Vittorio Catani: «Deserto azzurro»
un racconto dalle parti della “fine del mondo”
Il meglio del blog-bottega /172…. andando a ritroso nel tempo (*)
Adalberto tirò su la cerniera del giubbotto da neve e sbirciò nella luce opaca oltre la finestra. Sulla vetrata si formavano gelide iridescenze. – Il tg parla di nuovo peggioramento – disse.
– In questo momento non nevica – rispose Cinzia guardandolo con intensità. Le parole erano sbuffi di vapore. – Adalberto, ti scongiuro, non vorrei che…
– Non preoccuparti, tesoro, cosa vuoi che debba accadere. Tieni acceso il cellulare. – Andò a sfiorare il termosifone: era nuovamente spento. – Ora ghiaccerà l’acqua nelle tubazioni, accidenti! – sbottò. – Massimo un paio di ore, e sono di ritorno. – Le diede un bacio veloce e uscì.
Fuori, Bari era forme dimenticate appena intuibili sotto un alto strato di neve solida. Persone e cose sembravano scolpite nel cristallo. In fondo alla via nuvoloni neri in arrivo da Ovest non presagivano nulla di buono.
– Ciao – disse qualcuno dietro di lui. – Io Malik. Signore, da questa parte.
– Salve – rispose Adalberto aggrottato, fissando l’uomo.
L’uomo si incamminò.
A un isolato di distanza era parcheggiata di traverso una piccola auto elettrica. – Entra, signore.
Presero posto. La vettura si avviò, lenta. Le strade erano state spazzate e la neve ammucchiata verso i marciapiedi era alta più di un metro e mezzo. Il termometro sul cruscotto segnava meno 17.
– Più caldo stamattina, signore – disse allegro Malik. Accese il minischermo.
Fuori, il traffico appariva limitato. Ai lati, cumuli più elevati di biancore tradivano la presenza delle autovetture a carburante tradizionale. Sepolte da mesi. – Dov’è esattamente? – chiese Adalberto.
– Noi andiamo a via per paese. Bitritto – disse Malik laconico.
Ora l’auto procedeva più spedita. Qualche fiocco isolato di neve turbinò sul parabrezza. Quasi all’improvviso, adesso il termometro segnava meno 19.
– Ok, Bitritto. E il nome di questo tizio, qual è?
– Io sapere solo dove, e nome: Salvatore.
Adalberto scoppiò suo malgrado a ridere. – Salvatore? Quanta presunzione. – Malik non replicò. – Ehi… ma che fanno, là?
L’auto costeggiava i giardini del centro. C’era un grosso albero abbattuto. Un gruppo di persone picchiava con accette alla base di un’altra grossa quercia; poliziotti in un’auto con la luce blu intermittente sorvegliavano immobili.
– Legna buona per calore – osservò Malik. – Ma non trova più gas e accendini!
Adalberto ebbe un moto di stizza, subito represso. La musica di sottofondo dal minischermo s’interruppe, lo speaker disse con faccia e toni da discoteca: – Hallo, gente! Sintonizzatevi su VideoBari-SOS, l’emittente hot! Riscaldate i vostri pensieri con Caminetto, il vostro programma mattutino di successo! Qui è l’amico Gatto delle Nevi che vi parla: sono le 8 e 33 del 26 maggio 2023 e la giornata si annuncia davvero movimentata per tutti noi. Continuano gli arrivi in massa. Dopo l’annuncio del Ministro degli Interni, ventiquattro elicotteri Sikorski speciali, attrezzati anche per le tempeste di neve, stamani atterreranno direttamente sul piazzale della stazione. Tenetevi sintonizzati! Tutte le notizie minuto per minuto dal vostro Gatto…
Improvvisamente da una via laterale sbucò una colonna di piccoli pullman elettrici. Malik ebbe una frenata brusca: – Già arrivati! – annunciò, mostrando grossi denti di neve nel viso scuro.
Adalberto li vide, e li riconobbe: facce chiare, lentiggini, capelli biondi. Da dove, oggi: Norvegia, Finlandia? La processione di automezzi era interminabile. Tutti quelli, in soltanto 24 Sikorski? La carovana si arrestò, e Adalberto scorse dietro un finestrino un viso di donna. Lei lo fissava intensamente, quasi interrogativamente. Gli parve un volto d’una perfezione incredibile. Un sorriso vagamente ambiguo, poi sfilò via con la carovana nuovamente in moto.
– Fortunati! – esclamò Malik. – Loro arrivati qui da paesi baltici e scandinavi ora invivibili. Morti! Migliaia! Forse milioni? Chi sa bene. – Agitò le mani. Si voltò verso Adalberto, puntandogli un dito, serissimo, quasi duro: – Tu fortunato!
L’auto riprese a muoversi. Le vie ora apparivano sgombre, e in pochi minuti raggiunsero la periferia. Adalberto inforcò gli occhiali scuri, il candore diveniva abbacinante. La città era un unico riverbero insostenibile che non consentiva più di riconoscere luoghi familiari da una vita. Vie anonime e disuguali, molte anche sbarrate. Fondo stradale innevato e discontinuo, come una mulattiera. Muraglie, muraglie bianche. Finestre spente per risparmiare energia; energia agli sgoccioli. Beni primari in forse.
