Ancora sul premio nobel per la pace (o per la guerra?)
ne scrivono Adolfo Pérez Esquivel, bortocal, Davide Malacaria, Franz Baraggino, Andrea Zhok
Lettera aperta di Adolfo Pérez Esquivel a Corina Machado
Da Nobel a Nobel
…Il governo venezuelano è una democrazia con le sue luci e le sue ombre. Hugo Chávez ha segnato il cammino della libertà e della sovranità del popolo e ha lottato per l’unità continentale, è stato un risveglio della Grande Patria. Gli Stati Uniti l’hanno attaccata in modo permanente: non possono permettere a nessun paese del continente di uscire dalla sua orbita e dalla sua dipendenza coloniale; continua a sostenere che l’America Latina è il suo “cortile di casa”. Il blocco di Cuba da parte degli Stati Uniti per più di 60 anni è un attacco alla libertà e ai diritti dei popoli. La resistenza del popolo cubano è un esempio di dignità e di forza.
Sono sorpreso di come ti aggrappi agli Stati Uniti: devi sapere che non hanno alleati, né amici, solo interessi. Le dittature imposte in America Latina sono state strumento dei loro interessi di dominio e hanno distrutto la vita e l’organizzazione sociale, culturale e politica dei popoli che lottano per la loro libertà e autodeterminazione. I popoli resistono e lottano per il diritto di essere liberi e sovrani e non una colonia degli Stati Uniti. Il governo di Nicolás Maduro vive sotto la minaccia degli Stati Uniti e del blocco, basta tenere a mente le forze navali nei Caraibi e il pericolo di invasione del vostro paese. Non avete detto una parola e non avete sostenuto l’ingerenza della grande potenza contro il Venezuela. Il popolo venezuelano è pronto ad affrontare la minaccia.
Corina, te lo chiedo. Perché ha chiesto agli Stati Uniti di invadere il Venezuela? Quando hai ricevuto l’annuncio di essere stato insignito del Premio Nobel per la Pace, lo ha dedicato a Trump. L’aggressore del vostro paese mente e accusa il Venezuela di essere un trafficante di droga, una menzogna simile a quella di George Bush, che accusava Saddam Hussein di avere “armi di distruzione di massa”. Pretesto per invadere l’Iraq, saccheggiarlo e causare migliaia di vittime, donne e bambini. Ero alla fine della guerra a Baghdad, nell’ospedale pediatrico, e ho potuto vedere le distruzioni e le morti di coloro che si proclamano i difensori della libertà. La peggiore delle violenze è la menzogna.
Non dimenticare Corina che Panama è stata invasa dagli Stati Uniti, che hanno causato morte e distruzione per catturare un ex alleato, il generale Noriega. L’invasione lasciò 1200 morti a Los Chorrillos. Oggi, gli Stati Uniti intendono impadronirsi nuovamente del Canale di Panama. È una lunga lista di interventi e sofferenze in America Latina e nel mondo da parte degli Stati Uniti. Le vene dell’America Latina sono ancora aperte, come diceva Eduardo Galeano. Mi preoccupa il fatto che non abbia dedicato il Premio Nobel al vostro popolo e che abbia dedicato il Nobel all’aggressore del Venezuela. Penso Corina che devi analizzare e sapere dove ti trovi, se sei un pezzo in più della colonizzazione degli Stati Uniti, soggetto ai suoi interessi di dominio, che non potrà mai essere per il bene del tuo popolo. Come oppositore del governo di Maduro, le sue posizioni e opzioni generano molta incertezza, ricorre al peggio quando chiede agli Stati Uniti di invadere il Venezuela.
L’importante è tenere presente che costruire la Pace richiede molta forza e coraggio per il bene del vostro popolo, che conosco e amo profondamente. Dove prima c’erano baracche sulle colline che sopravvivevano alla povertà e all’indigenza, oggi ci sono alloggi decenti, sanità, istruzione e cultura. La dignità del popolo non si compra né si vende. Corina, come dice il poeta: non c’è sentiero in un viandante, un sentiero si fa camminando. Ora avete la possibilità di lavorare per il vostro popolo e di costruire la Pace, non di provocare una violenza più grande, un male non si risolve con un altro male più grande. Avremo solo due mali e mai la soluzione del conflitto. Apri la tua mente e il tuo cuore al dialogo, per incontrare il tuo popolo, svuota il vaso della violenza e costruisci la pace e l’unità del tuo popolo affinché la luce della libertà e dell’uguaglianza possa entrare.
