Cantieri Monfalcone: Babele e lotta di classe
di Lavoratori Autorganizzati (*)
GUERRA DI CLASSE NELLA TORRE DI BABELE-MONFALCONE, DENTRO IL CANTIERE E FUORI
Prendiamo spunto per dire di ciò che accade dentro e fuori le mura del grande (e storico) cantiere navale di Monfalcone da una sorprendente, anzi abbastanza sorprendente, polemica politica scaturita da una mozione del Consiglio comunale cittadino unanimemente votata (prima firmataria l’ex sindaca leghista della città ora eurodeputata Anna Maria Cisint, sugli scudi e nota anche a livello nazionale in particolare in quanto “crociata” anti “invasione islamica”) nella quale si chiede al colosso industriale Fincantieri di «sviluppare un nuovo modello organizzativo capace
di superare l’espansione indiscriminata di appalti e subappalti, responsabile di aver penalizzato la manodopera locale e di aver causato pesanti ricadute sociali sul territorio».
Diciamo “abbastanza sorprendente” perché non è certo la prima volta che dal mondo politico e da parte della stessa “crociata” Anna Maria Cisint si levano “tirate d’orecchio” e accuse dirette al modello produttivo Fincantieri che «ha devastato l’intero assetto demografico, sociale, occupazionale e urbanistico cittadino» (così la Cisint su La Stampa del 22 agosto 2022). Le tirate d’orecchio si sono susseguite negli anni, ad esempio.
Monfalcone, operaio di 19 anni muore sul lavoro in
Fincantieri. Schiacciato dal cemento
09/05/2018
Matteo Smoilis, 19 anni appena, operaio in un cantiere navale
Fincantieri a Monfalcone (Gorizia), è rimasto schiacciato da un carico
di cemento di oltre 700 chili. Il gravissimo incidente sul lavoro è
avvenuto oggi 9 maggio, sotto gli occhi del padre e del fratello del
giovane.
Smoilis è deceduto morto poche ore dopo il ricovero all’ospedale
Cattinara di Trieste. Alla scena hanno assistito il padre e il fratello maggiore, che hanno cercato subito di intervenire. Il ragazzo, infatti, era impiegato in una ditta di proprietà della famiglia che lavora in appalto nei cantieri del gruppo pubblico. Per l’accaduto, i sindacati metalmeccanici hanno proclamato uno sciopero immediato. «Nella giornata di domani io e il presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga incontreremo l’amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono» ha dichiarato la sindaca di Monfalcone Annamaria Cisint.
Un vertice in cui si discuterà della morte del giovane operaio e dell’organizzazione del lavoro all’interno del colosso della cantieristica navale. «Fedriga è rimasto in contatto con me tutta la mattina: ha voluto sapere per primo cos’era accaduto e ha promosso questo incontro con Bono» ha aggiunto Cisint. «Siamo tutti attoniti per questa disgrazia che ci deve richiamare alla massima attenzione nella prevenzione degli incidenti sui luoghi di lavoro». Il primo cittadino ha poi assicurato che chiederà «il potenziamento degli organici dell’Azienda sanitaria e della Regione» perché, a suo dire, «il personale deputato al controllo non è sufficiente a garantire verifiche puntuali».
https://www.velvetnews.it/2018/05/09/monfalcone-incidente-sul-lavoro-muore-operaio-di-19-anni-cosa-e-
successo/
Correva, come potete notare, l’anno 2018
In genere queste tirate d’orecchio da parte del mondo politico locale-regionale avvengono in seguito ai gravi incidenti che flagellano i lavoratori del grande cantiere. In genere nel giro di qualche giorno, passati gli strilli dei politicanti e l’eco di qualche ora di sciopero indetto come da rituale e prammatica sindacale, tutto ritorna come prima “alla normalità”. Compresa ovviamente l’inestricabile rete di appalti e subappalti e tutto il resto del modello organizzativo che ha permesso e permette a Fincantieri di abbattere drasticamente il famoso e decisivo «costo del lavoro». (1) E quindi a Fincantieri di essere un – come si dice nella loro lingua – player mondiale nel settore navalmeccanico capace di tenere il passo nella implacabile lotta con i grandi cantieri navali concorrenti sul mercato mondiale, sudcoreani giapponesi e cinesi in primo luogo. Implacabile lotta giocata all’ultimo sangue e all’ultimo centesimo di salario sulla pelle degli schiavi salariati, come si dice nella nostra di lingua.
