Fare grande il piccolo e piccolo il grande

di Mondeggi Bene Comune

Mondeggi Bene Comune si sta preparando a partecipare al bando di co-progettazione per l’assegnazione della tenuta, il cui futuro è a un bivio: “cittadella” del sociale, assegnata alla gestione di grandi imprese, avulsa dal contesto agricolo, oppure progetto multiforme e integrato, con soggetti piccoli ma radicati nel territorio, ricco di patrimonio sociale, relazionale, di partecipazione attiva. Che Città Metropolitana e la sindaca Funaro decidano da che parte stare.

È un periodo frenetico e intenso nella fattoria senza padroni.

In questi giorni è aperto il bando per avviare la coprogettazione che porterà all’assegnazione dei casali della tenuta di Mondeggi.

Dopo più di due anni di estenuanti trattative, ci siamo. Questi mesi saranno cruciali per decidere il futuro della tenuta e soprattutto della fattoria, delle sue forze produttive e della comunità che da più di undici anni le anima e le mette in moto.

In questi giorni abbiamo ancora una volta presentato pubblicamente il nostro progetto, dove la nostra comunità funge da perno di una grande e complessa rete di associazioni che da anni intessono relazioni radicate e profonde sul territorio in cui si trova la tenuta di Mondeggi.

Crediamo fermamente che questa rete di associazioni sia in perfetta continuità con ciò che Mondeggi Bene Comune è stato in questi anni.

Mondeggi ha una particolarità: si tratta dell’unica occupazione “agricola”, sicuramente la più grande d’Italia, che ha permesso una gestione collettiva delle terre e dei loro prodotti, autogestita e totalmente dal basso, che ha raggiunto una scala considerevole. Attualmente ci sono centinaia di persone che in un modo o nell’altro si occupano dei campi di Mondeggi, chi gestisce un filare di vigna, chi una particella di olivi.

L’avventura della Fattoria Senza Padroni dimostra concretamente la possibilità di organizzare dal basso le forze produttive e la gestione di grandi estensioni di terra, attraverso una distribuzione capillare delle terre e dei compiti.

Fin dall’inizio della sua storia Mondeggi Bene Comune si è battuto per l’accesso alla terra, realizzandolo in questi anni, permettendo a migliaia di persone la gestione condivisa dei terreni occupati.

Ci siamo sempre schierati contro l’agroindustria e l’organizzazione della produzione calata dall’alto, contro le monocolture e la produzione massiccia di beni alimentari di scarsa qualità, e abbiamo agito per produrre cibo sano per i tanti membri della nostra comunità allargata. .

E tutto questo sempre seguendo i criteri dell’autogestione e del forte legame col territorio, un legame personale, fatto di momenti di duro lavoro fianco a fianco e di grandi feste dove si mangia e si brinda gomito a gomito, momenti dove ci si incontra e ci si conosce, dove si impara a vivere veramente insieme.

Le associazioni che abbiamo coinvolto per prendere in mano la tenuta di Mondeggi dopo il 2026 condividono questo approccio nel loro lavoro in ambito sociale, a prescindere dal tipo di sevizi erogati e di utenti di riferimento: sono strutture che hanno sempre promosso e coltivato legami durevoli e sviluppato radici profonde nel territorio in cui operano.

Il percorso di coprogettazione riguarderà i casolari della tenuta, che il progetto di ristrutturazione in atto vuole dedicati prima di tutto ad attività sociali. Noi siamo pronti, insieme alle associazioni amiche e solidali che abbiamo al nostro fianco, a riempire la tenuta di attività e servizi che possiedono la stessa qualità con cui abbiamo custodito e lavorato la terra in questi anni.

Vogliamo che la tenuta di Mondeggi continui ad essere un bene comune, ovvero un luogo di condivisione e di sperimentazione, di autogestione e di attività che creano relazioni comunitarie forti e durature. Ci batteremo con forza affinché questo processo di ristrutturazione e di regolarizzazione non la trasformi in uno dei tanti luoghi anonimi che eroga beni e servizi calati dall’alto in cui utenti e stakeholders non hanno alcuna voce in capitolo.

Come ci opponiamo all’agroindustria e alle sue logiche che depauperano i territori e abbassano sistematicamente la qualità del cibo che consumiamo quotidianamente, allo stesso modo ci opponiamo alla logica della mera erogazione di servizi ad una cittadinanza del tutto passiva che riceve ciò di cui ha bisogno da strutture impersonali.

Siamo convinti promotori e attori della cittadinanza attiva e la vogliamo anche per il futuro di Mondeggi e delle attività che ospiterà.

Mondeggi doveva diventare una struttura manicomiale, ma la legge Basaglia l’ha impedito, trasformandola in una azienda agricola. L’azienda è fallita e l’ente pubblico che doveva gestirla l’ha abbandonata per anni. Noi l’abbiamo occupata per custodirla e darle una nuova vita, lo abbiamo fatto in questi undici anni e vogliamo continuare a farlo anche in futuro.

