Wittgenstein, vagabondo del linguaggio

di Fabrizio Melodia

Buon compleanno al filosofo del linguaggio Ludwig Wittgenstein, croce e delizia per chi ha l’occasione di incrociarsi o scontrarsi con il suo pensiero assai anti-convenzionale.
Nacque a Vienna il 26 aprile 1889. Carattere assai introverso fin dagli inizi, peggiorato per il suicidio di ben tre dei suoi fratelli quando ancora aveva i calzoncini corti. Molti aneddoti riferiscono che il futuro filosofo non avrebbe proferito parola se non verso i cinque anni d’età… semplicemente perchè non aveva niente da dire.
Figlio di ricchi industriali, fu avviato a seguire le orme paterne e nel 1908 si iscrisse a ingegneria aeronautica, ma la sua vera passione erano le scienze matematiche e la logica proposizionale.
Iniziò studiando a Manchester ma conobbe il matematico e filosofo Gottlob Frege che gli consigliò con veemenza di trasferirsi a Cambridge, cosa che fece nel 1911, sotto la sapiente ala protettrice del filosofo e matematico Bertrand Russell, una sorta di padre putativo per il giovane,che aveva tutta l’intenzione di approfondire i suoi studi sulla matematica e la logica. Della filosofia, almeno in quel periodo, non s’interessava minimamente.
Oltre che con Russell, strinse un forte legame di amicizia con il filosofo britannico George Edward Moore, uno tra i fautori della nuova filosofia analitica, figura controversa soprattutto per il suo tentativo di dimostrazione della realtà esterna e per il concetto di fallacia naturalistica (quando ad esempio si tenta di definire cosa sia il bene, un atto pressochè impossibile sia dal punto di vista naturalistico che metafisico).
Preso fra mille stimoli e altrettanti riflessioni, Wittgenstein si sentì pervaso da un bisogno irrefrenabile di appartarsi, scegliendo la fredda e buia Norvegia come fortezza della solitudine. Moore andò a trovarlo spesso, avendo paura che il giovane Ludwig cadesse in depressione per la mancanza di luce e per l’isolamento.
All’inizio della Prima Guerra Mondiale, il cuore patriottico di Wittgenstein s’infiammò e si arruolò nell’esercito austroungarico. Durante il periodo bellico, continuò nelle sue ricerche, anche quando fu fatto prigioniero in Italia, delineando quella che sarebbe stata la sua prima opera cardine, quel «Tractatus Logico-philosophicus» che avrebbe rivoluzionato il concetto stesso di pensare in modo filosofico.
Quell’opera, a causa della brevità e della forma in cui venne scritta, non trovò facilmente un editore: infatti venne pubblicata, nel 1921, in tedesco per la rivista specializzata «Annalen der Naturphilosophie» di Wilhelm Ostwald e ci volle nientemeno che un’introduzione scritta da Bertrand Russell affinchè divenisse appetibile per gli editori inglesi. La pubblicazione in Inghilterra avvenne infatti l’anno dopo: il titolo in latino fu messo su suggerimento dell’amico Moore, come strizzatina d’occhio all’opera «Tractatus logico-politicus» di Baruch Spinoza.
Lo stile di composizione del breve testo, meno di 70 pagine, è ispirato alla forma elaborata dal suo primo maestro Frege, un insieme di proposizioni numerate e sistemate in modo gerarchico, sette principali e una serie di commenti subordinati su più livelli.
Ecco le sette asserzioni fondamentali, con cui Wittgenstein, nelle sue intenzioni, avrebbe reso logiche e risolte tutte le problematiche del mondo:

1. Il mondo è tutto ciò che accade.
2. Ciò che accade, il fatto, è il sussistere di stati di cose.
3. L’immagine logica dei fatti è il pensiero.
4. Il pensiero è la proposizione munita di senso.
5. La proposizione è una funzione di verità delle proposizioni elementari.
6. La forma generale della funzione di verità è: [ p ¯ , ξ ¯ , N ( ξ ¯ ) ] . Questa è la forma generale della proposizione
. (NOTA 1)
7. Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.

Credendo di aver trovato la formula definitiva, Wittgenstein si ritirò a insegnare in una scuola elementare austriaca, ma qualcosa in lui non stava andando per il verso giusto.
Piombò in una forte depressione, rifiutò l’ eredità paterna, si mise a fare altri lavori come il giardiniere in un convento, progettò e s’adoperò per realizzare la casa, ancora visitabile a Vienna, per sua sorella.
Sembrò riprendersi solo nel 1929, quando tornò a frequentare i circoli culturali di Vienna, in cui ebbe una grande influenza. Wittgenstein alacremente scriveva molti appunti, che verranno poi raccolti nel «Quaderno marrone» e nel famoso «Libro blu», dove prenderà forma anche la riflessione sui giochi linguistici. In quegli appunti, rifletteva sul significato stesso della parola gioco: di come essa non avesse una accezione univoca e di come anche i giochi dei bambini non fossero mai del tutto slegati dalla realtà.
La visione del linguaggio come “specchio del mondo” venne definitivamente ribaltata da Wittgenstein, in quanto essa altro non è se non uno dei tanti giochi linguistici del linguaggio stesso: creare linguaggi significa creare nuove forme di vita, un’attività che i letterati conoscono assai bene. Ciò che in realtà è fondamentale è l’ uso che si fa del linguaggio: è privo di senso ogni tentativo di generalizzare prescindendo da questo.
Tornato ad insegnare a Cambridge, dopo aver preso la cittadinanza inglese, morì nel 1953, forse persino sereno, visto che le sue ultime parole furono «Dite a tutti che ho avuto una vita bellissima».

NOTA 1

I tre simboli alla proposizione 6 significano: tutte le proposizioni atomiche, qualsiasi insieme di proposizioni scelte, la negazione di tutte le proposizioni, cioè tutto ciò che è complesso può essere ricavato da ciò che è semplice.

Per approfondire:

– Luigi Perissinotto (a cura di), «Ludwig Wittgenstein. Lezioni di Filosofia 1930-1933 annotate e commentate da George E. Moore», Mimesis, Milano, 2009.
– Luigi Perissinotto, «Introduzione a Wittgenstein», il Mulino, Bologna, 2018.
– Pierre Hadot, «Wittgenstein e i limiti del linguaggio», Bollati Boringhieri, Torino, 2007.
– Alberto Voltolini, «Guida alla lettura delle Ricerche Filosofiche di Wittgenstein», Laterza, Roma-Bari, 1998.
– Diego Marconi, «Guida a Wittgenstein: dal “Tractatus” alle “Ricerche”, matematica, regole e linguaggio privato, psicologia, certezza, forme di vita», Laterza, Bari, 1997.
– Italo Valent, «Invito al pensiero di Wittgenstein», Mursia, Milano, 1989.
– Jacques Bouveresse, «Wittgenstein. Scienza, etica, estetica», Laterza, Roma-Bari, 1982.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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