Situazione in Palestina, mobilitazioni e dibattiti in Italia

 

  • aggiornamenti tratti dalla newletter di Radio Onda d’Urto
  • report sulle mobilitazioni per la libertà di Mohamed Shahin del 5/6/7 dicembre
  • aggiornamenti di Anbamed del 5 dicembre con l’appello per la liberazione di Marwan Barghouti
  • aggiornamenti di Anbamed del 6 dicembre
  • la sintesi di un dibattito acceso rispetto alla partecipazione di Abu Mazen alla convention di Atreju
  • alcuni elementi di cui prendere atto attraverso il sito Infopal, per cominciare ad affrontare una discussione  (che deve trovare il modo di esprimersi attraverso il confronto e non sottotraccia, con il rischio di produrre comunque fratture che se non comprese sono insanabili perchè non esprimibili. La fase politica è difficile e dobbiamo imparare a maneggiarla);
  • cliccando qui sulla parte in rosso potete trovare notizie sulla petizione che diverse associazioni della Emilia Romagna rivolgono alla Regione affinchè cessi ogni complicità con il governo israeliano;
  • infine riportiamo la notizia della pubblicazione del report del gruppo “Don’t buy into occupation” in merito alla finanza europea che investe nelle imprese coinvolte nei crimini israeliani

 

PALESTINA – Oggi siamo tornati a collegarci con la Palestina, in particolare con la Cisgiordania occupata, da dove Fabian Odeh, nostro collaboratore, racconta l’espansione continua dell’occupazione coloniale per mano israeliana.

Nell’intervista, realizzata in collegamento dalla città di Nablus, il nostro collaboratore italo-palestinese riferisce di un rapido aggravarsi della situazione nei Territori palestinesi occupati.

Tra gli effetti, in questo periodo, c’è quello che è stato definito il “peggiore raccolto di olive di sempre”: oltre alla scarsità del raccolto di quest’anno, i palestinesi hanno dovuto affrontare immense difficoltà nell’accedere alle proprie terre.

L’aggressione si manifesta poi anche attraverso nuove forme di pressione psicologica e controllo territoriale. Lungo la Strada 60 che collega Ramallah a Nablus, per esempio, i coloni israeliani hanno issato migliaia di bandiere israeliane, praticamente una ogni 5 o 10 metri per 17 km.

“In Cisgiordania – spiega Fabian Odeh – si registra una tensione crescente e un aggravarsi della situazione, con l’occupazione che diventa sempre più aggressiva”. “Il territorio è segnato da un forte intervento militare israeliano, con la distruzione completa di campi profughi come quello di Jenin, Tulkarem e Nur Shams, e incursioni nelle città di Tubas e Qalqilya”, continua Odeh.

 

Questo venerdi 5 dicembre prosegue la mobilitazione in tante piazze in Italia per chiedere la liberazione di Mohamed Shahin , imam della mosche di via Saluzzo a Torino, detenuto nel Cpr di Caltanisetta e a rischio espulsione in Egitto per aver pubblicamente sostenuto la resistenza palestinese. Presidi sono stati convocati a Genova  (Largo Eros Lanfranco) , Napoli ( Piazza Plebiscito) , Modena (Piazza Muratori). 

A Torino il Coordinamento “Torino per Gaza” ha dato appuntamento alle 18 in Piazza Palazzo di Citta’, sede del Comune , per chiedere al Sindaco Lo Russo di “esprimersi senza esitazioni in difesa di un suo concittadino che in questo momento subisce l’accanimento razzista e islamofobo di questo governo di fascisti. Esprimere la propria opinione non puo’ essere reato”.

La presentazione con Emma del CUA Collettivo Universitario Autonomo Ascolta o scarica

 

Le notizie di Anbamed del 05/12/2025 https://www.anbamed.it/2025/12/05/anbamed-nl-1930-05-dicembre-2025/

Genocidio a Gaza

Questa mattina presto, l’esercito di occupazione israeliano ha lanciato una serie di incursioni aeree accompagnate da operazioni di demolizione, bombardamenti di artiglieria e pesanti colpi di arma da fuoco, prendendo di mira diverse aree dietro quella che è diventata nota come la linea gialla nella Striscia di Gaza.

