Ancora sui Brics
Due interventi di Marco Consolo e Mario Sommella
BRICS 2025: il nuovo paradigma del Sud globale
di Marco Consolo (*)
Lo scorso 6 e 7 luglio a Rio de Janeiro si è svolto il 17° Vertice dei BRICS+. Tema centrale: “Rafforzare la cooperazione del Sud globale per una governance più inclusiva e sostenibile”. In un contesto internazionale di riassetto geopolitico, attraversato da guerre e tensioni armate, crisi sistemiche e una crescente fragilità dell’ordine multilaterale, il vertice BRICS 2025 ha segnato un punto di svolta nella postura geopolitica del Sud globale.
Per la terza volta, il Brasile ha accolto la riunione dell’alleanza, dopo gli incontri del 2014 (a Fortaleza) e del 2019 (a Brasilia). Nonostante i tentativi diplomatici di ridurre l’attrito con l’Occidente, le divergenze strutturali con Washington si sono acuite, in particolare con il presidente Donald Trump, che ha minacciato ritorsioni commerciali contro i Paesi allineati al blocco.
“Il mondo è cambiato. Non vogliamo un imperatore, siamo Paesi sovrani” ha dichiarato Luiz Inácio Lula da Silva, presidente brasiliano e anfitrione del summit, rispondendo alle provocazioni statunitensi. Lula ha anche sottolineato che i Paesi colpiti potrebbero rispondere con proprie tariffe, cosa che lo stesso Brasile ha attivato nei giorni seguenti, come risposta all’imposizione di quelle di Washington.
Con la legittimità occidentale sepolta sotto le macerie di Gaza, lo scontro era inevitabile. Le differenze riguardano due diverse visioni del mondo. Fin dall’adozione del motto del suo 17° vertice, i BRICS hanno chiarito di essere favorevoli alla “…cooperazione con il Sud globale, verso una governance multilaterale più inclusiva e sostenibile”, in opposizione alle politiche escludenti, unilaterali ed egemoniche del G-7 e degli Stati Uniti.
L’artiglieria mediatica occidentale ha speculato sull’assenza fisica di Vladimir Putin e Xi Jinping al vertice, proiettando l’immagine di un blocco indebolito, pieno di contraddizioni insanabili e non in grado di andare avanti. Ma nonostante i giudizi interessati dei corifei dell’Occidente, l’incontro si è concluso con una lunga dichiarazione finale che contiene 125 accordi, diversi dei quali strategici. Tra i punti salienti, l’impegno a ridefinire il sistema multilaterale attraverso un nuovo multipolarismo più inclusivo e rappresentativo, che includa le nazioni del Sud globale in condizioni di equità e che ne rifletta il peso demografico ed economico. Ma andiamo con ordine.
Nuova geografia del potere
Negli ultimi due anni, i BRICS hanno raddoppiato i membri iniziali e molti sono i Paesi che bussano alla loro porta. In questa occasione, il vertice di Rio ha ufficializzato l’allargamento dei membri permanenti, accogliendo Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Indonesia ed Iran (che hanno partecipato per la prima volta accanto ai Paesi fondatori), mentre rimangono dubbi sulla piena adesione dell’Arabia Saudita che, per il momento, non ha ratificato la sua piena partecipazione. D’altra parte, questa 17ª edizione del Vertice BRICS ne ha rafforzato la dimensione planetaria, con dieci nuovi Paesi associati (Bielorussia, Bolivia, Kazakistan, Cuba, Nigeria, Malesia, Thailandia, Vietnam, Uganda e Uzbekistan). Al vertice di Rio sono stati invitati anche i latino-americani Cile, Uruguay, Messico e Colombia in qualità di osservatori.
Rimane aperto il vulnus della mancata entrata del Venezuela nel blocco (entrata osteggiata dal Brasile). Al vertice di Rio, la Repubblica bolivariana non è stata nemmeno invitata come osservatore, il che non aiuta di certo i rapporti bilaterali. Nonostante ciò, una delegazione venezuelana ha partecipato al Consiglio popolare dei BRICS, un’istanza di recente formazione, che riunisce diversi movimenti popolari dei Paesi membri, in sintonia con la “diplomazia dei popoli” promossa dal governo bolivariano. .
I nuovi membri, quelli associati e gli aspiranti, hanno motivazioni diverse per entrare nel blocco. Per l’Egitto, che da anni sconta la carenza di dollari e soffre per i programmi del FMI, sono attraenti le transazioni in valute locali. Per l’Indonesia, la diversificazione dei rapporti commerciali e diplomatici è una dimostrazione della sua tradizionale politica di non allineamento. La Nigeria punta a stringere legami economici con Paesi più grandi e ad un ruolo regionale più rilevante nel continente africano. Per Cuba si tratta di accedere a nuova tecnologia e a possibili crediti, per cercare di superare la crisi economica. Per gli Emirati Arabi Uniti, il blocco rappresenta un modo per accrescere la propria influenza regionale.
Con l’allargamento ai Paesi partner, il blocco BRICS è arrivato a rappresentare circa la metà della popolazione mondiale, il 44,6% del PIL globale, misurato in parità di potere d’acquisto, e quasi il 24% del commercio internazionale. Inoltre, rappresenta il 43,6% della produzione mondiale di petrolio, il 36% del gas naturale liquefatto (GNL), il 53% delle riserve idriche e oltre il 70% delle riserve di terre rare del pianeta.
La guerra delle tariffe
Il vertice di Rio è iniziato tre giorni dopo l’ultimatum di Trump ai Paesi interessati ad accordi commerciali con gli Stati Uniti, con uno storico aumento delle tariffe all’importazione.
Come era facilmente prevedibile, il punto di rottura è stato con l’inquilino della Casabianca che, già dalla fine del primo giorno dell’evento, ha minacciato di imporre “una tariffa aggiuntiva del 10% a qualsiasi Paese che si allinei alle politiche anti-USA dei BRICS”.
Nel caso specifico dei BRICS, Trump ha anche minacciato di imporre tariffe aggiuntive del 100% se i Paesi membri prendono provvedimenti che possono indebolire l’egemonia del dollaro nel commercio internazionale.
La dichiarazione finale esprime “serie preoccupazioni per l’aumento delle misure tariffarie e non tariffarie unilaterali che distorcono il commercio e sono incompatibili con le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio” [i], anche se evita di menzionare esplicitamente Trump. Allo stesso tempo, esprime la preoccupazione dei membri del gruppo, dato che queste misure diminuiscono o interrompono gli scambi e contravvengono alle stesse regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Samba e tariffe
Nel caso concreto del Brasile, come si sa Bolsonaro e Trump da tempo mantengono una stretta alleanza. Entrambi sono stati protagonisti attivi di un tentativo di golpe nei rispettivi Paesi, ma in Brasile, Bolsonaro è a giudizio per l’assalto alle istituzioni brasiliane. Per protestare e fare pressioni contro il processo giudiziario nei confronti del suo sodale Bolsonaro, Trump ha ordinato di punire il Brasile con un aumento spropositato delle tariffe che mette a serio repentaglio il commercio bilaterale. Ma oltre al processo, la più probabile scintilla è stata l’affermazione di Lula secondo cui i BRICS hanno il diritto di cercare un’alternativa al dollaro. Una posizione in linea con la recente posizione brasiliana nel Mercosur a favore delle transazioni bilaterali con le valute locali, che esaspera Washington.
Dopo aver assunto la presidenza pro tempore del Mercosur e aver ospitato e presieduto il 17° vertice dei BRICS, il Brasile oggi affronta l’offensiva della Casabianca. Dopo aver minacciato i Paesi che “si allineano alle politiche antiamericane dei BRICS” con l’imposizione di un dazio aggiuntivo del 10% sulle esportazioni verso gli Stati Uniti, Trump ha annunciato che le esportazioni brasiliane saranno soggette a una sovrattassa del 50% a partire dal 1° agosto, in aggiunta ai dazi del 50% già imposti sulle esportazioni di prodotti come acciaio e alluminio, a seguito dello shock tariffario attuato lo scorso 2 aprile, il cosiddetto “Giorno della Liberazione”.
Per tutta risposta, il presidente brasiliano ha firmato un decreto che regola la legge di reciprocità economica e ha istituito il Comitato interministeriale per studiare le contromisure da prendere.
Riforme delle istituzioni globali
Come ha sostenuto Lula: “Se la governance internazionale non riflette la nuova realtà multipolare del XXI secolo, spetta ai BRICS contribuire al suo aggiornamento”.
