Venetismo: pre-requisito (esemplificativo) al razzismo culturale

di Giorgio Chelidonio  
Non ne sospettavo neppure l’esistenza ma, dopo anni di assessorati a ciò dedicati, il “venetismo” si é guadagnato un posto al sole anche se wikipediano (1). Peraltro dovevo e potevo immaginarlo, dopo le iniziative “didattiche” annunciate nel gennaio scorso:

  La Lega chiede che nella riforma della scuola venga inserita una clausola che preveda, per i
professori, un test sulla storia, il dialetto e la cultura locale per poter insegnare in una

    determinata regione”(http://www.studenti.it/superiori/scuola/lega_test_dialetto_prof.php) :
Del resto, i deliri culturali su sedicenti basi etniche come il “padanismo” (2) sono l’elemento involutivo del nostro tempo.
In modo particolare se, ad esempio (3), si presentano in forma partitica, con il duplice, evidente scopo di spartirsi quote più o meno grandi di mentalità e/o “pance” localiste (al tempo di mio padre il localismo praticava “frontiere” sociali – anche in forme violente – fra le stesse contrade, cittadine o borghi che fossero) sulle cui spalle campare, scalando quello stesso potere di “casta” che dicono di voler contrastare se non abbattere.
Per capirne radici e sviluppi basta citare un antico proverbio (forse russo) : “Quando sventola la bandiera, il cervello va nella tromba”, con  le conseguenze facilmente immaginabili.
L’unico “spirito etnico” che comprendo é l’amore, lessicale e etimologico, per la lingua materna (e paterna o, nel mio caso, nonnesca) perché permette di gustare il senso della micro-storia.
 Ma non é un amore “escludente”, anzi mi porta a condividere quelli altrui, vicini e lontani. Partendo dall’abitudine a riconoscervi tracce, spesso antiche e tuttora vigorose, di lingue “altre” magari anche di invasori come nel caso delle parole longobarde (VI-IX sec.d.C.  o meglio c.e. = corrente era) che tuttora affiorano nei dialetti veronesi.
“Dialetti” non é un refuso: dotti linguisti veronesi riconoscono almeno un “veronese” “di città”, uno “di montagna” (magari con varianti significative da est ad ovest, con i relitti linguistici “cimbri”, cioé degli immigrati altobavaresi medievali), uno “di pianura” (distinguendo poi le variegate aree di influsso trentino, mantovano e vicentino).
Il tutto da comprendere però nello scenario storico-evolutivo che ha plasmato ogni dialetto parola che (merita ricordarlo) deriva dal francese dialecte, a sua volta dal greco diàlektos, in cui “dia” sottolinea la valenza di separazione linguistica.
Magari ricordandoci che come nella parola dialogo … bisogna essere in due per farlo e che tutti i dialetti sono in continua, inarrestabile evoluzione!
Ad esempio, già nel XIV secolo Dante Alighieri indicava che l’originarietà (e l’esclusività) della lingua sarda era in realtà basata sul latino degli invasori romani di molti secoli prima (4)

Quindi l’etnicismo “ad escludendum” (5) non é dialogo ma monologo ottuso ed egoistico.
E finisce per allevare razzismi culturali per sfruttarne la forza, farsene capi per ricavarne e sfruttarne privilegi personali, riproducendo così difetti e vizi delle “caste” che dicono di voler combattere.

Note:

1) http://it.wikipedia.org/wiki/Venetismo
2) http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Padanismo 

3) http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Venetismo&action=edit&section=3>

4) http://it.wikipedia.org/wiki/Lingua_sarda

  1. http://it.wikipedia.org/wiki/Conventio_ad_excludendum)

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

  • Nun ce pozzo creder…il venetismo…me sa tanto de Dracula….sara’ che son donatore di sangue….ehehehehe

  • Io spero che questa riflessione continui.
    Al di là di chiusure, razzismi e ridicolaggini, intorno al nodo dialetti-lingue si aggrovigliano molte importanti questioni, in testa la voglia (e la difficoltà) di capirsi
    … ovviamente pure nello stesso Paese e persino fra diversi quartieri della stessa città. Spesso nei miei corsi spiego che MORTACCI TUA è (o era…. manco da Roma da molto tempo) una espressione amicale, affettuosa nei quartieri delle periferie romane ma una sanguinosa offesa in tutto il Lazio; in Romagna quando si incontra un amico che da tempo non si vede è tipico rivolgersi (traduco in italiano: non so scriverlo in romagnolo) “ti pigliasse un cancro” eccetera. In un altro contesto augurare il cancro a qualcuna/ non è proprio, con ogni evidenza, una gentilezza.
    Insomma e’ un gran bel gioco comunicare ma è anche un giochino difficile: le parole offendono, salvanop, negano, rivelano….
    db
    PS: non ricordo più quale grande linguista interpellato sulle differenze fra lingua e dialetto rispose: “la lingua è un dialetto che può contare su un esercito forte”

Rispondi a Marco Pacifici Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *