Voci dallo Yemen
di Federica Pistono
Lo Yemen, l’antica Arabia Felix, terra di profumi e incensi, spezie e stoffe pregiate, patria della regina di Saba e culla della stirpe di Qahtan, ha da sempre occupato un posto di rilievo nell’immaginario dei viaggiatori europei. Prima della guerra che ha sconvolto il paese, il visitatore restava muto, abbagliato dallo splendore architettonico delle città yemenite, dei palazzi dalle facciate decorate da fregi, dei minareti, delle case a torre, delle moschee. Eppuure, la narrativa dello Yemen è una delle meno tradotte del mondo arabo. La storia della letteratura yemenita è ovviamente legata a quella del paese, rimasto per lunghi periodi isolato dall’Europa e dal resto del mondo arabo e oggi devastato da un conflitto sviluppatosi nell’indifferenza e nel silenzio mediatico.
Pochissimi sono i romanzi di autrici e autori yemeniti giunti in traduzione italiana. Fra questi, figurano i testi di Wajdi al-Ahdal, Ali Al-Muqri, Arwa Othman, Bader Ahmed. Eppure, la narrativa yemenita avrebbe molto da raccontare. Fra i temi affrontati, prevalgono quelli a sfondo sociale, come la condizione femminile e giovanile, il matrimonio precoce e combinato, la denuncia della miseria e dell’arretratezza sociale, le opprimenti regole di vita che spingono, a volte, i giovani, verso scelte politiche e religiose radicali, e, ultimamente, la guerra.
Wajdi al Ahdal (1973), romanziere e autore teatrale, ha pubblicato raccolte di racconti e romanzi incentrati su tematiche sociali, ma inseriti in un contesto per lo più fantastico e surreale. In italiano, troviamo il suo romanzo Un asino in mezzo ai suoni (Poiesis, 2010, trad. F. De Angelis), un’opera che, da un lato, denuncia la condizione della donna yemenita, dall’altro punta il dito contro l’alleanza e la connivenza dei tre poteri che dominano la società locale: autorità religiosa, politica e maschilista.
Le tematiche della condizione femminile e della discriminazione razziale attraversano tutte le opere di Ali al-Muqri (1966), scrittore apprezzato non solo nel mondo arabo, ma anche in Occidente, recentemente nominato Cavaliere dell’ordine delle arti di Francia. Il suo primo romanzo, Sapore nero, odore nero, 2008, narra la vicenda di una giovane coppia che, costretta a fuggire dal proprio villaggio per evitare la lapidazione della ragazza, trova rifugio in una comunità emarginata di origine africana, quella degli Aḫdām. Il romanzo tocca, dunque, il problema della discriminazione razziale, religiosa e sociale. Anche il secondo romanzo dello scrittore, Il bell’Ebreo (Piemme, 2012, trad. M. Avino), ruota intorno al tema delle disparità. La storia, ambientata nel XVII secolo, è quella dell’amore impossibile tra Fatima, musulmana, colta e figlia di un mufti, e Salem, ebreo, analfabeta e figlio di un artigiano. Il matrimonio dei due giovani è considerato inconcepibile tanto dalla comunità islamica quanto da quella ebraica. L’unica soluzione è la fuga dal villaggio e il trasferimento in una città lontana. Ispirato alla storia politica e sociale del principale porto yemenita è L’incenso di Aden, 2014, romanzo ambientato durante l’occupazione britannica della città, nota per la sua tolleranza religiosa e multietnicità. Nell’opera, l’autore racconta il viaggio di un soldato francese che, giunto ad Aden durante la seconda guerra mondiale, decide di imparare la lingua araba e di introdursi nella vita politica yemenita. Ben presto, però, esplode un conflitto che trasforma la città, da paradiso cosmopolita in un luogo di miseria umana. Il tema della discriminazione torna nel romanzo Donna proibita (Atmosphere libri, 2021, trad. F. Pistono), il cui titolo arabo è Ḥurmah, letteralmente “santità”. Il termine rimanda al concetto di una donna che deve essere difesa, protetta dal disonore tramite un tutore di sesso maschile. Il termine implica lo stato di soggezione della donna, la sua mancanza di libero arbitrio. La donna yemenita è “proibita”, nel senso che qualunque contatto con lei è considerato peccaminoso. Si tratta, dunque, di un romanzo sociologico e psicologico imperniato sul tema della condizione femminile e della discriminazione di genere nella società yemenita. Il romanzo mostra un ampio spaccato di tale società, di cui ripercorre anche la storia recente, toccando tematiche come quelle della frustrazione sessuale e della partecipazione dei giovani al jihad. Il lettore è trasportato in un mondo al tempo stesso arcaico e moderno, fatto di donne che reclamano i loro diritti ma anche di terrorismo e di paura, di voglia di progresso da un lato e di repressione dall’altro. L’ultima opera dell’autore, Il paese del comandante, 2019, inedito in italiano, è ambientato in un paese arabo immaginario dominato da un tiranno, ed è dunque una satira dei regimi autocratici mediorientali.