Per la costruzione di questa nuova multipolarità, i BRICS chiedono da tempo la trasformazione delle istituzioni internazionali tradizionali. L’alleanza ha chiesto ancora una volta una riforma globale delle Nazioni Unite, a partire dal Consiglio di Sicurezza, per renderlo più rappresentativo. A tal fine, hanno concordato di promuovere l’incorporazione del Brasile e dell’India come membri permanenti del Consiglio.
Parallelamente, i BRICS hanno deciso di chiedere una maggiore partecipazione di Africa, America Latina e Asia, ai processi decisionali internazionali.
In questo senso, i BRICS hanno anche accordato di chiedere una maggiore rappresentanza geografica e di genere nelle posizioni apicali delle organizzazioni multilaterali, nonché di sostenere processi di selezione trasparenti ed equi.
Il blocco ha anche ribadito la necessità di rivitalizzare l’Assemblea Generale e il Consiglio Economico e Sociale, di compiere progressi nella riforma dell’architettura di pace e sicurezza delle Nazioni Unite e di rafforzare il ruolo centrale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nella gestione sanitaria internazionale.
È l’economia, stupido !
Sul piano economico, il vertice ha rilanciato l’appello alla riforma del FMI e della Banca Mondiale, in favore di una ridistribuzione più equa. Una posizione in linea con le critiche alle istituzioni nate dagli accordi di Bretton Woods, come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI). In questo ambito, la dichiarazione finale difende le iniziative dei BRICS, come il rafforzamento della propria banca, la “Nuova Banca di Sviluppo”: “Riconosciamo e sosteniamo il suo ruolo crescente come agente di sviluppo e modernizzazione nel Sud Globale” (Punto 46) [ii]. E nella Nuova Banca, è appena entrata la Colombia.
Sul versante monetario, rimane aperto il tema della creazione di una moneta comune come alternativa strategica al dollaro. Un processo lungo e complesso. Nel frattempo, l’accento è stato posto sulla necessità (e convenienza) di commerciare tra i Paesi BRICS e non solo, utilizzando valute locali e/o misure di compensazione reciproca. “Come indicato dai nostri leader nella Dichiarazione di Kazan [2024 in Russia], continuiamo la discussione sull’iniziativa per i pagamenti transfrontalieri dei Brics. Riconosciamo i progressi compiuti nell’identificazione di possibili strade per migliorare l’interoperabilità dei sistemi di pagamento Brics” [iii].
Una tendenza costante, la cui crescita mina alle radici l’egemonia incontrastata del dollaro come valuta privilegiata di riserva e negli scambi internazionali.
“Industrializzazione verde” e sfide digitali
Il vertice di quest’anno si è concentrato anche sulla necessità di una “industrializzazione verde”, sulla “finanza climatica” e sulla governance sostenibile: una nuova visione tecnologica della sovranità, alimentata principalmente dall’energia pulita.
Grande enfasi è stata posta anche su una governance digitale inclusiva, sulle infrastrutture digitali e sull’intelligenza artificiale come leva per uno sviluppo sostenibile e incentrato sugli interessi del Sud globale. La Cina, protagonista di un’accelerazione tecnologica che i suoi dirigenti definiscono come la “mobilitazione di nuove forze produttive qualitative”, parla apertamente di “mutamenti epocali mai visti in un secolo”.
Questa trasformazione, con Pechino al volante, sta ridefinendo non solo l’ordine mondiale, ma anche le dinamiche bilaterali e multilaterali che lo sostengono. Il pacchetto cinese, fondato su automazione, digitalizzazione ed elettrificazione, promette alle imprese e agli Stati non soltanto una riduzione delle emissioni di carbonio, ma soprattutto un incremento della produttività, dell’efficienza e della sovranità energetica.
La base materiale della produzione, del consumo e dei sistemi informativi globali è in fase di ricostruzione. Un processo che comporta già da ora una profonda riconfigurazione della politica internazionale, con tensioni che sono emerse chiaramente al forum dei BRICS in Brasile.
Una sfida all’egemonia occidentale
La Dichiarazione di Rio evidenzia il crescente impegno dei BRICS per la geopolitica e la sicurezza mondiale, una tendenza che ha guadagnato forza sin dal vertice del 2022 a Pechino.