Aerei da guerra israeliani hanno effettuato attacchi all’interno della linea gialla, a est di Khan Younis, nella Striscia di Gaza meridionale.

Anche l’artiglieria israeliana ha preso di mira le aree a est di Khan Younis con diversi colpi.

Nella città di Gaza, fonti giornalistiche locali hanno riferito che l’esercito di occupazione israeliano ha fatto esplodere un robot trappola nel quartiere di Shuja’iyya, in concomitanza con il ritiro dei veicoli militari israeliani dalla zona. Le cannoniere navali hanno aperto il fuoco contro le tende degli sfollati a ovest di Gaza City.

Come si vede, la tregua è un grande falso diplomatico e mediatico.

Il rapporto giornaliero del ministero della sanità palestinese informa di 8 corpi di persone uccise, dal fuoco israeliano, sono arrivati negli ospedali. 16 le persone ferite ricoverate.

Il nostro commento quotidiano fisso: 

Ci sono ancora coloro che obiettano che non si tratti di genocidio, basandosi su congetture storiche e non guardando la realtà delle cifre e delle intenzioni, dicono: “Dire che Israele commette genocidio è una bestemmia”.

Pronunciare una frase simile è la vera bestemmia nei confronti della memoria dei sei milioni di ebrei assassinati dal nazismo tedesco.

 

L’assassinio del collaborazionista Abu Shabab

La stampa israeliana ha annunciato la morte del miliziano collaborazionista Abu Shabab. Non sono ancora chiare le circostanze del suo assassinio all’interno della zona gialla sotto il controllo dell’esercito israeliano. Le versioni sono diverse, dal litigio interno allo scontro con unità di Hamas. Il movimento palestinese non ha rivendicato l’uccisione, ma l’ha accolta con soddisfazione: “è la sorte di tutti i traditori”.

Il personaggio era odiato dallo stesso suo clan, che a maggio scorso lo aveva ripudiato, condannando la sua “collaborazione con gli aggressori israeliani contro il suo popolo”. (per leggere la sua storia, da trafficante di droga all’arruolamento come servo degli israeliani: clicca!)

Cisgiordania

Decine di palestinesi sono rimasti feriti negli attacchi delle forze di occupazione israeliane e dei coloni ebrei nella Cisgiordania occupata, mentre sono stati ripetuti i raid in diverse città e villaggi e sono stati effettuati arresti. Durante il raid a Qalqilya, un ragazzo di 12 anni è stato colpito alla testa e versa in condizioni critiche. Anche un uomo di 26 anni è stato colpito a un piede ed entrambi sono stati trasportati in ospedale.

La Mezzaluna rossa ha affermato che le forze israeliane hanno impedito alle squadre mediche di raggiungere il quartiere di Kafr Saba a Qalqilya, dove sono stati registrati casi di aggressione ai paramedici volontari, mentre si dirigevano a svolgere le loro attività umanitarie.

Libertà per Marwan Barghouti

È in corso in Italia ed a livello internazionale, la campagna in favore della liberazione dei prigionieri politici palestinesi e in particolare per mettere fine alle torture e maltrattamenti. Al centro di tale campagna vi è l’obiettivo di salvare il Mandela palestinese, Marwan Barghouti, da 23 anni in carcere.  La campagna viene lanciata alla vigilia della giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese indetta dall’ONU: Appello: clicca!

 

Anbamed 06/12/2025

Genocidio a Gaza

L’artiglieria israeliana non ha cessato un solo momento di sparare, durante tutta la giornata di ieri. Ha colpito su tutta la linea immaginaria di demarcazione, denominata dal piano trumpiano “linea gialla”. Caccia, elicotteri e droni hanno dominato il cielo e sparato missili contro campi di sfollati e zone già diroccate. L’esercito di occupazione ha preso di mira anche i soccorritori della Mezzaluna rossa e della protezione civile. Stamattina è stato assassinato, da un drone, un ufficiale della protezione civile, Suhail Abdallah. È stato assassinato a Beit Lahia mentre stava tentando, con mezzi rudimentali, di salvare persone intrappolate sotto le macerie.

