«Veni, vidi…» e votai

Le urne del 25 settembre: interventi di Franco Astengo e Raul Mordenti. A seguire due link sulle truffe del Rosatellum.

TANTO PER CERCARE DI CHIARIRE

di Franco Astengo

In vista delle elezioni del 25 settembre:

1) L’allarme lanciato da tempo al riguardo della formula elettorale non era frutto dell’ipercriticismo di alcuni appassionati cultori della materia, fra i quali si colloca anche chi era già riuscito a far dichiarare incostituzionali due formule precedentemente varate da qualche “sapientone” ufficiale. La questione vera, al di là delle liste bloccate, è quella della esagerata distorsione contenuta nel meccanismo di traduzione dei voti in seggi, grazie all’impossibilità di voto disgiunto fra parte uninominale e parte proporzionale, quindi del pratico annullamento nel rapporto direttore elettore/eletto tipico del collegio uninominale;

2) Il particolare aspetto esposto nel punto 1 avrebbe richiesto un di più sul piano della capacità coalizionale: capacità che non sta nel Dna del PD nato con le stimmate della “vocazione maggioritaria” e della riduzione del sistema a bipartitico (si veda Veltroni 2008 e adesso Letta nel tentativo di ridurre lo scontro elettorale al derby PD/FdI). Il PD ha storicamente trascurato la necessaria articolazione del sistema e adesso si trova con una ridottissima area di fiancheggiamento (più o meno del valore del 6-7% quindi nulla rispetto alla parte maggioritaria). Inoltre i deboli alleati del PD si sono mossi soprattutto al riguardo della conservazione del proprio apparato (salvo 1 o 2 candidature rispetto al quadro complessivo);

3) Sotto l’aspetto di quanto riportato al punto 2 prima il PDS poi il PD hanno commesso errori strategici proprio sul delicatissimo terreno costituzionale. Due tra le modifiche più importanti della nostra Carta Fondamentale realizzate negli ultimi 20 anni erano, infatti, state elaborate per inseguire potenziali alleati: la modifica del titolo V al riguardo della Lega, la riduzione del numero dei parlamentari in riferimento al M5S. Entrambi questi soggetti sono adesso fuori da un contesto elettorale favorevole al PD; va ricordato che la Lega è sempre stata decisiva per la vittoria del centro-sinistra, come accadde nel 1996 quando lo “sfilamento” da Berlusconi e la parallela “desistenza” del PRC furono all’origine della vittoria dell’Ulivo che fu ottenuta dal punto di vista tecnico e non certo politico, come dimostrato dalle vicende successive;

4) Nel frattempo si è favorita la crescita dall’astensione (ad esempio con la tessera elettorale in luogo della distribuzione dei certificati e con la riduzione delle sezioni) cullando l’illusione dell’allineamento ai sistemi delle grandi democrazie occidentali senza vederne la crisi e senza riflettere sulla trasformazione del nostro sistema politico in coincidenza con il mutamento di natura e di ruolo dei partiti. Sicuramente alla crescita dell’astensione hanno contribuito altri e più importanti fattori: in ogni caso adesso ci troviamo, anche nell’occasione di elezioni legislative generali, alla soglia del 40% di non voto: più o meno la somma dei due partiti più forti che rischiano di valere ciascheduno più o meno il 15% dell’elettorato, se non di meno, ed è questo un fattore centrale di indebolimento del sistema;

5) La riduzione del numero dei parlamentari e la già citata distorsione voti/seggi potrebbero portare la situazione al limite di una coalizione come quella di centro-destra ben oltre la maggioranza assoluta, più o meno sul limite del 63-64% dei seggi stando alle cifre fornite dai sondaggi (nei collegi uninominali il centro-destra intorno ai 112 seggi, centro-sinistra a 31, M5S a 3, centristi a zero). Se si verificherà questa ipotesi la futura XIX legislatura potrebbe essere caratterizzata da un processo di “sfarinamento” parlamentare: una maggioranza così netta potrebbe infatti funzionare da polo d’attrazione per parlamentari eletti da altre parti (centristi e M5S in particolare) nel quadro del classico “trasformismo” italiano sino a formare una coalizione dominante misurata nei pressi della fatidica frazione dei 2/3.

  1. In queste condizioni l’unica ancora di salvezza per il centro-sinistra (e forse per la democrazia italiana) sarebbe rappresentata da un recupero dell’astensione tale da ridurre il fenomeno almeno sotto il livello di guardia del 25%. Non pare che esistano le condizioni di base per una operazione del genere: gran parte dell’elettorato democratico e progressista (vedi esito del referendum del 2016) è stato trascurato in nome della conservazione delle prerogative dell’«autonomia del politico» e muoversi in questa direzione ha sempre storicamente favorito la destra.

