Il genocidio non finisce
di Omar Shabana e Pietro Francesco Maria de Sarlo (ripresi da invictapalestina.org e ilfattoquotidiano.it), con un disegno di Latuff, e un vergognoso incontro all’UCEI, nel quale persone innominabili lodano e glorificano il genocidio a Gaza, ad eccezione dell’onesto giornalista Andrea Malaguti
Dal Ringraziamento alla Nakba, le origini genocide legano Stati Uniti e Israele – Omar Shabana
Stati Uniti e Israele sono stati forgiati nel Genocidio. Per quanto nascondano le loro origini, non sono riusciti a cancellare i popoli indigeni rimasti.
Varie tonalità di rosso e arancione decorano ora gli alberi in tutto l’emisfero settentrionale, annunciando l’arrivo dell’autunno. Quegli stessi colori mettono in risalto scene brutalmente diverse a Gaza, in Palestina. I barbari bombardamenti ricordano ai cittadini i primi giorni del Genocidio in corso, e l’attuale invasione di Gaza sta dicendo al suo milione di residenti che il peggio deve ancora venire.
Nel frattempo, dall’altra parte del globo, dove molte di queste armi vengono progettate e prodotte, si avvicina una festività molto nota. Tra soli due mesi, gli Stati Uniti celebreranno il Giorno del Ringraziamento.
Se avete visto qualche serie televisiva ambientata a New York, probabilmente avrete familiarità con i riferimenti al tacchino arrosto, a una grande parata e ai racconti dei Padri Pellegrini. Nelle scuole americane, ai bambini viene insegnata una versione romanzata del passato.
Secondo questa storia, i Padri Pellegrini salparono a bordo della Mayflower in cerca di libertà religiosa. Dopo aver sopportato un inverno rigido e aver lottato per procurarsi il cibo, furono aiutati dai nativi americani che insegnarono loro a cacciare, pescare e piantare il mais. L’autunno successivo, i Padri Pellegrini invitarono i loro nuovi amici a festeggiare un raccolto abbondante. Insieme, sedettero in armonia, condivisero il cibo e resero grazie. Questo viene comunemente presentato come il primo Giorno del Ringraziamento.
La versione semplificata ci racconta che un gruppo in fuga dalla persecuzione religiosa cercò una terra aperta per trovare libertà e sicurezza. Avevano bisogno di imparare come vivere in questa nuova terra, e poi condivisero gentilmente i loro successi con la popolazione nativa.
Eppure questa narrazione suona stranamente familiare a coloro che studiano il Colonialismo di Insediamento. Gli inglesi che arrivarono erano coloni, non semplici pellegrini. Le competenze non venivano donate liberamente dai nativi americani, ma scambiate nell’ambito di alleanze politiche contro i nativi rivali.
Queste stesse tribù furono in seguito sottoposte a violenza sistematica e, in molti casi, all’annientamento. Per molti nativi americani oggi, il Giorno del Ringraziamento non è un giorno di festa, ma di lutto.
Non è solo una narrazione propagandistica condivisa con il Colonialismo israeliano; anche i metodi di Sterminio sono gli stessi. L’espulsione forzata della Nazione Cherokee negli anni ’30 dell’Ottocento ai sensi della Legge sulla Rimozione dei Nativi un agghiacciante promemoria di come le campagne di reinsediamento distruggano interi popoli e culture.
All’inizio del diciannovesimo secolo, i Cherokee avevano adottato molti elementi della società euroamericana. Pubblicavano un giornale bilingue, il Cherokee Phoenix, adottarono una costituzione modellata su quella degli Stati Uniti e fondarono scuole.
Niente di tutto ciò li proteggeva. Quando fu scoperto l’oro nelle loro terre, le autorità federali e statali li costrinsero ad andarsene. Nel 1838, le truppe americane espulsero 16.000 nativi Cherokee dalle loro terre. Quattromila morirono di malattie, fame e freddo durante la marcia verso ovest, oggi ricordata come il Sentiero delle Lacrime.
