Ingroia, partigiano
di Gian Marco Martignoni
Si deve riconoscere che Antonio Ingroia, dal 2009 procuratore aggiunto a Palermo, non solo non esita ad intervenire rispetto all’offensiva da tempo in corso da parte dei governi di centro-destra contro l’indipendenza della magistratura e la Costituzione sorta dalla resistenza, ma che le sue puntuali prese di posizione dimostrano che non c’è miglior difesa che l’attacco, se non si è affetti da quella subalternità culturale e politica che purtroppo ha favorito la deriva in cui è piombato il nostro Paese sul piano internazionale.
Infatti, rispetto al ddl sulle intercettazioni Ingroia ha scritto un libro “C’era una volta l’intercettazione”, pubblicato da Stampa Alternativa, proprio per ribadire la loro importanza come strumento d’indagine.
Il 12 marzo da Piazza del Popolo a Roma ha correttamente definito “controriforma” quella avanzata sulla giustizia dal governo Berlusconi.
Domenica 29 ottobre, intervenendo al VI congresso dei Comunisti italiani, si è definito “partigiano della costituzione”, rivendicando la libertà di espressione e di opinione, anche da parte dei magistrati, sui temi cruciali del dibattito politico-istituzionale.
Questi interventi hanno suscitato svariate reazioni sopra le righe da parte di esponenti del Pdl, poiché se il presidente del Consiglio aveva definito la magistratura una “metastasi che affligge il nostro Paese”, Fabrizio Cicchitto in quest’ultima occasione ha parlato di una “situazione anomala e insostenibile”, che solleva “una gravissima questione istituzionale che va posta e affrontata nelle sedi preposte”.
Per comprendere le ragioni di un conflitto di siffatta portata, risulta interessante una considerazione sviluppata da Giorgio Mascitelli nel testo “Videocrazia e depoliticizzazione” apparso sul numero di ottobre della rivista Alfabeta.
Scrive Mascitelli: “Quale sia l’arretramento della coscienza politica di questo nostro tempo rispetto ad anni in cui comunque era già operanti tecniche di dominazione spettacolare attraverso la televisione può essere indicato da una constatazione banale…: alcuni degli elementi del programma contenuto nel celebre Piano di Rinascita Democratica sono tranquillamente dibattuti nell’attualità politica sotto il nome di riforme. Ciò che negli anni settanta poteva circolare solo sotto forma di piano clandestino e azione parallela nel nebbioso mondo degli agenti segreti e dei cospiratori professionali (Licio Gelli docet), oggi è oggetto del normale dibattito politico ed è obiettivo auspicato di numerosi attori della scena politica; e ciò non per effetto di macchinazione occulta ma per l’incremento della depoliticizzazione di massa”.
Se a proposito dell’incremento della depoliticizzazione di massa e della regressione delle coscienze sono gravi le responsabilità della sinistra moderata convertita alle ragioni del mercato, a partire dall’avvallo del sistema elettorale maggioritario con il referendum del 1993, ciò non toglie che con un Presidente del Consiglio notoriamente affiliato alla loggia P2 (tessera 1816) ed una formazione politica alleata (la Lega Nord) che persegue come primario obiettivo la secessione Antonio Ingroia assolutamente non sbaglia nel mettere a fuoco i rischi a cui è costantemente esposta la democrazia nel nostro Paese.
Essere e diventare partigiani della costituzione non può quindi essere considerata una bestemmia, bensì un valore da trasmettere consapevolmente alle nuove generazioni.
UNA PICCOLA NOTA
Ricordo a chi passa su codesto blog che Berlusconi, come qui viene chiamato, è nominato su questo blog di preferenza come P2-1816, cioè con il numero della tessera che aveva nella loggia massonica Propaganda-2 di Licio Gelli, una vicenda non a caso rimossa dall’attuale scena politica come ricorda anche l’intervento di Mascitelli qui citato. (db).
Difficile…difficilissimo ed eticamente complicatissimo per chi come me come NOI è stato massacrato dalla magistratura pidduista…ma una volta tanto(anche il giudice “ragazzino” milanese e troskista, che ha riaperto la “strage di stato” si è confrontato con noi e questo non lo dimentichiamo) onore e rispetto a chi da un posto di “potere” sceglie la Repubblica nata dalla Resistenza Antifascista. Con tutto il cuore grazie Antonio Ingroia.
Fa bene Marco, qui sopra, a ricordare che la maggior parte della magistratura è di un’altra classe e difende gli interessi della sua classe. Ma ci sono eccezioni. La contro-inchiesta “Strage di Stato” del 1970 (un consiglio a chi, per ragioni di età, non lo conosce: leggerlo è sempre utile per molti motivi) aveva due dediche secche:
” a Giuseppe Pinelli, ferroviere
a Ottorino Pesce, magistrato”.
Nella breve nota degli autori (un collettivo molto composito) si legge.
L’abbiamo dedicato a due compagni: Giuseppe Pinelli e Ottorino Pesce. Il primo, un operaio, è rimasto ucciso per predisposizione storica, come i suoi compagni che quasi ogni giorno muoiono nei cantieri e nelle fabbriche dei padroni; il secondo giacchè aveva scelto di mettersi dalla parte degli sfruttati anzichè degli sfruttatori, pretendendo di rifiutare il ruolo sociale che gli era stato assegnato. Lo ha fatto dichiarando – proprio quando la sinistra ufficiale assisteva pressochè impassibile alla caccia all’ “anarchico” e al “maoista” – che la giustizia italiana è una giustizia di classe: la stampa “indipendente” lo ha linciato, i magistrati “progressisti” lo hanno invitato alla prudenza e al tatticismo. E morto d’infarto il 6 gennaio 1970.
(db)
Grazie Daniele. La strage è di stato. Le stragi sono si stato.