«Occhi dal cielo»

In edicola il romanzo di Elia Gonnella, Premio Urania: db lo consiglia senza forse.

C’è gente incazzata nel 2032 che protesta, gridando «parole novecentesche come Hitler e Chernobyl» ai bordi del grande cantiere. Chissà che farebbero i contestatori sapendo che poco più in là, dentro un ghiacciaio in scioglimento delle Dolomiti (quarta di copertina ce lo svelò) un’ora prima è stata scoperta una mummia ; sapremo poi che emette raggi gamma, ha 5mila anni, ed è adornata di «un terzo occhio che si muove». Cantiere pubblico e grotta segreta sono nel dominio di Peter Malknecht, un tipaccio alla Musk. Forse.

Dalla mummia misteriosa un salto veloce a Cinecittà 1972 dove Michele Vitali aspetta il ciak della «scena 57, inquadratura 13, take 1» del suo «Il pugnale di seta». Il regista è un antipatico genio. Ari-forse.

Rieccoci al 2032, a Milano, con Daniele De Torres alle prese con occhi biomeccanici e impreviste visioni di alberi. Gli toccherà fare i conti con un paio di inferni in cui lo cacceranno i suddetti Malknecht e Vitali. Chiaro che il “buono” della storia è il nostro De Torres. Beh, forse.

Elia Gonella con il suo «Occhi dal cielo» (premio Urania 2024 e in edicola per tutto ottobre) ha messo a punto un bel congegno e boia sia chi rivela la trama. La citazione iniziale – vagamente alla Magritte – suona «un albero è un albero, filmatelo a Griffith Park» e dovrebbe essere tatuata sul polso di ogni illusionista d’alto bordo; se non la conoscete sudacchiate fino a pag 131 e la potrete contestualizzare. Ben prima (pagina 36 e poi 61) incontrerete Hunayn Ibn Ishaq che nell’860 circa – Wikipedia dixit – scrisse «Dieci discorsi sull’occhio» e pare che oggi le neuroscienze gli diano ragione sui legami vista-mente. Non vorrei ripetermi, però… forse.

Sino a qui poche donne, vero? Ecco a voi un ultimo forse.

Basta così. Mica bisogna sempre tirarla per le lunghe. Ce li avete 7 euri e 90? Andate in edicola e compratelo. Secondo me vi piacerà, quasi al punto da aspettarvi un seguito. Lo dico senza forse.

Mentre chiudo il computer mi arriva una domanda da chi domani 21 ottobre 2025 leggerà questa recensione (sì, ho un orologio insolente): “ma è fantascienza pura?”. Per evitare domani di riaprire il computer rispondo oggi 20 ottobre 2025. Se anche il vostro orologio è balordo come il mio, in futuro potrete leggere queste dodici parole, apostrofi inclusi: «Nell’intervista all’autore (pag 206) si etichetta così: fantascienza, horror e new weird». E più non dirò.

 

(*) Da qualche tempo è ripresa la “buona” abitudine del martedì. Con «di Marte si parte» in “bottega”- ogni martedì – almeno un articolo dalle parti della fantascienza (e/o del fantastico). Ci sarà… SCSP ovviamente, sigla che sta per «Salvo catastrofi sempre possibili». Si accettano, anzi si sollecitano, contributi e critiche, commenti e segnalazioni, al limite invio di libri agli/alle squattrinati/e “martediane/i” che siamo noi.

Per la settimana prossima non vi accalcate a proporre questo o quello. Siamo già pieni, mettetevi in fila corbezzoli e perbacco. 

 

redazione bottega
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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