Il Massacro dei Bufali del diciannovesimo secolo fu un’altra strategia deliberata, privando i popoli nativi di una delle loro fonti di cibo primarie e facendoli morire di fame fino alla sottomissione. Le epidemie introdotte attraverso la guerra e l’insediamento hanno aggravato la devastazione. La fame e la malattia sono diventate armi di conquista.
Oggi, le immagini native americane sopravvivono spesso solo in mascotte o come frammenti della storia. Molti americani non possono nominare una singola persona nativa che conoscono personalmente. Anche la rappresentanza in politica è minima.
Forse ironicamente, nei plessi universitari negli Stati Uniti, gli studenti di tutto lo spettro politico stanno ora mettendo in discussione il sostegno alle azioni di Israele a Gaza. La relazione coraggiosa dei giornalisti palestinesi ha rivelato l’uso della fame forzata, della Tortura, della distruzione delle strutture sanitarie e della guerra psicologica, tutti diretti a spezzare il popolo palestinese. Queste tattiche riecheggiano quelle usate un tempo contro i nativi americani.
Questo momento probabilmente costringerà i giovani americani a guardare dentro di sé. Dopotutto, l’America moderna è per i nativi americani ciò che Israele è per i palestinesi. Dall’inquadrare la narrazione attorno all’avventura e alla libertà religiosa (attualmente erosa dal Partito Repubblicano) al discutere se la cancellazione dei nativi americani rientri tecnicamente nella definizione di Genocidio, i parallelismi sono infiniti.
Per Israele, gli Stati Uniti sono un esempio di successo di Colonialismo dei coloni. Per gli Stati Uniti, Israele rappresenta uno specchio del proprio passato, una nazione che afferma di costruire la civiltà da zero. Il legame tra le due nazioni si estende oltre la religione o la geopolitica. Riflette un’ideologia condivisa di Conquista e Insediamento.
Se gli Stati Uniti dovessero mai riconoscere il genocidio di Israele, sarebbero anche costretti a confrontarsi con la propria storia di Sterminio e furto di terre. Man mano che le narrazioni cambiano nelle università americane, i giovani potrebbero arrivare a considerarsi discendenti di coloni violenti, non semplicemente eredi di un passato roseo e avventuroso.
I parallelismi tra le due nazioni servono anche a evidenziare importanti differenze. Mentre gli Stati Uniti si spacciano per sostenitori dei principi di libertà religiosa, democrazia e giustizia per tutti, Israele è uno Stato etnico religioso, il che significa automaticamente che la loro democrazia e giustizia diventano discutibili. Israele è anche uno Stato di Apartheid, dove i palestinesi sono giudicati da tribunali militari. Gli Stati Uniti riconoscono pieni diritti costituzionali ai nativi americani, e lo fanno da tempo. Per molti versi, il Colonialismo israeliano è più estremo e sempre più fragile.
Eppure, nella tragedia del Genocidio dei nativi americani si cela un’altra verità. I popoli indigeni sono sopravvissuti. Hanno preservato lingue, costumi e identità nonostante le Campagne di Sterminio. Continuano a lottare per il riconoscimento e la giustizia. Forse, mentre gli americani etici assistono alla distruzione della Palestina, presteranno maggiore attenzione alla causa dei nativi di quella terra.
Omar è uno studente di dottorato egiziano-britannico all’Università di Cambridge e un attivista pro-palestinese. Mentre la sua ricerca si concentra sull’immunologia e sulle malattie, Omar ha ulteriori interessi per la politica, la religione e la sociologia.
Traduzione a cura di: Beniamino Rocchetto
Chiedo scusa ma non ho capito: per il genocidio non pagherà nessuno? – Pietro Francesco Maria de Sarlo
Chiedo scusa ma non ho capito. Mi baso sui fatti raccontati sui giornali e in TV, per cui se non capisco la colpa è di tv, giornali o dei fatti. Per carità potrebbe essere anche colpa mia, in tal caso, sono certo, che me lo farete notare.
