Valerio Evangelisti: Il tele-predicatore

Roberto Saviano ha scritto, nella sua unica opera narrativa, verità innegabili sulla camorra e sull’intreccio tra affari e malavita. Gliene siamo tutti grati. Ha però interpretato la gratitudine collettiva come un’autorizzazione a predicare sempre e comunque, anche su temi di cui sa poco o niente.
Ecco che, su “Repubblica” del 16 dicembre, rivolge una “Lettera ai giovani” firmata da lui e, curiosamente, dall’agenzia che tutela i suoi diritti letterari. E’ un’invettiva, a tratti carica di odio, contro i “cinquanta o cento imbecilli” che martedì scorso si sono scontrati a Roma con le forze dell’ordine che bloccavano il centro cittadino.

La lettera appare il giorno stesso in cui un gruppo di manifestanti è processato per direttissima. Preferisco pensare che sia un caso, anche se tanta tempestività potrebbe sembrare sospetta. Non dimentico che, solo pochi giorni dopo l’attacco a Gaza e il suo migliaio di morti, Saviano era in Israele a tessere l’elogio di quel Paese intento a difendersi dai “terroristi”, analoghi ai camorristi che minacciano lui.
Ma lasciamo correre, e lasciamo correre anche la connessione tra nazionalismo basco e traffico di droga, che lo stesso governo spagnolo dovette smentire.

Veniamo agli scontri di Roma. E’ proprio sicuro, Saviano, che i dimostrati fossero cinquanta o cento? Per di più vigliacchi, piagnucolosi, descrivibili come “autonomi” o “black bloc” intenti a imporre la loro violenza – che a suo dire li diverte – alla folla passiva e terrorizzata del corteo? Oltre a parlare in tv, dovrebbe ogni tanto guardarne le immagini. In questo caso avrebbe notato una folla ben più numerosa, e una manifestazione tutt’altro che pronta a sbandarsi in preda alla paura. Così come avrebbe rilevato, nei giorni precedenti, episodi del tutto analoghi a Parigi, ad Atene, a Londra e un po’ in tutta Europa. “Autonomi” e “black bloc” anche laggiù?
Ciò porterà, dice Saviano, a una limitazione degli spazi di libertà. Non considera che la libertà era già stata circoscritta, con cordoni tesi a proteggere i palazzi del potere da chi quel potere contesta. I dimostranti avevano annunciato che non si sarebbero lasciati imporre alcuna “zona rossa”. Così è stato, nel preciso momento in cui si veniva a sapere che un governo discreditato aveva ottenuto la fiducia per pochi voti, grazie a espedienti inconfessabili. Una presa in giro per giovani che non scorgono alcun futuro, e vivono sulla loro pelle le conseguenze umilianti di pseudo-riforme modellate sulle esigenze dei privilegiati.

La reazione è stata di rabbia. Come poteva non esserlo? Solo chi vive fuori dal mondo potrebbe attribuirla all’azione di “cinquanta o cento” imbecilli innamorati della violenza.
Saviano, è noto, deve muoversi sotto scorta. Prima di lanciarsi in ulteriori predicozzi farebbe meglio a chiedersi se non si stia amalgamando alla scorta stessa, facendone propria la visione del mondo. Al punto da denigrare chi già subisce umiliazioni quotidiane, e di dire a chi detiene il potere ciò che ama sentir dire. Con tanto di menzione dell’agenzia letteraria, a tutela del copyright.

da http://www.infoaut.org/articolo/il-telepredicatore


Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

8 commenti

  • Saviano è un romanziere che in un Paese come il nostro è costretto a viver sotto scorta. Vive in una gabbia, vero, ma pur sempre una “gabbia dorata” e, come tutti coloro che vivono in questa situazione, è portato a non accorgersi di cosa stia succedendo fuori, premunendosi di difendere la propria gabbia e i propri carcierieri. Dai libri è contro la Camorra ma ciò non significa che sia contro la sopraffazione e lo sfruttamento, che debba stare dalla parte degli oppresi e non degli oppressori. C’è una differenza di “stile” tra chi guadagna milioni di euro e chi campa con contratti precari e saltuari, è una questione di “stile”…

  • Tanti avrebbero voluto avere una vita semplice come invoca il telepredicatore:Peppino Impastato,Giancarlo Siani,Angelino Casile Muchi e gli altri tre compagni assassinati dai fascisti di junio valerio borghese,Mauro Rostagno,Walter Rossi Franco Serantini…chi continua?…Loro qui che stan morendo ed io (saviano) che mi mangio il gelato…