Fedeli all’eredità basagliana che ci ha consegnato questa terra, vogliamo impedire che Mondeggi diventi un luogo dove le alterità e le divergenze vengano trattate come un “problema” da gestire mettendole in un confortevole angolo lontano dal resto della società; al contrario, vogliamo che continui ad essere un luogo dove ogni attività, agricola, sociale o politica, è connessa alle altre, in un insieme organico che crei e rafforzi i legami, la condivisione, la partecipazione e il radicamento sul territorio.

Per questo, lo abbiamo ripetuto tante volte in questi anni di scontro-confronto con le istituzioni, ci siamo sempre opposti ad una gestione “condominiale” della tenuta, dove ogni inquilino si fa gli affari propri e si incontra solo per parlare di beghe burocratiche. Noi vogliamo esattamente il contrario. Vogliamo per Mondeggi una gestione condivisa e partecipata da tutti gli attori in gioco.

Siamo sempre stati aperti alla collaborazione con qualsiasi soggetto che condivida con noi alcuni semplici valori di fondo, come l’antifascismo, l’antirazzismo e l’antisessismo. Ma restiamo fermi sulle modalità di partecipazione attiva e di organizzazione capillare e orizzontale delle attività, di gestione dal basso. Ci batteremo perché queste modalità prevalgano all’interno del processo di coprogettazione, opponendoci alle logiche di mera erogazione di servizi da parte di grandi attori del lavoro in ambito sociale, soggetti privi di legame con il territorio che potrebbero fare quel che fanno in qualsiasi altro posto senza che vi siano differenze nel servizio. Attori che siamo certi in una forma o nell’altra si presenteranno al tavolo ora che è stato imbandito dopo undici anni di lotta, di occupazione e di duro lavoro nei campi.

Ma siamo certi che se ciò avverrà, le migliaia di persone che lavorano nelle associazioni della nostra rete o che collaborano in un modo o nell’altro con la nostra comunità e con le realtà amiche e solidali, non staranno a guardare. Noi stessi non siamo disposti a stare a guardare, e in attesa dell’avvio del tavolo lanciamo la palla al di là dello steccato, nel campo della Città Metropolitana e della sindaca Funaro. Il futuro di Mondeggi, fedelmente alla sua storia recente, può continuare ad essere scritto da realtà del territorio, piccole e radicate, senza potenti mezzi economici o entrature politiche, oppure no. Ad ognuno le proprie scelte e le conseguenti responsabilità.

Mondeggi Bene Comune – Fattoria senza padroni

https://mondeggibenecomune.org/2025/11/20/comunicato-fare-grande-il-piccolo-e-piccolo-il-grande

Mondeggi per la Palestina: progetto C.A.S.A

 

Nella foto: distruzione di diecimila ulivi, da parte dei soldati e coloni israeliani, nel villaggio di Al-Mughayir, a nord-est di Ramallah. Anche a Mondeggi ci sono circa diecimila ulivi

 

Agro-ecologia e solidarietà internazionale, pratiche di azione diretta

Fare agricoltura agro-ecologica significa soprattutto attivare una pratica di resistenza e lotta che si traduce in un costante attivismo politico.
Non esiste agro-ecologia senza lotta dal basso, senza presenza, confronto, partecipazione. Incentivare l’accesso alla terra, promuovere lo scambio di saperi, di strumenti agricoli, favorire la produzione su piccola scala e garantire il libero accesso alla terra per l’avviamento di attività contadine sono alcuni dei principi base sui quali si fonda il nostro pensiero. Nel nostro mondo sono queste le battaglie, il nemico è l’agro-industria, le manipolazioni genetiche, i brevetti sulle sementi.
Fare il pane, prodursi il proprio olio diventano atti politici.
Mentre stiamo seminando il nostro grano, potando la vigna, l’ulivo, lavorando l’orto, sentiamo il valore di quello che stiamo facendo, ogni piccola azione che ci lega e ci connette alla cura del nostro territorio e alla rigenerazione della sua biodiversità in chiave ecologica.
Ma l’ecologia è soprattutto un modo di essere e di confrontarsi con altri/altre: per quanto ci riguarda troviamo una stretta connessione tra agire ecologico e non essere indifferenti a ciò che ci circonda. In un’epoca in cui chi strilla e urla si prende la scena politica, chi ha potere si prende la ragione, noi vogliamo agire, senza slogan o megafoni, ma rivendicando le nostre azioni e costruendo nuovo pensiero a partire da esse.
Non ci stiamo inventando nulla di nuovo: la pratica è l’azione diretta, il motore che la alimenta è la solidarietà, quella forma di empatia attiva che varca i confini dei nostri piccoli mondi e ci mette in connessione con altre realtà sorelle, con persone che sentono la necessità di unire le forze e mettere in pratica forme concrete di solidarietà attiva e mutuo aiuto.
I diritti sociali e umani sono collettivi, come collettiva e la responsabilità che ognuno di noi ha nell’esercitarli, trasmetterli e alle volte anche nel dare supporto per rivendicarli e difenderli.

