Grecia: lavorare 13 ore al giorno?

di Mario Sommella (*)

Tredici ore per domarci. Grecia laboratorio d’Europa (e avviso ai naviganti)

Ci risiamo. La Grecia torna ad essere il banco di prova delle “riforme” che allungano la giornata e accorciano i diritti. Il Parlamento di Atene ha appena approvato la legge che apre a turni fino a 13 ore, “occasionale” e “volontaria” secondo il governo, ma contestata da scioperi generali e piazze piene: misura applicabile fino a 37 giorni l’anno, con il divieto formale di licenziare chi rifiuta. È la riproposizione della vecchia ricetta: chiamarla “flessibilità”, spacciarla come “opportunità di guadagno” e scaricare sul lavoratore il costo della crisi permanente. La notizia non è una svista: è passata, dopo due serrate nazionali in poche settimane.

Grecia, il dettaglio che conta
Il governo Mitsotakis la racconta così: nessun “obbligo generalizzato”, solo la possibilità di estendere la singola giornata fino a 13 ore per limitati periodi e con tutele anti-ritorsione. Nella realtà, la norma sposta l’ago della bilancia: dove i salari reali faticano a recuperare il potere d’acquisto, l’ “opzione” di lavorare di più diventa un ricatto mascherato. I sindacati la chiamano “legge schiavitù” e non per enfasi: quando l’orario diventa una variabile discrezionale d’impresa, il potere contrattuale del singolo evapora.

Perché in Europa questa cosa è possibile
La radice giuridica sta in una norma europea poco discussa e molto sfruttata: la Direttiva 2003/88/CE fissa un tetto medio di 48 ore settimanali, impone 11 ore di riposo ogni 24 e un giorno di riposo a settimana. Tradotto: il diritto a 11 ore di riposo consente, per differenza, giornate teoriche di 13 ore, a patto che la media su un periodo di riferimento torni sotto le 48 ore. È qui che passa il trucco della “flessibilità”: si stiracchia il giorno, poi si raddrizza la media. Formalmente conforme, sostanzialmente regressivo.

Non è un fulmine isolato: è una tendenza
Ungheria. Nel 2018 è arrivata la famigerata “legge schiavitù”: fino a 400 ore di straordinario l’anno e pagamenti rinviabili fino a tre anni. Le proteste sono state oceaniche, ma l’impianto di fondo è rimasto. Segnale chiarissimo: si sposta l’asticella verso l’alto, si normalizza l’eccezione.
Germania. Con il cambio di governo, la linea è portare il limite dall’otto ore “giornaliere” a un tetto settimanale più “elastico” di 48 ore, come da Direttiva UE. Il risultato pratico è la possibilità di comprimere e dilatare le giornate a piacere, purché la media torni in riga. È l’ideologia dell’orario a fisarmonica.
Francia. L’esecutivo Bayrou ha messo sul tavolo l’abolizione di due festività nazionali per “far quadrare i conti”. Intanto, di fronte alla tempesta politica, il nuovo premier Lecornu ha sospeso fino al 2027 l’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni: segno che la “riforma inevitabile” non è mai scritta nella pietra quando la società si muove.
Italia. Il Decreto Legislativo 66/2003 consente fino a 250 ore di straordinario annue salvo diversa contrattazione, dentro il cappello UE delle 48 ore di media. Non siamo immuni: siamo già dentro l’architettura che rende possibile il salto greco.

I numeri che smentiscono la propaganda
La Grecia lavora già più di tutti in Europa: 39,8 ore settimanali di fatto nel 2024, a fronte di una media UE di 36. Eppure i salari reali faticano ancora a recuperare l’inflazione degli ultimi anni. Se l’equazione “più ore = più benessere” fosse vera, Atene sarebbe un paradiso sociale. Non lo è.

Salute, sicurezza, democrazia del tempo
Tredici ore operative moltiplicano stress, infortuni, tempi di trasporto rubati alla vita, cura familiare, partecipazione civica. La democrazia non è solo ballot box: è disponibilità di tempo per informarsi, organizzarsi, contrattare. Allungare il “giorno-lavoro” significa accorciare lo spazio pubblico. Chi governa il tempo, governa la società.

La controproposta: ridurre l’orario, distribuire produttività
La tecnologia ha spinto la produttività. Il beneficio deve tornare alla collettività come riduzione del tempo di lavoro, non come rendita di posizione. I dati sulle settimane corte non sono un’utopia hippie: nel Regno Unito la sperimentazione su 61 aziende ha ridotto burnout e stress senza crolli di produttività, con tante imprese che hanno reso il modello permanente. In Islanda i trial 2015–2019 hanno mantenuto o aumentato la produttività migliorando in modo netto il benessere dei lavoratori. Non esiste legge di natura che imponga tredici ore: esistono scelte politiche.

Cosa fare adesso, concretamente
1. Ripristinare un limite giornaliero rigido e inferiore alle 13 ore, con sanzioni effettive per chi sfora, a tutela di salute e sicurezza.
2. Vietare per legge gli “accordi individuali” che aggirano la contrattazione collettiva e trasformano il “volontario” in obbligatorio di fatto.
3. Potenziare gli ispettorati del lavoro e la tracciabilità degli orari con strumenti pubblici, non in outsourcing all’azienda.
4. Legare fondi UE e incentivi fiscali a piani di riduzione dell’orario: 35 ore reali, avvio di sperimentazioni 32 ore/4 giorni in settori pubblici e privati.
5. Diritto alla disconnessione e sanzioni per le reperibilità mascherate.

Questa legge greca non è una parentesi mediterranea: è un anticipo su tutti noi. È il tentativo di archiviare due secoli di lotte comprimendo il tempo vivo dentro il tempo morto della produzione. Se tredici ore vi sembran poche, è perché qualcuno ha già deciso quanto deve valere la nostra vita. Tocca a noi rovesciare la decisione, qui e ora: con la forza dell’organizzazione, la concretezza delle proposte e la ferocia della verità.

SITOGRAFIA ESSENZIALE
– Reuters, “Greece adopts law extending working hours despite protests” (16 ottobre 2025).
– AP News, “Greece sees 2nd general strike this month as unions protest new labor law” (14 ottobre 2025).
– Le Monde, “Greek lawmakers approve introduction of 13-hour workday” (16 ottobre 2025).
– Commissione UE, pagina ufficiale sulla Direttiva 2003/88/CE (orario di lavoro).
– Reuters, “Thousands rally against Hungary’s overtime work law” (5 gennaio 2019).
– Mayer Brown, “What employers in Germany can expect” (luglio 2025).
– Reuters/France24, proposte in Francia su abolizione di due festività e contesto politico (luglio 2025).
– INPS e fonti italiane su D.Lgs. 66/2003 (orario e straordinari).
– Eurostat, “Actual and usual hours of work” (2024–2025).
– Autonomy/4 Day Week Global, risultati dei trial su settimana corta (UK, Islanda)

 

Ci risiamo. La Grecia torna ad essere il banco di prova delle “riforme” che allungano la giornata e accorciano i diritti. Il Parlamento di Atene ha appena approvato la legge che apre a turni fino a 13 ore, “occasionale” e “volontaria” secondo il governo, ma contestata da scioperi generali e piazze piene: misura applicabile fino a 37 giorni l’anno, con il divieto formale di licenziare chi rifiuta. È la riproposizione della vecchia ricetta: chiamarla “flessibilità”, spacciarla come “opportunità di guadagno” e scaricare sul lavoratore il costo della crisi permanente. La notizia non è una svista: è passata, dopo due serrate nazionali in poche settimane.

Grecia, il dettaglio che conta
Il governo Mitsotakis la racconta così: nessun “obbligo generalizzato”, solo la possibilità di estendere la singola giornata fino a 13 ore per limitati periodi e con tutele anti-ritorsione. Nella realtà, la norma sposta l’ago della bilancia: dove i salari reali faticano a recuperare il potere d’acquisto, l’ “opzione” di lavorare di più diventa un ricatto mascherato. I sindacati la chiamano “legge schiavitù” e non per enfasi: quando l’orario diventa una variabile discrezionale d’impresa, il potere contrattuale del singolo evapora.

Perché in Europa questa cosa è possibile
La radice giuridica sta in una norma europea poco discussa e molto sfruttata: la Direttiva 2003/88/CE fissa un tetto medio di 48 ore settimanali, impone 11 ore di riposo ogni 24 e un giorno di riposo a settimana. Tradotto: il diritto a 11 ore di riposo consente, per differenza, giornate teoriche di 13 ore, a patto che la media su un periodo di riferimento torni sotto le 48 ore. È qui che passa il trucco della “flessibilità”: si stiracchia il giorno, poi si raddrizza la media. Formalmente conforme, sostanzialmente regressivo.