– E ora il vostro Gatto delle Nevi vi mostra il grafico delle previsioni meteo e vi parla dei problemi della nostra agricoltura. L’imprevisto prolungarsi dell’inverno, un inverno così rigido, il mancato avvicendarsi delle stagioni…
Malik abbassò il volume. – Inutile parlare tanto di stesse cose! Ormai avere capito tutti. Anche quest’anno niente primavera, e non ci sarà estate. Forse autunno…
Adalberto disse con voce rauca: – Io avrò la mia primavera. Quanto manca?
– Oh… ecco, strada per Bitritto. Poco, signore. Io porto te in… quarto d’ora. Guarda: termometro a meno 21! Tempo si guasta. Io torna subito, ora! – Ebbe una risatina nervosa.
– E… Salvatore – lo disse come uno sputo – abita a Bitritto?
– Oh, no! Parecchio prima. Io ti lascia su viottolo. A riaccompagnarti, non so, provvede lui, troppo pericolo per me. – Bloccò la vettura. – Tu dà mia parte ora. – Tese la mano.
Adalberto pagò la cifra pattuita, senza fiatare. Malik contò, poi mise in tasca.
Ripresero a muoversi.
Incrociarono alcune pattuglie di polizia. – Visto? Loro intuisce di queste cose. Troppo, troppo pericolo! – Malik accelerò, superando tre lenti spazzaneve all’opera.
Ci volle un’altra diecina di minuti e poi fuori periferia, sulla statale, fermarono dinanziavanti a due colonne di tufo che un tempo dovevano aver sorretto una cancellata. Al di là sarebbe dovuta apparire la campagna aperta, ma non c’era che neve, e un viottolo appena delimitato. – Addio, signore. Buona fortuna!
Adalberto scese, guardandosi intorno, un po’ perplesso. Il mondo era candido e deserto. Oltrepassò le due colonne di tufo e si avviò.
Non era facile procedere. Doveva esserci una costruzione, in fondo, ma nel bagliore era impossibile stabilirlo. I fiocchi, finora sporadici, parevano infittirsi. – Pronto? – disse nel cellulare. Ascoltò scariche e nient’altro. Un cielo simile oscurava perfino il satellite. Impossibile raggiungere Cinzia, rassicurarla, dirle che era quasi arrivato a destinazione e tra poco avrebbe finito. Si avviò con più lena. Mise la mano nel taschino interno, accertandosi che l’anticipo per Salvatore fosse sempre lì.
Intorno, a stento si delineavano gli alberi, dai chiaroscuri della neve sui rami. Tutto stava stranamente assumendo riflessi celesti o bluastri, un fenomeno insolito che aveva interessato i meteorologi. Per fortuna c’era la traccia del sentiero. Possibile che la casa di Salvatore fosse fuori dal mondo? Sedette su un rialzo, leggermente affannato. Chiuse gli occhi.
Di colpo qualcosa lo scosse rudemente. Si ritrovò per terra: doveva essersi addormentato! Col rischio di morire assiderato, ma era scivolato giù di peso. Il freddo era certo salito: meno 25, meno 30? Temette di non farcela. Aveva sentito dire che dal nord erano calati alcuni orsi. Salvatore… accidenti a lui e al giorno che gli avevano offerto di traghettarlo clandestinamente con Cinzia sulle tiepide coste africane! Già, ora anche la Libia aveva chiuso le frontiere marittime e aeree, e il Ministero italiano intendeva evitare incidenti diplomatici. Ma meglio essere presi a pedate da arabi e marocchini piuttosto che finire assiderati in Italia.
Si fermò: il viottolo pareva svanito, e lui era una macchia scura al centro di una landa accecante, virante sull’azzurro. Cielo (ma dov’era il cielo?) azzurro, suolo azzurro. Anche i fiocchi di neve. Ansimò muovendosi incerto, affondando ai polpacci. Era come se cielo terra e mare fossero diventati tutt’uno lì, davanti a lui. A che temperatura il Mediterraneo avrebbe formato la banchisa invalicabile? C’era anche questo rischio. I fiocchi scendevano inesausti, quasi che un immenso setaccio lasciasse cadere farina bluastra.
La neve aveva brillii intermittenti come scintille infinitesimali, forse un fenomeno elettrico. Adalberto avanzò incerto verso quel mare immenso, scrutando l’orizzonte.
La neve scintillò ancora: invitante, consenziente, connivente.
(*) Anche quest’anno la “bottega” recupera alcuni vecchi post che a rileggerli, anni dopo, sono sembrati interessanti. Il motivo? Un po’ perché 14mila articoli (avete letto bene: 14 mila) sono taaaaaaaaaaanti e si rischia di perdere la memoria dei più vecchi. E un po’ perché nel pieno dell’estate qualche collaborazione si liquefà: viva&viva il diritto alle vacanze che dovrebbe essere per tutte/i. Vecchi post dunque; recuperati con l’unico criterio di partire dalla coda ma valutando quali possono essere più attuali o spiazzanti. Il “meglio” è sempre soggettivo ma l’idea è soprattutto di ritrovare semi, ponti, pensieri perduti… in qualche caso accompagnati dalla bella scrittura, dall’inchiesta ben fatta, dalla riflessione intelligente: con le firme più varie, stili assai differenti e quel misto di serietà e ironia, di rabbia e speranza che – speriamo – caratterizza questa blottega, cioè blog-bottega. [db]
LE IMMAGINI – scelte dalla “bottega” – sono di Jacek Yerka.