Vivere è un enigma (e se lo dice la Susy…)

I topi non avevano nipoti. Ditelo a chi abitualmente legge «La settimana enigmistica» e sorriderà se conosce la “chiave” o si metterà a cercarla; tutti gli altri guarderanno se c’è la Stradale in giro con il palloncino per misurare il tasso etilico.
Cosa c’è di interessante in quei “topi senza nipoti” lo saprete alla fine di questo articolo dedicato agli 80 anni della rivista. Già che ci siamo ecco un quesito sardo-centrico. Avete presente la parola «aiuole»? E’ una delle poche che contiene le 5 vocali. Se avete 10 minuti per giocare trovatene in sardo; soluzione in coda.
«La settimana enigmistica» uscì il 23 gennaio 1932. Fu inventata da un nobile di origini sarde, Giorgio Sisini di Sorso (figlio del fondatore del Rotary Club di Sardegna) che la plasmerà e guiderà sino alla morte, nel 1972. Non solo parole crociate – inventate da Arthur Wynne nel 1913 – come qualcuno pensa.
Un successo ininterrotto, rare e prudenti novità grafiche (poco colore) o di contenuti (il Sudoku dal 2005), niente pubblicità. In questa continuità rare le date memorabili. Una interruzione (due mesi e mezzo) solo nel 1945. Il primo errore, un banale refuso, solo dopo 68 anni: per la precisione nel numero 4088 del 31 luglio 2010. I nomi più famosi della rivista sono Giancarlo Brighenti e Piero Bartezzaghi (padre dell’oggi famosissimo Stefano). Ma restano i sospetti di persone illustri celate dietro pseudonimi.

Se siete in quella fascia di persone che sdegna i giochi è assai complicato spiegarvi le sezioni della rivista: oltre alle parole crociate normali e senza schema, trovate anagrammi, sciarade, la Sfinge, il Bersaglio (imparentato con tanti quiz televisivi), la Susy,  «Aguzzate la vista», rebus, «Vero o falso?», quesiti polizieschi, problemi di scacchi, dama e bridge eccetera con il contorno di barzellette. «La settimana enigmistica» si può permettere la presunzione di scrivere, senza timore di smentite, queste due frasette sotto la testata:  «La rivista che vanta innumerevoli tentativi di imitazione» (nei numeri pari) e «La rivista di enigmistica prima per fondazione e diffusione» (nei dispari).
Le vendite si aggirano sulle 800mila copie con picchi sopra il milione. Chi la legge? Manca un identikit però sappiamo che non è una rivista di élite: a seconda dei vari livelli di passione (e forse di scolarità) ogni persona trova i suoi giochi; a esempio per esercitare la memoria,  per  rilassarsi o invece farsi stimolare fino a incaponirsi e attendere – per 7 giorni – la soluzione.
Tornando a «I topi non avevano nipoti»: è una frase palindroma cioè che si può leggere anche da destra verso sinistra. E parole sarde come «aiuole», cioè con le 5 vocali, sono certamente abbetiosu (petulante), arreionu (discorso) e arresignolu (usignolo) ma anche qualche nome proprio: Decimomannu a esempio o Molentargius. Nel suo «Dizionario dei giochi con le parole» e nella successiva «Enciclopedia dei giochi» Giampaolo Dossena suggerì infinite varianti di questo gioco. L’idea di schedare tutti gli abitanti sardi che sono “aiuole” all’anagrafe o di scrivere un racconto senza una delle 5 vocali ci portano però ben oltre la gloriosa «Settimana enigmistica» su un versante dove il gioco si confonde con la pazzia mentre l’eterna reinvenzione delle parole diventa spionaggio, crittografia o arte.

UNA NOTA QUIZ-ZATA
Questo mio articolo (o sviolinata?) è uscito ieri – parola più, parola meno –  sul quotidiano «L’unione sarda». Se avessi avuto 200 battute in più (anzi:195) avrei concluso così:
Qualcuno ha affermato che «Il gioco, passando di sorte in sorte, è la ricerca degli infiniti possibili». Ma, visto che siamo in tema, «Chi lo ha detto?». Inviate le vostre risposte al più presto.
Volete rispondere voi che nuotate in codesto blog? Pubblicherò il nome del vincitore o vincitrice (cioè la prima risposta esatta) in blog a rovescio… fra 7 giorni. Non ho assolutamente idea di come metterlo sottosopra ma confido che qualcuna/o mi illuminerà (un banale pdf? Il nome fotografato in uno specchio? Istruzioni per rovesciare il blog?). Ah, fra tutte/i coloro che invieranno risposte esatte, ne verranno sorteggiate/i  19: garantisco loro una zuppa di ceci in omaggio; però devono consumarla qui a Imola entro marzo.