In questa occasione però la mozione critica dei politicanti oltre ad essere bipartisan, suona più dura e stringente del solito. Forse le loro antenne avvertono che qualcosa si sta muovendo fra le migliaia di (nella nostra lingua) schiavi che quotidianamente varcano i cancelli del cantiere. Forse… Sta di fatto che la risposta della dirigenza Fincantieri non si è fatta attendere, ed è stata altrettanto dura e stringente.
L’AD Fincantieri Pierroberto Folgiero, oltre a ricordare i miliardi di euro «prodotti dal cantiere» anche a beneficio «del Pil regionale» e l’indotto che vi gira intorno (circa 600 piccole e medie imprese solo nella regione FVG), ha in sostanza e seccamente ricordato ai politicanti che non sono loro a dover mettere il becco e spiegare ad un’azienda leader mondiale come si fa a produrre una nave. Traendone profitto ovviamente, senza di che – profitto – niente produzione niente crescita del Pil niente indotto, fine del cantiere. Tale è il dettato e la contabilità capitalistica e non si scappa. Questa catena logica non l’ha esposta il funzionario del capitale Pierroroberto Folgiero, la snoccioliamo esplicitamente noi. Che non siamo nessuno e contiamo nulla. E aggiungiamo: salvo “decidere” di produrre a debito, grazie alle sovvenzioni statali. Certamente si può fare, per taluni anzi l’intervento “sociale” dello Stato è «la soluzione». Qui in allegato la mozione del Consiglio cittadino e la risposta dell’AD Folgiero. (2)
Potremmo anche aggiungere, rispondendo direttamente alla signora Anna Maria Cisint secondo la spudorata demagogia della quale, le navi potrebbero benissimo essere costruite dai lavoratori italiani senza il ricorso alla forza lavoro immigrata: certamente sì! MA: potrebbe Fincantieri essere player mondiale senza aver spaccato e spaccare la schiena alla classe operaia, operazione attuata senza suscitare una dura lotta di classe aborrita dall’autorevole “crociata” Cisint (come da tutti gli altri politicanti di ogni risma)? Il «miracolo Fincantieri» consiste proprio in questo: essere player mondiale riconosciuto e riverito da tutti i politicanti, dalla precedente presidente regionale Serracchiani (PD) quanto dall’attuale presidente regionale Fedriga (Lega), non solo senza aver suscitato alcuna lotta di classe ma avendo reso difficilissime le condizioni affinché essa possa darsi, organizzarsi e scatenarsi come sarebbe (come è!) necessario. I guai e le devastazioni di ogni genere indotte da tale “miracolo” restano in carico ad una società trasformata in Torre di Babele dopo aver, in primo luogo, devastato e annientato l’organizzazione e la tradizione sindacale e politica della classe operaia.
Nella disputa insolitamente ruvida è intervenuto a sedare sul nascere la polemica il presidente della regione FVG, Fedriga secondo il quale occorre «senso di responsabilità» cioè occorre «lasciare fuori dall’agone politico» un (nella lingua di Fedriga e di tutti gli altri politicanti, nessuno escluso!) «player internazionale e campione italiano” come è Fincantieri. Dobbiamo riconoscere che questo politicante ha indubbiamente della stoffa. Gli pronostichiamo una brillante carriera anche se non dovesse essere rieletto per la terza volta alla carica di presidente regionale nelle prossime elezioni. Lo avevamo già notato ai tempi dell’emergenza Covid nei quali costui si è distinto come uno dei mastini più fedeli e feroci nell’applicare le imposizioni del maledetto e malefico governo Draghi (come la stessa sua collega di partito Cisint per la verità).
Questo – sommariamente riassunto – il preambolo, lo spunto. Ora veniamo a quello che abbiamo da dire noi che non siamo nessuno e contiamo nulla. Fosse solo e se non altro per informare su quello che accade dentro il grande cantiere, mettendo semplicemente insieme alcuni “ritagli di cronaca”.
