«Domani» e l’asse Orban-Germania-Russia

di Claud’io

Da tempo sostengo che la carta stampata ha un vantaggio sul web e che sarà sempre più indispensabile anche per la facilità di uso. Un PC serve come banca dati per ricerche e conferme ma è sempre più lento di una consultazione di un testo cartaceo.

Sul web una notizia la trovi per caso e quasi sempre scritta da improbabili esperti o peggio ripresa da altri che l’hanno ripresa da altri e finisce come una lirica tradotta in una lingua che a sua volta viene ritradotta in un’altra lingua e dopo 10 passaggi se provi a tradurla nella lingua di partenza ne esce un guazzabuglio unico.

Mi trovo – dopo averlo disdegnato senza motivo e solo per antipatia – a dir grazie al quotidiano «Domani». Un vero giornale di informazione. Pieno di articoli o meglio microsaggi sugli argomenti più disparati. Notizie internazionali e di geopolitica corredati da ampie e dettagliate cartine geografiche. E spesso senza peli sulla lingua: un recente numero intero avrebbe potuto essere stampato da Umanità Nova (intendo il settimanale narchico)

Articoli quasi mai scritti da giornalisti ma da esperti della materia. Non che mi trovi sempre d’accordo, ma almeno ho notizie e analisi anziché giudizi basati sul nulla.

Arrivo al dunque.

Mi sono sempre chiesto il perché del successo di Viktor Orbàn in Ungheria. Non trovavo una logica, fino a che ho letto l’articolo di Szabolcs Panyi (*) «AMICIZIE PERICOLOSE IN GERMANIA. Così Orbàn ha preso in giro la più grande potenza d’Europa».

Il sottotitolo è ben chiaro: «Tra le maggiori aziende dell’industria tedesca e il governo ungherese si è sviluppata una relazione basata su benefici e dipendenze reciproci. Dal Dieselgate ai rapporti con i commissari europei, cancellieri e funzionari governativi, fino all’élite conservatrice dei Lander del sud …

Notate “tra aziende/Lander/burocrazia e Ungheria” e non fra uno Stato e l’altro.

Cerco di condensare l’articolo che è molto lungo e esaustivo.

Nel 2017 a un importante consesso economico internazionale uno dei massimi dirigenti di un gruppo tedesco automobilistico, con la lingua sciolta da svariati bicchieri di vino, si vantava che la sua azienda poteva chiamare quando voleva sia il ministro degli esteri che Orban in persona per avere eventuali aiuti, come già avuti in precedenza.

Parlava dello scandalo del Dieselgate che nel 2015 aveva travolto il Gruppo VW e a seguire altri gruppi tedeschi fin quasi a ridurre la Wolkswagen al quasi fallimento con il governo federale che iniziava … a non poterla più difendere.

Ci si rivolge allora ad Orban perché difenda i loro interessi in sede europea. Una sorta di lobbismo che porta Paesi dell’Est e Italia ad ammorbidire severi regolamenti. Come è confermato da dirigenti di aziende tedesche e da funzionari statali ungheresi.

Niente di grave, succede sempre.

Però le auto tedesche diesel “truccate”della VW prodotte in Ungheria sono state circa 2,5 milioni su un totale di 11 milioni.

Per il PIL ungherese è un 4,5% che con l’indotto aumenta di un altro 5-6%. In pratica quasi il 10% del PIL è legato all’industria automobilistica tedesca. Orban è ben contento.

Ma c’è un costo ulteriore per i tedeschi: rinunciare ai “valori democratici” ampiamente violati in Ungheria.

I rapporti fra Orban e leader tedeschi iniziano fin dal 1992. Si accorsero che Orban stava deragliando a destra ma lui tranquillizzò tutti con un «mi occorrono i voti della destra per aver maggior controllo e darvi quello che vi serve«». E allora tutti zitti, muti e allineati.

In quegli anni il governo tedesco è in crisi. La vecchiaia di Kohl e l’insipienza di Schroder portano il primo governo Orban a trattare direttamente con i Land di confine meridionale, le aree del Baden-Wuttemberg e della Baviera che con l’Austria e Ungheria formano un blocco storico-culturale di vecchia data.