Le problematiche del paese sono raffigurate in un’atmosfera pervasa di magia nei racconti di Arwa Othman (1965), scrittrice e intellettuale impegnata nella divulgazione della cultura popolare yemenita, la cui produzione letteraria si caratterizza per un’avvincente e originale rivisitazione del patrimonio di miti e leggende locali. La sua opera si presenta come un’antologia di racconti ispirati agli schemi della cultura popolare, ma costituisce, in realtà, un raffinato esempio di satira politico-sociale. Questa caratteristica rende i testi di Arwa Othman unici nell’ampio panorama letterario del suo paese. La raccolta di fiabe yemenite Leggende e foglioline di henné, (MR Editori, trad. F. Pistono), è l’unica opera della scrittrice tradotta in una lingua europea. In queste fiabe, motivi tratti dal patrimonio favolistico arabo si fondono con elementi tipici della moderna short story. Il paesaggio yemenita, con i suoi wadi, le sue grotte selvagge, il deserto e i pozzi, risulta subito riconoscibile al lettore. Con dovizia di particolari sono descritte anche le città dello Yemen, soprattutto la capitale Sanaʿa con la sua straordinaria architettura e i suoi vicoli tenebrosi, in cui è sempre possibile l’incontro con una creatura del mondo soprannaturale. I personaggi si muovono in un’atmosfera imbevuta di incantesimi e sortilegi, popolata di oggetti stregati e animali parlanti, in un universo denso di mistero al confine tra la superstizione, la religione e la magia, in cui si riflette l’immaginario popolare arabo. La rielaborazione del ricco complesso favolistico yemenita si trasforma così in strumento di analisi politica e sociale, di critica al sistema patriarcale dominante e alla condizione delle donne, troppo spesso vittime della società maschilista e della loro stessa docilità.
I temi della ricerca dell’identità e della scoperta del sé, ma anche la cruda descrizione della guerra che ha straziato il paese, si affacciano nella narrativa di Bader Ahmad (1978) un giornalista e scrittore che ha al suo attivo un romanzo pubblicato in italiano, Tra due porte (Poiesis, 2019, trad. F. Pistono) e altri romanzi, inediti in italiano, fra i quali Cinque giornate inenarrabili, 2021. Tra due porte racconta la storia di un prigioniero che ha perduto la memoria. Attraverso l’espediente dell’amnesia, il protagonista inizia un viaggio introspettivo nei meandri della propria mente e nelle ombre di un passato oscuro. Il lettore comprende ben presto che la scomparsa dei ricordi non è altro che il risultato di un profondo trauma psicologico, talmente insopportabile da dover essere rimosso. Con abilità, l’autore porta avanti la narrazione attraverso la tecnica dei “lampi di memoria”, che illuminano alcuni brandelli del passato del personaggio, lasciando in ombra tutto il resto. Trovandosi tra due porte chiuse, quella del passato scivolato nell’oblio e quella del futuro imperscrutabile, il protagonista si trova stretto tra due necessità: ricordare la propria identità e la propria storia ma anche sopravvivere in una situazione disumana, fatta di prigionia, tenebre, stenti, torture, mancanza di informazioni sul passato e sul futuro. Il tentativo di ricostruire il passato è anche un tentativo di evadere dall’oscurità e dall’angoscia della cella per risolvere un enigma insolubile. L’ultimo romanzo di Bader Ahmed, Cinque giornate inenarrabili, dipinge un quadro impietoso del conflitto che ha sconvolto lo Yemen negli ultimi anni. Descrivendo gli orrori e l’insensatezza della guerra, l’autore riflette su come il passato, collettivo e individuale, finisca per riverberarsi ineluttabilmente sul presente di un popolo, come su quello di un individuo. Il protagonista Ziad, costretto ad arruolarsi, mal addestrato e mal equipaggiato, desidera ardentemente tornare a casa, alla sua vita semplice di artigiano. Mentre le bombe piovono sullo Yemen, nella totale indifferenza del mondo, Ziad attua un piano apparentemente folle.
La narrativa yemenita, dunque, spazia attraverso tematiche molteplici e originali, e merita sicuramente l’attenzione del lettore italiano.
https://www.anbamed.it/2022/05/31/finestra-sulle-rive-arabe-01/