…L’11 maggio 2021, nel pieno del conflitto tra Israele e Hamas, la leader venezuelana scriveva sul proprio profilo Twitter: “Oggi, tutti noi che difendiamo i valori dell’Occidente siamo con lo Stato di Israele; un genuino alleato della libertà”…
se il premio nobel per la pace… – bortocal
se il premio nobel per la pace va ad una sconosciuta donna politica venezuelana, nota agli addetti ai lavori per avere invocato più volte un intervento armato straniero contro il governo populista di sinistra di Maduro, il messaggio per Trump, che lo voleva, è chiaro:
invada prima il Venezuela, e poi lo daranno anche a lui.
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forse vale la pena di smettere di parlare di questa buffonata del nobel per la pace:
e che diavolo, siamo pur sempre in tempi di guerra mondiale a pezzi, ?a chi volete che lo diano?
ovvio: a quelli di cui parlava Tacito quasi duemila anni fa: Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant; dove spianano tutto e fanno il deserto, lo chiamano pace.
così, giustamente, il premio per la pace va ai desertificatori; ed è già tanto che non l’abbiano dato a Netanyahu.
Con Machado il Nobel per la Pace – Davide Malacaria
Il Nobel per la pace non è stato assegnato a Trump, né era possibile nonostante tanti abbiano solleticato il suo narcisismo che l’aveva portato a pretenderlo, dal genocida Netanyahu (Timesofisrael), per la tregua a Gaza, passando a Zelensky, che si è detto pronto a sostenerne la candidatura se invierà i missili Tomahwak in Ucraina (Politico) – cioè se aumenterà le probabilità di una guerra nucleare.
Ma, in qualche modo, l’ha vinto per interposta persona dal momento che è stato assegnato a María Corina Machado, leader dell’opposizione venezuelana che in questo modo è stata incoronata reginetta del suo Paese. Pronta, cioè, a essere il volto nuovo del regime-change che l’amministrazione Trump intende realizzare a Caracas.
Così il Nobel per la pace è stato militarizzato per supportare una guerra che appare sempre più prossima. Da tempo, infatti, l’amministrazione Trump, sotto la spinta di Marco Rubio, sta accumulando forze contro il Venezuela, ufficialmente per contrastare il narcotraffico.
Alle prime navi da guerra se ne sono aggiunte progressivamente altre, tra cui un sommergibile, e ieri è arrivata una nave adibita alle operazioni speciali, mentre una squadriglia di F-35 è stata inviata in una base di Porto Rico.
Le forze statunitensi hanno già affondato alcune imbarcazioni venezuelane che sarebbero state usate per il narcotraffico, accusa non verificata e che non giustifica un crimine del genere, che peraltro è un atto di guerra.
Due giorni fa, poi, l’affondamento di un naviglio della Colombia, che dovrebbe essere fuori dal mirino degli Stati Uniti, ma che sembra esserci entrata a causa del sostegno accordato dal presidente Gustavo Petro al Venezuela (peraltro, la nave colombiana è stata affondata poco dopo la decisione di Petro di espellere la delegazione israeliana dal suo Paese in reazione al sequestro della Samud Flottilla, decisione che non è certo passata inosservata a Washington).
Di ieri, poi, l’indiscrezione che l’amministrazione Trump intenderebbe colpire target non più solo in mare, ma sul territorio venezuelano. Minacce che arrivano dopo quelle pregresse, tra cui quella esplicita di adire a un golpe contro Nicolás Maduro, e che seguono la decisione di interrompere i negoziati avviati con il Venezuela per ricomporre le tensioni in atto.
Curiosamente, il giorno precedente l’interruzione dei negoziati, Jorge Rodríguez, a capo dell’Assemblea nazionale venezuelana e della delegazione preposta alle trattative, aveva comunicato in una nota che “attraverso ‘tre diversi canali’, gli Stati Uniti erano stati avvertiti ‘di una grave minaccia’ da parte di gruppi di destra che si spacciavano per seguaci del presidente venezuelano Nicolás Maduro”.
Si trattava di un piano per compiere un attentato contro l’ambasciata Usa in Venezuela che, cessata l’attività diplomatica, ospita però personale addetto alla manutenzione e alla sicurezza dell’edificio. Sarebbe stata la scintilla per un attacco.
Se si sta alla tempistica, sembra che l’allarme pubblico del capo della delegazione venezuelana abbia irritato l’amministrazione Usa, che si è vista privare di un casus belli, la quale ha deciso di evitare ulteriori rapporti con la controparte.
