley sparito? Ho deciso di parlarvene lo stesso e di invogliarvi a cercarlo nell’usato perché stra-merita.

Citazione e premessa: «Nell’accezione più rigorosa, la trama è quella da cui non si può togliere o spostare nulla senza che tutto frani». Così un puntiglioso Edgar Allan Poe. Ma, per esempio, qual è la vera trama di un romanzo così affascinante come «Titano» di John Varley che Collezione Urania annuncia e poi si rimangia?

La trama di «Titano» esiste senza i rimandi al mito, al sesso, alla scienza, alla fantascienza, ai massmedia, all’ironia? Il tessuto narrativo è la sopravvivenza su un pianeta ostile e incomprensibile (deja vu vero?) o a dar senso al romanzo è la quantità e qualità di incredibile e di ghignante che Varley sparge?

Proviamo. A un livello della narrazione, piacevole e semplice, c’è la capitano Cirocco Jones con il suo equipaggio, l’attacco improvviso di tentacoli che sembrano spuntare dal pianeta, la cattura, il suo ritrovarsi sola e poi lentamente scoprire piante, cibi, razze che definire differenti è poco. Cirocco ritrova gli altri e le altre: ma ci si può fidare o sono cambiati? Arriva «il primo contatto umano con una razza aliena intelligente». Intorno nulla è su scala umana. Come capire l’alieno senza termini di riferimento? Persino il tempo è, in termini terrestri, imprevedibile. Come ci si muove in una giungla verticale? E come si abortisce in un luogo così? Se c’è una guerra “locale” bisogna restare neutrali? Mentre scala vette, Cirocco si consola: «il terzo giorno non fu terribile come il secondo, esattamente come l’incendio di Chicago non fu terribile come il terremoto di San Francisco». I misteri saranno tutti svelati? E fra quanto arrivano “i nostri”?

A un altro livello narrativo, più carsico, solo per limitarsi alle prime pagine, c’è «l’amore in caduta libera» (ci crediate o no era “fuori legge” nei romanzi dell’epoca) e un orgasmo non canonico; il fatto che l’astronave somigli a quella di «2001 odissea nello spazio» e che il vermone squassa-tutto sembri proprio quello di «Dune»; che il pianeta appaia vivo e custodisca i terrestri nel suo ventre anzi li cachi fuori da «un orifizio anale». Arrivano simil-centauri – che cantano e hanno tre organi sessuali a testa – in guerra perenne con angeli cattivi ma uno di loro scopriremo essere una donna dell’equipaggio che si è risvegliata “angelicata”. In agguato uno stupratore… non è l’alieno ma un terrestre. Il tutto su un pianeta che mette incinte le terrestri imprigionate e che ogni tanto geme, apre un occhio, fischia. Nel finale si scoprirà che quel mondo è una macchina o forse «tre tipi di vita» inventati da una dea burlona, che «lungo l’orlo esterno (del pianeta) sono disseminate 12 intelligenze separate» e che… beh, questo non si può svelare. E i nostri, nel senso dei terrestri, arrivano? Certo ma Cirocco già era «tagliata […] per scalare montagne, comunicare con creature strane, mostrare i pugni all’ignoto, sputare nell’occhio di Dio» e adesso è diventata troppo furba per farsi fregare da un pianeta-dea, figuriamoci se si fa intrappolare dalla burocrazia militare che vorrebbe riportarla a casa… proprio ora che inizia a divertirsi.

Per tornare a Poe e alla “trama” rigida. Gli ultimi tre capitoli si possono togliere o spostare e «Titano» non frana: però è grazie a quelle pagine folli che gli universi, cioè le storie, si arricchiscono e moltiplicano.

Insomma un Varley in stato di grazia. Non sempre è stato così ma del resto è faticoso essere la mano destra di un dio, non è vero Cirocco Jones?

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