Ancora su «L’ora legale»

36esima puntata dell’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega

«L’Ora legale»…è reale! Già avevo parlato del film di Ficarra e Picone che avevo visto due anni fa ma pochi giorni fa l’ho rivisto grazie alla figlia di un amico. Violetta ha 11 anni: stava guardando una serie su Netflix (Gossip Girl) ma per grande gentilezza e cordialità mi ha ripetutamente chiesto se volevo vedere un film, anche se io guardavo la serie con lei e non mi annoiavo (anche perché mi ricorda di quando vado a Milano a trovare mia sorella e allora mia nipote Sara mi fa vedere qualche serie che lei ama).

Violetta mi ha fatto scegliere tra i film a disposizione e ho scelto «L’Ora legale». Due anni fa avevo scritto: Ficarra e Picone mi piacciono come intrattenitori, non li reputo di spessore ma questa volta mi hanno sorpreso e spiazzato. La cosa più interessante del film è il finale che non è un “lieto fine”. Qualcuno sicuramente (tipo Graziella, del cinema Cristallo di Dolceacqua dove avevo visto il film due anni fa) avrà trovato spiacevole il finale, sarà rimasto deluso: l’ex sindaco mafioso e mediocre torna a vincere le elezioni dopo le dimissioni del sindaco coraggioso e onesto. Finale doloroso perché realista. Un grande esempio di cinema non buonista e non scontato, come invece è quello di Checco Zalone o di altre commedie degli ultimi anni.

Alcune scene del film mi hanno ricordato il giovane sindaco a 5 Stelle del mio paese in Sicilia: la raccolta differenziata, il pagamento del suolo pubblico ai venditori ambulanti del mercato settimanale. E una cosa simile ha fatto anche il sindaco di Messina: «Sindaco a piedi nudi e non violento e poi approva il provvedimento con multe per i venditori ambulanti» (dalla canzone Giovani assessori a futtiri cumpagnu, di cui sono autore). Sicuramente certi provvedimenti sono impopolari e coraggiosi, e attirano antipatie ai sindaci al quale riconosco appunto inusitata onestà. Però vorrei andare su un altro piano: il cambiamento verso l’alto suscita sempre traumi, rottura di abitudini ecc. E questo va bene: bisogna affrontare e risolvere i nodi sociali ecc. ecc. La questione però è anche un’altra e il finale non lieto del film «L’ora legale» ci riporta al punto: concentrarsi sugli aspetti legalitaristi di una società è importante ma non è fondamentale: decisivo è colpire le fonti, le radici, andare a monte.

Per esempio sulla questione dei rifiuti: è la produzione di plastica e di materiale tossico in generale e le merci senza freni e senza limiti che costituiscono il cuore del problema. La gestione dei rifiuti è sì importante, ma poi se ci si concentra troppo su questo aspetto (a parte che non sempre si è sicuri che vadano a finire davvero nei luoghi di differenziazione) ci si confonde. Ci si concentra sul senso di colpa personale come nella parodia del film in cui qualcuno si chiede assurdamente: come faccio a dividere l’umido dalla carta se la carta è impiastricciata di sugo? E ognuno di noi potrebbe fare esempi personali. Le scene liberatorie del film – e molto comiche – diventano…r ealistiche: quando più di un personaggio esasperato dalla cavillosità della raccolta differenziata butta tutto dal balcone o divora anche la buccia della frutta oppure non mangia lo yogurt perché non sa dove buttare il vasetto.

A parte il film, io ho visto e vedo sempre più spesso gente che si preoccupa di buttare un torsolo di mela nel mare o anche un nocciolo di oliva, mentre eravamo in barca al largo! In questo sottobosco di auto-mortificazione e di incapacità a leggere la realtà bisognerebbe indagare. E il film «L’Ora legale» un po’ scava.

Racconto questo episodio. Una ragazza di Torino faceva la raccolta differenziata in modo molto rigido e allora una mia amica mi fece osservare che quella stessa ragazza guidava e aveva un’automobile di proprietà, che inquina probabilmente molto di più di una buccia di banana messa in un sacco di spazzatura “sbagliata”. Il discorso è sempre quello: il nostro sistema ci impone un’amnesia selettiva. Dimentichiamo che siamo complici e vittime di un circuito mostruoso – in testa l’industria delle automobili e il cemento – che ci sta sommergendo sempre più con l’inquinamento e la perdita di autonomia e di creatività.

C’è a fabbrica che il sindaco onesto del film fa chiudere perché inquina il fiume, un ottimo esempio. E infatti bisognerebbe puntare sulla chiusura e sulla riconversione delle fabbriche di armi che succhiano buona parte delle risorse monetarie dei Paesi cosiddetti civilizzati per una economia di guerra che poi colpisce i Paesi cosiddetti “in via di sviluppo”.

La mafia vince anche perché – o forse soprattutto perché – non si sviluppa autonomia ed esercizio della responsabilità fino in fondo. non ci può essere una società felice fatta di individui infelici, come già accennava Leopardi.

Il lavoro salariato è uno dei flagelli del nostro tempo: la dipendenza, la schiavitù mentale dal lavoro sotto padrone o comunque non autogestito e non autorealizzante o gratificante. Senza scomodare Marx, Illich e Cioran, non riuscire a realizzarsi con un mestiere che gestiamo nei tempi e nei ritmi è una forma di infantilizzazione: come un bambino che cresce e continua a bere il latte dalla mammella della madre. Ognuno di noi sa che lo svezzamento dovrebbe essere a tutti i livelli: se abbiamo bisogno di una mammella, che può essere un datore di lavoro pubblico o privato, non vuol dire che siamo sempre per certi versi ancora da svezzare? Non voglio provocare ma riflettere su questioni profonde che spesso preferiamo sorvolare, far finta di non vedere. Io credo sia importante andare a fondo, ogni tanto. Anche per questo «L’ora legale» mi è piaciuto, perché mi ha spinto di nuovo ad andare un po’ più a fondo di come non capitato guardando altri film di questo tipo. Senza riabilitare Ficarra e Picone o esaltare questo film più di tanto: rimane un film “leggero” ma non facile. Mi ricorda un po’ Il signore della guerra con Nicolas Cage: un venditore illegale di armi non riesce a smettere di farlo, anche dopo aver perso il fratello e la moglie (per morte o separazione). Il film non si non conclude con il personaggio principale che si redime: continua a vendere armi, forse perché il nostro sistema ha bisogno di armi, sogni e veleno. Quindi bisogna ribaltare, almeno mentalmente, tutto il sistema. Il finale non lieto del film ci aiuta a restare svegli senza illuderci che tutto si concuderà bene, perché un sistema avvelenante e distruttivo non si ferma con un “lieto fine”.

QUESTO APPUNTAMENTO

Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Siccome una congiura famiglia-anagrafe-fato gli ha imposto il nome di Angelo mi piace pensare che in qualche modo possa fare l’angelo custode della nuova (laica) settimana. Perciò ci rivediamo qui – scsp: salvo catastrofi sempre possibili – fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. [db]

 

Redazione
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