Infamie anali

di Mauro Antonio Miglieruolo
(dalla raccolta: “Storie Malsane“)

Sai tu dell’ineffabile voluttà del peto? il sollievo che coglie dopo quei momenti supremi di tensione in cui il ventre gonfia e minaccia di esplodere? Esplode in effetti, ma senza vero danno. Un possente rumore vibra nell’aria, un rumore benefico, liberatorio, un momento sublime dal quale trai un sospiro soddisfatto, ammettendo senza pudori il gran vantaggio. Sia che tu gradisca o meno gli effluvi insoavi che ne conseguono, per un istante, quell’istante rumoroso, sei appagato. Felicità tua effimera piena di vento che t’aggredisce per un istante solo, sei tutto per lei, per il suo momento!

Vera causa, secondo Griffin, del Big Bang…

Eh, sì, gran cosa il peto!
Pur che lo si sappia apprezzare, naturalmente, e praticare in modo acconcio, con libertà, spontaneamente, senza falsi pudori e mortificanti pregiudizi. Non c’è nulla come un bel peto, infatti, per riconciliarsi con il mondo. Lo emetti e ti senti realizzato, al suo suono diventi grande, ricevi l’ovazione tua stessa, ti senti e sei padrone del mondo! Ahaaa, pronuncia la tua bocca, sospirando al seguito del corpo tutto crogiolato! Ahaaa! finalmente sei libero, libero da ogni oppressione!
Quel che hai emesso è solo gas, pesa quasi niente, ma è come se ti avessero tolto di dosso un insopportabile macigno.

* * *

Scoprii troppo tardi il piacere di questa peculiare attività umana, sublime in sé, ma ordinariamente considerata ridicola. Troppo tardi mi avvidi della mia straordinaria facoltà di emetterne a piacimento. La prima metà della vita la sprecai nel disperato disperante tentativo di trattenermi (soffrendo inutilmente); nella seconda, avendo rivoluzionato il punto di vista, con l’entusiasmo del neofita, mi allenai nell’affinare i doni naturali, e recuperare, con attività intensificata, tempo e abilità perdute.
Solo, nella pace della mia stanzetta, in breve tempo, appresi a modularne d’ogni genere, sempre più possenti e sonori, lunghi e variati, veri mostri anali: o meglio, veri e propri “motti anali”.
Me ne infischiavo ormai dello scherno del prossimo. Quest’ultimo tenta ancora di colpirmi, ma non può più, non in modo grave. Un giorno, nel precipizio di un solo minuto, dopo che nel folto di un nobile consesso, tormentato per ore da borborigmi, gorgoglii e dolorosi movimenti intestinali, interrompendo l’oratore di turno, esplosi con tuono da battaglia più che da temporale, superato il greve dell’imbarazzo, conclusi inevitabilmente ch’era il prossimo ad aver torto, ed io ragione ad accudire ai miei bisogni; da quel momento accantonai in perpetuo ogni dovere di vergogna, e m’estrinsecai senza ulteriori ripensamenti nel disvelato talento; e condussi, come ancora conduco, una inesauribile battaglia contro il discredito che circonda questa nobile attività.

Ce n’è una infinità sullo stesso tema, su Internet. Segno che la commedia dell’arte, quella grassa e “plebea” non ha ancora finito di produrre i suoi effetti.

