Vincent Spasaro: Assedio

Un pizzico di Poe, uno spruzzo di Lovecraft, due gocce di Brussolo ma il resto è Spasaro originale. Ed eccellente.

Non dovrei parlare di «Assedio» per due motivi (che poi spiego) ma mi pare un romanzo così originale e ben scritto che non posso bucarlo.

I due motivi per i quali dovrei tacere.

1 – Vincenzo è un amico, addirittura mi cita nei “ringraziamenti” finali;

2 – di solito non leggo la collana «Segretissimo» (faccio bene o male? Si apra il dibattito).

 

Ma questo Segretissimo l’ho comprato (a proposito, è in edicola tutto giugno: 236 pagine per 4,20 euri) mi è piaciuto molto e mi par giusto dirlo. Anche perchè Vincenzo (su «Segretissimo» ribattezzato Vincent) è stato tre volte consecutive finalista al premio Urania e una volta al Solaria ma… pubblicazioni zero. Io ho avuto il piacere di leggere, una decina di anni fa, i suoi primi scritti e secondo me erano migliori di molti libri pubblicati da Urania e da Fanucci. Mi fa molto piacere che finalmente approdi al pubblico: per tutti e due (Vincent e il pubblico).

Questo suo «Assedio» non è spionistico né solo fantastico, costeggia fantascienza e horrorma senza compromettersi; neppure è un puro dark thriller come giura la quarta di copertina: qualunque cosa sia il libro, non ho dubbi sul mestiere (o l’arte) di Spasaro, è un costruttore di incubi. Ne conosco pochi (beh i due-tre soliti noti più Serge Brussolo) che sappiano rendere credibili robette tipo: che una certa notte tutto diventi possibile; che il tempo frani; che ogni passo sia un altro universo; che i morti resuscitino; che qualcuno voglia ammazzare Dio.

Già ogni guerra è un incubo; la dissoluzione della Jugoslavia e il lungo assedio di Sarajevo sono stati incubi peggiori del solito ma ora Spasaro racconta i Balcani come un concentrato di misteri e infamie, di demoni ed esp (percezioni extra sensoriali), di donne macellate e di auto usate per crocifiggere.

Il libro inizia a meno 3 – cioè con un conto alla rovescia, «prima che sia notte» – e sino a pagina 27 tutto cambia così velocemente da far impazzire non solo Stefan Weiss, il protagonista, ma anche chi legge.

Verso pagina 27 per un attimo si rallenta ma è solo una breve illusione. Non ricordo più quale famoso giallista scriveva nelle sue memorie, con sublime ironia, che quando si trovava in difficoltà con la trama faceva entrare in scena uno sconosciuto con la pistola. Spasaro non si accontenta di pistolettate: pentacoli, morti di 50 anni fa che vanno a zonzo nell’oggi, protagonisti che incontrano se stessi e pensano che la scelta migliore sia …. eliminarli (o eliminarsi? Boh); anzi no, contrordine: dio è un vecchio cieco di metallo e in certi luoghi non si muore pure se ti ammazzano.

Resta poi quel problemino iniziale di una stanza che ingoia le persone.

Una spiegazione si affaccia intorno a pagina 160: sarà quella buona?

Finale all’altezza del resto cioè originalissimo e molto bello.

Difetti? Sinceramente non saprei trovarne.

Invece dissento (ma qui siamo alle visioni politiche) dalla pesantezza con la quale Spasaro attacca – molto alla Adriano Sofri, per intendersi – il pacifismo «peloso»: confondendo (a mio avviso) i pretesti e l’ipocrisia dei potenti governi e delle organizzazioni sovranazionali con l’impegno sincero e generoso delle piccole organizzazioni nonviolente. Se poi si buttano lì frasette contro chi lucra sui massacri a Sarajevo mi pare assai superficiale dimenticare un eterogeneo quartetto di speculatori e avvoltoi: la politica estera del Vaticano, i buoni affari della Germania, le fabbriche d’armi (Italia compresa) e il governo croato.

Ma questa è solo una mia (molto) diversa valutazione della rete che ha avvolto il dramma di Sarajevo. Nulla toglie al piacere di leggere «Assedio».

Dubito che la collana «Segretissimo» sia mediamente a questa altezza ma per curiosità controllerò.

Aspettando – con sincera ansia – il «costruttore d’incubi» al suo prossimo libro.

Ah, ma si apre il dibattito.

Bene.

Domanda maligna a Barbieri da un tipo in quarta fila (con valigia nera, bombetta e ombrello): «ma se un amico o un’amica scrive una roba brutta hai il coraggio di dirlo?»

«Rispondo volentieri signor con valigia, bombetta e ombrello. Se devo dire (peggio scrivere) ad amiche-amici che i loro scritti sono scarsi o persino immondi…. forse in pubblico (o in blog) mi manca il coraggio. Non amo mentire però, dunque in quel caso taccio. E se non ci sono altre domande vi ringrazio tutte/i per la partecipazione e invece di salutarci ascoltiamo insieme (in rete?) un brano di John Coltrane, A love supreme. Ma c’entra qualcosa con Spasaro? Non penso ma mi informerò. Ci vediamo qui martedì, puntuali».

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

4 commenti

  • Non vorrei sbagliare, ma credo che il giallista fosse Hammett, per il resto, condivido Daniele in pieno. Ora aspettiamo altre produzioni di Vince, che ne ha parecchie nel cappello da mago…

  • Cavolo, Dan, paragonarmi a Brussolo….
    Anche se il paragone è del tutto immeritato, grazie e di nuovo grazie.
    Uau.
    Vince

  • Venerdì scorso su Saturno (settimanale di libri, arti, scienze, piuttosto interessante) che esce come supplemento a “Il fatto quotidiano” leggo che Mauro Novellit giudica i “Segretissimo” scritti da italiani molto scarsi rispetto (se capisco bene) al modello Gerard de Villiers. L’unica volta che lessi sto Gerard mi piacque zero ma se il discorso si allarga ai libri spionistici e magari giallo-noir (come Novelli fa intendere) non mi pare che gli italiani non ci regalino storie interessanti. Per di più questo articolo esce, per sciagurata coincidenza, proprio mentre Segrettisimo pubblica il gran bel romanzo di Spasaro che qui sopra segnalo. (db)

  • Francesco Masala

    cavolo!

    l’ho letto solo adesso, davvero un bel libro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *