«51 Pegasi b»: la scoperta del millennio?

I mondi infiniti immaginati fin dai tempi più antichi sono una realtà

di Andrea Bernagozzi

Il 25 ottobre 1995 l’IAU (International Astronomical Union) rende ufficiale la scoperta del primo pianeta extrasolare in orbita attorno a una stella “normale”

I due astrofisici svizzeri non credevano ai propri occhi. Potevano davvero aver individuato il primo pianeta in orbita attorno a un’altra stella, anch’essa nel pieno della sua vitalità come il nostro Sole?

Michel Mayor era un astronomo rispettato e Didier Queloz un dottorando brillante. Ma di fatto erano due neofiti tra i cosiddetti “cacciatori di pianeti”, o meglio di pianeti extrasolari, perché posti al di fuori del Sistema Solare. Mayor si era occupato di vari ambiti di ricerca, in particolare lo studio delle stelle doppie, per comprenderne i meccanismi di formazione; a Queloz era stato affidato il compito di sviluppare il software per l’analisi dei dati presi con l’innovativo spettrografo romanticamente battezzato ELODIE, messo a punto da Mayor e colleghi, poi montato sul telescopio da 1,93 metri di apertura all’Observatoire de Haute-Provence (OHP), in Francia.

Poco dopo aver attivato il sistema, incredibilmente avevano ottenuto un risultato positivo: un possibile pianeta attorno alla stella 51 Pegasi. I primi mesi di osservazione indicavano che si trattava di un’osservazione solida. Per esempio, le altre stelle osservate insieme a 51 Pegasi (la stella 51 della costellazione di Pegaso, visibile anche a occhio nudo in cieli bui e sereni) non mostravano segnali analoghi e questo permetteva di escludere un malfunzionamento. Possibile che loro, praticamente al primo tentativo, fossero riusciti là dove i maggiori esperti del campo, come il canadese Gordon Walker e gli statunitensi Geoffrey Marcy e R. Paul Butler, avevano fallito dopo anni di osservazioni con strumenti realizzati apposta per cercare tracce di mondi in orbita attorno alle altre stelle?

Eppure i dati, raccolti tra l’autunno del 1994 e l’estate del 1995, suggerivano che fosse proprio così. Convinti del risultato, alla fine di agosto Mayor e Queloz sottoposero alla britannica Nature – la più importante rivista scientifica al mondo insieme alla statunitense Science – un articolo in cui descrivevano la scoperta. Il lavoro sarebbe stato esaminato dai referee (arbitro in inglese) cioè scienziati esperti del campo, non coinvolti nella ricerca di cui tratta l’articolo, che esprimono un parere indipendente e autorevole sul lavoro, in base al quale una rivista scientifica accetta o rifiuta l’articolo per la pubblicazione. In attesa del parere dei colleghi che in forma anonima avrebbero passato al setaccio lo studio per evidenziare ogni possibile errore, leggerezza o svista, i due astronomi svizzeri continuarono l’osservazione di 51 Pegasi con ELODIE, quasi a sincerarsi che tutto non si rivelasse un’illusione, proprio sul più bello.

Negli stessi giorni giunse una notizia bomba per i cacciatori di pianeti. Il gruppo canadese guidato da Walker, tra i fuoriclasse del campo, pubblicò i risultati di una ricerca pluriennale: nessun pianeta individuato. L’esito negativo ebbe un effetto deprimente non da poco nell’ambiente, con alcuni astronomi osservativi che decisero di rivolgere la propria attenzione ad altri ambiti di ricerca, mentre venivano sviluppate analisi teoriche per cercare di capire se il Sistema Solare, con la sua corte di pianeti in orbita attorno al Sole, potesse essere l’eccezione e non la regola. In altre parole, forse non erano stati trovati pianeti attorno alle altre stelle perché, semplicemente, non esistevano altri pianeti se non quelli del Sistema Solare.

