Mare Nostrum: l’Italia disinquinerà meno
Articoli di Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) e Greenreport; foto delle campagne Greenpeace.
E’ stata firmata ed è entrata in vigore la nuova convenzione fra il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e il Consorzio Castalia per il disinquinamento del Mare Nostrum.
E’ un servizio previsto dalla legge n. 979/1982 e s.m.i. e da trent’anni vien svolto dalla società consortile Castalia, che raggruppa – quale monopolista di fatto – ben 31 imprese italiane specializzate nel settore marittimo ambientale.
Il contratto (importo complessivo 41,78 milioni di euro) con cui è stata aggiudicata la gara comunitaria è stato firmato lo scorso 16 luglio 2025 e ha esecuzione dall’1 settembre 2025 per la durata di 24 mesi.
C’è, però, una grande differenza rispetto al precedente contratto (2020): “anche in considerazione delle limitate disponibilità di bilancio”, è stato stralciato il servizio di pattugliamento periodico delle piattaforme offshore presenti lungo le coste, insieme al servizio di raccolta della plastica dispersa in mare in quanto “non ha dato i risultati attesi”.
Inoltre, vengono meno i presidi anti-inquinamento di Oristano e di Arbatax.
Qualche milione di euro in meno, parecchio inquinamento in più, soprattutto da plastiche.
Il che stride parecchio con i miliardi di euro da investire per disastrose e inutili opere pubbliche come, a puro titolo di esempio, il nuovo gasdotto Rete Adriatica.
Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)
da Greenreport, 26 maggio 2025
Torna a Castalia il servizio nazionale d’antinquinamento marino, ma senza lotta al marine litter.
Il Mase ha (ri)aggiudicato il bando al monopolista di fatto del settore, ma espungendo un servizio fondamentale alla collettività.
Dopo aver disertato lo scorso ottobre la procedura di gara bandita dal ministero dell’Ambiente, la società consortile Castalia – che rappresenta un monopolista di fatto, assembrando 31 delle principali aziende italiane specializzate nel settore marittimo ambientale – è ritornata ad aggiudicarsi la gara comunitaria per il servizio di antinquinamento marino, indetta da trent’anni a questa parte dal ministero. Già oggi la stessa società risulta l’attuale appaltatrice del servizio in parola, in base ad un contratto prorogato lo scorso gennaio e che scadrà a fine agosto.
Castalia ha ottenuto l’appalto del servizio con un’offerta che ha previsto un ribasso dello 0,04785% sul prezzo a base d’asta, ovvero per circa 41,78 milioni di euro (su 41,8 milioni a budget) per effettuare un servizio pubblico per la durata di 24 mesi. Ricordiamo, per dovere di cronaca, che si tratta di un costo inferiore al budget proposto nella precedente gara (43,4 milioni di euro).
Nel bando di gara ad evidenza comunitaria, il Ministero richiamava che “anche in considerazione delle limitate disponibilità di bilancio”, veniva stralciato il servizio dedicato di pattugliamento periodico delle piattaforme offshore presenti lungo le coste italiane. Va da sé che questo “piccolo grande” stralcio ha importanti positive ricadute economiche sulla società, che risparmierà un bel po’ sulle spese per il carburante. Anche l’attività di raccolta del marine litter (i rifiuti solidi abbandonati in mare e composti principalmente da plastiche), che venne introdotta durante il governo “Conte due” – ricordiamo che fu il ministro Sergio Costa a volerlo introdurre nel bando per l’assegnazione del servizio antinquinamento – è stato eliminato perché, testualmente, “non ha dato i risultati attesi” (sic).
Dunque, stando alle valutazioni dei tecnici del ministero, invece di potenziare un servizio ritenuto dalla comunità scientifica di tutto il mondo quale servizio essenziale – il contenimento dell’inquinamento da plastiche – per mantenere la salubrità dei mari, è stato deciso di eliminarlo in modo di abbassare sensibilmente i costi per la società aggiudicataria del bando e rendere più interessante (lucroso?) il servizio medesimo che, ricordiamolo, in trent’anni di attività è costato ai contribuenti più di un miliardo di euro.
Fin qui il dato della cronaca ministeriale, al quale, dal nostro punto di vista, aggiungeremo alcune osservazioni in linea con l’attività antinquinamento che il ministero è tenuto ad assolvere su preciso mandato della legge 979/82 che, a distanza di 43 anni, costituisce l’architrave sul quale poggia l’intero sistema di tutela del mare cui è dotato il nostro Paese.
La prima fondamentale domanda, anche se scomoda per la classe armatoriale che, rimarchiamolo, in tutti questi anni non ha rinnovato le proprie unità, tra le quali molte hanno già superato i 40 anni di attività operativa e qualcuna ha già salutato il mezzo secolo di vita. Domandiamoci: sono ancora da ritenere mezzi affidabili in caso di emergenza marine pollution?
L’Italia ricorda molto bene il dramma ambientale conseguente all’esplosione della petroliera Haven nel Golfo di Genova (1991) e della collisione avvenuta qualche mese dopo tra la Moby Prince e la petroliera Agip Abbruzzi per non sapere, per esperienza diretta e dolorosa, quanto sia importante avere un servizio, magari composto da meno navi (pazienza se si scontenterà qualche armatore), ma che sia all’altezza di espletare al massimo delle potenzialità e al meglio delle moderne tecniche operative le funzioni collegate con l’antinquinamento marino, di cui ci piace sottolineare che il recupero delle plastiche costituisce il fattore più rilevante ed urgente da combattere, come espressamente richiamato dalla direttiva 2008/56/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, meglio nota come Marine strategy.