Altri due uccisi stamattina in un attacco con droni su Khan Younis.

Non c’è mai stato il cessate-il-fuoco a Gaza. Il piano Trump è solo propaganda.

 

Situazione umanitaria a Gaza

L’accumulo dei rifiuti attorno ai campi di sfollati è un pericolo per la salute della popolazione. Il municipio di Gaza ha denunciato gli attacchi dell’artiglieria israeliana contro gli operatori impegnati a rimuovere i cumuli di rifiuti. “Oltre ad aver chiuso gli accessi alle discariche che ricadono nella zona sotto l’occupazione, i caccia e l’artiglieria prendono di mira i nostri mezzi”.

La politica israeliana mira a rendere impossibile la vita a Gaza, per facilitare la deportazione “volontaria” della popolazione. Il responsabile del municipio di Gaza città addetto all’ambiente ha affermato, in un collegamento con Anbamed, “il significato di una determinazione di Israele a rendere la vita impossibile è quello di costringerci a partire. Vogliono ripetere la cacciata del 1948. Nella sola città di Gaza si sono accumulati 350 mila m3 di rifiuti e non abbiamo i mezzi per rimuoverle, anche a causa del blocco di rifornimento di carburanti”.

L’assassinio del collaborazionista Abu Shabab

Il ministero dell’interno ha diramato una grazia per tutti i collaborazionisti con l’occupazione in caso di loro pentimento e consegna delle armi alla polizia palestinese. Hanno due settimane per decidere. È una misura che ha riscosso gradimento anche tra le famiglie dei traditori. “Servire gli invasori è un’onta di vergogna, consegnatevi!”, ha dichiarato un anziano notabile seduto davanti ad una tenda nel campo di sfollati vicino a Khan Younis.

No alla deportazione

Il criminale di guerra ricercato ha annunciato che il valico di Rafah sarà aperto, in accordo con l’Egitto, nella sola direzione di uscita. Subito è arrivata la smentita del Cairo. “Gli accordi e gli appelli della comunità internazionale sono per la riapertura dei valichi in tutt’e due le direzioni per l’ingresso di persone e merci e l’evacuazione dei malati e feriti”, ha detto un portavoce egiziano.

Un gruppo di 8 paesi arabi e islamici ha respinto le farneticazioni di Netanyahu, che aveva annunciato un falso accordo con il Cairo per l’apertura del valico di Rafah nella sola direzione di uscita. La presa di posizione dice chiaramente: “No alla deportazione!”   clicca!

Cisgiordania

Un giovane ucciso a Tulkarem e tre feriti a Qalqilia. La guerra di Netanyahu contro la popolazione civile della Cisgiordania non ha pause. La diplomazia dei paesi coloniali guarda dall’altra parte e Fassino parla vergognosamente di democrazia.

A Nablus si sono svolti i funerali di Bahaa Rashed (38 anni) ucciso dall’esercito israeliano, ieri, dopo l’uscita dei fedeli dalla moschea.

Rastrellamenti in molte città e villaggi della Cisgiordania. Secondo le notizie pubblicate dall’agenzia Wafa, gli arresti compiuti ieri dalle truppe di occupazione sono stati 61.

Ostaggi

La vita di Marwan Barghouti è in pericolo.  Ieri, il figlio del leader incarcerato Marwan Barghouti ha diffuso il seguente grido: “Stamattina mi sono svegliato con una telefonata da un prigioniero rilasciato. Mi ha detto: ‘Tuo padre è stato maltrattato fisicamente. Gli hanno rotto denti e costole, gli hanno tagliato via parte di un orecchio e gli hanno rotto le dita a più riprese per divertimento’. Cosa dovrei fare? Con chi dovrei parlare? A chi dovrei rivolgermi? Viviamo in questo incubo ogni giorno…. Mio padre ha 66 anni ormai, oh Dio, da dove prenderà la forza?”

La famiglia ha tentato di appurare la veridicità delle informazioni e la reale identità del relatore del messaggio. Ma le autorità carcerarie israeliane non ammettono visite e non forniscono informazioni e respingono ogni richiesta delle istituzioni internazionali di visitarlo.

