Narrazioni e finzioni: qualcosa mi disturba

Marcello Pesarini riflette sulla strage di Casteldazzano e sugli impropri paragoni con il terrorismo politico.

 

«Qualcosa mi disturba ma non so cosa»: più o meno dice un molto improbabile Sean Penn travestito da ex rock star nel film «This must be the place» di Paolo Sorrentino.

Il film si svolge con paradossi e cambi di ritmo. Riflette, nella sua natura da soap opera, una realtà che ci accompagna ogni giorno: la finzione, la mistificazione, la narrazione prezzolata.

Molti giornalisti scrivono, molte persone descrivono ma soprattutto danno sfogo all’incapacità di ascoltare. Non è facile scrollarsi di dosso questa situazione che è stata imposta da fuori, dai ritmi parossistici che volevano decretare la fine della sinistra e della sua necessità.

Provo a esplorare luoghi dove questa mistificazione, misunderstanding, si annida e come tanto ci scoraggia.

La similitudine nei mezzi e nella presunta imprevedibilità fra la strage di Casteldazzano e alcuni gravi episodi del terrorismo anni ’70 mi saltano agli occhi, a partire dalle vittime immolate.

Le vittime a cui mi riferisco in primis sono i Carabinieri e la Polizia che, almeno nel caso di Casteldazzano sono state inviate sul posto con veramente poche precauzioni.

Ora sono glorificati come servitori dello Stato, ma avrebbero voluto e potuto continuare a servirlo.

Quella notte, fra lunedì e martedì, i carabinieri sono stati mandati avanti senza neanche un sensore per il gas, disponibile anche nelle civili abitazioni, nonostante le reiterate minacce dei tre fratelli; poi il gas è stato azionato dalla sorella forse con una molotov e sono morti tre carabinieri, che hanno avuto i funerali di Stato dopo la tragedia.

Andiamo all’effetto bomba e imboscata che colpisce in questa occasione, riandando indietro nel tempo.

Non c’è intenzione di riabilitare nessun attore di quegli anni troppo vicini e troppo poco analizzati nel contesto in cui avvenivano, anni di cambi di equilibri fra lavoratori e padroni, e di speranze, col PCI al 33%, ma anche anni di attentati terroristici fascisti – Bologna, Brescia, Milano – ed infine di improbabili scorciatoie sognate in alcuni ambienti dell’estrema sinistra .

Mi viene da pensare ai dannati della Terra di quell’epoca, alle donne e agli uomini impiegati nelle fabbriche che, se protestavano troppo, venivano trasferiti nei reparti punitivi. C’è una letteratura su tutto ciò. Fra i più umani e maturi consiglio «Il tempo di vivere con te» di Giuseppe Culicchia, nel quale parla di suo zio Walter Alasia, ucciso mentre tentava di fuggire all’arresto, uccidendo il maresciallo Sergio Bazzega.

Sergio Bazzega era anche impegnato in prima linea nel portare il sindacato dentro alla Polizia.

Il calcolo e l’intento delle Brigate Rosse, di Prima Linea, delle altre formazioni erano lontani dal sentire medio delle classi lavoratrici, ma non è questo il luogo per alcun approfondimento.

I dannati di oggi non hanno né partiti e forse neanche sindacati a rappresentarli come li avevano allora.

Guardiamo oggi come esempio estremo ma non isolato i tre fratelli contadini e allevatori di Casteldazzano: rappresentano gli altri che si suicidano per debiti, addirittura perché con il fallimento della loro fabbrica metteranno sul lastrico intere famiglie.

Tre persone che erano costrette a pascolare le mucche di notte, perché di giorno il tragitto fra la cascina e i prati avrebbe attraversato strade con traffico di auto.

Poi la gente dice e viene qui (Francesco Guccini ne «La canzone della bambina portoghese») ….poi c’erano stati debiti, firme false o carpite da un fratello all’altro, banche, avvocati, minacce di sfratto, sfratti eseguiti, una sensazione di spaesamento e le minacce di fare esplodere la cascina vanificate dai vigili del fuoco.

Questa finzione che denunciavo si manifesta nei report di oggi più che in quelli degli anni 70.

Si potrebbero fare tanti esempi, ma la crudezza di questi fatti ci riporta alla crudezza della vita e alla capacità o incapacità delle persone in difficoltà di prendere (o non prendere) in mano il proprio destino, e al fatto che sono costretti a farlo.

Tornando ai dannati della Terra e della Vita, che non vengono visti né rappresentati, mi disturba questa falsa coscienza che ci penetra, ci illude di stare a galla. Senza sconfiggere la rappresentazione falsa e distorta della realtà, non c’è coscienza di classe né riscatto.

Sulla strage di Castel d’Azzano in “bottega” abbiamo scritto qui: Lavoratori, carabinieri, giovani in auto: chi li uccide? Chi è complice? (interventi di Carlo Soricelli, Vito Totire e Umberto Franchi)

 

 

 

Redazione
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