Michael Collins: via Tevere 16, Roma

di Gianluca Cicinelli

“Com’è difficile parlare della luna! È così scema la luna. Dev’essere proprio il culo quello che ci fa sempre vedere”.  –  Samuel Beckett

Avrebbe poco da fare lo splendido il trapezista che attraversa l’aria, se non ci fosse il suo compagno, agganciato con le gambe al manubrio, che lo lancia con le sue braccia forti verso l’infinito e lo riprende al volo quando torna indietro. L’essere umano appartiene alla Terra ma la terra non appartiene agli esseri umani e, grazie a quel trapezio da dove ha lanciato Neil e Buzz, così possiamo dire adesso anche per la Luna. Il pubblico applaude soltanto chi vola libero nello spazio, senza curarsi del lanciatore saggio e così è stato per Michael, il primo romano nello spazio, che di applausi ne ha presi molto meno.

I poeti hanno scritto infiniti versi sull’infinito, spesso annoiandoci con voli pindarici di maniera, mentre per lui l’infinito con tutte le sue speranze e angosce è stata una presenza materiale e ha volato con il corpo oltre lo spirito. “La cosa che ricordo di più è l’immagine della Terra vista da lontano, piccola, molto luminosa, blu e bianca. Splendente, bella, serena e fragile”. Come fragile e senza paura di aver paura è stato Michael Collins, in quelle lunghe ore completamente solo, senza sapere se i due trapezisti sarebbero tornati indietro. La Terra scompariva e riappariva ad ogni giro mentre guidava una navicella con un computer molto meno tecnologico di un Nokia 3310.

“Solo le persone distruggono la bellezza” disse tornato dalla Luna. Ha aspettato cinquant’anni da quel viaggio con la Columbia, per dire che era convinto dell’esistenza della vita al di fuori della terra. Lo fece su Twitter, nel 2019, rispondendo con un semplice sì alle domande dei suoi ammiratori. Non volle aggiungere altro. Il primo giugno prossimo il governo statunitense renderà noto un rapporto in cui ammette l’esistenza inspiegabile di oggetti volanti non identificati, ma Michael li aveva già visti e adesso è andato ad avvertirli, gli alieni, che il loro segreto sta per essere svelato, di scappare dalla follia umana; per questo se ne è andato un mese prima, per salvare il mistero di quell’infinito che è stato anche la sua casa.

“Alcune cose della società moderna mi irritano, come l’adulazione delle celebrità e l’esagerazione dell’eroismo”. Detto da uno che alla terza orbita intorno alla luna, 48 minuti per ognuna, nella condizione dell’uomo più solo nell’universo per 21 ore, apprese poco prima di passare sul lato oscuro del satellite terrestre – dove le comunicazioni con Cape Canaveral non funzionavano – che il liquido di raffreddamento si stava congelando. Rimase freddo e lucido l’antieroe, agì diversamente da come consigliato da Terra, passò dal sistema automatico a quello manuale e ritornò all’automatico. Mentre alla Nasa si preparavano al peggio, la voce di Michael comunicò, appena tornato sul lato visibile, che era tutto risolto, anzi la permanenza sul lato oscuro era stata “rilassante”.

A Michè, ma che ne vonno sapè della Luna questi che fanno danni parcheggiando pure con la Tesla, che c’hanno come eroi quei quattro burini del Grande Fratello che petano in salotto? Gli astronauti non hanno nazionalità, sono l’antidoto più sano al sovranismo: Gagarin e Collins dallo spazio vedono la Terra nello stesso modo, sono certi che chi potesse avere lo stesso sguardo capirebbe l’assurdità delle guerre. “Se tutti potessero vedere la Terra fluttuare appena fuori dalle loro finestre, ogni giorno sarebbe la Giornata della Terra”, è stata una delle sue ultime frasi pochi giorni prima del ritorno definitivo nello spazio.