Parlando più sul  serio – per poooooochi secondi – ci tengo a dire che ho coltivato e approfondito la passione per i giochi grazie alla fraterna guida di Riccardo Mancini: se avesse avuto modo e tempo per dedicarcisi Riccardo sarebbe stato un grande “giocologo”: ma è stato una gran persona e questo è ovviamente assai più importante. (db)

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

  • La citazione, temo, è monca d’un inciso. La battaglia, dunque, è resa leggermente inesatta. 😉

    Il baffone (non quello, l’altro) non ne farà una tragedia greca.

  • Beh, c’entrano la battaglia, la tragedia greca, i baffi e un libro pubblicato, se non mi sbaglio, da Gallimard.

    L’analogia con Groucho è conturbante…

  • l’intrigo si infittisce (mai che il fitto s’intrighisca)
    a questo punto getto la spugna… naturalmente sbagliando perchè questo modo di dire è stato chiaramente inventato da chi non sa come funziona la boxe
    si attendono sviluppi
    (anche questa frase è insensata in effetti)
    chi risolverà tutti questi enigmi?

  • …ma…nun c’è l’ascensore? perchè noi dovemo sempre abita’ nelle case popolari(a parte che il 36° piano ancora lo devono progetta’…) che nun ce so’ nemmanco le scale?

  • o gente pigra che pascolate per il blog: mica crederete che io vi riveli un segreto senza che voi vi affanniate? piuttosto lo dico in un orecchio a gvdr (“ippogrifo”)
    Vi dò tempo sino a lunedì per convincermi che ci tenete
    db
    PS: oh Marco, se conosci (come dici) un po’ di buona fantascienza avrai notato che il 36° piano era una citazione. Ma c’è anche una poesia di Alberto Masala dove a ogni piano (20, 30, 36….) ci sono i poeti morti a quell’età. E’ bellissima e sono tentato di metterla in blog un sabato ma, come tutti i testi di Al-Ma, è molto meglio ascoltarla. Ora magari gli chiedo se ha una registrazione o un video.

  • Maddai Dibbi prof…anche se sto all’ultimo mezzo neurone…ho la collezione di Urania dal 1965… e cmq nelle case popolari ancora(per fortuna soprattutto in Abruzzo…) non sono ancora arrivati neanche al decimo piano… leggo che scrivi di Riccardo Mancini al passato…se ne è andato a galoppare nelle verdi praterie di Manitu?

    • Marco caro, sì: Rik è a galoppare, giocare a boccette, ridere …in un quartiere qui accanto. Così mi piace credere. Ne ho scritto (qui in blog: “In ricordo di Riccardo Mancini” datato 10 gennaio 2008) e ne scrivo al passato ma anche al presente perchè a volte mi manca e altre volte invece è proprio qui a un passo che mi fuma Camel sul collo e dice: “spicciati che ci facciamo un tressette”. (db)

  • secondo me, vista la tua sicurezza nel citare (e visto anche lo stile), potrebbe averla detta proprio Philip Dick… (ma è una deduzione alla Poe)…
    oppure, come risposta di riserva, Kurt Vonnegut (noto ghost writer e quindi spazioso distillatore di immagini mentali a 360° di ampiezza letteraria).
    —-
    se invece per la mia poesia ti riferisci al dialogo con Majakovskij, bene: ne ho anche un filmato… e puoi farne quello che vuoi… te ne mando il link?

    a questo proposito, riguardo alla proprietà letteraria (e non solo in sardo), pratico un convinto copyleft, e ti ricordo che ho da sempre affermato che:

    “Non dimentico mai di provenire da una società che si è mantenuta attraverso la tradizione orale. Quando scrivo in sardo e i testi vengono cantati fra la gente, so già di affidarli a un meccanismo spersonalizzante in cui ogni interprete ha il diritto di adattare il testo alla propria espressività anche cambiandone le parole. La perdita del nome dell’autore è il passaggio successivo. Inevitabile. La gente canterà, ma solo pochi sapranno chi ha scritto. Se ne perderà la proprietà e se ne conserverà una memoria funzionale. In questo caso l’opera è uno strumento. Somiglia molto ad una pianta da innestare, un frutto da cogliere e mangiare, o lasciar marcire, o farne marmellata. Trovo tutto ciò meraviglioso. ”

    abbracci

    • caro Edgar Philip Masala,
      grazie per l’ipotesi (ti piacetrà la mia risposta…. lunredì) e per il filmato. Sì mandami l’innesto e lo trapianto (volevo dire: lo posto in blog) il prossimo sabato. Anche io trovo tutto ciò meraviglioso (db)

  • Caro Prof DIBBI, io sono su internet solo dal marzo 2010 per fortuna… Mi ricordo di un amico romano (mi pare dell’alberone) con un figlio grande autonomo punk che era molto legato a te,stavate sempre insieme quando eri a Roma…è lui Riccardo? Un abbraccio, e come dice anzi canta Fabrizio…meglio esserci lasciati che non esserci mai incontrati…

  • Abbiamo giocato solamente in tre (grazie) ma è stato un bel gioco.
    Chi vi ha detto che io sapevo la soluzione?
    Semplicemente qualche anno fa leggendo un bel giallo (“La città del matto”, che poi sarebbe Imola, diFasanotti-Rivolta, edito da Hobby & Work) a pagina 95 ho trovato questa frase: “Il gioco, passando di sorte in sorte, è la ricerca degli infiniti possibili. Chi l’aveva detto?”.
    Fine della (ec)-citazione.
    Restiamo nel dubbio o continuiamo le indagini?
    (db)

  • Che le indagini continuino, perdincibacco!