Ora è arrivata, a fagiolo, la figura che ha il phisique du rôle per sostituire Maduro, baciata da un endorsement più che autorevole: il Nobel per la pace. La Machado ha così preso il posto di Juan Guaidò come figura immagine per promuovere il regime-change di Caracas, con il Nobel che gli conferisce la visibilità necessaria a diventare l’ancella del cambiamento.
L’unico Paese, oltre al suo, nel quale aveva certa notorietà prima di ieri erano gli Stati Uniti, tanto da partecipare agli incontri dell’Americas Society/Council of Americas (AS/COA), un centro di interessi fondato da David Rokefeller. In quella sede, nel giugno scorso, squadernava la meravigliose opportunità che offriva il suo Paese una volta rimosso Maduro e avviato “una cambiamento strutturale”.
Il Venezuela, non ha solo le riserve petrolifere “più ingenti del mondo”, ma “anche abbondanti risorse di ferro, oro e minerali” vari e sovrabbonda di “terre fertili non sviluppate”. Nel caso avesse termine l’attuale governo, aggiungeva, in “soli 100 giorni” tutto ciò sarebbe a disposizione degli “investitori esteri, che ne beneficeranno, sin dal primo giorno, avvalendosi di condizioni senza precedenti”… un piano che porterà a creare ricchezza per “1000 miliardi di dollari” in pochi anni, come da titolo del report dell’incontro al AS/COA.
Un piano di privatizzazione ultraliberista, al modo di quello applicato dai Chicago Boys nel Cile di Pinochet. In una nota pregressa spiegavamo che, come recitano documenti ufficiali Onu e Usa, la droga che arriva negli States non proviene dal Venezuela. L’interesse dell’amministrazione Trump per Caracas è tutt’altro. La Machado lo ha spiegato molto bene.
Appena vinto il Nobel, la Machado ha chiamato il suo alleato politico Edmundo González Urrutia, che a gennaio 2025 sfidò e perse le presidenziali contro Maduro, accusandolo poi di brogli che gli avrebbero tolto la vittoria.
Nell’occasione, Urrutia e la Machado ricevettero la telefonata del ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar, con genocidio palestinese in corso, che elogiava la loro asserita vittoria elettorale, con la Machado che si felicitò per il “sostegno del governo di Israele al popolo venezuelano”.
D’altronde i rapporti tra la Machado e Israele sono consolidati: nel 2020 siglò a nome del suo partito, Vente Venezuela, un’alleanza strategica col Likud mentre, in un’intervista successiva a una Tv israeliana, dichiarò che se avesse vinto le elezioni avrebbe spostato l’ambasciata venezuelana a Gerusalemme.
In quest’anno si poteva conferire il Nobel per la pace a qualcuno che si fosse distinto nel portare sollievo ai palestinesi. Si è scelto altro.
Nobel a Machado, perché la sinistra non festeggia? Dai rapporti con l’ultra destra europea a quelli con Trump e Netanyahu – Franz Baraggino
L’assegnazione del Premio Nobel per la Pace 2025 a Maria Corina Machado, leader dell’opposizione venezuelana all’autoritarismo del governo di Nicolas Maduro, sta causando molte polemiche, mentre le manifestazioni di giubilo sono soprattutto a destra. Descritta da alcuni come una “trumpiana“, i suoi detrattori la accusano di invocare l’uso della forza per ribaltare il governo venezuelano e di essere troppo vicina agli interessi della Casa Bianca. Ma anche all’ultra destra europea e a quella israeliana di Benjamin Netanyahu. Critiche sono ovviamente arrivate da membri del partito di Maduro, che la accusano di “favorire l’instabilità politica e colludere con potenze straniere”. Ma non solo. La sintesi dell’indignazione l’ha fatta l’ex leader di Podemos ed ex Vice Presidente del Governo spagnolo, Pablo Iglesias, che sui social ha espresso un giudizio durissimo: “La verità è che per assegnare il Premio Nobel per la Pace a Corina Machado, che da anni cerca di organizzare un colpo di Stato nel suo Paese, avrebbero potuto darlo direttamente a Trump o addirittura postumo ad Adolf Hitler. L’anno prossimo, lasciate che se lo dividano Putin e Zelensky. Se è già finita…”.