  • E’ vero, ha scritto nel suo romanzo cose che magari si sapevano, ma che andavano gridate, non per nulla il Delinquente Incoronato ha tuonato. Ma questa mi pare – per essere eufemistici – una pessima “caduta di tono”. ‘A Savia’ svejate! (alla barese: Ue’, Savia’, disc’tìsc’t!)
    Saluti da vikkor

  • SCUSATE SE MI RIPETO:
    Saviano è funzionale al sistema; Travaglio è funzionale al sistema; Grillo è funzionale al sistema.
    Sono i nuovi mediatori sociali, i cani da guardia del futuro regime post-berlusconiano. Essi agiscono selezionando per noi il materiale su cui dissentire, un utile setaccio di cui il potere si serve per canalizzare l’attuale e la futura protesta sociale, in sostanza per narcotizzare il dissenso. E Saviano, con la sua tempestiva lettera, si è portato avanti con il lavoro. Si tratta di ambigue figure che agiscono all’ombra di un accattivante antiberlusconismo con il quale non si può che essere d’accordo, ed è proprio tramite questa leva che sono diventati i tribuni della plebe a cui una massa di pigri orfani della sinistra parlamentare ha delegato il proprio sdegno e i propri residui fermenti di opposizione, più simili ai flebili singulti di un bambino bistrattato e messo in punizione. Quando il cosiddetto “popolo viola” avrà imparato a fare a meno di simili personaggi che vanno utilizzati per quello che danno, cioè qualche ovvia informazione nel mare del nulla dei nostri media, allora sarà/saremo pronti per riprendere in mano il nostro destino.

    Insinuando che la maggioranza delle persone in piazza possa essere stata strumentalizzata dai soliti “professionisti della guerriglia”, non si fa altro che sminuire questo movimento accusandolo di essere decerebrato, una massa acefala di persone senza capacità di ragionamento e capace di arrabbiarsi solo dietro suggerimento del primo manipolo di violenti che passa di là, insomma dei bambini che giocano alla rivolta. Saviano si è subito accodato a questa parola d’ordine del sistema che egli rappresenta, prestandosi al gioco del togliere autonomia e credibilità, in fin dei conti dignità, a delle persone scese in piazza per difendere la loro vita.

    Ottimo post!

  • RISPOSTA DEI 99 POSSE A SAVIANO (gran bella risposta)

    Siamo fra i tanti che hanno letto Gomorra. Ci sembrava una lettura delle mafie capace di cogliere il fenomeno nel suo intreccio con la globalizzazione e la struttura capitalistica della società. Il vestito prodotto dal lavoro nero in una piccola fabbrica dell’hinterland napoletano e indossato da Angelina Jolie ci sembrava l’esempio perfetto per cortocircuitare la categoria della legalità, la distanza fra un dickensiano mondo di sotto e lo sfarzo dei vip in mondovisione. Veri o falsi che fossero, a quello e altri episodi descritti nel libro abbiamo attribuito una forte capacità evocativa, una critica esplicita al sistema, lo svelamento di un dispositivo nel quale criminalità organizzata e multinazionali sono dalla stessa parte della barricata.

    Per questo non ci siamo mai appassionati alle polemiche sulla novità delle rivelazioni di Saviano, sul loro carattere inedito. E nemmeno alla querelle legata all’autenticità. Quello che ci sembrava interessante era la ricontestualizzazion-e di fatti anche noti dentro una cornice letteraria nuova, capace di esprimere dissenso e critica. Non ci siamo fatti invischiare nelle polemiche nemmeno di fronte alle palesi omissioni di Gomorra o all’assenza di un’analisi storica del rapporto fra unità d’Italia e istituzionalizzazion-e delle mafie. Secondo noi in Italia non ha senso parlare di queste ultime senza evidenziare l’intreccio ora palese ora occulto con pezzi dello Stato. Noi pensiamo due cose. Innanzitutto che i vari Riina, Schiavone e gli altri presunti boss, altro non siano che i vertici di quello che è solo il livello più evidente dell’intreccio politico-affaristico-criminale. E poi, che se anche si arrestassero tutti i mafiosi e i camorristi, senza intervenire sulle cause che danno a questi fenomeni un ampio consenso in alcuni settori della società, non si sarebbe fatto nemmeno un piccolo passo avanti. Arriverebbero altri a prenderne il posto e il gioco ricomincerebbe da capo.