Non era ricco Michael Collins – da via Tevere 16 a Roma (*) – e forse fu per questo che potè passare per la cruna dell’ago rappresentata dall’aggancio al volo con il Lem di ritorno dalla Luna con Neil e Buzz. Provaci tu a centrare un buco in movimento a trecentomila chilometri dalla terra nel vuoto assoluto. E non sopportava la disciplina: che avrebbe lasciato la Nasa se fosse tornato vivo dalla missione Apollo 11 lo disse prima di salire a bordo non dopo. “Forse l’attenzione sul tempo che ho trascorso da solo, dietro alla Luna, è un ingenuo tentativo da parte della gente di costruire qualcosa di più drammatico attorno a questa missione. Per me era piuttosto ordinaria: non fu cosa da tutti i giorni, d’accordo, ma neanche così dell’altro mondo”. Così ha scritto nelle sue memorie di quel viaggio, magari con un po’ di snobismo, forse come ripicca a quella scelta che non sarebbe stato lui a toccare il suolo lunare.

Nelle interviste al ritorno Collins sottolineò che mentre era dalla parte della Luna che permetteva le comunicazioni con Houston non sopportava tutto quel parlare, consigli ormai inutili a fini pratici; spiegò di aver apprezzato sopra ogni altra cosa il silenzio a cui erano costretti i tecnici della Nasa mentre lui orbitava sul lato oscuro della Luna. Una persona straordinaria che non voleva esserlo. Armstrong e Aldrin in fondo hanno visto, ci hanno camminato, soltanto una piccola fetta di Luna mentre Collins l’ha conosciuta meglio di loro, l’ha vista tutta girandoci intorno per trenta volte almeno. E a differenza nostra, che possiamo soltanto guardarla, mi piace immaginare Michael Collins che esce in terrazza con la vestaglia addosso e la saluta. E non prova stupore quando lei lo risaluta.
(*) Michael Collins, nato a Roma in via Tevere 16, il 31 ottobre 1930.

Simili sono le stirpi degli uomini a stirpi di foglie.
Le foglie, queste a terra le spargono i venti, e la selva
altre ne germina, e torna di nuovo a fiorir primavera:
cosí le stirpi umane, spunta una, quell’altra appassisce.
(Iliade, libro VI)

Consiglio di ascolto per la lettura: Jethro Tull, For Michael Collins, Jeffrey and Me

Consiglio di lettura per l’ascolto: La Terra vista dalla Luna: cosa…

ciuoti

5 commenti

  • Robert Sawyer scrisse un bel racconto ispirato proprio a lui: Mickeys.
    L’avevo letto diversi anni fa e ancora me lo ricordo. Mi sa che è arrivato il momento di rileggerlo.

  • a proposito dei legami fra Roma e Collins (e anche degli altri membri della missione Apollo 11), vorrei segnalare il racconto “L’uomo lunare”, finalista al Trofeo RiLL nel 2011 e poi incluso nell’antologia “L’ostinato silenzio delle stelle”, dedicata da RiLL ai racconti di Massimiliano Malerba. “L’uomo lunare” è un affettuoso omaggio in chiave romana (e fantastica, ovviamente) all’equipaggio di quella missione; il racconto (oltre che nel suddetto libro/ e-book) si può leggere qui: https://www.rill.it/malerba_uomolunare.pdf

  • sempre a proposito della missione Apollo 11, segnalo (su suggerimento del padrone di casa DB) un articolo scritto da Massimiliano Malerba (che oltre che scrivere fantascienza è un ingegnere aerospaziale e appassionato di astronomia/ astronautica) sul cinquantennale dello sbarco sulla Luna: https://www.rill.it/node/926

  • Gianluca, questo post è un piccolo capolavoro.

    Ho sempre apprezzato la capacità di Collins di essere quello che faceva il lavoro sporco, senza essere una star, e pilotando la navicella che sarebbe servita per il ritorno a casa. Perché in fondo “è uno sporco lavoro ma qualcuno lo deve pur fare”. Forse il più timido dei 3, ma forse anche il più altruista per il ruolo a lui assegnatogli dalla NASA.

    Altri tempi. E forse un’altra luna.

  • Questo post è davvero un piccolo capolavoro, grazie anche dei consigli. In particolare ho apprezzato quello di Clelia. Robert Sawyer è uno dei grandi autori del nostro tempo.

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