Unrwa

L’Assemblea generale dell’ONU ha innovato l’incarico all’Unrwa per i prossimi 3 anni. 151 a favore, 10 contrari e 14 astenuti. I tentativi israeliani di annientare la memoria storica della Nakba sono falliti. L’attacco frontale del governo di Tel Aviv contro l’Unrwa mira infatti alla cancellazione degli strumenti internazionali che garantiscono i diritti storici dei palestinesi: il diritto al ritorno, lo status di rifugiati, il risarcimento.

L’esercito israeliano ha deportato tutti gli abitanti dei campi profughi di Jenin, Tulkarem e Nour Shams, per cancellare la memoria delle deportazioni del 1948. Per ammettere il loro ritorno, i militari hanno proposto la rinuncia allo status di “rifugiato” e il non ritorno degli uffici e scuole dell’Unrwa.

 

Di seguito, riportando due singole prese di posizione all’interno di uno scambio di posta elettronica tra militanti di vertice del Partito della Rifondazione Comunista, cerchiamo di dare una idea del dibattito drammatico che si sta consumando anche nelle file dei movimenti rispetto alla presenza del presidente dell’OLP al vertice di Atreju.

 

Oggetto: IL GRAVE ERRORE COMMESSO DI LEGITTIMARE ABU MAZEN E L’OLP CREA UN PROBLEMA PER IL PARTITO

… Mentre Israele fa terra bruciata a Gaza e annette nuovi territori in Cisgiordania e una esponente della Knesset, Tally Gotliv, deputata del Likud, partito di Netanyahu, ha, pochi giorni fa, ad alta voce ripetuto tre volte in diretta TV la frase: “Non abbiamo più ostaggi (fa farci restituire e quindi, ora,) possiamo attaccare senza pietà, senza pietà, senza pietà”. Come se prima, col genocidio in corso, fossero stati ‘umani’. Ha voluto dire ai sordi che Israele da ottanta anni persegue l’obiettivo dell’intera conquista della Palestina e dell’eliminazione dei suoi abitanti e vuole portarlo a compimento.

Ebbene, in una situazione in cui si assiste alle atrocità compiute, con l’aiuto dell’esercito d’Israele, dai coloni ebrei accettati in Cisgiordania tramite gli accordi di Oslo, e si assiste pure agli uguali massacri compiuti dagli israeliani in Libano, Abu Mazen, manifestando il suo servile collaborazionismo,  chiede ad Hamas di consegnare le armi e uguale richiesta fa ai palestinesi rifugiati in Libano. E lo fa per legittimarsi quale, domani, amministratore di Gaza assieme a Israele e Usa.

Abu Mazen, dietro diretta richiesta della Meloni, che lo ritiene un suo fido alleato, sarà ospite gradito alla festa che i F.lli d’Italia terranno ad Atreju dal 6 al 14 dicembre prossimi (v. allegato).

 

Ebbene, cosa aspetta il Partito, riconoscendo l’errore ad oggi compiuto, a non tenere più rapporti con il collaborazionista Abu Mazen e con l’OLP da egli diretta e presieduta?

Non si comprende forse che legittimandolo, così come sino ad ora hanno fatto Acerbo e Ferrero insieme, possa esserci qualche dirigente che, ritenendolo corretto, lo inviti un domani ad una festa di Rifondazione.

Un comunista deve, in difesa del Partito, correggere sempre un errore compiuto, e ci auguriamo che ciò avvenga presto.

Luigi

 

La risposta da parte di Stefano:

Caro Luigi,

Insisto anche se è inutile. Tutte le forze della resistenza hanno subìto, non accettato il piano Trump. Forse sei  poco informato e mi spiace per  te.