Mayor e Queloz fremevano, sapendo che non era affatto così. Però, inviando il proprio lavoro a Nature, si erano impegnati a non rivelare nessuna informazione al riguardo finché l’articolo non fosse stato pubblicato, oppure rigettato. Tuttavia, il dibattito nato attorno alla ricerca di Walker li rese sempre più impazienti. Insistettero con i responsabili editoriali di Nature e alla fine trovarono un compromesso. Avrebbero partecipato al nono Cambridge Workshop dal titolo “Cool Stars, Stellar Systems, and the Sun”, che si sarebbe tenuto a Firenze dal 2 all’8 ottobre 1995. Il periodo e il luogo – una città legata a Galileo Galilei, tra i fondatori della moderna astronomia – sembravano quelli giusti per annunciare ufficialmente la scoperta. Le iscrizioni al workshop per i contributi maggiori erano già chiuse, ma Mayor e Queloz ottennero di presentare una breve comunicazione durante una tavola rotonda. L’accordo con Nature li vincolava a non esporre in maniera particolareggiata la ricerca, per cui il tempo loro concesso nel programma fu inizialmente di cinque miseri minuti d’orologio.

Poi capitò che una settimana prima del convegno fiorentino un collega di Mayor, che non aveva alcun vincolo nei confronti di Nature, si fece “casualmente” sfuggire, durante un meeting a Catania, che i due astronomi svizzeri avevano scoperto un pianeta extrasolare. Grazie a questa indiscrezione del tutto casuale – lo ribadiamo e chi ha orecchie per intendere intenda – Mayor e Queloz ottennero improvvisamente quarantacinque minuti di tempo per il loro intervento a Firenze. Quando erano già nella città toscana, ricevettero via fax (siamo nel 1995…) i pareri dei referee: due favorevoli alla pubblicazione, uno contrario, ma le obiezioni sollevate non apparvero ai due studiosi tali da minare il loro risultato. Così il 6 ottobre 1995 Mayor e Queloz resero pubblica la scoperta del primo pianeta extrasolare attorno ad una stella normale o – per dirla con il termine tecnico corretto – di sequenza principale [1].

Va specificato infatti che ben tre pianeti extrasolari erano già stati scoperti, tra il 1991 e il 1994, nel luogo forse meno atteso: attorno a una pulsar, resto della catastrofica esplosione di supernova di una stella massiccia almeno otto volte più del Sole. La pulsar è un oggetto composto di neutroni, assai denso, altamente magnetizzato e in rapida rotazione, che produce un forte segnale elettromagnetico nella banda radio. Gli impulsi sono prodotti a intervalli estremamente regolari. Studiando la pulsar PSR B1257+12, a circa 1.600 anni luce dalla Terra nella costellazione della Vergine, con il grande radiotelescopio di Arecibo, nell’isola caraibica di Puerto Rico, il radioastronomo polacco Alexander Wolszczan aveva notato cambiamenti periodici nei tempi di arrivo del segnale che potevano essere spiegati ipotizzando la presenza di pianeti in orbita attorno a quella stella morta. Il collega statunitense Dale Frail lo aiutò a confermare l’inattesa scoperta, studiando la pulsar con le antenne del Very Large Array del National Radio Astronomy Observatory a Socorro, nel New Mexico.

La notizia però, con grande e comprensibile scorno in particolare di Wolszczan, non aveva suscitato particolare interesse, perché era chiaro quanto quei mondi fossero inondati da nocive radiazioni, il che escludeva che potessero essere minimamente adatti a ospitare la vita. Calcando un po’ la mano, potremmo dire che erano stati interpretati come una bizzarria della natura, quasi degna più di una settecentesca Wunderkammer che di ulteriori approfondimenti.

Il pianeta di Mayor e Queloz, chiamato 51 Pegasi b, era tutta un’altra cosa. I dati indicavano che doveva essere un gigante gassoso, un po’ come Giove nel nostro Sistema Solare, quindi anch’esso inabitabile, anche perché orbitava a meno di 8 milioni di km dalla stella, 100 volte più vicino di Giove al Sole, esposto quindi a una temperatura di circa 1.000 °C. Però la stella 51 Pegasi aveva massa e dimensioni assai simili a quelle del Sole, mentre era appena un po’ più vecchia come età: quell’astro, a una cinquantina di anni luce di distanza, era probabilmente acceso da 6 miliardi di anni contro i 4,5 miliardi di anni della nostra stella. Insomma, anche se questo 51 Pegasi b non era certo un gemello della Terra, dimostrava comunque che i pianeti di altre stelle esistevano, per di più attorno a una stella che ricordava molto il nostro Sole.