Stando ai fatti, lo scorso febbraio Machado ha preso parte con un videomessaggio al vertice dell’ultra destra di Madrid intitolato “Make Europe Great Again” e organizzato dal partito sovranista spagnolo Vox. “La nostra è una lotta globale e voi siete i nostri alleati. Quelle che avvengono in Europa, come quelle che combattiamo in Venezuela, hanno gli stessi obiettivi, valori e nemici”, ha detto mentre ad ascoltarla c’erano, tra gli altri, Matteo Salvini, Marine Le Pen e l’olandese Geert Wilders e il primo ministro ungherese Viktor Orbán e quello argentino Javier Milei. “Il Venezuela rappresenta oggi la più grande minaccia che l’Occidente deve affrontare nel nostro continente. È il centro nevralgico del crimine organizzato e il rifugio sicuro dei nemici della democrazia nel mondo”, ha spiegato ai patrioti, ai quali ha dedicato un altro videomessaggio per l’edizione di settembre intitolata Europa Viva 2025, dove ha annunciato che “in Venezuela è partita la riconquista della democrazia”.
In queste ore le si rinfaccia anche un accordo di cooperazione del 2020, quello che promosse in qualità di coordinatrice nazionale tra il suo partito, Vente Venezuela, e la destra israeliana del Likud, il partito del premier Netanyahu. A rinfacciarle l’iniziativa è oggi il Council on American-Islamic Relations (CAIR), gruppo statunitense per i diritti civili musulmani, che definisce Machado una “fanatica anti-musulmano e sostenitrice del fascismo europeo” e l’assegnazione del Nobel una scelta “inconsciente”. Siglato nel 2020, il documento impegnava i due partiti a rafforzare i legami su “questioni politiche, ideologiche e sociali, nonché compiere progressi in materia di strategia, geopolitica e sicurezza”. A firmarlo insieme a Machado fu Eli Vered Hazan, direttore degli affari esteri del partito israeliano, ruolo nel quale ha preso parte alle reti internazionali della destra conservatrice. “L’obiettivo – si legge ancora nel documento – è avvicinare il popolo israeliano a quello venezuelano, promuovendo insieme i valori occidentali a cui entrambe le parti aderiscono: libertà, indipendenza e economia di mercato”.
C’è poi la storia recente e qui le critiche le derivano dal sostegno esplicito alle forze Usa, con l’amministrazione di Donald Trump che sulle navi nel Mar dei Caraibi ha quasi raddoppiato il numero dei soldati da utilizzare per la lotta al narcotraffico, della quale il Tycoon accusa direttamente il presidente Maduro. Delle ultime ore le dichiarazioni dell’ambasciatore di Caracas all’Onu, Samuel Moncada: “Le azioni guerrafondaie e la retorica del governo statunitense indicano che ci troviamo di fronte a una situazione in cui è razionale pensare che un attacco armato contro il Venezuela verrà portato a termine molto presto”, chiedendo al Consiglio di Sicurezza di intervenire per evitare “una catastrofe che potrebbe sconvolgere l’intera regione per generazioni”. Niente che c’entri molto con la pace e del resto Machado ha sostenuto più volte che per rimuovere l’autoritarismo al governo in Venezuela servirà l’uso della forza. Mesi fa ha applaudito al presidente americano sottolineando che “Trump non sta giocando”. Dopo aver ricevuto il Nobel ha nuovamente ribadito che “oggi più che mai possiamo contare sul presidente Trump” perché riporti “libertà e democrazia” in Venezuela.
Il Nobel per la Pace alla venezuelana Maria Corina Machado lo si potrebbe chiamare, premio Nobel per la Guerra – Andrea Zhok
Comunque il Nobel per la Pace alla venezuelana Maria Corina Machado è in perfetta sintonia con il cambio di nome del ministero della Difesa americano in ministero della Guerra.
Visto anche il grande precedente di Obama lo si potrebbe chiamare, senza tanti patemi, premio Nobel per la Guerra.
Dopo tutto, con le cannoniere – pardon, le portaerei – americane davanti alla costa venezuelana, con il chiaro mandato di rovesciare il governo Maduro, quale umile contributo poteva dare l’intellighentsia europea?
Armi non le potevano mandare (non sono ancora riusciti a comprarle dagli americani, per fare in tempo a portarle in supporto agli americani).
Genuflessioni, donazioni, ius primae noctis, abbiamo già dato.
Cosa ci restava come europei?
Ah, ecco, possiamo giocarci gli scampoli residui della famosa “autorevolezza morale del Vecchio Continente”.
Possiamo conferire una bella botta di supporto morale alla spallata militare in vista, conferendo il premio Nobel a un’attivista venezuelana antigovernativa, distintasi nella vita per essere… un’attivista venezuelana antigovernativa, educata a Yale, antichavista, filoatlantista, neoliberista, ma che comunque resta umile. Pronta a farsi carico dell’onere del futuro governo, nello sciagurato caso in cui a Maduro capitasse qualcosa.