Metal Hurlant 6 – Ville morte

Ville morte: non significa case di lusso senza vita. La traduzione letterale dal francese è “città morta”, ed è una forma di sciopero. Nella sua accezione politica è usato dagli africani francofoni come forma di protesta e lotta per la democratizzazione dei loro paesi. Attraverso la ville morte, la popolazione dolorante reclama ascolto e partecipazione alle problematiche della gente da parte del potere. Nel mese di maggio 1996 una ville morte ha paralizzato la capitale del Camerun, Douala (da Wikipedia).

Non ho mai partecipato ad una “ville morte” ma ne ho sentito i racconti dagli attori principali.

In Congo RD (capitale Kinshasa, per distinguerlo dalla Repubblica del Congo, capitale Brazaville), nel 2007 e, soprattutto, nel 2008, diverse volte si è proclamata la “ville morte”. La protesta verteva, all’Ovest, sulla sicurezza di tutto l’immenso paese che è il Congo. Si sono tenuti scioperi a raffica, che hanno paralizzato scuola, sanità e pubblica amministrazione, che hanno destabilizzato per breve periodo anche l’economia del settore più fiorente, quello minerario. Ma nell’Est del paese, nelle regioni più colpite dalla guerra e dall’insicurezza sociale, le manifestazioni sono spesso state gestite dalle donne. Le donne hanno coraggiosamente manifestato per richiedere alla Monuc (il contingente dei caschi blu dell’ONU di stanza nel paese, oggi denominato Monusco) la sospensione della guerra e provvedimenti per far fronte alla crisi sociale ed economica che attanagliava le famiglie. Il 1° ottobre 2008 una giornata “città morta” è stata osservata nella città di Goma, nel Nord-Kivu. Tutte le attività commerciali sono state paralizzate sin dal mattino. Le scuole, anche quelle private, non hanno aperto le porte e circolavano pochissime auto.

Ma lo sciopero più significativo, quello che ha scioccato e provocato le città, è stato la ville morte vissuta dalle donne. In Africa l’economia informale, i mercatini alimentari, la raccolta dell’acqua per casa, i piccoli scambi che permettono un minimo di sussistenza della famiglia in situazione precaria, la raccolta nell’orto familiare, è gestita al 90% dalle donne. Immaginate una giornata di sciopero delle donne, in cui nessuna va al mercato, scambia merce, cucina… I testimoni oculari hanno raccontato di una città davvero morta, mercati e fontane deserte, negozi sprangati, nessuna donna per le strade, ma anche nessuna donna che accudisse gli uomini di casa (ovviamente le cure materne non sono mancate per i bambini). E’ stata una forma nonviolenta particolarmente significativa e creativa di sciopero, che potrebbe ancora coinvolgere tutte le donne, anche in Europa, in Italia, se lo volessimo, indipendentemente dal ceto sociale e dal lavoro svolto in senso classico; tocca direttamente anche i signori mariti. Allora non hanno fermato la guerra, non hanno potuto protrarre la ville morte a lungo, ha vinto la propensione materna, ma è stata una lezione di civiltà e, per gli uomini, di educazione ai valori femminili.

Donata Frigerio

Donata Frigerio

3 commenti

  • VI SCONGIURO DANIELE , CLELIA NON RIESCO A CONDIVIDERE ,SONO ANNI CHE PARLO DI QUESTO E NON MI COMPRENDONO,SE LO AVESSI SULLA MIA PAGINA POTREI FARLO GIRARE TRA I MIEI”AMICI” E COMPAGNI…GRAZIE Marco

  • Fatto, Marco.
    Grazie per la tua presenza assidua,grazie.

    clelia

  • Che bel post, Donata, quella che ci hai raccontato è una lezione per noi, donne europee. Per noi che abbiamo tutto (e davvero, in confronto a quelle donne, a noi non manca nulla) e ancora, o non più, non ci decidiamo a mostrare la forza e la determinazione femminile.
    Il mio pensiero vola in ammirazione per quanto hai di loro raccontato, speranzosa in una crescita mia e di tutti.

    Grazie.
    clelia

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