Altrimenti a Gaza continuerebbe lo sterminio ma Hamas ha capitolato e sta negoziando l’esilio per il suo gruppo dirigente che altrimenti ci lascerebbe la pelle. Che poi la corruzione ci sia nell’ANP è detto da molti ma parole come collaborazionista sono semplicemente indegne e insultano un intero popolo. Rifo insieme ad altre forze sta operando anche per la liberazione di tutti i detenuti politici, in particolare  Marwan Barghouti che sarebbe gradito anche da Hamas. Il boicottaggio lo stiamo praticando e siamo in ogni vertenza contro Israele ma ti ricordo quali sono le nostre dimensioni attuali e il nostro potere.

E comunque, ripeto all’infinito. L’hai letta la dichiarazione congiunta? È dimostrazione di resa a Trump, di collaborazionismo, di accondiscendenza? Ti consiglio di leggerla attentamente o,  altrimenti di andare anche tu in Cisgiordania e parlare con le persone, non con i leoni da tastiera. Chiedi a loro cosa vogliono e a cosa aspirano. Noi presto ci andremo probabilmente.

Stefano

L’intenzione non è quella di prendersela con Rifondazione, ma intendiamo cogliere queste posizioni perchè il dibattito interno ai movimenti sta andando avanti in modo più o meno strisciante da tempo e riteniamo sia opportuno cominciare a rendere esplicite le questioni.

Come sempre non si tratta di organizzare scomuniche per questa o l’altra posizione, ma ci sono questioni che in questo momento non possono essere ignorate: è bene saper discutere e confrontarsi, per quanto riguarda chi cura questa pagina, senza fingere che i problemi non ci siano. La polemica franca ed aperta, fa capire quando ed in quali occasioni è bene unirsi nell’interesse del destino del popolo palestinese ed in quali è bene saper esprimere disaccordo e differenza.

Per aiutare a farsi una idea, a seguire, riportiamo due notizie tratte da Info.pal per avere alcune informazioni sulle quali iniziare a fondare una riflessione della quale intendiamo fornire solamente elementi di consapevolezza e non cercare un sintesi, almeno non in questo momento.

 

L’ANP cancella beneficio sociale per le famiglie dei martiri e dei prigionieri palestinesi

Ramallah – The Cradle. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha emesso un decreto che cancella il sistema di assegni finanziari per le famiglie dei prigionieri, dei martiri e dei feriti, come stabilito dalla Legge sui prigionieri e dai regolamenti emessi dal Gabinetto e dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina.

Ha anche deciso di trasferire il programma computerizzato di assistenza in denaro, insieme al suo database e agli stanziamenti finanziari – sia locali che internazionali – dal ministero dello Sviluppo sociale all’Istituzione per l’Empowerment economico nazionale palestinese.

Secondo l’agenzia di stampa palestinese WAFA, sono state apportate le seguenti modifiche:

  1. Tutte le famiglie che in precedenza beneficiavano di leggi, regolamenti e sistemi precedenti saranno ora soggette agli stessi criteri applicati a tutte le famiglie che beneficiano di programmi di protezione sociale e di benessere. Questi criteri si basano sull’inclusività e sull’equità, garantendo che tutte le famiglie bisognose ricevano assistenza senza discriminazioni.
  2. In base a questo emendamento, tutte le responsabilità relative ai programmi di protezione sociale e di benessere in Palestina sono state trasferite all’Istituzione per l’Emporwment economico palestinese, che sarà ora responsabile di fornire questi servizi a tutte le famiglie palestinesi bisognose, senza discriminazioni.

Il decreto dovrebbe avere un impatto su migliaia di famiglie palestinesi i cui membri sono stati arrestati, feriti o martirizzati, in particolare durante l’aggressione israeliana degli ultimi 15 mesi.

 

L’assistenza sanitaria in Cisgiordania è in condizioni disastrose: MSF.

Questo arriva anche quando il sistema sanitario della Cisgiordania è in “uno stato di emergenza perpetua” dall’ottobre 2023, ha riferito giovedì Medici Senza Frontiere (MSF).

“Una drammatica escalation di violenza, segnata da prolungate incursioni militari israeliane e da più severe restrizioni di movimento […] hanno gravemente ostacolato l’accesso ai servizi essenziali, in particolare all’assistenza sanitaria, esacerbando le già terribili condizioni di vita di molti palestinesi”, si legge nel rapporto.