    Nel corso del tempo abbiamo comunque continuato a tenerci a distanza dalle polemiche, anche quando abbiamo sentito un Saviano sempre più normalizzato tessere le lodi dei “valori antimafia di Almirante”, repubblichino a Salò e fucilatore di partigiani. E lo stesso quando l’abbiamo visto allinearsi alle posizioni dei falchi filoisraeliani convinti “che libertà dell’Occidente si difende sotto le mura di Gerusalemme”. Noi, che in Palestina ci siamo andati e abbiamo potuto toccare con mano la condizione di un popolo che vive sotto una feroce occupazione militare.

    Riteniamo perciò di non poter essere inclusi fra coloro che lo criticano per principio, per partito preso. Tuttavia dopo la sua recente lettera agli studenti pensiamo sia opportuno rompere gli indugi e prendere posizione. Innanzitutto riteniamo inopportuna la sua pretesa di farsi tuttologo. Quali trascorsi di militanza politica ha Roberto Saviano per potersi ergere a giudice dell’operato degli studenti? Chi lo autorizza a parlare di “poche centinaia di idioti” che egemonizzerebbero le proteste, pretendendo di stabilire una divisione fra buoni e cattivi? Se con Gomorra gli abbiamo riconosciuto il merito di una scrittura fresca ed efficace, non possiamo non dire che quella lettera insiste invece su argomenti triti e ritriti che erano già vecchi quando noi, non ancora 99 Posse, occupavamo come semplici studenti le nostre facoltà durante la pantera nel 1990.

    Quando Saviano invita a non mettersi il casco e sfilare a volto scoperto ignora, non si sa se per scarsa conoscenza o per malafede, le centinaia di manifestazioni pacifiche nelle quali su quelle stesse teste scoperte sono calati pesantemente i manganelli della repressione. Non avevano i volti coperti quelli massacrati alla Diaz e a Bolzaneto e nemmeno quelli che pochi giorni fa sono stati caricati e arrestati mentre solidarizzavano a Brescia con gli immigrati costretti a salire su una gru per rendere visibile al mondo la propria condizione insostenibile. Perciò quando vediamo dei caschi in un corteo non pensiamo a dei vigliacchi che hanno paura di mostrare il volto, ma solo a una legittima forma di autodifesa dei movimenti di fronte alla repressione. Se Saviano ha i suoi motivi per chiamare i carabinieri della sua scorta “i miei ragazzi”, non ne hanno altrettanti Carlo Giuliani o Stefano Cucchi. È una questione di percorsi di vita e talvolta di morte.
    Noi invece, a differenza di Saviano, i movimenti li conosciamo bene in virtù di un paio di decenni di militanza. Eppure il 14 dicembre ci siamo sentiti vecchi, probabilmente per la prima volta nella nostra vita. Immaginavamo certo che quello che accade in Europa e la tensione che si sta accumulando da mesi in Italia, potessero essere il detonatore di scontri e incidenti, ma non che questi fossero così estesi da trasformarsi in tumulto. Siamo rimasti disorientati e ancora di più quando il giorno dopo si è scoperto che tutti gli arrestati non solo erano giovanissimi e senza precedenti, ma anche senza particolari esperienze di militanza. Altro che i vecchi militanti, i vecchi slogan e le vecchie canzoni di cui parla Saviano.

    Quello che è accaduto a Roma è inedito e come tutti i fenomeni senza precedenti va analizzato con umiltà e rispetto, soprattutto quando la sua dinamica è straordinariamente simile alle rivolte di Londra e di Atene. C’è un’Europa di persone senza diritti e senza prospettive, di cui i giovani sono l’espressione più avanzata e combattiva, che sta realizzando di essere con le spalle al muro. Privata in maniera progressiva di diritti elementari. Undicimila euro all’anno per iscriversi all’università nel Regno Unito. I costi insopportabili della crisi scaricati su quelli che non hanno partecipato alla grande abbuffata degli anni scorsi in Grecia. La precarietà, le prestazioni di lavoro camuffate da stage gratuiti, gli stipendi da fame dei contratti a progetto, il tentativo di azzerare le conquiste dei lavoratori in Italia. E’ a tutto questo che i giovani europei si stanno ribellando e non ci sorprende che la loro protesta esploda in forme di insubordinazione violenta se la politica non offre più nessun tipo di rappresentazione politica dei loro desideri e dei loro bisogni.

