Migrazioni e morte di Stato: il crimine sistemico dell’Occidente

di Mario Sommella (*)

Nessuno potrà dire “non sapevamo”. Perché oggi tutto è visibile, tutto è tracciabile, tutto è noto. Le rotte migratorie sono solchi di sangue impressi nel Mediterraneo, nei deserti africani, nei boschi dei Balcani, tra le recinzioni d’Europa e i Lager libici. Eppure, nel cuore di questo orrore reiterato, l’Occidente continua a girarsi dall’altra parte, quando non è direttamente complice. Siamo dinanzi a una forma di omicidio colposo di massa, istituzionalizzato e sistemico, che si maschera da realpolitik, si traveste da emergenza, e si giustifica con la “lotta al traffico di esseri umani”.

La menzogna dell’“emergenza migranti”

Le migrazioni, contrariamente a quanto suggeriscono i media e i governi, non sono un’eccezione. Sono la norma di questo secolo. Il XXI secolo sarà ricordato come il secolo delle migrazioni forzate, determinate da tre vettori centrali: guerre (spesso alimentate proprio dalle potenze occidentali), cambiamento climatico (di cui l’Occidente è storicamente il primo responsabile) e iniquità strutturale globale (il frutto avvelenato del colonialismo e del neoliberismo).

Secondo l’UNHCR, nel 2024 più di 120 milioni di persone nel mondo sono state costrette ad abbandonare la propria casa, il numero più alto mai registrato. Ma nonostante ciò, l’Europa continua a fingere che sia un’invasione. Come se la vita di un rifugiato valesse meno della stabilità psicologica di un cittadino bianco impaurito dalla retorica sovranista.

Il rovesciamento della narrativa: l’Occidente invaso

È un paradosso cinico: l’Occidente, che per secoli ha invaso il mondo, oggi si sente invaso. Le destre cavalcano questa percezione deformata, trasformando i migranti in capri espiatori del declino economico, morale e identitario delle società europee. E la sinistra? O tace, o si adegua. Troppo timorosa per difendere apertamente il diritto all’asilo, troppo attenta a non perdere il consenso di un’elettorato smarrito e rancoroso. Così, anche i partiti progressisti finiscono per sostenere, direttamente o indirettamente, accordi criminali con regimi autoritari – dalla Turchia alla Tunisia, dalla Libia all’Egitto – per “esternalizzare” la frontiera e i respingimenti.

Ma esternalizzare significa de-responsabilizzare. Significa sapere – e accettare – che quei migranti verranno picchiati, torturati, violentati o abbandonati nel deserto. Eppure l’UE continua a finanziare quei governi. Il che trasforma ogni euro versato in un mandato tacito alla barbarie.

Dai crimini per omissione ai crimini per deterrenza

Non si tratta più di semplici omissioni di soccorso. Quelle, seppur gravi, implicano un’impossibilità momentanea o una negligenza occasionale. Qui siamo davanti a scelte politiche deliberate, ripetute e strutturate. Si lasciano affondare barche, si abbandonano donne incinte nei deserti, si impedisce alle ONG di salvare vite in mare, si criminalizzano i soccorritori. Non è disorganizzazione. È terrorismo dissuasivo di Stato. Un calcolo preciso: più morti in mare = meno partenze future. Un’equazione raccapricciante, ma ormai consolidata nelle menti ciniche delle cancellerie europee.

Come si può definire una tale condotta? Se non è omicidio doloso, perché manca l’intenzione esplicita di uccidere, è senz’altro omicidio colposo seriale, con aggravanti morali e sistemiche. Eppure, nessun tribunale internazionale lo ha ancora riconosciuto come crimine contro l’umanità.

Lemkin, la Shoà e l’indifferenza di oggi

Dopo l’Olocausto, Raphael Lemkin inventò il termine “genocidio” e ne ottenne l’inserimento nel diritto internazionale. Lo fece per dare nome a un orrore che non poteva restare muto. Oggi manca un Lemkin che si batta per il riconoscimento giuridico dell’omicidio colposo di massa, inteso come crimine di sistema praticato dagli Stati democratici contro i migranti.

Non si tratta di paragonare le rotte migratorie ai lager nazisti. Ma c’è una domanda scomoda che ci riguarda tutti: come verrà ricordata la nostra generazione? Per il collasso climatico? Per l’apatia politica? O per aver voltato le spalle a milioni di esseri umani condannati a morte in nome del consenso elettorale?

Il Mediterraneo: un cimitero sorvegliato

I dati parlano da soli. Solo nel 2023, oltre 3.000 persone sono morte nel Mediterraneo, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Molte altre sono “disperse”, cioè inghiottite dall’acqua e dalla burocrazia. Il Mar Mediterraneo è diventato il confine più letale del mondo, e l’Europa ha fatto di tutto per renderlo tale. Il recente accordo tra Italia e Albania per creare centri di detenzione extra-territoriali è solo l’ultima mostruosità in ordine di tempo.

Sotto la patina della legalità, della “gestione dei flussi”, del “contenimento”, si cela un progetto strutturato di dissuasione violenta e disumanizzante. E ogni morte in mare è funzionale a questo disegno. Ogni corpo sulla spiaggia è un monito.

È tempo di nominare il crimine

La gravità dell’attuale situazione richiede un salto di paradigma. Non bastano le lacrime, i comunicati, gli appelli umanitari. Serve una nuova categoria giuridica internazionale che riconosca e persegua l’omicidio colposo di massa da parte degli Stati. Un crimine che non è più invisibile né accidentale, ma sistemico, calcolato, diffuso.

Così come un tempo si negava il genocidio per non vederlo, oggi si evita di nominare il crimine che si consuma ogni giorno alle nostre frontiere. Ma se davvero crediamo in una giustizia universale, allora dobbiamo avere il coraggio di dire: le politiche migratorie dell’Occidente non sono solo fallimentari, sono criminali.

Fonti e approfondimenti
• UNHCR, Global Trends 2024
• IOM (International Organization for Migration), Missing Migrants Project
• Amnesty International, Rapporto 2023 su Libia, Tunisia e politiche UE
• Human Rights Watch, Libya: Nightmarish Detention for Migrants
• Altreconomia, La filiera dei respingimenti europei
• European Parliament Research Service, Externalization of EU Migration Policy

(*) ripreso da «Un blog di Rivoluzionari Ottimisti. Quando l’ingiustizia si fa legge, ribellarsi diventa un dovere»: mariosommella.wordpress.com

Redazione
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Un commento

  • Domenico Stimolo

    Libia e Tunisia: Duecentotrentaseimila
    sono i migranti – rifugiati “bloccati alla partenza” dal 2023. Viene dichiarato dal ministro Piantedosi.
    Il numero degli Umani e’ molto grande.
    Una domanda sorge spontanea.
    Ma, chi gestisce il conteggio? Sono i governi di Libia e Tunisia – per la Libia e’ un dolce eufemismo, dato altresi’ che gestiscono le prigioni lager – ?
    Sui luoghi in oggetto, i porti, sono sempre presenti osservatori ” ragionieri” italiani che meticolasemte conteggiano gli Umani riportati indietro?
    Da libici e tunisini vengono inviati ufficiali “verbali” contenenti, numeri, nomi e fatti?
    Quindi, chi fa la somma finale, libica e tunisina?
    Certo la questione e’ molto intrigante!
    In primo piano ci sono gli elementi costitutivo dei patti ” storici” promossi dall’ Italia.
    https://www.rainews.it/articoli/2025/08/migranti-piantedosi-stop-naufragi-solo-fermando-partenze-illegali–4434861e-6d06-4015-8aa3-786343ca3cbf.html

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