“Dal 7 ottobre 2023, la Cisgiordania ha visto una drammatica escalation di violenza, segnata da prolungate incursioni militari israeliane e da restrizioni di movimento più severe”.

Il rapporto ha esaminato “gli attacchi e le ostruzioni all’assistenza sanitaria in un contesto che è stato descritto dalla Corte penale internazionale (ICC) come segregazione e Apartheid”, rivelando “un modello di interferenza sistematica da parte delle forze israeliane e dei coloni nella fornitura di assistenza sanitaria di emergenza”.

Secondo il ministero della Salute palestinese, le truppe israeliane e i coloni hanno ucciso almeno 884 palestinesi in Cisgiordania dal 7 ottobre 2023. L’impossibilità per i palestinesi di accedere all’assistenza sanitaria è “parte di un più ampio sistema di punizione collettiva imposto da Israele, con il pretesto della repressione degli uomini armati palestinesi”, ha dichiarato MSF, aggiungendo che il sistema sanitario palestinese in Cisgiordania è sotto pressione dall’ottobre 2023 ed è anche alle prese con problemi di bilancio.

 

 

Assediati, affamati ma indomiti: i combattenti palestinesi nel tunnel di Rafah ridefiniscono la resistenza

PressTV. Lunedì, durante una diretta televisiva a Gaza, Motee Abu Mosabeh ha paragonato l’attuale situazione dei combattenti della resistenza palestinese a Rafah al calvario affrontato dall’Imam Hussain, nipote del Profeta Muhammad, e dai suoi compagni a Karbala quasi 1.400 anni fa.

Ma cosa sta succedendo di preciso a Rafah, nella Striscia di Gaza meridionale, tanto da aver spinto Abu Mosabeh a fare questo paragone?

A Rafah, decine di combattenti della resistenza palestinese sono circondati dalle forze nemiche e intrappolati sottoterra in un’area attualmente occupata e controllata dalle forze del regime israeliano.

Questi resistenti hanno combattuto coraggiosamente contro l’esercito israeliano durante gli ultimi due anni di genocidio, infliggendo perdite significative all’occupazione di Rafah.

Tuttavia, da mesi non ci sono più comunicazioni con questi combattenti, non hanno quasi più cibo né munizioni e sono rimasti completamente isolati.

Ma nonostante questo isolamento e le estreme avversità, continuano a resistere e a resistere.

Di recente, quando alcuni combattenti sono usciti dai tunnel in cerca di cibo, sono stati immediatamente presi di mira dai droni delle forze di occupazione israeliane che continuano a bombardare e distruggere i tunnel di Rafah nel tentativo di indebolire ed eliminare la resistenza.

Attualmente, le forze di occupazione israeliane occupano circa il 58% di Gaza e utilizzano tecnologie di tracciamento avanzate per localizzare i combattenti non appena emergono fuori dai tunnel.

Per quanto riguarda la durata della permanenza di questi combattenti nel sottosuolo, le notizie sono divergenti: alcuni sostengono che siano intrappolati da febbraio, poco dopo l’entrata in vigore della seconda tregua, mentre altri affermano che siano sottoterra da ottobre, dopo l’ultimo cessate il fuoco.

Indipendentemente dalla tempistica, i combattenti sono sotto una pressione immensa e rischiano di morire di fame.

Il movimento di resistenza di Hamas afferma che i garanti del cessate il fuoco avrebbero dovuto permettere il passaggio sicuro dei combattenti, eppure non si è verificato alcun progresso in questo senso.

La realtà è che i paesi occidentali che affermano di sostenere la democrazia e i diritti umani sono anche tra i più stretti alleati di Israele, il che è di per sé un ossimoro.

Questi sono gli stessi paesi che hanno fornito al regime sionista armi sofisticate e letali utilizzate contro i civili palestinesi durante la guerra genocida. Sono gli stessi paesi che non solo non sono riusciti ad impedire al regime di massacrare oltre 70.000 persone a Gaza, ma sono stati anche complici alla pari negli orrendi crimini di guerra.

E questi sono gli stessi paesi che ora fingono che il genocidio sia terminato con il finto cessate il fuoco, anche se i palestinesi continuano ad essere uccisi quotidianamente.