Da due anni assistiamo in diretta al genocidio dei palestinesi. Biden prima e Trump poi ogni tanto hanno invitato l’amico Bibi a moderarsi. Le cancellerie europee e le nostre massime istituzioni, Quirinale e Chigi, hanno tuonato, si sono indignate, hanno invocato il diritto internazionale e indicato… Putin come nemico della civiltà occidentale. Persino Mattarella si è lanciato con gli occhiali vibranti di sdegno in ricostruzioni storiche, un po’ stiracchiate a dire il vero, per dimostrare la ferocia dell’orco sovietico. Ma di fronte al genocidio di Gaza tutti muti fino a pochi giorni fa. Al massimo qualche rimprovero, o qualche intimazione verbale a favore di telecamere data con tono fermo e cipiglio austero da Tajani: ho detto di fermarsi!
Noi italiani, che al fondo siamo sempre brava gente, abbiamo mandato aiuti, affidandone la distribuzione agli israeliani, ospitato e curato bambini e famiglie di giorno. Di notte invece commerciavamo in armi con un paese in guerra, vietato dalla Costituzione, che commetteva genocidio. Visto che le massime cariche dello Stato si appellano sempre al diritto internazionale occorre ricordare che, se provato, chi ha consentito questo commercio è complice di genocidio.
Nessuna sanzione a Israele, nessuna convocazione dell’ambasciatore neanche quando cittadini italiani venivano rapiti in acque internazionali. Anzi il governo ha chiesto la cortesia di non maltrattare troppo questi cittadini italiani che, al contrario delle istituzioni, non hanno girato il capo dall’altro lato. Non solo ma, a quanto pare, consentiamo al Mossad di scortare la squadra israeliana a Udine.
All’improvviso cambia il clima. L’indignazione popolare sale in tutto il mondo quando l’amico Bibi ordina di radere al suolo Gaza City, mettendo sempre più in difficolta l’ignavia e la vigliaccheria dei governi Ue che sono sempre più in imbarazzo. Tanto che atterriti all’idea che nella vicenda Flotilla ci scappasse il morto hanno pregato e implorato, quelli che i leoni da tastiera e Renzi chiamano croceristi, di fermarsi. Persino Mattarella è intervenuto con un accorato appello, ma si sa la gesuitica saggezza o la si pratica da bambini o non la si può insegnare.
Se siamo intellettualmente onesti se i governanti italiani e Ue possono sentirsi, ovviamente in pubblico, un filo imbarazzati dal comportamento degli israeliani dato lo sdegno popolare, a Trump non gliene po frega’ de meno. La svolta c’è stata per un errore fatale di Bibi, senza il quale il massacro sarebbe continuato fino allo sterminio totale. Le bombe sul Qatar e su chi stava negoziando. E questo persino a Trump è parso troppo.
Non certo per aver tentato di uccidere le delegazioni del nemico, che neanche nel Medioevo era lecito, ma perché in Qatar ci sono i soldi. Quelli veri. Oltre alle fonti energetiche che servono tanto a quel che resta dell’Occidente e a Trump e ai suoi affari. Bombardare proprio l’amichetto del cuore che gli aveva appena regalato un aereo, mica il Kugel o la crostata ricotta e visciole!
E poi il mondo arabo in subbuglio che parla di Nato araba, i Sauditi che firmano accordi di assistenza bellica reciproca con il Pakistan, potenza atomica. Insomma il terrore che saltasse tutto il cucuzzaro della influenza occidentale in Medio Oriente. Errore fatale. In un amen e senza difficoltà Trump vede gli arabi e intima a Bibi di fermarsi.
Ecco non capisco. Trump merita il Nobel per la Pace per aver fermato gli assassini dell’IDF o di essere processato per averlo fatto prima? Come direbbe Lucrezio ‘medio de fonte leporum surgit amari’. Insieme alla felicità della pace c’è l’amaro della certezza che nessuno pagherà. A parte i leader di Hamas uccisi e i poveri palestinesi, non Bibi e neanche i nostri vigliacchi governanti.
QUI l’articolo de ilfattoquotidiano.it