Da osservatori esterni non solo assolutamente e dichiaratamente di parte come si capisce, ma anche in spirito assolutamente non politically correct. Cosa c’è di più politicamente scorretto o fuori dal mondo (o fuori di testa) se volete, del raccontare le cose del grande cantiere pensandolo come “in teoria” potrebbe essere e cioè una autentica roccaforte operaia di un proletariato davvero internazionale, riunito in carne ed ossa dentro il grande stabilimento in cui quotidianamente (il dato è del 2019) operano lavoratori di ben 67 Paesi diversi?
Cantiere multietnico: giungono da 67 Paesi i 5.500 lavoratori delle ditte dell’appalto. Assieme ai diretti si raggiunge un totale di 7.076 operai bengalesi (21%), rumeni (10%), croati (6%) i più numerosi
https://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2019/12/02/news/cantiere-multietnico-giungono-da-
67-paesi-i-5-500-lavoratori-delle-ditte-dell-appalto-1.38043062
Invece, la dura e amara realtà dice – come andiamo ad illustrare – di una autentica Torre di Babele. Altroché “roccaforte proletaria”…
Per cominciare: il titolo che abbiamo dato a questo articolo non è per niente ad effetto, roboante né vuotamente truculento. Al contrario, crediamo corrisponda profondamente allo stato reale delle cose, riferite tanto all’interno dello stabilimento industriale quanto fuori le sue mura cioè alla cittadina di Monfalcone che conta circa 30 mila abitanti di cui ben oltre il 20% (abbiamo letto anche di 30%) sono residenti stranieri. Migliaia di lavoratori dal Bangladesh e le loro famiglie a formare la comunità immigrata più numerosa.
Sì, di guerra di classe si tratta! Nella accezione vera e profonda del fenomeno, vale a dire lo schiacciamento e l’annientamento politico attuato dalla Forza del capitale che non soltanto detta le sue condizioni a spese e sulla pelle del lavoro salariato ma le impone sull’intera società, ben oltre il mero rapporto conflittuale operaio/padrone sul luogo di lavoro. Nel caso in questione comunque con tanto di traumi violenti e spargimento di sangue, come adesso di seguito andiamo a mettere in fila. Si potrà dire che di “normalità capitalistica” tutto sommato si tratta o di scontro di classe “a bassa intensità” e soprattutto condotto da una sola parte che per il momento tiene saldamente in pugno il bastone del comando o il coltello dalla parte del manico.
Come vi pare. Comunque di scontro violento e sanguinoso si tratta. E di letteralmente Torre di Babele si tratta se è vero, come è vero, che nel grande complesso industriale player mondiale eccetera si ha a che fare anche con problemi reali descritti nel modo seguente da un dirigente sindacale a seguito di un – ennesimo – grave incidente (3):
Dopo l’incidente in cantiere, Fiom Cgil chiede maggior attenzione all’elemento umano: corsi di lingua, formazione mirata e tracciamento dei lavoratori per superare le lacune di un sistema complesso e multiculturale
Migliorare il percorso di integrazione dei lavoratori, puntare sui corsi di lingua, far comprendere a fondo agli operai le indicazioni da seguire sulla sicurezza, permettere al singolo di avere coscienza di quali possano essere le lavorazioni a rischio e quali siano i propri diritti. Questi, secondo uno degli esponenti di Fiom Cgil di Monfalcone, gli aspetti fondamentali che spesso rischiano di passare in secondo piano quando si parla di sicurezza sul lavoro, ma che sono determinanti. Soprattutto all’interno dello stabilimento di Fincantieri della città in provincia di Gorizia, nota principalmente per la grande quantità di lavoratori stranieri.
Lo racconta a Mobilità.news il segretario generale della Fiom Cgil di Gorizia, Michele Orlandini, a seguito dell’incidente avvenuto nello stabilimento di Panzano, Monfalcone, il 27 agosto scorso. Un operaio di una ditta appaltata a Fincantieri è precipitato da un’altezza di circa due metri mentre lavorava a bordo della nave Star Princess, di prossima consegna. L’uomo, di nazionalità bengalese e residente a Monfalcone, ha sbattuto capo e bacino, ma fortunatamente è sempre rimasto cosciente.