Ovunque mi trovi cerco di abbattere i pregiudizi, rinfocolando con discorsi e con gli esempi atteggiamenti di rivolta contro l’anatema e il riso che l’accerchia. In molti luoghi e qualsiasi occasione, a costo del totale isolamento, mi effondo nel propagandare quelle che ormai sono convinzioni radicate, ovvie per me. Infaticabile e devoto, dedico alla stampa, alla piazza, ai cartelloni pubblicitari, e ai muri delle case, ogni genere di messaggio, libelli, articoli, orazioni, pamphlet, slogan favorevoli alla mia causa. Adopero diversi argomenti, e cerco spesso il sostegno di illuminati uomini di scienza (raro trovarne).
Ma, lo confesso, tutto questo invano.
Sebbene sappia di quanti e quante possano sfoggiare un medesimo talento, pochi sono coloro che risolvono di confessare le personali tendenze segrete, pronti nel coraggio, disposti ad affrontare lo scherno e l’isolamento che ne consegue. I medesimi inesplicabili pudori che rendono sorde le coscienze, rendono ostili le orecchie. Per lo più i miei discorsi non vogliono neppure essere ascoltati. La fama d’un uomo, si sa, la sua fortuna, il decoro possono andare distrutti in un secondo, il tempo rapido d’un peto sottile; o quello più consistente di un boato fuori ordinanza: il solo pensiero atterrisce chiunque. L’opportunismo regna sovrano.
Solo io tra tutti quelli che apprezzano i benefici dei fuochi d’artificio anali, oso sfidare apertamente tali pregiudizi. Anzi, più grande è la resistenza che incontro, più m’incaponisco, intensifico la mia attività sonora, ostinandomi oltre il necessario.
Oggi, ad esempio, prima di venire a quest’incontro, in cui confido se non persuadere, di smuovere almeno una convinzione radicata, ho effettuato, attaccando la sensibilità di un intero consesso di nasini delicati, lo stesso che abita settimanalmente il salotto d’una nostra esimia concittadina, il più straordinario e ben riuscito tentativo di rompere l’accerchiamento.
Mi sono infatti aiutato a ben figurare con un pasto sostanzioso e adatto alla fermentazione. Ho esordito con un gran piatto di fagiuoli, e concluso con una quantità di frutta e bevande generosamente gasate (si racconta siano una mano santa a tal fine: sono pronto a dimostrarti che non si tratta di invenzioni). Me n’è rimasta ancora qualcuna, pronta per te. Potrai constatare non solo l’eccellenza dell’intonazione, ma quanto poco mi vergogno nell’emetterla.
Ascolta, ascolta questo primo residuo sonoro… (peto) …Hai udito? E si trattava soltanto dell’esordio, un piccolo acconto in tono di basso, lieve, il giusto per annunciare il diluvio che seguirà. Aveva i suoi limiti, lo riconosco, navigando come navigava tra il rozzo e lo sfiatato: provvedo a porre riparo con una seconda emissione, di gusto più fine e con voce forte, da tenore… (peto) …Occorre anche dar continuità alla sonata, farne diverse insieme e bene accordate tra loro… (peto) …Niente, è troppo presto, la valanga non è pronta… (peto) …Massù, non fare quella faccia, stai tranquilla, le mie non puzzano, o meglio, puzzano raramente e molto poco, solo chi ha naso particolarmente sensibile, e schifiltosa propensione può accorgersene con sua noia… (peto) …Ecco, quasi ci siamo, l’intonazione sembra corretta, il canto può cominciare… (Peto) …Ho una facilità incredibile nell’emmetterli. Basta che lo voglia… (Peto) …amo variare i rumori, sviluppare evoluzioni canore, strappare un qualche applauso da occasionali estimatori. Una volta pensa, per scommessa, ne ho battuti undici consecutivi, alle undici di notte, al seguito dei tocchi d’una pendola. Che successo, quella volta, con gli amici! (Amici intimi e affidabili, si capisce!) Adesso, per te, solo un altro, l’ultimo, il più discreto, una specie di accordo finale, il sigillo al mio discorso, per avvalorarne la tesi d’innocuità… (peto) …Come vedi, non è successo nulla di terribile. Nessun danno, e un unico vantaggio: che io, ora, mi sento meglio. Godo di un immane sollievo.
Ma ritengo che anche tu, me lo dice l’espressione del tuo viso, ti accingi a esultare. Spero che non sia per le medesime ragioni di tanti, solo per sollievo, dato che ti accorgi che l’ora è trascorsa, l’incontro concluso e sono in obbligo d’andarmene.

Redazione
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