    All’Asinara, isola sarda un tempo nota per la presenza del carcere speciale, un gruppo di cassintegrati dorme da 296 giorni nelle celle della ex prigione. La loro protesta è pacifica, eppure da quasi un anno restano lì in attesa di risposte concrete che non arrivano. Ci farebbe piacere se Saviano, invece di pontificare su questioni che non conosce e sulle quali nessuno gli ha chiesto di ergersi a guru, sfruttasse il suo enorme potere mediatico per portare all’attenzione dell’Italia queste storie e, soprattutto, ci dicesse se le lotte devono porsi o meno il problema dell’efficacia. Un uovo sulla porta del parlamento non muta le cose, ci dice il Roberto nazionale. Sarebbe interessante che ci dicesse perché dovrebbero cambiarle le proteste che si fermano dove le camionette impediscono l’accesso a quello stesso parlamento nel quale, mentre gli studenti erano in piazza, si scriveva con la compravendita dei deputati una delle pagine più miserabili della storia di questo Paese.
    Napoli 17/12/2010

    fonte GlobalProject

  • 1) Saviano è accusato di aver detto cose false (pochi manifestanti o 100 imbecilli) e di essere egli stesso strumento di potere.
    L’argomentazione di chi dice che i manifestanti fossero molti di più non è stata, però, confermata da dati citabili: quanti erano i presunti imbecilli non è detto e, quanto meno, ciò comporta di ricadere all’interno della sua stessa critica!
    2) La seconda accusa è problematica: se persone così esposte al rischio come Saviano fosse uno strumento di potere, allora CHI non lo è? Solo perché qualcuno parla in televisione è strumento di potere? Mi pare che come criterio di demarcazione sia piuttosto poco demarcante. Inoltre, se non si assume la buona fede di chi parla (salvo solide dimostrazioni contrarie) allora anche chi scrive deve pensare che verrà letto come strumento di potere in malafede. Per i suoi stessi argomenti poco limpidi.
    3) Io sono uno studente universitario e si può verificare che ho fatto parte di un movimento studentesco. Io facevo parte di un ateneo che constava di 22000 studenti. Alla politica universitaria partecipavano attivamente 100 studenti (uno su 220) e a votare ci andavano meno di 1000 (cioè meno di 1/22). E alle domande “perché non ci dai una mano” o “perché non ti informi” la risposta era “perché non conti nulla e non mi interessa”. Facile poi sfogarsi ma la politica si fa vivendo ogni giorno e non ruggendo una mattina. E mi pare che sia difficile smentire questo fatto.

  • GianGiuseppe, i dati ci sono e chi non li vuole trovare non li trova.

    Nelle risposte a Saviano puoi inoltre trovare tutte le risposte alle tue domande, se fai la fatica di leggerle tutte.

    La distinzione tra presunti imbecilli e “pacifici” , che tu naturalmente assumi subito come vera, è invece falsa, frutto delle mistificazioni funzionali al potere costituito di cui tu sposi acriticamente le tesi. Quelle risposte a Saviano di studenti come te lo spiegano bene, se le avessi lette con attenzione non porresti nemmeno la domanda.

    Se qualcuno come Saviano parla in TV, sui giornali, ecc. con uno spazio ed una sovraesposizione mediatica senza precedenti, e soprattutto se parla in un certo modo, qualche dubbio magari viene… Credi sul serio che a personaggi realmente scomodi per il potere vengano concessi simili spazi per poter indirizzare l’opinione pubblica? Una visione a dir poco ingenua, la tua.

    Hai fatto parte di un movimento studentesco dici, vuol dire che ora non ne fai più parte? Le tue lamentele sulla scarsa partecipazione alla vita politica universitaria possono avere le loro ragioni. Una certamente è una disaffezione alla partecipazione, un qualunquismo che è presente anche nella società. Un’altra parte degli studenti magari, non crede nell’efficacia di certi recinti istituzionali entro i quali viene “concesso” dall’università di poter fare attività politica secondo le “loro” modalità.

    “La politica si fa vivendo ogni giorno”, su questo siamo d’accordo, e allora? Pensi che ciò che hai letto sull’argomento in oggetto siano solo sfoghi? Ma non ho letto da parte tua critiche che entrano nel merito… solo tre banali domande, se mi consenti. Ecco, quelle sembra no sfoghi di un fan di Saviano. Cosa legittima, per carità.

Rispondi a romano Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *