Catania: tragedie e responsabilità

di Daniele e Domenico

Catania, 300.000 abitanti, è una grande città del sud. Contiene tutte le contraddizioni sociali, anche violente, che caratterizzano la povertà (ma in ogni zona povera ci sono anche i ricchissimi, strano vero?). Librino è un grande quartiere periferico, con 70mila abitanti. Pervaso da disoccupazione, lavoro nero e precario, con rilevanti sacche di organizzazioni mafiose, di macro e micro-criminalità. La composizione sociale dei residenti è molto variegata. Operai ( i non molti rimasti nel territorio), pensionati, addetti ai mille e più lavoretti vari. E’ una grande area di spaccio di droga. In molti, attanagliati dalle più elementari esigenze della vita quotidiana, non riescono a sfuggire ai cantori dei “facili guadagni”. Molti sono in carcere. Altri praticano l’arte di arrangiarsi..
Venerdì 16 novembre si è consumato l’ennesima tragedia sul lavoro. I giornalisti ne hanno parlato poco o nulla. Il giovane coinvolto, Davide Calogero, ha 21 anni. Proviene da un altro quartiere popolare della città ( Plaia), più o meno confinante con Librino. Per sfuggire alla “mala sorte assegnatogli dalla vita” e alle “brutte compagnie” tentatrici  raccoglieva ferraglie dalle strade. Quel giorno con il suo povero automezzo si è recato in un sito di stoccaggio dei rottami ferrosi. Qui la tragedia. Non si conosce bene la dinamica dei fatti avvenuti . Davide Calogero è stato colpito da una potente fiammata, sembra prodotta da una pressa in azione. Ora vive fra la vita e la morte in ospedale, con ustioni gravissime di terzo grado in tutto il corpo. Non si hanno più notizie. Anche gli organi di informazione locale non hanno aggiornato sul tragico evento. Le nuove cronache incalzano e di Davide Calogero più nulla si sa, neppure se è vivo.

Chi ha buona memoria a Catania forse ha ripensato a un altro essere umano considerato “marginale”, una tragedia che si è svolta il 19 settembre di quattro anni addietro. Salvatore La Fata, era stato per tanti anni operaio nel settore edile, poi la disoccupazione. Già da due anni. Lui però non si era arreso alla “malasorte” sociale, gigantesco dramma del nostro sud, evidentemente bene accetto ai tanti benpensanti appartenenti agli svariati gangli politici-affaristici-mafiosi che reggono le sorti di tanti esseri umani. Lui non era caduto nella trappola del malaffare. Lui ogni mattina si sistemava nella grande piazza Risorgimento di un quartiere periferico e in maniera non conforme alle regole comunali (non aveva l’apposita licenza) svolgeva l’attività di venditore ambulante. Beh, aveva moglie e figli che andavano a scuola, che doveva fare? Lui, che per parecchio tempo era stato un attivo militante sindacale, non si voleva rassegnare alle “sventure che la vita gli aveva assegnato”. Manteneva alto il civico coraggio. In un angolo della piazza ogni mattina apparecchiava il suo piccolo banchetto di lavoro, per vendere frutta e verdure. La mattina del 19 settembre si consumò la tragedia. Una pattuglia di vigili urbani che espletava i cosiddetti controlli sui cosiddetti abusivi gli intimò di smontare la bancarella, multandolo e sequestrando le povere merci. Improvvisamente a Salvatore La Fata venne meno l’indomita fierezza di ex operaio e di padre di famiglia. Nella piazza c’è un distributore di benzina. Lui riempì una bottiglia, si cosparse il corpo di benzina e si diede fuoco. Le ustioni furono di primo grado. Morì in ospedale dopo dieci giorni. A Catania si svolsero cortei e manifestazioni di sdegno. Poi il silenzio.

Arrivano da Catania due storie di vita, tragiche. Ne esistono tante purtroppo, in ogni parte d’Italia, che finiscono nella disperazione e delle quali poco o nulla ci viene detto. Taciute sono anche quelle di resistenza quotidiana (individuali e talvolta collettive) di ogni giorno. Perchè l’informazione e la politica non vedono queste moltissime esistenze difficili, a volte coraggiose fin quasi all’eroismo? La spiegazione è semplice: a raccontarle davvero, ogni giorno, si capirebbe che non si tratta di “mala sorte” ma di persone socialmente predestinate. Di ingiustizia. Di un sistema che fabbrica pochi ricchissimi e tanti poveracci, pagando i giornalisti perchè parlino d’altro.


LA VIGNETTA – scelta dalla “bottega” – è di Giuliano Spagnul.

 

Redazione
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Un commento

  • domenico stimolo

    Purtroppo il giovane ventunenne Davide Calogero è morto oggi. Ricoverato giorno 16 novembre al centro Grandi Ustioni dell’ospedale Cannizzaro di Catania con ustioni di terzo grado a seguito della fiammata che lo aveva colpito presso la “ Ro.fe.me” ( Rottami ferrosi e metallici). Aveva portato le ferraglie raccolte nelle strade. Era la sua attività quotidiana.

    Il 26 ottobre un lavoratore catanese ( residente a Mascalucia) di 55 anni Gaetano Alessi Batu è morto nel suo luogo di lavoro a Belpasso – industria di pietra lavica -, schiacciato da una grande lastra di pietra lavica.

    Come riportato dal sito “ Osservatorio indipendente di Bologna morti sul lavoro” che aggiorna quotidianamente sui lavoratori morti a seguito di infortunio nei luoghi di lavoro, in SICILIA dall’inizio dell’anno ad ora sono morte 38 persone: Palermo 9, Agrigento 5, Caltanissetta 3, Catania 7, Enna 3, Messina 4, Ragusa 3, Siracusa 2, Trapani 2.
    In i ITALIA, dal 1° gennaio, sono morti 654 lavoratori e lavoratrici. Escluso i deceduti in itinere ( durante gli spostamenti sulle strade).

    UNA IMMENSA STRAGE! La sicurezza nei luoghi di lavoro continua ad essere, in maniera sempre più crescente, una drammatica questione nazionale, assolutamente prioritaria.

    Eppure nel cosiddetto “Decreto Sicurezza”, in procinto di essere votato definitivamente nella Camera dei Deputati, non c’è nulla a questo riguardo. Già, chissà perché!…..eppure il decreto legge si chiama proprio “SICUREZZA”.
    Il Ministro del Lavoro Luigi di Maio che dice? Che pensa?

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