Mentre il regime continua ad affamare la popolazione di Gaza, l’Occidente nel suo complesso si comporta come se ciò non stesse accadendo. Ed in effetti, si tratta degli stessi paesi che hanno incarcerato i propri cittadini per aver preso posizione e denunciato il genocidio.

Quindi non sorprende che non abbiano fatto pressioni per un passaggio sicuro per i combattenti.

Sono in corso colloqui con i “garanti” regionali del cosiddetto “cessate il fuoco” in merito all’attuazione del passaggio sicuro, ma finora non sono stati presi provvedimenti concreti.

Le Forze di Difesa Israeliane affermano di aver ucciso almeno 40 di questi combattenti della resistenza. Sebbene ciò non sia stato possibile confermarlo in modo indipendente, si stima che decine di combattenti della resistenza siano ancora bloccati nei tunnel di Rafah, un’area quasi totalmente sotto il controllo dell’occupazione sionista.

Questi combattenti palestinesi sono circondati da un nemico dotato di equipaggiamenti e armamenti tra i più tecnologicamente avanzati al mondo, eppure continuano a resistere e rifiutano di arrendersi, nonostante abbiano poco o niente cibo e acqua.

Si dice che i sionisti abbiano richiesto che i combattenti si arrendessero in massa, compiendo in tal modo un gesto favorevole alla propaganda per il regime, ma è improbabile che ciò possa accadere.

Torniamo quindi all’analogia del nostro corrispondente sull’Imam Hussain e i suoi 72 coraggiosi compagni, circondati da decine di migliaia di truppe nemiche ben equipaggiate.

Il tiranno omayyade Yazid ordinò ai suoi militari di impedire a questo piccolo gruppo di raggiungere o bere acqua per giorni, per poi attaccarli e martirizzarli uno per uno.

L’Imam Hussain e i suoi seguaci si batterono per la giustizia e combatterono con coraggio, nonostante la brutalità del nemico. Ma l’Imam Hussain non si arrese, dicendo al sovrano corrotto che non avrebbe mai potuto giurare fedeltà ad un uomo come lui.

I paesi occidentali e i loro alleati israeliani, che si dichiarano sostenitori della democrazia e dei diritti umani, accusano, per bocca dei loro leader, i combattenti palestinesi di essere dei terroristi dimenticando completamente il diritto internazionale sostenuto dai loro stessi paesi.

La Convenzione di Ginevra garantisce il diritto alla resistenza di coloro che sono sotto occupazione, incluso il diritto alla resistenza armata per raggiungere l’autodeterminazione. Questo fa parte della Quarta Convenzione di Ginevra, che garantisce protezione ai civili mentre altri combattono e resistono all’occupazione.

Sono 196 i paesi firmatari di questa convenzione, tuttavia questi si limitano a guardare mentre il regime israeliano viola continuamente il cessate il fuoco senza subire alcuna ripercussione.

Sono gli stessi paesi che osservano le IOF circondare i combattenti della resistenza a Rafah, in attesa che questi uomini affamati emergano in superficie, dove verranno uccisi uno dopo l’altro nel modo più codardo.

Questo è lo stato delle cose in un mondo che premia chi commette genocidio e demonizza chi lo combatte. La realtà è che la resistenza è una risposta naturale all’oppressione.

E la via dell’Imam Hussain è una scelta naturale per i rivoluzionari che non si sottometteranno mai all’oppressione preferendo dare la vita per essere veramente liberi.

Come disse l’Imam Hussain, “Morire con dignità è meglio che vivere nell’umiliazione”.

I popoli liberi del mondo devono esigere che venga garantito a questi combattenti un passaggio sicuro e immediato, e che il regime sionista rispetti tutti i gli impegni che si è assunto con l’accordo di tregua.

Non smettete di protestare, boicottare e chiedere la fine di questa guerra genocida, e non smettete di dire “Palestina libera” finché non diventerà realtà.

(*) Giornalista, commentatrice e documentarista nata negli Stati Uniti e residente in Iran.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi

 

Enrico Semprini

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