    Ancora sul voto utile (fare la cosa giusta)

di Raul Mordenti

Bisogna essere grati all’intelligenza di Donatella Di Cesare che con il suo intervento (su «Il fatto quotidiano» del 13 agosto) fa compiere un salto di qualità allo stanco e banale dibattito elettorale.

Ogni ragionamento deve partire dal fatto che numericamente la destra ha già vinto, ma questo accade a causa della legge elettorale maggioritaria “Rosatellum” (con la proporzionale, Meloni avrebbe forse il suo 20% e non andrebbe da nessuna parte). Il 46% della destra vs il 31% del campo largo (mica tanto) del geniale Letta comporta la sicura vittoria numerica della destra nei collegi maggioritari, come non si stancano di ripeterci tutti i tg con le desolanti cartine d’Italia tutte blu e azzurro scuro (molto scuro). Sappiamo chi dobbiamo ringraziare per questo: anzitutto l’onorevole Rosato, eroe eponimo del Rosatellum (al tempo del PD) e i partiti che, per fregare il M5S, votarono la sua orrenda legge elettorale (tutta la destra assieme al PD). Poi un grazie anche a PD, M5S e LEU che – pur avendo i numeri in Parlamento – non hanno voluto cambiare quella legge elettorale (erano distratti? se ne erano dimenticati?). Infine un ringraziamento a Letta che ha rifiutato l’alleanza col M5S, per essere poi abbandonato sull’altare, con il suo bel velo bianco ancora in testa, dal fedifrago Calenda, subito dopo aver pronunciato il suo Sì nuziale. Ma anche un sentito grazie a Sinistra Italiana, Verdi e M5S che hanno respinto la proposta di un polo unitario avanzata da Unione Popolare, un progetto a cui comunque si dovrà lavorare dopo le elezioni.

Ora dunque le cose stanno come stanno e la vittoria numerica della destra si trasformerà in vittoria politica dando vita dopo le elezioni a un ennesimo Governo delle banche e della NATO, benedetto da Mattarella, con l’agenda Draghi in mano, magari condito da qualche Cottarelli di fiducia di Confindustria.

Questo fatto (la sicura vittoria numerica della destra) ha alcune conseguenze che rendono invece la partita politica ancora del tutto aperta. Nessuno si arrenda : «Aquì no se rinde nadie!».

Anzitutto: evidentemente non ha più alcun senso l’appello del PD alla sinistra perché, turandosi il naso, gli dia ancora un voto cosiddetto utile “sennòvienelameloni“. Non saremo certo noi poveri untorelli di sinistra a trasformare il 31% in 46%.

Ma soprattutto occorre guardare al voto come una tappa per ciò che verrà dopo. Si tratta di ricostruire una sinistra che sia espressione del conflitto sociale e del rifiuto della guerra cioè – come scrive Di Cesare – «una nuova formazione in grado di dar voce alla necessaria sinistra del XXI secolo». È il vero scopo politico di questo voto.

Allora la domanda da porsi è la seguente: per realizzare questo scopo serve di più mandare in Parlamento qualche parlamentare del PD oppure garantire la presenza di un gruppo di vera e sicura opposizione come Unione Popolare? Detta ancora più brutalmente: è meglio assicurare un seggio a qualche Casini o a qualche Minniti in più oppure eleggere qualcuno come l’ex ambasciatore Enrico Calamai, candidato di Unione Popolare? Direi che per raggiungere il vero scopo che oggi abbiamo di fronte nessun voto è più inutile di quello dato al PD o ai suoi cespugli, e nessun voto è stato mai tanto utile, e necessario, quanto un voto dato a Unione Popolare.

La mancanza in Parlamento di una vera opposizione di sinistra (fondata sulla difesa intransigente della pace, del lavoro, dell’ambiente, della Costituzione) rappresenterebbe una grave minaccia per la stessa democrazia, perché una tale mancanza legittimerebbe quel micidiale “so’ tutti uguali!” che le masse hanno sperimentato negli anni di Governo del «Partito Unico Articolato» obbediente a NATO, Confindustria e banche, provocando livelli terribili di astensionismo. Si rafforzerebbe la dittatura che già c’è, un nuovo fascismo, magari senza bisogno di orbace né di fiamma tricolore.

Unione Popolare è cosciente di essere solo un inizio, cioè un processo unitario aperto a tutti e a tutte. Per fare solo un esempio: del tutto aperto ai/lle compagni/e di Sinistra Italiana che rifiutano l’intruppamento nelle fila di Letta e dell’agenda Draghi e che hanno criticato la mancata consultazione della base (prevista dallo Statuto di SI). Nel segreto della cabina elettorale la vostra coscienza di compagni/e vi vede, Letta no: aiutate dunque Unione Popolare a superare lo sbarramento!