L’esclusiva con Nature impediva ai due di poter discutere della vicenda al di fuori del contributo del convegno. I giornalisti, non potendo ottenere informazioni direttamente dagli autori della scoperta, si rivolsero ai loro colleghi astronomi per avere un commento. Mayor e Queloz, in compagnia delle rispettive consorti, Françoise e Valérie, che avevano voluto vicino in quest’occasione, furono testimoni inermi di una situazione da teatro dell’assurdo: tutti potevano parlare della loro scoperta, tranne chi l’aveva compiuta!

Subito dopo l’annuncio fiorentino, i due statunitensi Marcy e Butler, anch’essi campionissimi tra i cacciatori di pianeti, osservarono 51 Pegasi con un telescopio da 3 metri di apertura al Lick Observatory, in California. Erano rimasti particolarmente scottati dall’annuncio dei colleghi: avevano preso in considerazione 51 Pegasi per i loro studi, ma poi l’avevano scartata. Il 17 ottobre, dopo quattro notti di misure e qualche altro giorno per l’analisi dei dati, gli statunitensi confermarono la scoperta dei colleghi svizzeri. Di nuovo, sì replicò il teatro dell’assurdo: mentre Marcy e Butler rilasciavano interviste su interviste, Mayor e Queloz erano costretti a tacere per rispettare l’esclusiva di Nature. La notizia della scoperta di un pianeta ‘alieno’ ovviamente attrasse l’attenzione dei grandi mezzi di comunicazione. Alcuni giornali riferirono che 51 Pegasi era stato scoperto da astronomi italiani (così scrisse il prestigioso The Washington Post, equivocando sul fatto che l’annuncio fosse stato fatto a Firenze), altri che fosse stato scoperto da astronomi americani (ovvero Marcy e Butler), qualcuno che voleva dimostrare di essersi documentato aggiunse che era stato osservato anche da astronomi svizzeri…

Finalmente, a mettere un po’ d’ordine arrivò la circolare numero 6251 della International Astronomical Union, ovvero l’associazione che a livello mondiale coordina le ricerche in campo astronomico e astrofisico. Si trattava di un documento stringato, che conteneva solo le informazioni essenziali, con quello stile arido e prettamente burocratico dal quale non sono esentati nemmeno gli annunci di scoperte scientifiche epocali. Aveva però il pregio di mettere nero su bianco tutti i dettagli, in particolare quelli relativi alla sequenza degli eventi, riportando alcuni dati di Mayor e Queloz – con il permesso della rivista britannica – e della successiva conferma operata, oltre che da Marcy e Butler, da altri astronomi [2]. In questo modo, finalmente, veniva dato a Cesare quel che è di Cesare, in attesa dell’articolo completo su Nature e dei commenti che ne sarebbero seguiti.

Quella circolare fu diramata il 25 ottobre 1995 e si può dire che è da quella data che è divenuto ufficiale, in ambito scientifico e non solo, che i mondi infiniti e innumerabili immaginati fin dai tempi più antichi da pensatori e filosofi sono una realtà e non più solo una dotta speculazione.

Infine il 23 novembre 1995 uscì l’atteso numero di Nature. La copertina era dedicata all’articolo di Mayor e Queloz, ma mitigava la forza dell’annuncio con un punto interrogativo: “A planet in Pegasus?”. Dubbio che non compariva affatto nel titolo del lavoro all’interno, in cui, senza alcuna prudenza, si parlava esplicitamente di un «compagno di massa gioviana per una stella di tipo solare» [3].

Un quarto di secolo dopo, conosciamo l’esistenza di quasi 5000 pianeti extrasolari, in breve esopianeti [4]. Di questi, una manciata potrebbe avere caratteristiche analoghe a quelle terrestri per massa, dimensioni, composizione chimica e temperatura media. Sono mondi potenzialmente adatti ad ospitare la vita, ma ancora non sappiamo se sia davvero così. Si spera di riuscire a identificare con certezza altri mondi abitabili nel prossimi 25-30 anni di ricerche. Finora abbiamo studiato una minima porzione delle stelle della Via Lattea. Si stima che nella nostra galassia – la città di stelle dove si trova il Sistema Solare – possano esserci fino a mille miliardi di pianeti. Uno scenario fantasmagorico che però è frutto di studi scientifici: non stupisce che nel 2019 a Michel Mayor e Didier Queloz sia stato assegnato il Premio Nobel per la fisica proprio per la seminale scoperta di 51 Pegasi b [5].