«Questo incidente si inserisce in un contesto di sostanziale rispetto delle procedure, della struttura della sicurezza in quanto tale. Segnaletica e mezzi di sicurezza erano corretti, ma intervengono sempre l’elemento umano e l’elemento fortuito» ha spiegato l’esponente di Fiom-Cgil, che ha anche sottolineato la tempestività del primo soccorso da parte delle figure preposte, evitando quindi il peggio.
«L’elemento umano» dice il dirigente sindacale, cioè il lavoratore-schiavo salariato si dice nella nostra lingua, che ha difficoltà o addirittura non comprende la segnaletica anti-infortunistica e di allarme pur debitamente presente. Indubbiamente è un problema reale. Nel cantiere Torre di Babele appunto. Come se ne esce secondo il sindacalista Fiom? Corsi di lingua, formazione mirata… Cose certamente utili e necessarie ma che da sole, senza che vi sia una reale rete di solidarietà operaia vigile e attiva in ogni momento nella vita in cantiere (e noi diciamo anche fuori dalle sue mura) non sono sufficienti a contrastare l’inaudita pressione esercitata sui lavoratori.
Ma una tale reale solidarietà e comunità operaia si forgia non nelle aule di scuola e formazione (pure necessarie) ma al calore di una lotta comune che si prefigge come primo obiettivo di finalmente sbaragliare una volta per tutte la micidiale ragnatela degli appalti e subappalti nella quale i lavoratori sono fatalmente intrappolati e divisi fino all’inverosimile. Per farla breve: si tratterebbe (si tratta!) di sfoderare l’arma della buona vecchia lotta di classe insomma. Certamente cosa difficilissima da attuare nelle condizioni presenti, dentro una Torre di Babele da distruggere ma che al “sindacalismo di Stato” è l’ultima cosa a passare per la testa.
Ancora a proposito di Torre di Babele e di come uscirne. Il dirigente sindacale sopracitato arriva a prospettare come strumento utile quello del «tracciamento dei lavoratori», presumibilmente tramite un qualche aggeggio-microchip ficcato nei caschetti o negli scarponi da lavoro (vogliamo sperare non sottopelle). Al che a noi vengono i brividi, anche pensando a quanto recentemente dichiarato dal premier britannico, fetentissimo laburista, Keir Starmer (in questo mondo globalizzato e unificato sotto il tallone dei diktat capitalistici, occorre pensare a questo livello!) secondo i cui intendimenti per poter lavorare nel Regno di Sua Maestà britannica si dovrà essere obbligatoriamente muniti di un documento-microchip di “identità digitale” contente tutti i dati della persona-lavoratore (anagrafici,bancari/fiscali, sanitari ecc.). Più tracciati e più …“messi in sicurezza” di così – dalla culla alla bara e nel frattempo passando dal posto di lavoro – si muore!
E’ vero che lo stesso dirigente sindacale dice a proposito della proposta di tracciamento che il termine «è un po’ brutto perché non si tratta di merci» ma… sentiamo il suo ragionamento (3):
In un contesto estremamente multiculturale e variegato come quello di Monfalcone l’aspetto centrale è l’integrazione e la conoscenza dei lavoratori. Orlandini parla di “tracciamento”, anche se il termine «è un po’ brutto perché non si tratta di merci». «È fondamentale condividere in maniera trasparente e continua il numero di dipendenti, dove sono collocati, a chi fanno riferimento – ha affermato il sindacalista-. Ma anche qual è il loro grado, il livello di alfabetizzazione e quali sono i loro spostamenti interni da una ditta all’altra. Quando la ditta A chiude per mille motivi il lavoratore passa alla ditta B e alla ditta C. Se prima faceva il saldatore e aveva un certo grado di consapevolezza sulla sicurezza legata alla propria mansione, la situazione cambia quando va a fare il ponteggiatore. Questo percorso deve essere tracciato e condiviso, altrimenti si va a perdere tutta quella che può essere la conoscenza sul lavoratore e del lavoratore riguardo ai propri diritti e doveri. Ci deve essere un interscambio permanente che deve impiegare tutti, per far sì che quel know-how, quelle conoscenze del singolo in materia di lavoro e sicurezza non vadano disperse. Un lavoratore conscio di cosa deve svolgere e come lo deve fare fa tutta la differenza del mondo».
