«Vendesi croce»: la Palestina vista dall’esilio
Vivere fra Ivrea e Nablus. Maria Rosa Mura ragiona sul libro di Muin Masri e sul suo potenziale pedagogico.
Cosa può fare un palestinese che vive all’estero, rinasce in una nuova vita in un Paese in pace? Certo non può dimenticare, i suoi cari, gli amici, i vivi e i morti, l’infanzia mai vissuta.
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Perchè scrivere? di cosa scrivo, mamma? racconta quello che qui non c’è.
Masri scrive per non dimenticare, per fermare i ricordi, per raccontarsi ai figli che non conoscono la sua vita prima dell’età adulta.
In Vendesi croce raccoglie brevi brani, sempre pacati, media con l’ironia anche i giudizi taglienti, non dà spazio alle invettive, dolore sì, ma non odio e sempre un tentativo di comprensione, di speranza.
Attraverso ricordi, riflessioni, storie di persone, appelli, ringraziamenti, scritti in momenti e con toni diversi, dalla narrazione alla poesia, Masri restituisce il quadro di una vita tra Palestina e Italia, fra Nablus e Ivrea, tra un Paese soffocato dall’occupazione militare e preda delle guerre e un Paese dove si può vivere perchè c’è la pace.
Nato nel 1962 in una prigione a cielo aperto, privato dell’infanzia, di quei primi vent’anni della sua vita ci presenta in primo piano la sua famiglia, la bella e giovane madre, il sorriso del padre, ci fa sentire perfino il profumo del pane della mamma. Ci dice: qui vivono PERSONE, con i loro amori, nella loro quotidianeità, famiglie che prima delle guerre possono ritrovarsi a far festa insieme. A completare il quadro racconta le storie di sconosciuti di talento o protagonisti di tragedie, di molti personaggi particolari. Come Abu Il-Huos, cioè il papà dei matti: La guerra e l’occupazione militare, oltre a produrre miseria, generano anche un numero impressionante di matti. … vecchio, con la lunga barba bianca, si vestiva sempre di stracci quasi eleganti e chiari. Ogni giovedì davanti alla sua baracca faceva il barbiere gratis per una fila interminabile di gente matta.
Di fronte alla morte assurda del suo più caro amico a quattordici anni (per un gelato, aveva accettato di consegnare un piccolo pacco, esploso), decide che appena possibile se ne andrà.
Un giorno lessi in un libro recuperato da chissà dove questa frase: “tra uccidere e morire c’è una terza via, vivere.” Non avevo il coraggio di uccidere e neanche di morire e così decisi di fuggire a cercare l’autore, come gli innamorati inseguono le vie infinite del cuore.
Masri arriva poco più che ventenne in Italia e scopre il gusto della vita.
In Palestina sono nato, in Italia sono vivo.
Confessa che i primi tempi sono difficili, ma si ubriaca per la natura in cui può liberamente correre. Ma quanto è grande il Canavese, ma quanto sono belli questi laghi, boschi e colline? e l’acqua della Dora che scorre per tutti!
Masri ringrazia gli sconosciuti che anche solo per un momento sono stati gentili e accoglienti, gli insegnanti e i compagni di scuola all’Istituto Ghiglieno di Salerano, tutti quelli che gli hanno permesso di affrontare momenti di solitudine e di sconforto, quando era in maggiore difficoltà, senza conoscere la lingua, senza denaro, senza riferimenti, chi l’ha aiutato a superare ostacoli e a raggiungere sogni.
È in una terra in pace che può formarsi una famiglia e vivere la propria infanzia attraverso quella dei figli: …ascolto l’eco delle loro risate infantili e penso a come sono fortunato, la vita è stata generosa con me, senza alcun dubbio. Mi sento risarcito della mia infanzia rubata.
Muin Masri resta però il caos che nasce dalla mescolanza di questi due mondi, Nablusivrea.
Non può certo dimenticare il dramma della Palestina e l’assordante silenzio internazionale.
Il recente sterminio lo priva della bellezza della vita di cui si era riempito negli anni in Italia: in poco più di un mese di conflitto mi sento come Gaza, svuotato.
La pace permette di vivere, il suo appello è continuo e forte. Masri non esprime parole di odio, se non per la guerra; a chi ha vissuto la tragedia dell’Olocausto chiede di riconoscere la comune umanità, alla senatrice Liliana Segre chiede di ampliare la sua missione di testimone e il suo insegnamento alla tolleranza: Facciamo in modo che le nostre storie, seppur diverse ma vicine, portino una pace vera e sincera.
E sogna. Non oggi, ma ci sarà un tempo in cui chi dichiara guerra sarà ripudiato dalla sua famiglia; forse domani o fra cent’anni….
….Non oggi, ma ci sarà un tempo in cui, al posto del milite ignoto, ci saranno la vedova e l’orfano ignoti; forse domani o fra cent’anni…
Ci sarà un tempo, forse domani o fra cent’anni, dove nessuno leggerà nei libri di storia la cronologia di un massacro in Terra Santa, purtroppo non oggi.
Sogna due bambini, uno israeliano ed uno palestinese, che giocano con i soldatini o scambiandosi le figurine. Bambini che non hanno perso il loro papà, che non si devono lasciare all’urlo delle sirene antirazzo e che si possono ritrovare il giorno dopo a giocare ancora insieme.
Sogna che anche in Palestina si possa dire: Grazie alla vita.
PS Questo testo si presta ad un lavoro in classe perchè costituito di brevi brani, facili da leggere, ciascuno di per sè significativo e adattabile al percorso scelto dall’insegnante. Che sia la storia recente della Palestina o il ricordo dell’Olocausto, cosa significhi accogliere una persona straniera, qual è il senso della vita. O semplicemente quando possiamo parlare di respiro poetico in una pagina. Soprattutto cos’è la pace.