Obiettivo generale

Come membri della comunità agricola di Mondeggi Bene Comune, da più di una anno stiamo intrattenendo rapporti con alcune delle comunità di resistenza contadina in Cisgiordania, West Bank, Territori Occupati Palestinesi.
In West Bank è sempre stato pericoloso essere una contadina o un pastore. Se vivi vicino a delle colonie israeliane, portare le pecore al pascolo o fare la raccolta delle olive può essere un problema.
L’obiettivo di questo progetto pilota è quello di creare un movimento di persone afferenti al mondo del lavoro agricolo, che volontariamente prestino la propria competenza per facilitare alcune operazioni in campo, in quei luoghi appunto dove il tempo di esecuzione materiale del lavoro fa la differenza tra portare a casa il prodotto e garantirsi un reddito, o essere costretti ad abbandonare tutto, cedere alle intimidazioni e lasciare la propria terra.
Una comunità agricola di supporto e solidarietà attiva che crea un ponte diretto tra contadini e contadine, una solidarietà che ha come presupposto di base l’uguaglianza tra persone facenti parte di una stessa classe.
L’eguaglianza reale non è dunque un dato o un presupposto, ma è il legame che unisce membri di organizzazioni e classi sociali che si incontrano e fanno del lavoro agricolo condiviso uno strumento di lotta all’oppressione e alla violenza dell’occupazione civile e militare israeliana.

Obiettivi specifici e organizzazione sul campo

Il progetto, in questa fase iniziale, si comporrà di una staffetta di sei/otto persone che si muoveranno per i territori palestinesi occupati (Cisgiordania) avendo come unico obiettivo quello del supporto del lavoro agricolo. Il periodo di riferimento è fine ottobre-inizi novembre, durante la raccolta delle olive.
Le zone di riferimento sono due e si trovano sotto quella denominazione che viene riconosciuta come Area C, ovvero a totale controllo militare israeliano e di insediamento civile da parte di coloni nazional-religiosi che rivendicano diritti sulle terre palestinesi.
Le famiglie palestinesi che vivono in queste aree della Palestina occupata sono costantemente soggette a violenze e intimidazioni da parte dei coloni e dell’esercito di occupazione israeliano, che hanno come unico obiettivo quello di scacciare le famiglie contadine dalle proprie terre per annetterle al territorio israeliano.
La presenza di internazionali diventa importante per vari ordini di ragioni.
La principale è che tale presenza riduce quella spirale di violenza e intimidazioni alle quali la popolazione locale è soggetta quotidianamente: lavorare fianco a fianco e interporsi in maniera nonviolenta durante un’azione sul campo diventa uno strumento molto potente se a compierlo è un intera comunità di persone composta anche da internazionali.
Un’altra è che avere delle persone provenienti da varie parti del mondo pone il riflettore su quello che può accadere; un costante monitoraggio supportato da telecamere e macchine fotografiche che registrano un attacco, un arresto, un blocco o una demolizione, diventa fondamentale per il reperimento di prove e materiali a supporto di eventuali denunce da parte della popolazione locale nei confronti delle autorità israeliane. Nei territori palestinesi occupati, un o una palestinese è colpevole fino a prova contraria; diventa quindi un supporto incredibile avere testimonianze e/o fatti documentati dell’evento in questione.
Il gruppo sosterrà due tipi di formazione: la prima in Italia, della durata di due giorni, per facilitare l’avvicinamento al contesto; la seconda, in loco, ad opera dei partner palestinesi. Una volta sul campo la prima tappa sarà un villaggio che abbiamo già identificato, dove con alcuni dei referenti del movimento di resistenza popolare nonviolenta palestinese decideremo come coordinarci con gli altri villaggi per il lavoro. Il villaggio stesso è in Area C e vicino a una delle colonie più attive e violente del territorio. La tappa successiva sarà nel nord dei territori palestinesi occupati, dove si svolgerà la maggior parte del lavoro agricolo di supporto alle famiglie. La sede principale del movimento è una cooperativa agricola che funziona da bacino di raccolta di volontari e volontarie e che funge da connettore per i vari villaggi attorno, che per via del loro isolamento e della prossimità a colonie estremiste sono tra i più vulnerabili.

Conclusioni

Esistono già realtà che operano nei territori palestinesi occupati e che da anni supportano le realtà locali con la propria presenza. Realtà che sono composte da volontari e volontarie da ogni parte del mondo e che prestano aiuto concreto.
L’innovazione della nostra proposta è, a nostro avviso, il canale diretto tra lavoratori e lavoratrici della terra, un legame che si sviluppa tramite il lavoro e che può essere fonte di scambio, conoscenza e arricchimento reciproco.
Questo gruppo di lavoro sarà l’inizio di un ciclo di viaggi concepito solo ed esclusivamente con l’obiettivo di supportare le realtà locali nel lavoro.
L’idea è di sviluppare con il tempo una rete che si attivi nelle fasi critiche del lavoro agricolo, dalla semina del grano, la costruzione di una recinzione, la messa a dimora di piante per l’orto, la potatura degli ulivi e alla raccolta, così da garantire un aiuto pratico nel contenere l’avanzata dell’occupazione delle terre palestinesi da parte dei coloni israeliani.

da qui

 

Gli attivisti di Mondeggi e Arvaia in Palestina hanno raccontato la loro esperienza in un diario in 12 puntate.

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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