Gheddafi: per rinfrescarsi la memoria

di Domenico Stimolo

A quasi dodici anni dall’assassinio del presidente della Libia Gheddafi, con un’intervista Giuliano Amato – che nel corso del tempo ha svolto incarichi istituzionali di grandissimo rilievo – riporta alla memoria comune Mu’ammar Gheddafi.

Non è un’ impresa da poco.

Infatti il “Comandante” libico, ucciso a Sirte il 20 ottobre 2011, è scomodo. Con un colpo di stato militare all’inizio di settembre 1969 Gheddafi cacciò il re Isdris, gettando le basi per la costruzione della moderna Libia ma oggi è cancellato drasticamente dalle cronistorie internazionali; e con lui viene censurata tutta la storia della Libia recente, dei quaranta anni che hanno preceduto la caduta violenta del “colonnello”.

Dopo il perverso e criminale colonialismo imperialista italiano e il ritorno post guerra mondiale (per il volere delle potenze occidentali) dell’oscurantista monarchia, la Libia sembra bloccata. Distrutta territorialmente e umanamente dalla dittatura fascista, decolla solo con le innovazioni ghedafiane. Il “comandante” fu certamente un accentratore violento nella gestione del potere, come dittatori (e ladri in conto proprio) sono tutti gli Stati europei che la fanno da padroni in Africa. Con la rivoluzione gheddafiana, la Libia in pochi decenni diventa, sul piano economico civile e sociale, lo Stato più avanzato, emarginando (anche con la repressione) tutti i movimenti religiosi dell’estremismo islamico.

Gheddafi definì la Libia “socialista”. E quel Paese divenne il punto di riferimento (dopo le fallite esperienze post-coloniali di molti Stati “progressisti”) per il riscatto dell’ intera Africa, con l’ obiettivo principale di liberarsi dai condizionamenti diretti e occulti del mondo occidentale, e francesi in particolar modo. A questo riguardo è importante ripassarsi le cronistorie del nord e centro-Africa a partire da circa la metà del 1800. Con attenzione specifica alle imprese colonialiste italiane che a partire dal 191 – al suono e al canto di “Tripoli bel suol d’amore” – approfittando del decadimento dell’impero ottomano, aggredirono la Libia, volendo conciliare ammazzamenti e incontri amorosi.

Cfr https://www.youtube.com/watch?v=yslUUVO2Rnc

L’occupazione italiana – che portava “civiltà” – durò poco più di quaranta anni. Poi i fascisti, sostenuti militarmente in suolo libico dai nazi-tedeschi, fuggirono dopo avere coinvolto nel disfacimento i tanti italiani che avevano “convinto” a emigrare in Libia, i quali si trovarono abbandonati. E pensare che tanti fascisti volevano arrivare fino al Cairo e svernare sotto le piramidi.

Il resto è storia recente. I ben noti costruttori di “pace e democrazia” attaccano e distruggono la Libia, oggi ridotta di nuovo alle separazioni etniche e in mano ai gruppi di potere più criminali. Queste nuove entità governative libiche sopravvivono per il petrolio ma anche grazie al mercato di sfruttamento dei tanti profughi-migranti, che si ammassano in Libia, fuggendo da guerre, sfruttamenti, desertificazioni, povertà e fame.

Si pretendeva (e si pretende) che la Libia, dopo essere stata per lungo tempo sotto il tallone del colonialismo europeo, divenisse miracolosamente “eccelsa democrazia” ?

Gli Stati che guidarono l’aggressione alla Libia nel 2011 dimenticano che parvenze significative di democrazia anche nel nostro continente sono complessivamente recenti e si consolidano dopo due guerre mondiali con 100 milioni di morti. E che oggi le democrazie occidentali comunque prosperano sullo sfruttamento del continente africano, un nuovo e infame mercato degli schiavi.

ABBIAMO “RUBATO” LA VIGNETTA A MAURO BIANI

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