L’impegno straordinario di tante e tanti è riuscita nell’impresa “impossibile” di raccogliere 60.000 firme in agosto.

Adesso si tratta di superare la feroce censura dei media, la totale mancanza di soldi, lo sbarramento e di mandare in Parlamento un gruppo pacifista, eco-socialista, femminista, contro il fascismo, le mafie e le masso-mafie.

Ci sono momenti in cui la cosa giusta è anche quella più difficile da fare.

 

DUE LINK INTERESSANTI

Interessante l’analisi di Antonio Floridia

Perché l’astensione favorisce il cappotto della destra

 

Qui le perversioni del Rosatellum:

www.kulturjam.it/politica-e-attualita/per-chi-non-avesse-capito-il-rosatellum  (tu pensi di votare Soumahoro ma voti anche Cottarelli)

Le vignette sono state scelte dalla “bottega”: la prima è di Altan, le altre due del “nostro” Giuliano Spagnul.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

3 commenti

  • Gian Marco Martignoni

    Seguo il filo del ragionamento lineare di Raul Mordenti, ma non credo che per tante ragioni, che prima o poi andranno analizzate e discusse seriamente, dopo le elezioni si determineranno le condizioni per la formazione di un polo a sinistra. Dopo la caporetto di Rifondazione Comunista, sulla quale Mordenti ci potrebbe raccontare autorevolmente il suo punto di vista, e la divisione Vendola e Ferrero siamo andati di male in peggio. Ho già su questo blog sostenuto la tesi che dopo il successo dell’Altra Europa per Tsipras nel 2014 non si è lavorato seriamente per la rifondazione di un polo di sinistra.Tra l’altro Il manifesto, inutilmente, lanciò un dibattito estivo sul che fare nel 2015 Ma non è sortito nulla, per cui – stante l’andata a casa di chi si ostinava a militare- non vedo perchè dovrebbe essere imboccata nel 2022 quella strada che un ceto politico autoreferenziale non vuole assolutamente percorrere da molto tempo. Ognuno conosce la sua provincia, ed io essendo a Varese, dove Unione Popolare sabato e domenica scorsa si è impegnata regionalmente per raggiungere la soglia delle firme necessarie alla presentazione della lista, ho ben presente lo stato comatoso di R.C e Sinistra Italiana.Stendiamo un velo pietoso. Poichè provengo dal gruppo de Il manifesto, a quel tempo c’era una elaborazione teorica. Oggi parlare di elaborazione teorica è quasi una bestemmia. Ma come è noto senza una teoria non si va da alcuna parte, ed in Unione Popolare , ad essere sincero, intravedo solo l’ennesimo cartello elettorale.

  • Gian Marco Martignoni, allora tu cosa proponi di votare?

  • Gian Marco Martignoni

    Nel 2018 votai Leu, e ne spiegai le ragioni su questo blog. pur consapevole, stante che in provincia di Varese ho fatto e faccio politica e sindacato dal 1974, che superare il quorum del 3 % era grasso che colava. Nelle assemblee provinciali erano presenti , dissi in una serata molto accesa, solo la generazione del ’68 e quella successiva ( la mia ).Pochissimi i giovani ( di Possibile sostanzialmente), il che è tutto dire. Nel 2014 come Lavoro e società in Cgil ci siamo spesi pancia a terra per affermare la riuscita della lista L’Altra Europa per Tsipras, e li ho verificato chi ci credeva e chi no anche per il rilancio di una prospettiva di classe. A queste elezioni da comunista che a suo tempo votò per Ingroia ed è abbonato a Su la Testa ( la rivista teorica di Rifondazione Comunista ) sono costretto, per non gettare all’otiche il mio voto, a sostenere la lista di Fratoianni e Bonelli, pur nella consapevolezza che Sinistra Italiana come partito è in piena dissoluzione .Sui Verdi confesso di non avere alcuna cognizione, poichè non mi imbatto in un verde o in una verde dagli inizi degli anni ’90, quando una valorosa compagna lettrice de Il manifesto li rappresentava dignitosamente nel comune di Varese. Infine, per la cronaca oggi su Il manifesto in penultima c’è un ottimo articolo di Daniele Vicari, che condivido sia sul piano filosofico che su quello della lotta che ci aspetta prossimamente, al di là dei Fratoianni , Bonelli e il resto del ceto politico votato alla sua perpetua ( ? ) autoriproduzione.

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