«Il mio Cammino»
Recensione al film dell’attore e regista australiano Bill Bennet
di Massimiliano Filippelli
Ho visto il film “Il mio Cammino” di Bill Bennet, attore e regista australiano e devo dire
che mi sono commosso! Mi ha colpito il suo desiderio di intraprendere questa avventura
così lontana dalla sua terra d’origine (Australia) e nonostante la sua età non più così
giovane.
Il cammino lo chiama ma lui non sa perché vuole farlo. Anch’io sono stato sul cammino
francese (quello più frequentato fra i sei percorsi che si possono fare per raggiungere
Santiago) e rivedere sullo schermo le varie località, i paesi che precedono l’arrivo e
il paesaggio iberico, mi ha messo dentro la nostalgia e un desiderio rinnovato di tornare su
quelle strade, insieme ai tanti pellegrini che fra le innumerevoli motivazioni sono spinti
da una tensione nascosta che si può chiamare la ricerca di una pienezza e/o della felicità
per uscire da quella “tranquilla disperazione” come scriveva il filosofo Thoreau, che
opprime le nostre esistenze odierne.
Il protagonista è caparbio, volitivo, malgrado una caduta che gli procura un piccolo trauma al ginocchio e che rischia di compromettere il suo desiderio di proseguire, non si arrende, sorretto moralmente dai vari compagni di viaggio che incontra.
Per mia esperienza la tentazione di tornare indietro, di non farcela durante gli 800 km che ci separano da Santiago è molto forte, per questo le “amabili presenze” che camminano con noi, sono come degli angeli che ci aiutano nelle difficoltà.
Nel film il protagonista incontra altri pellegrini che lo aiutano a proseguire chi, aiutandolo
con un piccolo asciugamano tecnico che avvolge il ginocchio dolente, e che diventa quasi
la molla che spinge Bill ad arrivare a Santiago per restituirlo al proprietario, chi
camminando con lui. Camminando s’apre cammino per citare il bellissimo verso del poeta
andaluso, Antonio Machado, così Bill spinto da quella energia che si respira sul tragitto e
guidato dalle frecce gialle, arriva nei pressi di “Praza do Obradoiro” la piazza principale
del centro di Santiago di Compostela.
Durante il percorso Bill incontra una giovane donna oppressa da un senso di colpa per la morte di un suo amante, e nella conversazione che tiene con lei per lenire la sua angoscia le dice che gli 800 km sono come una immensa cattedrale dove ad ogni sosta ci sono dei confessionali in cui ognuno che porta un fardello dalla sua città di provenienza può lasciarlo ad un altro.
Mi viene in mente la pietra che il pellegrino abbandona sulla piccola montagnola ai piedi della “Cruz de Ferro”, uno dei luoghi importanti del cammino a pochi km da Foncebadòn e quasi a 250 da Santiago di Compostela. Per concludere consiglio la visione di questo film per la sua autenticità, la mancanza di retorica e la bellezza dei luoghi rappresentati senza dimenticare che il cammino di Santiago (la via Francese) è stato riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’ Unesco.