Mercedes, Bosch, Audi, Bmw sono in questi due Land: investono in Ungheria assieme ad altre aziende. Nel corso degli anni gli investimenti ungheresi ad aziende tedesche per il trasferimento di siti produttivi ammontano a oltre 100 milioni. In Germania sono ben consci della pericolosità di simile politica, come lo è Orban. Ma fino ad ora gli interessi comuni hanno retto e probabilmente continueranno. Da rammentare che dopo Schroder arriva la Merkel che se ne va ora perché la Germania è uno Stato sull’orlo del default. Fosse in Borsa avrebbe scritto in grande “buy!”.

L’articolo di Szabolcs Panyi parla anche di altro: della dipendenza energetica tedesca dalla Russia e del conseguente patto finale tra Russia, Ungheria e Germania. Tutto è legato.

Aggiungo io che la politica razzista e dei muri contro i migranti – firmata Orban – serve sì per avere voti da destra ma tiene lontano dalla Germania flussi migratori che potrebbero integrare la forza-lavoro delle fabbriche tedesche.. a scapito dell’economia ungherese e ancor più del patto Land/Ungheria.

Anche senza Orban e con una sorta di maggior democrazia (parola che, in questi termini, mi terrorizza) l’equazione non cambierebbe. Tutto continuerebbe come prima.

L’Ucraina non potrà mai entrare nella UE non perché faccia schifo a Putin, ma perché sfascerebbe il sistema economico LAND TEDESCHI-UNGHERIA-RUSSIA.

Da ricordare sempre, per tenere il punto fermo, che Schröder«alcuni mesi dopo la fine del mandato politico nel 2005, accetta la nomina di Gazprom a capo del consorzio Nord Stream AG, che si è occupato della costruzione dell’omonimo gasdotto tra la costa russa nella regione di Vyborg e la costa tedesca nella regione di Greifswald, passando per il Mar Baltico. In seguito si è occupato della costruzione del gasdotto Nord Stream 2 ed è stato nominato presidente di Rosneft, società russa operante nel settore petrolifero e del gas naturale.” (**)

Il lobbista cardine tra Germania-Russia-Ungheria sarebbe un ex top manager della Daimler Ag, Klaus Mangold. Ricordo che Daimler è Mercedes. Non se la passano tanto bene. Hanno svenduto gli stabilimenti che producevano SMART e il 75% della Scuderia di Formula 1 a Jim Ratcliffe proprietario della Ineos, l’uomo più ricco di Inghilterra (***). Ma questa è un’altra storia. Butto carne sulla graticola così i nomi non vi sembreranno nuovi nei prossimi interventi.

Niente di nuovo per chi si basa su una semplice regola: se non capisci bene qualcosa segui l’odore dei soldi, porta sempre ai colpevoli (sempre e da sempre gli stessi).

Finisco con una previsione. La popolazione in Europa è in diminuzione e rapida: tassi di fertilità sotto il 2,0 portano a un calo alto e a costi molto alti.

In Germania prima hanno utilizzato la forza lavoro italiana, poi quella turca ora quelle ungherese e polacca ma decentrando la produzione. Fra poco ci sarà carenza di mano d’opera e allora le frontiere magicamente si riapriranno.. ma sarà troppo tardi.

Un’ultima nota. La Polonia è una grande produttrice di fragole. Sapete da dove fanno arrivare la mano d’opera (non avendone) per la raccolta? Dalla Moldavia. Li vanno a prendere con i pullman e poi li riportano a casa.

Come vedete tutto è legato: nel solito sporco grande gioco del denaro il più pulito ha la rogna.

(*) questo articolo è stato finalista allo European Press Prize 2021, nella categoria Distinguished Reporting; pubblicato in origine su Direkt36, 444.hu e Krautreport. In italiano grazie alla European Press Prize, traduzione e distribuzione a cura di Voxeurop.

(**) https://it.wikipedia.org/wiki/Gerhard_Schr%C3%B6der

(***) https://it.wikipedia.org/wiki/Jim_Ratcliffe

Ho voluto mettere tutti i credits: sono importanti per capire ancor di più e meglio.

LA VIGNETTA – SCELTA DALLA “BOTTEGA” – E’ DI MAURO BIANI

 

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