È morto lo sceneggiatore Alfredo Castelli, papà di Martin Mystère

di Fabrizio Astrofilosofo Melodia

Oggi la rubrica assai discontinua ma non per questo scontata “Nuvole Parlanti”, si apre con una di quelle notizie che definire tristi è come dare la notizia a Zio Paperone che gli hanno svaligiato il deposito.

È volato nel paradiso delle nuvole parlanti lo sceneggiatore Alfredo Castelli, mentre lo scrivo devo ancora riuscire a crederci perchè con le sue storie ci sono cresciuto, regalandomi momenti di grandi emozioni e spensieratezza, come solo i grandi autori sanno fare. E lo fanno con quel garbo, ironia e fantasia che li contraddistingue. E Alfredo Castelli d’ironia ne aveva da vendere, oltre a una cultura enciclopedica e un gusto per lo scherzo e la meta narrazione che avrebbe fatto la sua fortuna.
Nato il 26 giugno del 1947, lo stesso giorno, non a caso, del suo Martin Mystère, Castelli fu per primo un appassionato bambino affamato di letture, che andava racimolando in giro, contro il parere dei genitori, contrari a quella forma di svago diseducativo. Erano gli anni ‘50 del millennio passato, dove la cultura non chiamava ancora “nerd” e i fumetti erano considerati pericolosi corruttori dei giovani. Una provvidenziale malattia mosse a compassione la madre di Alfredo, che gli permise di leggere i famigerati “giornalini” che tanto desiderava. Quel bambino nel tempo avrebbe contribuito a crearla quella cultura nerd che mai come ora sta esplodendo in ogni angolo.
E lo fece dapprima esordendo a 18 anni nientemeno che sulle pagine di Diabolik, non sceneggiando subito una storia del più grande criminale a fumetti di tutti i tempi, lo avrebbe fatto in seguito c’era tempo, ma inventando il personaggio tutto humor di “Scheletrino”, di cui avrebbe curato anche i disegni, pubblicato in appendice alla storia principale del Re del Terrore.
Già si mettevano in luce lo stile dall’umorismo nero, unito al gusto per la rilettura dei classici e la meta narrazione, quella che avrebbe fatto la fortuna del supereroe Deadpool, per intenderci, ovvero la consapevolezza di essere un personaggio dei fumetti e di andarne pure fiero.
Si distinse subito per il suo essere autore prolifico, scrivendo storie per la Casa Editrice Universo (Rocky Rider, Piccola Eva, Pedrito El Drito), per le Edizioni Alpe con le storie di Cucciolo e Tiramolla, arrivando anche a sceneggiare alcuni spot per il noto Carosello della RAI.
Nel 1964 fondò nientemeno che la prima fanzine italiana del fumetto, il “Comics Club 104”, poi nel ‘68 diede vita seppur breve alla rivista “Tilt”, durata solo due numeri, che aveva come progetto quello di portare in Italia l’ umorismo della rivista americana “MAD”. In questa rivista, il buon Castelli realizzò una delle parodie di Diabolik ancora adesso tra le più divertenti e ricercate, con il Re del Terrore che si fa assolvere in cassazione e che va a lavarsi i denti dopo un bacio con Eva perché costei aveva appena mangiato il pasticcio di aglio e cipolle.
Nel 1972, dopo che il “Corriere dei Piccoli” divenne “Il Corriere dei Ragazzi”, Castelli fu assunto come redattore e la rivista ebbe una bella impennata. Diede il nome di “Lupo Alberto” alla serie proposta dal fumettista Silver, creò la serie “Gli Aristocratici” in collaborazione con il disegnatore Ferdinando Tacconi, con protagonisti un gruppo di ladri gentiluomini. E giusto perché nella rivista rimaneva uno spazio a fine pagine, lo colmò inventando il personaggio dell’ Omino Bufo, capostipite del genere dei fumetti dall’estetica grezza, disegnati male, dall’ umorismo ferocemente demenziale.
Collaborò inoltre con la rivista “Il Giornalino”, creando la serie “Gli astrostoppisti”, serie che arrivò quasi ad anticipare la celebre “Guida Galattica” di Douglas Adams, poi con la rivista “Supergulp” pubblicata da Mondadori, dove creò il personaggio dell’avventuriero Allan Quatermain, che gli avrebbe dato l’ ispirazione per il suo personaggio più celebre, Martin Mystère.
E infatti sempre in quel periodo iniziò la sua collaborazione storica con Sergio Bonelli, creando due storie per la collana “Un uomo, un’avventura”, disegnate da Giancarlo Alessandrini e Milo Manara.
Con Milo Manara e con Mario Gomboli, avrebbe dato vita all’albo “Un fascio di bombe”. Prodotto nientemeno che dal Partito Socialista Italiano e distribuito in 600.000 copie, il fumetto denunciava la responsabilità delle Destre nella vicenda di Piazza Fontana e nella “strategia della tensione”.
E arriviamo al 1982 e alla nascita di uno dei personaggi più originali di casa Bonelli, Castelli ai testi e Giancarlo Alessandrini ai disegni danno corpo e vita a Martin Mystère, meglio conosciuto come il Detective dell’Impossibile, che gira il mondo incappando in misteri che la scienza ufficiale rinnega, tra alieni, civiltà perdute e manufatti strambi, tutto con una documentazione che il Buon Vecchio Zio Marty sciorina con disinvoltura e una parlantina da far impallidire Alberto Angela.
Più volte qui ho parlato del Detective dell’ Impossibile e ho sempre sottolineato come questa serie rispecchi in toto il suo creatore, che negli anni, grazie a una supervisione sapiente e appassionata, ha saputo rendere personale e coinvolgente una serie che ancora oggi non manca di far sognare, dopo 40 anni di vita editoriale e 400 numeri, critica e pubblico.
E chissà che il Buon Vecchio Zio Alfy non continui a vivere mirabolanti avventure tra le nuvole parlanti insieme ai tanti personaggi che ha amato e che ha creato.
Che le nuvole parlanti ti siano lievi, Alfredo.
redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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