    La frase, in una traduzione leggermente diversa è stata detta anche dal succitato Bataille nel succitato “Sur Nietzsche”.

    Che pensare dunque: colta citazione di Fasanotti-Rivolta? Rubescheria? Caso (che di sorte in sorte…)?

    Bello bello.

    • Di nuovo ringrazio (in ordine alfabetico) Alberto, Bataille e l’ippogrifo, Marco che hanno giocato con me. Per gli altri e le altre che han preferito cose più serie (?) mi lascio andare a un «collera- collera» (i bambini dei miei tempi lo facevano con il pollice a spingere in fuori i denti centrali). Mentre staniamo Fasanotti-Rivolta o recuperiamo il perduto “lscgdot” – libro segreto citazioni giuste di ogni tempo – potremmo assegnare a Bataille il ruolo di guida provvisoria. Passiamo alla domanda successiva: esiste una data certa o almeno plausibile per l’invenzione della “caccia al tesoro”? Non so a Bataille e a voi però a me questo problema mi turba quasi tutti i giovedì dispari degli anni bisestili con la terza e quarta cifra a scalare, tipo 23 (o 87). Fra pochi giorni inoltre devo prepare una caccia al tesoro e ci terrei a sapere se c’è un nonno (o una nonna) da ringraziare.
      db

      • mi replico da solo. A proposito di “caccia al tesoro”, per ora non ho trovato padri, madri e/o antenati. In compenso su wikipedia ci sono i nipoti, anzi i tecno-nipoti. Incollo
        “Con la diffusione degli apparati di localizzazione personale basati su GPS ha incrementato la propria popolarità una caccia al tesoro ibrida basata in parte su internet ed in parte sul territorio, detto Geocaching: in un sito web apposito vengono pubblicate longitudine e latitudine di un tesoro (generalmente una scatola contenente semplici gadget), nascosto da qualche utente del sito stesso, che deve essere trovato da altri utenti solo tramite le coordinate fornite.
        È interessante anche l’idea di LOG607 che ha sviluppato la piattaforma di gioco whaiwhai’ dove chiunque (turista, residente, azienda, gruppo) e in qualunque momento può giocare una caccia al tesoro in particolari città (Venezia, Roma, Firenze, Verona, Milano) nelle quali al giocatore-viaggiatore viene lasciata la libertà di definire il momento in cui avviare la partita, la durata, il livello di difficoltà degli enigmi e la modalità di gioco (può giocare da solo o in sfida con altri), per conoscere le città cogliendone gli aspetti meno usuali e più autentici. Gli enigmi in queste città hanno a che fare con gli aspetti più originali delle città stesse.
        Un’altra realtà è stata sviluppata dall’associazione di promozione sociale The day communication e si tratta di cacce al tesoro estreme, per centinaia di persone e dal contenuto emotivo particolarmente adrenalinico (per esempio, quella che avviene ogni anno a Vicenza la notte di Halloween).
        Uno degli ultimi progetti di advergame su internet è Caccia al Tesoro on-line, realizzato da NET’Nmedi@ di Palermo: i concorrenti, iscritti gratuitamente, devono cercare i quiz nascosti all’interno di ricostruzioni fotografiche a 360°. Realizzato all’interno di attività commerciali di Palermo, è adattato a concorsi liberi, aperti a tutti i residenti sul territorio nazionale, e a diverse tematiche quali turismo e arte.
        Di recente, di importazione dai Paesi Bassi, è possibile giocare anche in Italia ad una innovativa formula, basata sempre sul gps, a squadre o in piccoli gruppi a “Caccia al ladro” o a “Caccia al tesoro” (Codecrackers)sia per scoprire lati nascosti delle città italiane, sia per attività di team building. Proprio con la finalità turistica e di promozione del territorio, il Comune di Monza ha organizzato un gpsgames [4] per le vie del centro storico, personalizzando la “storia” e gli indizi e dare modo di conoscere parte della tradizione e della storia monzese. I gpsgames sono la nuova frontiera dell’uso dei dispositivi gps, che servono sia come localizzatori che come vere e proprie armi per sconfiggere i team avversari e creare trappole per il ladro”.
        Mi riprometto di offrire anche io qualcosa di nuovo, anzi d’antico; anzi “nè col passato nè col futuro e neppre con il presente”. Vedremo se ce la fo. (db)

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