Intendiamoci bene, risolvere il problema di sapere il più esattamente e puntualmente possibile chi e quanti lavoratori siano presenti in un certo punto del cantiere intorno ad una certa lavorazione, è assolutamente importante. Si pensi, ad esempio, al gravissimo incidente occorso nel gennaio 2014:
Cantiere sferzato dalla bora – Indagini allo stato «contro ignoti»
la situazione maltempo impietoso, sotto raffiche di vento potenti con la pioggia a picchiare a ondate. Mentre imperversavano le intemperie, il giovane bengalese che si apprestava ad attraversare la passerella, il ponteggio è venuto giù con tutto il suo peso di acciaio. La passerella spezzatasi praticamente in due, e l’operaio è stato investito. La struttura mobile non ha retto precipitando da un’altezza di oltre 20 metri. La Procura di Gorizia ha inoltrato una nota sull’«incidente nel quale è rimasto coinvolto un dipendente durante lo svolgimento delle attività lavorative in prossimità della banchina. L’uomo, dipendente di una ditta subappaltatrice della società Fincantieri Spa, è stato colpito da attrezzature precipitate dall’alto, dal bordo della nave». E ancora si legge: «Sono ovviamente in corso le indagini, allo stato contro ignoti, coordinate dal Pubblico ministero di turno di questa Procura e svolte dal personale del Dipartimento per la prevenzione Asugi e del Comando provinciale dei Vigili del fuoco. Le operazioni per procedere, in sicurezza, al sequestro dell’area e di quanto di interesse sono ancora in corso». Le ricerche su possibili coinvolgimenti di altri lavoratori non sono mancate. Mentre i sommozzatori del Corpo Vvf perlustravano gli specchi d’acqua circostanti circa eventuali dispersi, da terra i colleghi erano alle prese con le stesse verifiche sotto il ponteggio crollato. Nessun riscontro, fortunatamente. Sul posto anche il funzionario di guardia del comando isontino. Sulla passerella, dunque, l’operaio bengalese era solo, cosciente, sotto i grovigli di acciaio. I vigili del fuoco hanno raggiunto con estrema rapidità il luogo dell’infortunio, il tempo di percorrere la distanza che separa il cantiere navale dal distaccamento cittadino. L’uomo è stato estratto dalla squadra dei vigili del fuoco, insieme agli operatori sanitari. Nel frattempo è stato richiesto l’intervento di un’autogru in dotazione a Fincantieri, al fine di mettere in sicurezza quanto rimasto del ponteggio, in ordine a parti instabili. A titolo precauzionale è giunta anche un’autogru proveniente dal Comando di Gorizia. I vigili del fuoco hanno eseguito un’accurata ispezione, assieme alla verifica di eventuali dispersi, risultata fortunatamente senza ulteriori coinvolgimenti di lavoratori. Le ricerche si sono concluse tra le 12 e le 13.
https://ricerca.gelocal.it/ilpiccolo/archivio/ilpiccolo/2024/01/20/gorizia-monfalcone-cantiere-
sferzato-dalla-bora-indagini-allo-stato-contro-ignoti-28.html
In questa occasione sono dovuti intervenire i sommozzatori che dopo ore di perlustrazione dei fondali hanno accertato che, per fortuna, nessun operaio era finito in mare!
Oh! certo, col tracciamento proposto dal dirigente Fiom/Cgil come soluzione al problema si sarebbe potuto evitare l’intervento dei sommozzatori e immediatamente si sarebbe saputo che nessun lavoratore, a parte il giovane bengalese travolto dal ponteggio crollato, mancava all’appello. Il fatto è che con il “tracciamento” può ancora di più aumentare la pressione/controllo su ogni attimo, su ogni passo del lavoratore: quando va al cesso e quanti minuti ci sta, se si fuma la sigaretta e quanti minuti ci mette, eccetera. Ogni passo, ogni attimo sotto controllo!
