Vel-Eni: tangenti, processi, pubblicità, silenzi
db legge «Enigate» di Claudio Gatti. E assai ve lo consiglia.
Nel post precedente (*) la “bottega” ha rilanciato due documenti interessanti che riguardano l’Eni. Come saprà chi passa spesso di qua, noi denunciamo ogni volta che sia possibile le politiche infami e i vel-Eni dei “nostri” petrolieri: in Basilicata come nei Paesi africani. Abbiamo anche scritto più volte sui bavagli che Eni impone – anzitutto attraverso il ricatto della pubblicità – all’informazione italiana (**)
Da tempo sono sotto processo a Milano i vertici Eni (a partire dai “capi” Claudio De Scalzi e Paolo Scaroni) per«la più grande tangente italiana di sempre», un miliardo di dollari, data a un ex ministro del petrolio in Nigeria. Ma i grandi (e anche i piccoli) media italiani tacciono, salvo per qualche tentativo di depistaggio. L’eccezione più importante è «Il fatto quotidiano» che (nonostante le intimidazioni) ha continuato a scavare e che ora pubblica con la sua editrice Paper First il libro di Claudio Gatti «Enigate» ovvero «I documenti esclusivi sulle tangenti internazionali che l’ente petrolifero è accusato di aver pagato» con prefazione di Milena Gabanelli: lo trovate in libreria, 270 pagine per 15 euri.
Non è solo una lettura doverosa per capire quel che sta accadendo e verificare come puzzi l’informazione in Italia (altro che casta: è un “pozzo” o se preferite una fogna) ma è anche un libro che può aiutare chi quasi zero sa di tre P (petrolio, potere e porcherie) a uscire dal letargo. Al centro «l’iceberg di menzogne e inganni generati dal grande incesto che in Italia lega l’establishment con rappresentanti delle due categorie che nei Paesi a democrazia avanzata fungono da arbitri e garanti dell’integrità e imparzialità del sistema: la magistratura e il giornalismo»; evidentemente non tutti sono complici dell’incesto ed ecco appunto il processo in corso a Milano.
Questa del giacimento Opl 245 – spiega Gatti – non è solo una vicenda di petrolio, corruzione, depistaggi ma anche «una storia di immigrazione» perchè i soldi rubati («fra i 12 e i 21 miliardi di dollari» solo in un biennio) alla Nigeria impoveriscono le persone che lì abitano mentre le polizie (più o meno legali) opprimono chi protesta contro i pozzi selvaggi e i veleni uccidono le popolazioni: tre fattori che spingono alla fuga. E circa 18mila nigeriani sono sbarcati in Italia nel 2017.
Tutti i passaggi più importanti del libro sono scritti con chiarezza invidiabile; i fatti sempre in primo piano, le ipotesi suffragate da elementi concreti.
Generali, parlamentari, faccendieri, giornalisti che a volte si muovono «a cavallo fra lobby, logge e Servizi Segreti», Marcegaglia, la Fondazione italianieuropei (Massimo D’Alema e dintorni), “gole profonde” (interessate), Confindustria… sulla scena italiana. E su quella internazionale ci si muove fra Algeria, Congo Brazzaville e Kazakistan, la Shell (che molti nigeriani privano della S: «hell» significa inferno), la Star (Stolen Asser Recovery Initiative ovvero «iniziativa di reciupero dei beni rubati», una banca-dati creata da Banca Mondiale e Nazioni Unite) e le convenzioni internazionali. Tutti “cattivi” o complici? Ci sono i anche i “buoni” come Global Witness, Re:common, Report o “Il fatto quotidiano» e spuntano… perfino dentro Eni: ma chi non accetta «l’incesto» – come Luigi Zingales e Karina Litvack – finisce fuori gioco.
«Ci si può deprimere o si può reagire» scrive Claudio Gatti nelle ultime righe. Si possono «perpretare mecccanismi che nel mondo […] affamano la popolazione e la spingono a fuggire di casa e che in Italia consentono a faccendieri vecchi nuovi di far man bassa di quel poco che resta dei nostri beni nazionali». Oppure – spera Gatti – «si può cogliere questa opportunità» (cioè il processo) «per smettere di sovvenzionare cleptocrati all’estero e di accettare che in Italia le aziende di Stato vengano usate dai propri dirigenti a fine personale».
Con tutto il rispetto per Gatti e per chi, come lui, crede in buona fede che questo sistema sia riformabile, io penso invece che non sia questione di qualche dirigente corrotto in Eni o in Shell ma che occorra spazzar via “la dittatura del petrolierato” (altro che quella del proletariato, del resto da tempo finita dal rigattiere) che controlla governi, Borse, eserciti e massmedia. Senza petrolio e nucleare un altro mondo è possibile, altrimenti ogni piccolo cambiamento è solo un cerotto sulla cancrena.
In ogni caso quello di Gatti è un libro coraggioso e importante: regalatevelo.
(*) Eni-Shell: fonti fossili, licenze petrolifere e altre malefatte
(**) vedi Sabina Morandi, i “rossi” e i vel-Eni ma anche Ancora sui vel-ENI dell’informazione