Vance, Haldeman e dintorni

Oggi «di Marte si parte» raddoppia (un pezzullo breve) per segnalare a chi ama Jack Vance di correre verso le edicole. Non vi annuncio un nuovo Vance ma… quasi.

Dobbiamo a George R. R. Martin e a Gardner Dozois l’idea di un super-omaggio al grande Jack chiedendo a 23 fra autori-autrici di ispirarsi al famoso «Talkes of the Dying Earth» (in italiano «Crepuscolo di un mondo») del 1950. Urania ci proporrà questa antologia, a ritmo annuale, in tre volumetti. Il primo arriva nelle edicole con il numero 1567 e il titolo «Storie dal crepuscolo di un mondo/1» (sono 300 pagine per 4,20 euri).

In questo primo volume dopo una introduzione (francamente bruttina) di Dean Kooontz e una prefazione-ringraziamento di Jack Vance ecco i primi 8 racconti: «Il nettare d’annata di Erzuine Thale» di Robert Silverberg (grande vecchio anche lui e in buona forma), «Grolion d’Almeria» del bravo anglo-canadese Matthew Hughes, «La porta silvestre» dell’australiano Terry Dowling, «Caulk, il cacciatore di streghe» dell’inglese Liz Williams, «L’inevitabile» del prolifico Mike Resnick, «Abrizonda» di Walter Jon Williams, «Le tradizioni di Karzh» di Paula Volsky e infine «L’ultima ricerca del mago Sarnod» di Jeff VanderMeer. Tutti i raccointi oscillano – se date i votoi da 1 a 10 – fra il 5e mezzo e il 7 meno-meno-meno. A completare il volume un racconto fanta-giallo di Antonio Bellomi, qualche rubrica e la storia dei due cugini Schiaparelli raccontata da Fabio Pagan.

L’antologia è un bel regalo per chi ama Vance, piacevole per chi ama la fantasy ben scritta (ve n’è poca a mio giudizio) e rivelatrice per chi non conosce quest’autore. Siamo nei vasti territori tra fantascienza e fantasy (scientifantasy come sintetizza Jeff VanderMeer) e senza dubbio Vance è un grande. Che sia uno dei «padri fondatori» della moderna fantascienza si può discutere ma sarebbe sciocco negarne la creatività o sminuire la sua scrittura ora ironica e ora epica. Lo dico da… estimatore dell’altro Vance quello meno fantasy che ha avuto scarso successo rispetto ai grandi “cicli” e dunque viene poco considerato. Per me invece «I linguaggi di Pao», «Le case di Iszm», «L’opera dello spazio» e alcuni racconti sono più scintillanti dei cicli o del celebrato «il mondo degli showboat». Son gusti certo.

Arriva in edicola – o meglio dovrebbe perchè la «Collezione Urania» è sempre più difficile a trovare – l’ennesima ristampa (in una nuova traduzione però) di «Pace eterna» del molto amato in casa Mondadori Joe Haldeman. Si apre con una citazione di Martin Luther King junior e con un doveroso «caveat lector» dove Haldeman spiega che questo non è il seguito del celeberrimo (olè) «Guerra eterna».

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