No! non è questa la soluzione al problema. La soluzione sta, ancora una volta, in una reale rete di solidarietà operaia attiva e operante in ogni momento della vita in cantiere.
Veniamo al bollettino di guerra. Mettiamo semplicemente in fila “i ritagli” che abbiamo raccolto dalle cronache, solo per quanto riguarda il corrente anno 2025. Può essere che qualche altro episodio cruento ci sia sfuggito.
14 maggio 2025
Monfalcone, operaio di 57 anni resta folgorato in cantiere, è grave
L’incidente sul lavoro è accaduto in mattinata, l’uomo è stato elitrasportato all’ospedale di Cattinara in codice giallo
14/05/2025
Un operaio di 57 anni, di nazionalità italiana, è rimasto folgorato agli arti superiori da una scarica di 680 Volt mentre si trovava al lavoro nello stabilimento Fincantieri a Monfalcone. L’infortunio è accaduto in tarda mattinata. L’uomo, da quanto si apprende, è rimasto cosciente. Subito soccorso dai sanitari del 118 è stato elitrasportato all’ospedale di Cattinara in codice giallo. Non è in pericolo di vita. Accertamenti sull’accaduto sono in corso da parte della Polizia e degli ispettori della Struttura complessa della Prevenzione sicurezza negli ambienti di lavoro.
https://www.rainews.it/tgr/fvg/articoli/2025/05/monfalcone-operaio-di-57-anni-resta-folgorato-in-cantiere-e-
grave—899b5895-7d89-4c8a-91d7-0470df4ea2c4.html
27 agosto 2025
Operaio di Fincantieri cade durante la consegna di una nave nei cantieri, è grave
MONFALCONE – Grave incidente sul lavoro alla Fincantieri: secondo le primissime ricostruzioni, un operaio sarebbe caduto da una posizione rialzata a bordo della nave in consegna nei cantieri navali di Monfalcone (Gorizia). Il volo sarebbe stato di diversi metri. L’uomo è rimasto gravemente ferito, ma non è in pericolo di vita. L’infortunio si è verificato, attorno alle 11 di oggi, mercoledì 27 agosto. Le cause della caduta sono ancora al vaglio delle forze dell’ordine. Il ferito ha riportato diversi traumi, ma è sempre rimasto cosciente. L’operaio straniero è stato stabilizzato sul posto dal personale sanitario dell’elisoccorso e dell’automedica, prima di essere trasferito d’urgenza in ospedale.
https://www.msn.com/it-it/notizie/italia/operaio-di-fincantieri-cade-durante-la-consegna-di-una-nave-nei-
cantieri-%C3%A8-grave/ar-AA1LkfDb
8 settembre 2025
Infortunio nei cantieri di Monfalcone, grave un operaio
Un operaio, addetto di una ditta esterna, è rimasto gravemente ferito in un incidente sul lavoro che si è verificato stamani nei cantieri navali di Fincantieri a Monfalcone (Gorizia). Secondo una ricostruzione, l’uomo, di 45 anni, residente in città, dipendente di un’azienda che ha l’appalto per verniciature industriali su alcuni scafi, è stato investito da un muletto, condotto da un collega, che procedeva in retromarcia. Nella traiettoria, il veicolo ha colpito un piede dell’uomo: le ferite all’arto sono particolarmente gravi. L’operaio, sempre rimasto cosciente, è stato stabilizzato sul posto e trasferito, in codice rosso, all’ospedale triestino di Cattinara. Le sue condizioni sono gravi ma non sarebbe in pericolo di vita.
https://www.ansa.it/friuliveneziagiulia/notizie/2025/09/08/infortunio-nei-cantieri-di-monfalcone-grave-un-
operaio_d4f4e931-2957-4e2d-8e74-d578b9759964.html
23 settembre 2025
Incidenti sul lavoro a Monfalcone, coinvolti 4 operai diretti e uno esterno
A riferirlo è Fincantieri che garantisce piena collaborazione con le autorità competenti
In merito ai due incidenti sul lavoro avvenuti nei cantieri navali di Monfalcone, Fincantieri ha confermato che ieri ad essere rimasti coinvolti sono stati 4 operai diretti, fortunatamente rimasti vigili e coscienti. “L’Azienda esprime vicinanza ai lavoratori – si legge in una nota – e continuerà a monitorare con la massima attenzione l’evolversi della situazione, garantendo la piena collaborazione con le autorità competenti”.
