Usa: quando scoppiò la rivoluzione socialista

recensione di Gian Filippo Pizzo a Nell’ombra della luna di Franco Ricciardiello

Ci sono molti personaggi storici in questo romanzo, che però non è un romanzo storico. E’ un romanzo di genere ucronico, cioè quel genere – che si può considerare a sé stante oppure un sottogenere della fantascienza – che immagina un tempo storico sviluppato in seguito a un avvenimento precedente svoltosi in maniera diversa da come in realtà è successo. Un genere molto difficile perché oltre agli aspetti consueti di un romanzo (lo stile, la caratterizzazione dei personaggi, lo svolgimento della trama) l’autore deve saper immaginare con coerenza gli eventi in campo politico, sociale, economico e di costume, conseguenti alla premessa ma anche in qualche modo rispettare la storia vera. Da noi l’esempio più noto di ucronia è forse L’inattesa piega degli eventi (2008) di Enrico Brizzi che immagina in maniera molto convincente, anche se è debole sul piano letterario, un’Italia del 1960 – l’anno delle Olimpiadi di Roma – ancora retta dal Fascismo; mentre sono purtroppo sconosciuti ai più scrittori quali Pierfrancesco Prosperi e Giampietro Stocco, che hanno scritto ucronie valide sia sotto l’aspetto formale che su quello stilistico.

I personaggi che compaiono in questo Nell’ombra della Luna sono il celebre regista Sergej Ėjzenštejn (La corazzata Potëmkin), il folk singer e sindacalista Woody Guthrie (This Land Is Your Land), Albert Einstein, il fisico Robert Oppenheimer, lo scrittore socialista Upton Sinclair, Charlie Chaplin, Lev Trockij, Antonio Gramsci e molti altri, ma nella trama è fondamentale il ruolo di Tina Modotti, fotografa e rivoluzionaria. Fu espulsa dal Messico nel 1930 e dopo vari giri in Paesi europei finì a Mosca, ma nel libro si immagina che invece si fosse recata negli Stati Uniti e che nel 1933 abbia partecipato alla sollevazione popolare che ha portato all’instaurazione di una repubblica socialista, girando assieme a Guthrie fra operai e contadini nelle zone più rurali d’America e immortalando con la sua fotocamera le loro condizioni di vita. Questo infatti l’assunto ucronico della storia: mentre in Russia la Rivoluzione d’Ottobre non è mai scoppiata, anche a causa della morte per un incidente di Lenin, e dopo la cacciata dello zar nel febbraio 1917 rimane in carica il governo Kerenskij, negli Stati Uniti la Grande Depressione iniziata nel 1929 ha portato le masse alla ribellione. Con ciò prestando fede ad alcuni pensatori (ci piace citare l’amico Alberto Eva) i quali ritengono che il problema del comunismo sia stato quello di nascere non nel momento ma nel posto sbagliato, una Russia troppo arretrata e contadina per poter essere una base solida alle teorie marxiane.

Il romanzo di Ricciardiello, con la tecnica della narrazione alternata, è ambientato in tre momenti diversi. La più breve, e anche meno importante – almeno fino a quando, nel finale, si ricollega al resto – racconta alcuni momenti della rivoluzione, in particolare l’annessione del Quebec contro un esercito rinforzato da truppe inglesi e del Commonwealth. La seconda è ambientata negli anni Cinquanta, quando l’Italia è sotto il regime fascista e la Seconda Guerra Mondiale non è mai scoppiata, e ha per protagonista un giovane studente universitario italiano, Andrea (divertenti le scene in cui viene scambiato per una donna a causa del sua nome, che all’estero è considerato femminile) inviato dal regime a indagare su Enrico Fermi e altri fisici dissidenti sospettati di lavorare sulla bomba atomica. Andrea però conosce una ragazza, Anna, casualmente (o forse no) nipote di Tina Modotti, che lo coinvolge in una lunga ricerca tesa a verificare se un esperimento condotto da Einstein sul famoso paradosso del “gatto di Schrödinger” abbia prodotto un risultato attendibile. I lunghi colloqui tra i due sulla fisica quantistica, sul “principio di indeterminazione” di Heisenberg, sulla diatriba tra Einstein e altri fisici, storicamente accertata (Einstein fu avverso al probabilismo della meccanica quantistica perché non si accordava con la sua visione, anche se in seguito tentò una teoria unificatrice) non sono fini a se stessi ma servono a giustificare la tesi dell’autore sull’esistenza di due mondi paralleli, quello che conosciamo e quello del romanzo. Infatti nella terza parte, quella che narra di Tina Modotti nel 1933, ella si imbatte in un giornale che scrive dell’ascesa di Hitler al potere, cosa che nel suo mondo non esiste e che forse è un’intrusione dall’altra realtà. Anche il titolo del romanzo, Nell’ombra della Luna, non fa riferimento, come si potrebbe pensare, all’aspetto romantico che emana dal nostro satellite, ma si riferisce invece a una frase pronunciata da Einstein, sempre a proposito di fisica quantistica.

L’autore è molto bravo a reggere le fila del discorso e trova un felice equilibrio nello spostarsi sui diversi piani temporali; in particolare è convincente – sempre a livello fantascientifico – l’ipotesi che la storia alternativa dell’universo descritto sia potuta nascere da un esperimento di fisica.

I personaggi sono ottimamente delineati, sia quelli di fantasia che quelli reali, i cui comportamenti coincidono con quello che la storia ci ha tramandato (forse solo Einstein è, ma appena appena, gigionesco). Minuziosa la ricerca documentale alle origini della trama, e qui viene un sospetto, probabilmente una certezza: che Ricciardiello parlandoci di quello che sarebbe potuto succedere decenni fa in realtà stia parlando del nostro presente, costringa il lettore a riconsiderare con occhi diversi gli avvenimenti che hanno segnato la nostra storia e ci hanno portato alla situazione attuale.

In ogni caso le vicende di Andrea e Anna, di Marco, di Tina e Woody si seguono con piacere, appassionano il lettore che viene catturato dallo svolgersi delle vicende, e il romanzo raggiunge pienamente quello che dovrebbe essere lo scopo principale della narrativa: divertire e al contempo fare riflettere e insieme emozionare.

Franco Ricciardiello, Nell’ombra della luna, Meridiano Zero: 314 p., € 18

 

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