Già il vertice BRICS 2024 di Kazan aveva stabilito un precedente per la sua alta partecipazione e una dichiarazione dettagliata a sostegno del multilateralismo, della cooperazione economica e finanziaria e dei movimenti migratori tra i suoi Paesi membri. In questa occasione, la presidenza del Brasile ha dato la priorità alla governance globale inclusiva e alla collaborazione tra i Paesi del Sud globale.
Nel documento finale di Rio, i BRICS hanno condannato le operazioni militari contro l’Iran e il genocidio a Gaza, sostenendo il diritto della Palestina ad essere riconosciuta come Stato sovrano.
Con una visione fondata su cooperazione, equità e autodeterminazione, l’alleanza punta a diventare un attore centrale nella costruzione di un ordine internazionale più multipolare, inclusivo e rappresentativo, come alternativa all’ordine unipolare, escludente e frammentato guidato dalle potenze del Nord globale.
Il blocco BRICS, oggi ampliato, si affaccia sul futuro con ambizione. Più inclusivo e geograficamente rappresentativo, il blocco si propone come soggetto strategico nella ridefinizione dell’ordine globale. La sua capacità di mantenere unità politica e di tradurla in azione concreta sarà decisiva per affermarsi come forza motrice di pace, sviluppo equo e giustizia internazionale. In un mondo segnato da fratture sistemiche e transizioni epocali, la coesione interna e la difesa degli interessi dei popoli che rappresenta non sono solo valori: sono imperativi geopolitici.
[ii] https://noticiaspia.com/declaracion-final-de-la-cumbre-del-brics-en-brasil/
[iii] https://noticiaspia.com/declaracion-final-de-la-cumbre-del-brics-en-brasil/
(*) Link all’articolo originale: https://marcoconsolo.altervista.org/brics-2025-il-nuovo-paradigma-del-sud-globale/
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BRICS: L’Alba del Sud Globale. La Rivolta Silenziosa Contro l’Impero del Debito
di Mario Sommella (*)
Il 17° vertice dei BRICS, conclusosi a Rio de Janeiro, rappresenta molto più di un semplice incontro diplomatico tra potenze emergenti. È il simbolo concreto di una rivoluzione in atto, una sfida all’architettura coloniale dell’economia globale. Il Sud del mondo – finora trattato come periferia del sistema – reclama il proprio spazio, non più come oggetto di aiuti umanitari o di interventi armati, ma come soggetto politico, economico e culturale autonomo.
Il “Piano Marshall al contrario”: il debito come arma geopolitica
Il presidente brasiliano Lula da Silva ha sintetizzato con estrema lucidità il nodo centrale della crisi globale: l’asimmetria strutturale delle istituzioni finanziarie internazionali. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale – create nel secondo dopoguerra per stabilizzare l’ordine economico globale – sono oggi percepite come strumenti di coercizione economica. Non distribuiscono solidarietà, ma impongono disciplina fiscale. Non liberano, ma vincolano. Il cosiddetto “Washington Consensus”, con la sua ossessione per l’austerità e la privatizzazione, ha prodotto più miseria che sviluppo.
I dati parlano chiaro. Secondo un rapporto della UNCTAD (2023), oltre 60 Paesi in via di sviluppo spendono oggi più per il servizio del debito che per la sanità o l’istruzione pubblica. Questo paradosso è il cuore del “Piano Marshall al contrario”: sono i poveri a finanziare i ricchi, non viceversa.
Il dollaro sotto scacco: una nuova architettura monetaria
Tra le iniziative più significative del vertice vi è l’Iniziativa per i Pagamenti Transfrontalieri dei BRICS, che mira a sottrarre il commercio globale alla tirannia del dollaro statunitense e del sistema SWIFT, utilizzati da Washington come strumenti di guerra finanziaria. La rete proposta punta sull’interoperabilità tra le valute locali e su infrastrutture digitali autonome, anticipando quella che potremmo definire una “de-dollarizzazione etica”.
Non si tratta solo di economia. Come già dimostrato dalle sanzioni unilaterali contro Iran, Venezuela, Russia o Cuba, il dollaro è anche un’arma geopolitica. Controllare la valuta globale significa poter strangolare interi popoli. I BRICS stanno costruendo un sistema che liberi il mondo dalla dipendenza monetaria e apra la strada a un commercio più equo.