In merito all’infortunio avvenuto questa mattina, invece, Fincantieri ha riferito che questo incidente ha coinvolto un lavoratore di una ditta esterna, anche lui rimasto sempre vigile e cosciente, immediatamente assistito e trasportato in ospedale in codice giallo. L’azienda sottolinea come tutte le misure di sicurezza siano state rispettate e come, anche in questa circostanza, si sia rivelata fondamentale la collaborazione con le autorità competenti.
https://www.telefriuli.it/cronaca/incidenti-sul-lavoro-a-monfalcone-coinvolti-4-operai-diretti-e-uno-esterno/
Collaborazione come quella, precisamente di Monfalcone, dei 2.000 operai del cantiere partiti nel 1947 per la Jugoslavia per dare una mano “alla costruzione del socialismo” di Tito, il quale Tito diventò improvvisamente dopo il giugno 1948, “il fascista Tito”. Ma… lasciamo stare… Era giusto per dire della storia densissima, della tradizione di classe che ora sembra sepolta e spazzata via dal bulldozer globalista-capitalista (e imperialista tricolore-atlantico!).
Un flusso di immigrazione (forzata cioè indotta dalle necessità del capitale e non «libera scelta» di “persone in movimento” come dicono i filantropi della Open Society di Soros & C.) così massiccio come quello verificatosi nel territorio di Monfalcone, comporta inevitabilmente una serie di contrasti, di attriti e contrapposizioni fra la/le comunità immigrata/e e la popolazione locale. Pensiamo soltanto alla storia della immigrazione interna allo Stato di Roma, dal meridione italiano alle metropoli del triangolo industriale del nord. Quei contrasti fra diverse mentalità, modi di vivere ecc. interne alle popolazioni di uno stesso Stato, sono stati con difficoltà superati nel corso di anni e decenni. Elemento essenziale è stata allora l’onda della lotta di classe che specialmente con il 1969 operaio unificò nella lotta comune una massa popolare decisiva di “terroni e polentoni”.
Ora, nella presente condizione, la inevitabile serie di contrasti e contrapposizioni si presenta, rispetto a quella interna del dopoguerra, moltiplicata per 10, per 100. E si presenta moltiplicata per 10, per 100, la difficoltà di organizzare una lotta di classe che però rimane la chiave di volta per trovare un terreno comune, un reale legame fra le diverse comunità che oggi convivono sostanzialmente separate.
Il muro invisibile ma reale che separa le comunità, specie quella islamica maggioritaria fra la massa degli immigrati, può essere abbattuto – a parte quanto detto per le vicende del cantiere che è il fulcro attorno al quale ruota la vita sociale – dal riconoscimento dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie prima di tutto in quanto umani, e non più o meno indesiderati e tollerati animali da soma/lavoro.
Uomini, non iloti! Uomini con le proprie radici, le proprie culture, le proprie credenze religiose.
Noi siamo, più ancora che “per l’integrazione dei diversi”, per la fine della separazione, per la fusione fra le diverse comunità cioè fra le diverse culture e storie che compongono insieme e separate la comunità umana. Ma questa fusione non significa e non può avvenire attraverso la cancellazione delle diverse storie, delle radici delle diverse genti. Il bulldozer capitalistico che intende fare tabula rasa sradicando masse di uomini per gettarli dentro una cosiddetta “società aperta” che è in realtà una Torre di Babele, può essere fermato da una lotta comune. Contro il capitale Fincantieri, dunque contro il capitale tricolore e l’imperialismo euro-atlantico nel cui dispositivo il capitale tricolore è perfettamente integrato.