Non è un fulmine isolato: è una tendenza
Ungheria. Nel 2018 è arrivata la famigerata “legge schiavitù”: fino a 400 ore di straordinario l’anno e pagamenti rinviabili fino a tre anni. Le proteste sono state oceaniche, ma l’impianto di fondo è rimasto. Segnale chiarissimo: si sposta l’asticella verso l’alto, si normalizza l’eccezione.
Germania. Con il cambio di governo, la linea è portare il limite dall’otto ore “giornaliere” a un tetto settimanale più “elastico” di 48 ore, come da Direttiva UE. Il risultato pratico è la possibilità di comprimere e dilatare le giornate a piacere, purché la media torni in riga. È l’ideologia dell’orario a fisarmonica.
Francia. L’esecutivo Bayrou ha messo sul tavolo l’abolizione di due festività nazionali per “far quadrare i conti”. Intanto, di fronte alla tempesta politica, il nuovo premier Lecornu ha sospeso fino al 2027 l’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni: segno che la “riforma inevitabile” non è mai scritta nella pietra quando la società si muove.
Italia. Il Decreto Legislativo 66/2003 consente fino a 250 ore di straordinario annue salvo diversa contrattazione, dentro il cappello UE delle 48 ore di media. Non siamo immuni: siamo già dentro l’architettura che rende possibile il salto greco.

I numeri che smentiscono la propaganda
La Grecia lavora già più di tutti in Europa: 39,8 ore settimanali di fatto nel 2024, a fronte di una media UE di 36. Eppure i salari reali faticano ancora a recuperare l’inflazione degli ultimi anni. Se l’equazione “più ore = più benessere” fosse vera, Atene sarebbe un paradiso sociale. Non lo è.

Salute, sicurezza, democrazia del tempo
Tredici ore operative moltiplicano stress, infortuni, tempi di trasporto rubati alla vita, cura familiare, partecipazione civica. La democrazia non è solo ballot box: è disponibilità di tempo per informarsi, organizzarsi, contrattare. Allungare il “giorno-lavoro” significa accorciare lo spazio pubblico. Chi governa il tempo, governa la società.

La controproposta: ridurre l’orario, distribuire produttività
La tecnologia ha spinto la produttività. Il beneficio deve tornare alla collettività come riduzione del tempo di lavoro, non come rendita di posizione. I dati sulle settimane corte non sono un’utopia hippie: nel Regno Unito la sperimentazione su 61 aziende ha ridotto burnout e stress senza crolli di produttività, con tante imprese che hanno reso il modello permanente. In Islanda i trial 2015–2019 hanno mantenuto o aumentato la produttività migliorando in modo netto il benessere dei lavoratori. Non esiste legge di natura che imponga tredici ore: esistono scelte politiche.

Cosa fare adesso, concretamente
1. Ripristinare un limite giornaliero rigido e inferiore alle 13 ore, con sanzioni effettive per chi sfora, a tutela di salute e sicurezza.
2. Vietare per legge gli “accordi individuali” che aggirano la contrattazione collettiva e trasformano il “volontario” in obbligatorio di fatto.
3. Potenziare gli ispettorati del lavoro e la tracciabilità degli orari con strumenti pubblici, non in outsourcing all’azienda.
4. Legare fondi UE e incentivi fiscali a piani di riduzione dell’orario: 35 ore reali, avvio di sperimentazioni 32 ore/4 giorni in settori pubblici e privati.
5. Diritto alla disconnessione e sanzioni per le reperibilità mascherate.

Questa legge greca non è una parentesi mediterranea: è un anticipo su tutti noi. È il tentativo di archiviare due secoli di lotte comprimendo il tempo vivo dentro il tempo morto della produzione. Se tredici ore vi sembran poche, è perché qualcuno ha già deciso quanto deve valere la nostra vita. Tocca a noi rovesciare la decisione, qui e ora: con la forza dell’organizzazione, la concretezza delle proposte e la ferocia della verità.

SITOGRAFIA ESSENZIALE
– Reuters, “Greece adopts law extending working hours despite protests” (16 ottobre 2025).
– AP News, “Greece sees 2nd general strike this month as unions protest new labor law” (14 ottobre 2025).
– Le Monde, “Greek lawmakers approve introduction of 13-hour workday” (16 ottobre 2025).
– Commissione UE, pagina ufficiale sulla Direttiva 2003/88/CE (orario di lavoro).
– Reuters, “Thousands rally against Hungary’s overtime work law” (5 gennaio 2019).
– Mayer Brown, “What employers in Germany can expect” (luglio 2025).
– Reuters/France24, proposte in Francia su abolizione di due festività e contesto politico (luglio 2025).
– INPS e fonti italiane su D.Lgs. 66/2003 (orario e straordinari).
– Eurostat, “Actual and usual hours of work” (2024–2025).
– Autonomy/4 Day Week Global, risultati dei trial su settimana corta (UK, Islanda).

(*) ripreso da «Un blog di Rivoluzionari Ottimisti. Quando l’ingiustizia si fa legge, ribellarsi diventa un dovere»: mariosommella.wordpress.com

Redazione
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