Dilma Rousseff e la Nuova Banca di Sviluppo: l’alternativa sistemica
A incarnare questo nuovo corso è la Nuova Banca di Sviluppo (NDB), guidata dall’ex presidente brasiliana Dilma Rousseff. L’istituto finanziario si pone come alternativa concreta al FMI, proponendo finanziamenti non condizionati da riforme strutturali imposte dall’alto, bensì orientati allo sviluppo reale, alla resilienza sociale e alla transizione ecologica. Il suo focus sull’uso delle valute locali e il sostegno a progetti di infrastruttura verde segna un cambio paradigmatico nella logica della cooperazione internazionale.
Secondo i dati forniti dalla stessa NDB, sono già oltre 30 i progetti finanziati per un totale di 33 miliardi di dollari, con un impatto significativo su trasporti, energia pulita e sviluppo urbano.
Sovranità digitale e intelligenza artificiale: oltre il colonialismo tecnologico
Un altro pilastro del vertice è stato il tema dell’intelligenza artificiale. Il timore, ben espresso da Lula, è che l’IA diventi un nuovo strumento di dominio in mano alle grandi multinazionali occidentali. Il documento finale del BRICS chiede una governance multilaterale dell’IA sotto l’egida delle Nazioni Unite, per evitare che algoritmi opachi e discriminatori siano imposti ai Paesi in via di sviluppo come parte di pacchetti tecnologici standardizzati.
In parallelo, si è ribadita l’urgenza di costruire una big tech pubblica, che assicuri il controllo dei dati, la privacy digitale e la libertà di espressione, sottraendole all’oligopolio delle corporation statunitensi e cinesi. In gioco non c’è solo l’accesso alla tecnologia, ma la sovranità culturale, politica e informativa delle nazioni.
Dalla lotta alla fame alla giustizia climatica: un’agenda integrata per il Sud globale
Il vertice non ha trascurato i grandi nodi della povertà e dell’emergenza climatica. L’approvazione della “Partnership BRICS per l’Eliminazione delle Malattie Determinate Socialmente” e la dichiarazione congiunta sul finanziamento climatico sono segnali di una volontà politica orientata all’equità. Ma ciò che più colpisce è l’inclusione della società civile nel processo decisionale, attraverso il Consiglio Civile dei BRICS: movimenti, sindacati, università e organizzazioni sociali finalmente ascoltati ai massimi livelli.
João Pedro Stedile, del Movimento dei Lavoratori Senza Terra, ha rilanciato un appello potente: tassare i capitali speculativi nei paradisi fiscali e investire in progetti sociali, veri e propri strumenti di pace e giustizia.
Palestina, giustizia e multipolarismo
In un contesto internazionale segnato dal genocidio in Palestina e dalla complicità passiva di molte potenze occidentali, il BRICS ha assunto una posizione chiara: cessate il fuoco immediato, condanna dell’uso della fame come arma e sostegno all’indagine per genocidio avviata dalla Corte Internazionale di Giustizia.
In un’epoca in cui l’Europa tace o si allinea, il BRICS si erge a difensore del diritto internazionale e dei popoli oppressi. Non è solo una coalizione economica, ma un progetto politico che mira a costruire un ordine globale multipolare, in cui la giustizia non sia un lusso riservato ai vincitori.
Conclusione – Il Sud globale si alza in piedi
Il 17° Vertice BRICS ha tracciato un sentiero. Tra mille contraddizioni interne – dalla diversità dei regimi politici ai differenti interessi strategici – il blocco si sta configurando come una contro-architettura del mondo, capace di mettere in discussione i pilastri stessi dell’unipolarismo occidentale.
Se riuscirà a mantenere la rotta, il BRICS potrà davvero essere il cantiere di una nuova civiltà politica, finanziaria e culturale, dove la cooperazione sostituisce il dominio, la solidarietà prende il posto dell’austerità, e la giustizia non è più una parola vuota ma un progetto collettivo. Il mondo non è più unipolare. È multipolare, pluriversale. E finalmente parla anche in lingue africane, arabe, latinoamericane, asiatiche. È l’alba del Sud globale. E non chiede più il permesso.
(*) Link all’articolo originale: https://mariosommella.wordpress.com/2025/07/17/brics-lalba-del-sud-globale-la-rivolta-silenziosa-contro-limpero-del-debito/
Ecco perché il finora ricco e privilegiato Occidente a trazione Usa (con l’Europa sempre più nera e servile) si riarma fino ai denti e prepara la guerra mondiale!
🙁