Allestendo questa nota di informazione o contro-informazione ci siamo imbattuti in una suggestiva dichiarazione della Cisint: «Ogni volta che vado in piazza a Monfalcone guardo verso il Carso e penso che i nostri nonni si staranno rivoltando nella tomba a guardare come ci stiamo facendo invadere da un cultura che non ha nulla a che fare con la nostra. E pensare che molti di loro, per difenderla, hanno sacrificato la vita». Ma in fatto di patriottismo non è da meno la rivale politica Debora Serracchiani (autorevole piddina, presidente regionale FVG dal 2013 al 2018) come ha eloquentemente dimostrato in occasione della recente cerimonia della consegna della «bandiera di guerra» alla portaerei italiana Trieste avvenuta proprio a Trieste il 26 ottobre, 71° anniversario del «ritorno all’Italia» (26 ottobre 1954) della capitale giuliana e del suo TLT (Territorio Libero di Trieste): «Nave Trieste un orgoglio nazionale simbolo del legame con la Madrepatria!». Per fortuna a Trieste e dintorni c’è qualcuno che non la pensa …esattamente come l’autorevole patriota piddina. La pensa anzi al contrario: non «ritorno all’Italia» ma «71 anni di occupazione». (4)
Cisint/Serracchiani, rivali politiche ma corna di un medesimo sistema di potere, di una medesima brutta bestia.
Abbiamo finito. Più o meno abbiamo detto ciò che avevamo in animo di dire. La sensazione è che fra Monfalcone, dentro e fuori il cantiere, e Trieste ed il suo territorio qualcosa bolla in pentola. Ne riparleremo.
NOTE
(1) Il “segreto” del rilancio produttivo del cantiere è “svelato” in un articolo di Gianni Barbacetto del dicembre 2023 nei seguenti termini:
«Per diventare leader globale – spiega Nicola Quondamatteo, ricercatore della Normale di Pisa – ha fatto il miracolo: ha tagliato del 75 per cento la manodopera diretta, ricorrendo all’appalto e ai subappalti; ha ridotto così il costo del lavoro del 50 per cento». I bangladesi sono arrivati qui, e continuano ad arrivare, per lavorare nei cantieri navali. Costretti però ad accettare contratti di serie B, o C, o Z.
Monfalcone è la company town di Fincantieri più di quanto Torino lo fosse, negli anni d’oro, per la Fiat. «L’80 per cento di ogni nave è fatto da imprese in appalto e subappalto» continua Quondamatteo: «su 10 mila lavoratori nei cantieri di Monfalcone, solo 1.600 sono dipendenti Fincantieri». Gli altri, spiega il segretario provinciale della Cgil Thomas Casotto, «lavorano per 400 ditte che spesso applicano condizioni di lavoro semilegali o del tutto illegali: precariato, minacce, ricatti, caporalato; e paga globale (che cioè mette insieme e forfetizza ferie, straordinari, malattia, tredicesima, tfr, permessi, infortuni: di fatto azzerandoli). È successo anche che il ‘padrone’ consegni una busta paga di 1.500 euro e poi pretenda di andare con il dipendente al bancomat, facendosi restituire 500 euro in contanti».
http://www.giannibarbacetto.it/2023/12/15/monfalcone-lattacco-razzista-agli-
invisibili-dei-cantieri-navali/
(2) Per la mozione votata unanimemente al Consiglio comunale vedi:
https://radiocapodistria.rtvslo.si/articolo/notizie/friuli-venezia-giulia/monfalcone-
richiesto-un-nuovo-modello-produttivo-a-fincantieri/762875
Per la risposta dell’AD Fincantieri vedi: https://www.rtvslo.si/capodistria/radio-
capodistria/notizie/friuli-venezia-giulia/l-ad-di-fincantieri-risponde-alla-mozione-del-
consiglio-comunale-di-monfalcone/763088
(3) “Sicurezza sul lavoro: all’impianto Fincantieri-Monfalcone si fa abbastanza?”
https://www.mobilita.news/item/24366-sicurezza-sul-lavoro-all-impianto-fincantieri-
monfalcone-si-fa-abbastanza.html
(4) Vedi il volantino dei gagliardi giovani del Fronte della Primavera Triestina:
https://www.primaveratriestina.org/26-ottobre-1954-26-ottobre-2025-71-anni-di-
occupazione/
(*) Lavoratori Autorganizzati. Per info: pastroch@yahoo.it, Canale Telegram: https://t.me/autorganizzatiromagna