REFERENZE

[1] Mayor, Michel; Queloz, Didier “A Search for Substellar Companions to Solar-type Stars via Precise Doppler Measurements: A First Jupiter Mass Companion Detected”, in Pallavicini, Roberto; Dupree, Andrea K. eds. Cool Stars, Stellar Systems, and the Sun. 9th Cambridge Workshop. Astronomical Society of the Pacific Conference Series Vol. 109, Florence, Italy, 3-6 October 1995 (San Francisco, Astronomical Society of the Pacific, 1996). Pag. 35-38. https://ui.adsabs.harvard.edu/abs/1996ASPC..109…35M/abstract

[2] Mayor, M.; Queloz, D.; Marcy, G.; Butler, P.; Noyes, R.; Korzennik, S.; Krockenberger, M.; Nisenson, P.; Brown, T.; Kennelly, T.; Rowland, C.; Horner, S.; Burki, G.; Burnet, M.; Kunzli, M. “51 Pegasi”, in Marsden, Brian G. ed. IAU Circular, 6251, 1 (1995). Per l’importanza storica, il testo originale della circolare dedicata alla scoperta di 51 Pegasi b è riportato per intero: “M. Mayor and D. Queloz, Geneva Observatory, have reported the discovery of a Jupiter-mass object in orbit around the solar-type star 51 Peg. The announcement was made in Florence on Oct. 6 at the Ninth “Cambridge” Workshop on “Cool Stars, Stellar Systems, and the Sun”. The claim is based on 18 months of precise Doppler measurements made with the ELODIE spectrograph of the Observatoire de Haute-Provence.  The parameters of the orbital motion are as follows: P = 4.2293 +/-0.0011 days, e = 0 (assumed), K = 0.059 +/- 0.003 km/s, T0 = 2449797.773 +/- 0.036. The minimum mass of the companion is 0.47 +/- 0.02 Jupiter mass. Alternative explanations for the radial-velocity variation (pulsation or spot rotation) seem to be ruled out by the absence of any significant corresponding photometric variation. Following the Oct. 6 announcement, confirmation of the 4.2-day radial-velocity variation was obtained in mid-October by G. Marcy and P. Butler (San Francisco State University, University of California at Berkeley) at the Lick Observatory, as well as by a joint team from the Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (R. Noyes, S. Korzennik, M. Krockenberger and P. Nisenson), the High Altitude Observatory (T. Brown, T. Kennelly and C. Rowland) and Pennsylvania State University (S. Horner). G. Burki, M. Burnet and M. Kuenzli, Geneva Observatory and Lausanne University, communicate: «Intensive photometric monitoring of 51 Peg has been carried out at the European Southern Observatory.  There is no evidence for eclipses in the system.  The rms of the V magnitude (on 17 nights) is 0.037, two comparison stars being used.  A 4.2-day photometric variability larger than 0.002 mag can be ruled out»”. https://ui.adsabs.harvard.edu/abs/1995IAUC.6251….1M/abstract

[3] Mayor, Michel; Queloz, Didier “A Jupiter-mass companion to a solar-type star”, Nature, 378, 355-359 (1995). https://ui.adsabs.harvard.edu/abs/1995Natur.378..355M/abstract

[4] Il database del sito di riferimento http://exoplanet.eu/ cataloga 4.857 pianeti alla data del 20 ottobre 2021.
[5] https://www.nobelprize.org/prizes/physics/2019/summary/

In “bottega” cfr 6 ottobre 1995: ma guarda un po’ cosa c’è dalle parti di Stella 51 Pegasi (sempre di Andrea Bernagozzi: la stessa vicenda ma raccontata in un diverso contesto) ma anche Sistemi alieni? Diamo loro un nome di Riccardo Balestrieri, già direttore dell’Osservatorio astronomico di Genova.

E auguri dalla “bottega”… visto che domani è il compleanno di Andrea Bernagozzi


sistema 51 Pegasi (fonte IAU)

 

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *