Zip e il carrello magico – Philip Ridley
di franz (*)
solo un grande scrittore può scrivere un grande libro a partire da un carrello,
e anche magico, dei ragazzini che crescono senza troppe possibilità, una madre depressa all’ultimo stadio, (con i servizi sociali che la seguono perché potrebbero privarla della possibilità di seguire i figli), un grande centro commerciale e una guardia che deve proteggere la proprietà.
a una storia con questi elementi di partenza non daresti una possibilità, una storia per bambini, diresti, e finirebbe lì.
e invece è un romanzo avvincente, attuale, di quelli che gli sciocchi che fanno le perquisizioni nelle case dei sospetti, come in “1984”, sequestrerebbero e sarebbe un corpo di reato, avere un libro così a casa, travestito da libro per bambini.
Philip Ridley è un grande scrittore (oltre che regista di alcuni film straordinari), non privatevene.
(*) così si presenta franz (rigorosamente minuscolo): «Ah, i libri! Sono bottiglie lanciate in mare, come nei film di pirati, i migliori sono mappe del tesoro, solo bisogna saper leggere quello che qualcuno, che non ci conosceva, ci ha donato. Credo davvero che quanto più s’allarga la nostra conoscenza dei buoni libri tanto più si restringe la cerchia degli esseri umani la cui compagnia ci è gradita. Noi siamo come nani sulle spalle di giganti e la lettura di tutti i buoni libri è come una conversazione con gli uomini migliori dei secoli andati. Una cosa è necessaria: non leggete come fanno i bambini per divertirvi o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere. Risponde qualcuno alla domanda sugli scrittori del momento: “Non so niente della letteratura di oggi, da tempo gli scrittori miei contemporanei sono i greci”. I libri non si scrivono sotto i riflettori e in allegre brigate, ciascun libro è un’immagine di solitudine, un oggetto concreto che si può prendere, riporre, aprire e chiudere e le sue parole rappresentano molti mesi, se non anni, della solitudine di un uomo, sicché a ogni parola che leggiamo in un libro potremmo dire che siamo di fronte a una particella di quella solitudine. Un libro è uno specchio. Se ci si guarda una scimmia, quella che compare non è evidentemente l’immagine di un apostolo».